LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
composta dagli lll.mi Sigg.ri Magistrati:
dott. Corrado CARNEVALE Presidente, dott. Luigi MACIOCE Consigliere, dott. Sergio DI AMATO Consigliere, dott. Maria Cristina GIANCOLA Consigliere, dott. Guido MERCOLINO rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliato in Roma, alla via della Frezza n. 17, presso l'AVVOCATURA CENTRALE, unitamente agli avv. GAETANO DE RUVO, DANIELA ANZIANO e FRANCESCA FERRAZZOLI, dai quali è rappresentato e difeso in virtù di procura speciale a margine del ricorso RICORRENTE
contro
DE LAURO ALESSANDRO, MAGI GIORGIO, MAGI CERVO RENATA, MATURI RICCARDO, PO LETTI DE LAURO LAURA, POLLOLA ROGATI GRAZIA MARIA e ROGATI GIOVANNI BATTISTA, elettivamente domiciliati in Roma, al viale Regina Margherita n. 278, presso l'avv. STEFANO GIOVE, dal quale sono rappresentati e difesi in virtù di procura speciale a margine del controricorsO
CONTRORICORRENTI e E RICORRENTI INCIDENTALI CONDIZIONATI
e
MIELE avv. ALESSANDRO, in qualità di procuratore generale di HERCOLANI LUIGIA, in virtù di procura per notaio Marina Fanfani del 3 aprile 2003, rep. n. 47224, rappresentato e difeso da sé medesimo, unitamente all'avv. CLAUDIO GARBARINO, che lo rappresenta e lo difende in virtù di procura a margine del ricorso, ed elettivamente domiciliato in Roma, al viale G. Mazzini n. 132 CONTRORICORRENTE E RICORRENTE INCIDENTALE nonché
MARUCCI GIOVANNI e TURCHETTI BIANCA LETIZIA
INTIMATI
avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma n. 1652/10, pubblicata il 19 aprile 2010.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 4 aprile 2013 dal Consigliere dott. Guido Mercolino; uditi i difensori delle parti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Libertino Alberto RUSSO, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso principale c del ricorso incidentale, con il conseguente assorbimento del ricorso incidentale condizionato.
1. — Con sentenza del 13 luglio 2006, il Tribunale di Roma accolse parzialmente le domande proposte da Alessandro De Lauro, Giorgio Magi, Renata Magi Cervo, Riccardo Maturi, Laura Poletti De Lauro, Grazia Maria Pollola Rogati, Giovanni Battista Rogati, Luigia Hercolani, Giovanni Marucci e Bianca Letizia Turchetti, in qualità di conduttori di unità immobiliari site nello stabile in Roma, al viale Parioli n. 47/a, disponendo, ai sensi dell'art. 2932 cod. civ., il trasferimento in loro favore della proprietà degl'immobili, già appartenenti all'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale e trasferiti alla S.C.I.P. - Società Cartolarizzazione Immobili Pubblici S.r.l. nell'ambito dell'operazione di cartolarizzazione avviata con il decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, determinando il corrispettivo dovuto per ciascun trasferimento, e rigettando la domanda di condanna dei convenuti al risarcimento dei danni.
2. — L'impugnazione proposta dall'INPS, in proprio e nella qualità di manda- taria della SCIP, è stata parzialmente accolta con sentenza del 19 aprile 2010, con cui la Corte d'Appello di Roma ha rideterminato gl'importi dovuti a titolo di corrispettivo.
A fondamento della decisione la Corte ha ritenuto che le lettere inviate ai conduttori dello stabile il 24 agosto 1998 dalla Igei S.p.a. per conto dell'Istituto recassero una chiara manifestazione della volontà di dismettere la proprietà; premesso che tale volontà era stata confermata con ulteriori missive inoltrate il 14 marzo ed il 14 aprile 2003, con cui, a seguito del trasferimento degl'immobili alla SCIP, l'INPS aveva comunicato per conto di quest'ultima che le formali offerte di vendita sarebbero state inviate dopo la determinazione del prezzo, ha rilevato che i conduttori avevano a loro volta manifestato la volontà di acquistare gl'immobili nel 1998 e nel mese di ottobre 2001, ed ha quindi affermato l'obbligo dell'Istituto di provvedere al trasferimento.
