LO SCIPPO DALLA SCIP DEI DUE IMMOBILI ROMANI DI VIA NICOLA SALVI 68 E MONTE OPPIO 12

 

Quando ebbi notizia che l’ineffabile Signora Armosino, Sottosegretario all’economia del passato Governo, era intenzionata a ritirare dalle dismissioni i due stabili di via Nicola Salvi 68 e via Monte Oppio 12 di Roma, immobili per i quali erano state emesse le sentenze di annullamento della qualificazione di pregio in primo e secondo grado (1), non credetti – per la verità – che il Personaggio sarebbe arrivato a tanto pur di dare un segnale generale di essere, Lei, in grado di attuare la “ritorsione” più volte minacciata, cioè di ritirare dalle vendite quegli immobili nei cui riguardi si fosse profilato, nel corso dei giudizi, un intervento della Magistratura favorevole agli inquilini.

Mi sorprese perciò la tracotanza del blitz legislativo fatto a dicembre 2005 con uno specifica norma inserita nella finanziaria 2006 (2),  che stabilisce appunto il ritiro dalla vendita dei due stabili ed   impedisce di dare esecuzione al giudicato della Magistratura.

Mi sorprese l’arroganza, il sopruso, della gravissima iniziativa, che consideravo contraria ad ogni etica di governo dei pubblici poteri e lesiva di fondamentali diritti del cittadino, di cui, però, non sapevo delineare le precise connotazioni negative sotto il profilo giuridico.

Ora, leggo con soddisfazione - insieme a quanti hanno seguito questa ed altre sopraffazioni del passato Governo –l’aspra strigliata fatta al legislatore (legislatore si fa per dire l’Onorevole Maria Teresa Armosino) da parte del Consiglio di Stato, che ha trasmesso con immediatezza la questione alla Corte Costituzionale per il giudizio di legittimità sulla norma che statuisce il ritiro dalla vendita dei due stabili.

Il Consiglio di Stato (3)  ha ritenuto, infatti, che

 “”” a fronte dell’obbligo di alienare gli immobili applicando il prezzo previsto per gli immobili non di pregio, si è preferito ritirarli dalle procedure di vendita all’evidente fine di incidere sulla funzione giurisdizionale”””; “””una legge che interviene in una procedura in corso da anni, in cui si è ingenerato un legittimo affidamento dei cittadini, dovrebbe fondarsi su gravi e ragionevoli esigenze, mentre la scelta del legislatore appare del tutto priva di ragionevolezza., oltre che palesemente arbitraria”””  “”” risultano violati gli articoli 3, 24, 103, e 113 della Costituzione, vale a dire il diritto di difesa giurisdizionale, il principio secondo cui contro gli atti amministrativi è ammessa tutela giurisdizionale davanti al giudice ordinario o amministrativo, e, in definitiva, il principio di effettività della tutela giurisdizionale”””; “”risulta violato l’art.3 della Costituzione anche in relazione al principio di eguaglianza dei cittadini, determinando una irragionevole discriminazione””; “””risulta violato anche l’art. 97 della Costituzione, che impone l’imparzialità e il buon andamento dell’amministrazione”””.

Ora, attendiamo la riparazione  - in termini politici - al sopruso subìto dagli inquilini da parte del passato Governo: un’iniziativa della nuova maggioranza parlamentare che annulli, sic et simpliciter, il nefasto comma del 2005 partorito dalla mente della puntigliosa ex coordinatrice piemontese delle azzurrine di Forza Italia (messa a scudo di oscuri interessi nelle dismissioni immobiliari pubbliche), alla quale ancora non è stato chiesto il rendiconto del disastro finanziario delle cartolarizzazioni.  

 

Alberto Aveta della Redazione di  www.Scip.2 pregio.it 

 

(1)  T.A.R. per il Lazio  4/8/ 2004 n. 7695 e  Consiglio di Stato  26/10/2005 n. 5960.

(2) Comma 7 dell’art. 11-quinquies della Legge 2/12/2005 n. 248.

(3)  Ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale 6 giugno 2006 n. 4739 

In calce o in allegato o approfondimenti           Ampio stralcio della………..

Stralcio della ORDINANZA n. 4739/2006 DI

 

RIMESSIONE ALLA CORTE COSTITUZIONALE

emessa dal  Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) sul ricorso presentato dagli inquilini di via Nicola Salvi n. 68 e via Monte Oppio n. 12, Roma, contro l’INPS e la SCIP, per ottenere l’esecuzione delle sentenze in loro favore del T.A.R. per il Lazio del 4/8/ 2004 n. 7695 e del Consiglio di Stato del 26/10/2005 n. 5960.

“””3. Ritiene il Collegio che sia rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 11 quinquies, comma 7, della legge  2 dicembre 2005, n. 248, a tenore del quale <<gli immobili siti in Roma, via Nicola Salvi n. 68 e via Monte Oppio n. 12, già inseriti nelle procedure di vendita di cui al decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, sono esclusi da dette procedure di vendita>>.