In ordine alla determinazione del prezzola Corte ha escluso il carattere pregiudiziale della controversia pendente dinanzi al Giudice amministrativo per l'annullamento del d.m. 23 settembre 2005, con cui il Ministro dell'economia e delle finanze aveva incluso lo stabile tra gl'immobili di pregio per i quali non era applicabile l'abbattimento del 30% previsto dall'art. 3, comma 109, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, osservando che tale atto, incidente su diritti soggettivi, era disapplicabile dal Giudice ordinario ai sensi degli artt. 4 e 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E. Ha peraltro ritenuto insussistenti i presupposti della disapplicazione, rilevando che l'art. 3, comma tredicesimo, del decreto-legge n. 351 del 2001 non fissava termini per l'esercizio del potere conferito al Ministro ed aggiungendo che la discrezionalità di cui godeva quest'ultimo, avente carattere meramente tecnico e quindi insindacabile in sede giurisdizionale, si riferiva nella specie al solo accertamento delle caratteristiche di cui al d.m. 31 luglio 2002. Al riguardo, ha escluso che lo stabile versasse in condizioni di degrado, rilevando che solo alcune unità immobiliari necessitavano d'interventi, non riconducibili alla nozione di ristrutturazione edilizia o risanamento conservativo prevista dall'art. 26, comma quinto, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, ma a quella di manutenzione straordinaria. Rilevato infine che la comunicazione dell'Istituto non si era tradotta in una vera e propria proposta contrattuale, la Corte ha ritenuto inapplicabili il beneficio della riduzione del 30% del prezzo e l'ulteriore abbattimento previsto dall'art. 3, comma ottavo, del decreto-legge n. 351 del 2001, osservando che l'assenza di una formale offerta in opzione entro il 26 settembre 2001 escludeva l'applicabilità dell'art. 3, comma ventesimo, prima parte, del decreto-legge n. 351 cit.
Ritenuto infine che la mancata accettazione delle condizioni offerte dai conduttori fosse giustificata, la Corte ha rigettato l'appello incidentale proposto dagli attori in ordine al rigetto della domanda di risarcimento dei danni.
3. — Avverso la predetta sentenza l'INPS propone ricorso per cassazione, articolato in tre motivi. Resistono con controricorso Alessandro De Lauro, Giorgio Magi, Renata Magi Cervo, Riccardo Maturi, Laura Poletti De Lauro, Grazia Maria Pollola Rogati, Giovanni Battista Rogati e l'avv. Alessandro Miele, in qualità di procuratore generale di Luigia Hercolani, i primi sette proponendo ricorso incidentale condizionato, per due motivi, e l'ottavo ricorso incidentale, per un solo motivo. Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva Le parti hanno depositato memorie.
1. — Preliminarmente si rileva che la difesa dell'lNPS ha allegato al ricorso due atti, sottoscritti rispettivamente il 31 luglio 2007 ed il 22 febbraio 2008, con cui Giovanni Marucci e Bianca Letizia Turchetti hanno dichiarato di rinunciare agli effetti della sentenza di primo grado, chiedendo che, analogamente a quanto disposto dalla sentenza di appello nei rapporti con altri attori, sia dichiarata l'estinzione del giudizio nei confronti degli intimati.
L'istanza non merita accoglimento, dal momento che la rinuncia alla sentenza impugnata non comporta l'estinzione del giudizio (la quale, anzi, ove intervenga in sede d'impugnazione, determina il passaggio in giudicato della sentenza, ai sensi dell'art. 338 cod. proc. civ.), ma fa soltanto venir meno l'interesse all'impugnazione, giustificando la dichiarazione di cessazione della materia del contendere e la riforma della sentenza impugnata. Nella specie, peraltro, neppure tale provvedimento può essere adottato, essendo le rinunce intervenute in pendenza del giudizio di appello, e non avendo l'Istituto provveduto ad impugnare la relativa sentenza, nella parte in cui ha ugualmente pronunciato nel merito del gravame, con la conseguente formazione del giudicato in ordine alla persistenza dell'interesse. La produzione delle rinunce non può d'altronde ritenersi ammissibile in questa sede ai sensi dell'art. 372 cod. proc. civ., trattandosi di atti che, in quanto posti in essere anteriormente alla pronuncia della sentenza impugnata, avrebbero potuto essere prodotti nel giudizio di merito (cfr. Cass., Sez. II, 28 agosto 2002, n. 12607; 13 febbraio 1987, n. 1581).
2. — Con il primo motivo d'impugnazione l'INPS denuncia l'insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha ravvisato nelle lettere inviate ai conduttori la manifestazione della volontà di procedere alla vendita dello stabile, laddove quelle inoltrate nel 1998 costituivano mere note di sondaggio comunicate ai sensi dell'art. 6, comma primo, del d.lgs. 16 febbraio 1996, n. 104, ai fini dell'individuazione degl'immobili da inserire nel piano di vendita, e quelle inviate nel 2003 recavano informazioni riguardanti il procedimento di cartolarizzazione e le facilitazioni previste per la vendita. La Corte d'Appello non ha tenuto conto della precisazione, contenuta nella prima missiva, che la comunicazione non comportava alcun impegno per le parti, ed ha omesso di considerare che prima del trasferimento alla SCIP, disposto con d.m. 21 novembre 2002, non era neppure ipotizzabile l'espressione di alcuna volontà di acquisto. ,
2. — Con il secondo motivo l'Istituto deduce la violazione e/o la falsa applicazione dell'art. 6, comma quinto, del d.lgs. n. 104 del 1996 e dell'art. 2932 cod. civ., sostenendo che nella specie non era configurabile a suo carico alcun obbligo di contrarre, né ai sensi dell'art. 6 cit., il quale si limita ad attribuire ai conduttori un diritto di prelazione in caso di alienazione dell'immobile, né per effetto delle menzionate comunicazioni, non recando le stesse una proposta di vendita né l'indicazione del relativo prezzo, in ordine al quale, peraltro, non poteva essersi formato alcun accordo, essendo ancora pendente l'impugnazione proposta dagli attori avverso la classificazione dello stabile come immobile di pregio.
3. — Le predette censure, da esaminarsi congiuntamente, in quanto riflettenti la comune problematica relativa all'individuazione di un obbligo di contrarre a carico dell'lNPS, sono infondate.
In tema di dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici, questa Corte ha ripetutamente escluso la configurabilità di un obbligo di contrarre discendente direttamente dall'art. 6, comma quinto, del d.lgs. n. 104 del 1996 o dall'art. 3, comma 109, della legge n. 662 del 1996, affermando che tali disposizioni, nell'imporre ai predetti enti la formazione di piani di alienazione degli immobili non adibiti ad uso strumentale, non prevedono una figura peculiare di offerta pubblica, ma si limitano ad attribuire ai conduttori un diritto di prelazione, il cui esercizio è subordinato alla manifestazione da parte dell'ente della volontà di porre in vendita gl'immobili, in attuazione del dettato normativo, mediante la formulazione di una specifica proposta di alienazione, consistente nella determinazione negoziale dell'ente di cedere la proprietà dei beni (cfr. Cass., Sez. II, 26 maggio 2008, n. 13560). L'insussistenza di un autonomo diritto potestativo dei conduttori di acquistare la proprietà degl'immobili condotti in locazione è stata ribadita anche a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 3, comma ventesimo, del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito con modificazioni dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, che al comma ventesimo disciplina la vendita delle unità immobiliari per le quali i conduttori abbiano manifestato la loro volontà di acquisto entro il 31 ottobre 2001, osservandosi che tale disposizione non prevede affatto una procedura di acquisto anche per i cespiti non offerti in opzione dal soggetto proprietario, ma si limita semplicemente a stabilire che gl'immobili saranno venduti al prezzo e alle condizioni determinati in base alla normativa vigente alla data della predetta manifestazione di volontà (cfr. Cass., Sez. Ili, 24 ottobre 2011, n. 21988).