       La questione è rilevante in quanto l’esistenza di tale norma impedisce di dare esecuzione al giudicato, esecuzione alla quale non vi sarebbero ostacoli di sorta se tale norma non fosse sopravvenuta.

A fronte dell’obbligo, sancito dal Consiglio di Stato, di alienare l’immobile applicando il prezzo previsto per gli immobili non di pregio, il legislatore ha ritenuto che fosse preferibile ritirare l’immobile dalle procedure di vendita.

       La legge non solo ha compiuto una valutazione discrezionale ordinariamente riservata ai provvedimenti amministrativi, ma lo ha fatto all’evidente fine di incidere sulla funzione giurisdizionale e, in particolare, con riguardo ad una controversia, che non poteva neanche considerarsi in corso essendo già stata pronunciata la sentenza di ultimo grado della giustizia amministrativa.

    La legge è stata approvata allo scopo di eludere l’obbligo di dare esecuzione ad una decisione giurisdizionale, rispetto alla quale già alla data di entrata in vigore della norma sussisteva l’obbligo per l’amministrazione di dare esecuzione alla pronuncia ed era azionabile il giudizio di ottemperanza, come chiarito in precedenza.

    Risultano violati gli artt. 3, 24, 103, e 113 della Costituzione, vale a dire il diritto di difesa giurisdizionale, il principio secondo cui contro gli atti amministrativi è ammessa tutela giurisdizionale davanti al giudice ordinario o amministrativo, e, in definitiva, il principio di effettività della tutela giurisdizionale.

       Invero, il diritto di difesa, esercitato dai ricorrenti con l’azione davanti al giudice amministrativo, e soddisfatto con la decisione poi passata in giudicato, è stato vanificato, e dunque reso non effettivo, dalla legge provvedimento, che ha alterato la regolazione degli interessi in gioco, dettata da una sentenza, ormai definitiva, oltre che esecutiva..

   

 

4.2. La violazione dell’art. 3 Cost. sussiste anche sotto un ulteriore profilo.

    La Corte Costituzionale ha anche affermato che le leggi con destinatari ben determinati, quale quella di specie che riguarda gli inquilini di due immobili, hanno i caratteri della legge – provvedimento, che deve essere necessariamente sottoposta ad un rigoroso scrutinio di legittimità costituzionale per il pericolo di disparità di trattamento insito in previsioni di tipo particolare e derogatorio (Corte Cost., n. 153 del 1997, n. 2 del 1997 e n. 205 del 1996).

    Nella sostanza, alcune leggi provvedimento hanno superato sia le obiezioni di fondo collegate al principio di separazione dei poteri sia quelle legate al sistema di garanzie, in quanto -si è detto- il diritto di difesa del cittadino non viene annullato, ma si connota secondo il regime tipico dell’atto legislativo adottato, trasferendosi dall’ambito della giustizia amministrativa a quello proprio della giustizia costituzionale (Corte Cost., n.62 del 1993).

    Il sindacato di costituzionalita' sotto il profilo della non-arbitrarieta' e ragionevolezza delle scelte deve essere tanto piu' rigoroso quanto piu' marcata è la natura provvedimentale dell'atto legislativo sottoposto a controllo.

    Nel caso di specie, la disposizione impugnata rappresenta un modo surrettizio per sottrarre alla procedura di dismissione due soli immobili già inseriti nel programma di alienazione, dopo che l’Ente pubblico ha manifestato l’intento di vendere e gli inquilini hanno manifestato, già da un certo numero di anni, la volontà di acquistare.

       Una legge che interviene in una procedura in corso da anni, in cui si è ingenerato un legittimo affidamento dei cittadini, e in cui è già intervenuta una sentenza di ultimo grado favorevole agli interessati, e che provvede per casi singoli anziché in via generale ed astratta, dovrebbe fondarsi su gravi e ragionevoli esigenze, pena l’arbitrarietà della stessa.

       La Corte costituzionale ha più volte affermato che la legge è sempre soggetta al controllo di conformità al canone generale di ragionevolezza, particolarmente stringente in quanto riferito alla carenza dei rapporti preteriti ed al legittimo affidamento dei soggetti interessati (Corte cost. 23 dicembre 1997 n 432; Corte cost. 26 gennaio 1994, n. 6).

    La scelta del legislatore appare invece del tutto priva di ragionevolezza., oltre che palesemente arbitraria.

    Si deve anche tenere conto che sinora la legge-provvedimento, ritenuta costituzionalmente legittima, non è mai giunta al punto da incidere su un numero determinato e limitato di persone, ma ha riguardato: un piano territoriale di coordinamento (sent. n. 226 del 1999), un piano urbanistico territoriale (sent. n. 529 del 1995) o provinciale (sent. n. 143 del 1989); il territorio perimetrato a fini faunistici (sent. n. 248 del 1995), la classificazione di un  territorio regionale come area di bonifica (sent. n. 66 del 1992); la copertura legislativa ad atti dei procedimenti espropriativi e la realizzazione di una pluralità di opere pubbliche in «particolari condizioni di urgenza» (sent. n. 62 del 1993).