Nel riconoscere il diritto degli attori al trasferimento della proprietà degl'immobili condotti in locazione, la Corte d'Appello non ha tuttavia affermato in alcun modo che esso fosse riconducibile direttamente alle predette disposizioni, essendosi invece limitata a verificare l'intervenuta manifestazione da parte dell'Istituto della volontà di dismettere le unità immobiliari, ed avendola ravvisata nelle lettere spedite ai conduttori il 24 agosto 1998 dalla Igei, in qualità di mandataria del- l'INPS, ed in quelle inviate il 14 marzo ed il 14 aprile 2003 dall'Istituto, in qualità di mandatario della SCIP, divenuta proprietaria dello stabile in attuazione della seconda operazione di cartolarizzazione. La sentenza impugnata ha infatti escluso che la denuntiaiio praelationis richiesta dalla normativa in esame "debba avere ti contenuto della proposta contrattuale contenente tutti gli elementi del futuro contratto di vendita, in modo che lo stesso possa considerarsi perfezionato con la semplice accettazione da parte del conduttore, richiamando l'orientamento della giurisprudenza di legittimità, che ritiene a tal fine sufficiente il compimento da parte dell'ente di atti concreti dai quali possa desumersi una manifestazione della volontà di dismettere l'immobile, anche frazionatamente (cfr. Cass., Sez. Ili, 16 aprile 2008, n. 9972).
1.1. — Il ricorrente lamenta la mancata considerazione della portata meramente informativa delle predette missive, emergente in particolare dall'espressa precisazione, contenuta nella prima, che la comunicazione non comportava alcun impegno a carico delle parti, e dalla mancata indicazione del prezzo di vendita. Omette tuttavia di rilevare che la Corte territoriale ha dato espressamente atto del riferimento della lettera ad un'indagine conoscitiva sulla propensione dei conduttori all'acquisto degl'immobili, ritenendo che, anche alla luce delle comunicazioni successive, questa puntualizzazione non impedisse di ravvisare una chiara manifestazione della volontà di dismettere le unità immobiliari; tale conclusione non merita censura sul piano logico, trovando conforto nel rilievo conferito dalla sentenza impugnata alla successiva inclusione delle unità immobiliari nell'operazione di cartolarizzazione ed alla conferma della volontà di vendere da parte dell'INPS per conto della SCIP, alla quale gli immobili erano stati trasferiti con la finalità specifica della dismissione. Non appare decisivo, in contrario, il tenore delle missive inviate nel 2003, il cui contenuto, testualmente riportato nel ricorso, risulta anzi tale da avvalorare ulteriormente l'interpretazione fornita dalla sentenza impugnata, riferendosi testualmente all'acquisto degli immobili ed alla procedura di vendita disciplinata dal decreto-legge n. 351 del 2001.
Scarsamente significativa appare anche la circostanza, fatta valere dall'Istituto, che nessuna delle lettere recasse l'indicazione del prezzo di vendita, dal momento che la determinazione dello stesso non era rimessa alla libera contrattazione delle parti, ma doveva aver luogo originariamente sulla base dei criteri indicati dalla legge, ed in alternativa mediante una stima compiuta dall'ufficio tecnico erariale (art. 6, commi secondo e quarto, del d.lgs. n. 104 del 1996), ed in seguito sulla base del mercato, la cui individuazione è stata in un primo tempo demandata al medesimo ufficio, per il caso di difforme valutazione delle parti (art. 3, comma 109, lett. d), della legge n. 662 del 1996), e successivamente è stata affidata all'Agenzia del territorio o a società aventi particolare esperienza nel settore immobiliare (art. 3, comma nono, del decreto-legge n. 351 del 2001). In questo contesto, nessun rilievo può attribuirsi neppure alla circostanza che sulla determinazione del prezzo fosse destinata ad incidere l'impugnazione proposta dagli attori avverso il decreto ministeriale che aveva classificato lo stabile come immobile di pregio, ai sensi del comma tredicesimo dell'art. 3 del decreto-legge n. 351 cit., inquadrandosi tale iniziativa tra i mezzi di tutela ordinariamente accordati agl'interessati per far valere le proprie posizioni giuridiche nell'ambito della procedura di dismissione disciplinata dalla legge.
4. — Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta l'omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, osservando che, ai fini della determinazione del prezzo di vendita, la sentenza impugnata ha fatto riferimento ai valori dell'anno 2001, anziché a quelli attuali o alla relazione predisposta nell'anno 2004 dall'Agenzia del territorio, senza però individuare l'epoca della definizione del procedimento di stima né le modalità dell'accettazione da parte dei conduttori. Secondo l'Istituto, la Corte d'Appello non ha considerato che la valutazione accettata da questi ultimi costituiva un atto meramente endoprocedimentale, in quanto il procedimento di stima, iniziato con la perizia effettuata dai tecnici dell'Istituto, non si è perfezionato con il parere di congruità della commissione prevista dall'art. 61 del d.P.R. 18 dicembre 1979, n. 696: nel frattempo, è infatti intervenuto il decreto- legge n. 351 del 2001, che ha deferito la stima all'Agenzia del territorio, la quale, dopo aver comunicato la propria valutazione, non si è ancora pronunciata in ordine alla richiesta di chiarimenti formulata da esso ricorrente.
4.1. — La censura è in parte infondata, in parte inammissibile.
Il riferimento ai valori di mercato correnti nell'anno 2001, ai fini della determinazione del prezzo di vendita, trova giustificazione nella circostanza, ritenuta pacifica dalla sentenza impugnata e non contestata neppure in questa sede, che i conduttori avevano manifestato la volontà di acquistare le unità immobiliari nel 1998 e nell'ottobre 2001, e risulta conforme al dettato dell'art. 1, comma primo, del dccreto-legge 23 febbraio 2001, n. 41, come modificato dalla legge di conversione 23 aprile 2004, n. 104 e dall'art. 37, comma cinquantaseiesimo, del decreto- legge 4 luglio 2006, n. 223, il quale prevede che il prezzo di vendita delle unità immobiliari ad uso residenziale, per le quali i conduttori abbiano manifestato la volontà di acquisto entro il 31 ottobre 2001, dev'essere determinato sulla base dei valori di mercato del mese di ottobre 2001. Tale disposizione s'innesta, modificandola, sulla disciplina introdotta dal comma ventesimo dell'art. 3 del decreto- legge n. 351 cit., nel testo modificato dalla legge di conversione n. 410 del 2001, dall'art. 26 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 e dall'art. 3, comma 134, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, la quale distingue tra le unità immobiliari definitivamente offerte in opzione entro il 26 settembre 2001 e quelle per le quali i conduttori,; in assenza della citata offerta in opzione, abbiano manifestato la volontà di acquisto entro il 31 ottobre 2001, e dispone che le prime siano vendute in ogni caso al prezzo ed alle altre condizioni indicati nell'offerta, mentre per le seconde prevedeva la vendita al prezzo ed alle condizioni determinati in base alla normativa vigente alla data della manifestazione di volontà di acquisto, a meno che non si trattasse d'immobili considerati di pregio. La Corte d'Appello ha escluso la configurabilità della prima ipotesi, alla luce della condotta tenuta dall'Istituto, che si era limitato a manifestare la volontà-di porre in vendita 4s»unità,immobiliari senza mai formulare una vera e propria proposta contrattuale; quanto alla seconda ipotesi,'come si è detto, ha ritenuto pacifico che gli attori avessero manifestato la volontà di acquisto entro il 31 ottobre 2001, e, pur senza menzionare espressamente il decreto-legge n. 41 del 2004, ha fatto applicazione della disciplina dallo stesso introdotta, correttamente determinando il prezzo di vendita in base ai valori correnti nell'anno 2011, ma escludendo la riduzione del 30% prevista dall'art. 3, comma 109, lett. d), della legge n. 662 del 1996, in considerazione dell'avvenuta inclusione dello stabile tra gli immobili considerati di pregio.
4.2. — Nel sistema risultante dalle modificazioni introdotte dal decreto-legge n. 41 cit., non trova dunque alcuno spazio l'accertamento dell'epoca di definizione del procedimento di stima, dovendosi fare riferimento, ai fini della determinazione del prezzo di vendita, esclusivamente ai valori correnti nel mese di ottobre 2001, indipendentemente dalla data in cui è stata effettuata la stima e da quella in cui è intervenuta l'accettazione del conduttore, con la conseguenza che non assumono alcun rilievo le carenze motivazionali addebitate, in proposito, alla sentenza impugnata.
E' pur vero che, nell'ambito della disciplina dettata dal d.lgs. n. 104 del 1996, l'esistenza di un disaccordo tra le parti in ordine al prezzo di vendita o di una notevole divergenza tra il prezzo determinato secondo i criteri di cui al comma secondo ed il valore di mercato dell'immobile impediva di procedere senz'altro al trasferimento, imponendo di richiedere la determinazione del prezzo all'ufficio tecnico erariale; così come è vero che tale disciplina è stata successivamente superata da quella dettata dall'art. 3 del decreto-legge n. 351 del 2001, che non fa alcun riferimento ai criteri di cui all'art. 6, comma secondo, del d.lgs. n. 104 cit., ma prevede che il prezzo di vendita debba essere determinato in ogni caso sulla base delle valutazioni correnti di mercato, prendendo a riferimento i prezzi effettivi di compravendite di «immobili e unità immobiliari aventi caratteristiche analoghe (comma settimo), e consente di affidarne la determinazione esatta all'Agenzia del territorio o a società aventi particolare esperienza nel settore immobiliare (comma nono). Peraltro, come si evince dal tenore letterale di quest'ultima disposizione, ed in particolare dall'utilizzazione del verbo «possono», l'affidamento della stima a soggetti esterni costituisce una mera facoltà dell'ente, cui può farsi ricorso evidentemente in presenza di incertezze o contestazioni in ordine al valore di mercato dell'immobile, ed il cui esercizio, oltre a non incidere sulla data da assumere come riferimento ai fini della determinazione del prezzo di vendita, che resta pur sempre ancorata all'epoca indicata dalla legge, non giustifica in alcun modo il differimento sine die del trasferimento.
Sotto un diverso profilo, poi, il carattere eventuale della fase affidata all'Agenzia del territorio o alla società esterna, escludendo la possibilità di ritenere il trasferimento subordinato in ogni caso all'espletamento della procedura di stima, poneva a carico dell'ente l'onere di allegare e provare l'avvenuto conferimento dell'incarico e la mancata conclusione del procedimento; la relativa deduzione, implicando un accertamento di fatto, deve peraltro ritenersi inammissibile in questa sede, trattandosi di circostanze non menzionate nella sentenza impugnata, e non avendo il ricorrente indicato la fase e l'atto del giudizio di merito in cui la questione è stata sollevata. La Corte d'Appello si è infatti limitata a dare atto della controversia insorta tra le parti relativamente alla qualificazione dello stabile come immobile di pregio, senza fare alcun cenno alla mancata emissione del parere di congruità ed all'affidamento della stima all'Agenzia, in ordine alle quali la ricorrente ha richiamato la sola documentazione prodotta in primo grado, senza neppure precisare se la questione sia stata specificamente sollevata in quella sede e riproposta in appello.
5. — Il ricorso principale va pertanto rigettato, restando conseguentemente assorbito il ricorso incidentale condizionato proposto dal De Lauro, dal Magi, dalla Magi Cervo, dal Maturi, dalla Poletti De Lauro, dalla Pollola Rogati e dal Rogati, con cui questi ultimi hanno denunciato l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha negato la disapplicazione del d.m. 23 settembre 2005, e riproponendo la domanda di trasferimento della proprietà degl'immobili ai prezzi indicati nell'atto di appello.
6. — Con l'unico motivo del suo ricorso incidentale, l'aw. Miele lamenta la violazione e/o la falsa applicazione dell'art. 3, comma 109, della legge n. 662 del 1996 e dell'art. 3, comma ottavo, del decreto-legge n. 351 del 2001, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso il carattere pregiudiziale dell'impugnazione proposta avverso il d.m. 23 settembre 2005, tuttora pendente, ed ha pertanto negato la sospensione del giudizio, senza considerare che la decisione del Giudice amministrativo in ordine alla classificazione dello stabile come immobile di pregio condiziona l'applicabilità delle riduzioni di prezzo previste dalle predette disposizioni. In ogni caso, il decreto ministeriale era stato correttamente disapplicato dal Giudice di primo grado, in quanto viziato da eccesso di potere, essendo intervenuto a quattro anni di distanza dalla determinazione del prezzo e riguardando uno stabile privo delle caratteristiche che consentivano di classificarlo come immobile di pregio.
Sostiene inoltre il controricorrente che erroneamente la Corte d'Appello ha escluso l'applicabilità del primo periodo dell'art. 3. comma ventesimo, del decreto- - legge n. 351 cit., in quanto, indipendentemente dalla possibilità di qualificare la comunicazione dell'Istituto come offerta in opzione, tale disposizione era stata superata dall'art. 1, comma primo, del decreto-legge n. 41 del 2004, che per le unità immobiliari ad uso residenziale fissava il prezzo di vendita con riferimento ai valori di mercato correnti nel mese di ottobre 2001, prescindendo dal pregio dell'immobile. Subordinatamente, eccepisce l'illegittimità costituzionale dell'art. 3, comma ventesimo, cit., affermando che tale disposizione, nella parte in cui non prevede, per gl'immobili di pregio, che l'acquisto avvenga al prezzo ed alle condizioni vigenti al 31 ottobre 2001, in favore di coloro che abbiano manifestato la volontà di acquistare, si pone in contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost., in quanto determina un'ingiustificata disparità di trattamento rispetto agli acquirenti di immobili non di pregio.
6.1. — Le predette censure sono in parte infondate, in parte inammissibili.
In tema di sospensione necessaria del processo civile, questa Corte ha affermato che la mancanza nel testo vigente dell'art. 295 cod. proc. civ. di un espresso riferimento ad una pregiudiziale controversia amministrativa, presente invece nel testo anteriore alle modificazioni introdotte dalla legge 26 novembre 1990, n. 353, non consente di escludere, in linea di principio, la configurabilità di una sospensione necessaria del giudizio civile in attesa della definizione di un giudizio amministrativo. L'esigenza di garantire il diritto di difesa, l'effettività della tutela giurisdizionale e la ragionevole durata del processo, ritenuta prevalente su quella di assicurare l'uniformità e l'armonia delle decisioni, ha tuttavia indotto a subordinare l'applicazione dell'art. 295 alla sussistenza di un rapporto di pregiudizialità non meramente logica ma giuridica tra le controversie, che ricorre solo quando la definizione di una di esse costituisca l'indispensabile antecedente logico giuridico dell'altra, l'accertamento del quale debba aver luogo con efficacia di giudicato. Tale condizione è correlata alla stessa ratio della sospensione necessaria, consistente nell'evitare un conflitto di giudicati, e postula, in relazione alla pregiudiziale amministrativa, non solo che il giudizio amministrativo verta sull'accertamento di diritti soggettivi, ma anche che, rispetto a quello civile, esso penda tra le medesime parti e sia caratterizzato dallo stesso petitum. Quest'ultimo presupposto non è tuttavia ravvisabile qualora il giudizio amministrativo abbia ad oggetto l'annullamento di un atto amministrativo, non assumendo alcun rilievo la circostanza che in sede civile l'apprezzamento in ordine alla fondatezza della domanda sia correlato alla validità del medesimo atto, in quanto della legittimità di quest'ultimo è competente a conoscere, in via incidentale, lo stesso giudice ordinario, ai fini (e nei limiti) della sua eventuale disapplicazione agli effetti della decisione della controversia inerente a diritti soggettivi (cfr. Cass., Sez. VI, 16 febbraio 2012, n. 2263; Cass., Sez. III, 13 maggio 2009, n. 11085; Cass., Sez. I, 19 settembre 2003, n. 13981).
Non merita pertanto censura la sentenza impugnata, nella parte in cui, pur dando atto della pendenza dinanzi al Giudice amministrativo dell'impugnazione proposta dai ricorrenti avverso il decreto ministeriale che aveva classificato come immobile di pregio lo stabile in cui erano situate le unità immobiliari da loro condotte in locazione, ha rigettato l'istanza di sospensione del giudizio, procedendo direttamente alla verifica della legittimità del provvedimento, già peraltro scrutinata in senso contrario dal Giudice di primo grado.
6.2. — Non possono invece trovare ingresso, in questa sede, le censure sollevate in ordine alla sussistenza dei presupposti per la disapplicazione del decreto ministeriale, essendosi il controricorrente limitato ,a riproporre la tesi difensive svolte nel giudizio di merito e disattese dalla sentenza impugnata, contrapponendo la propria valutazione a quella compiuta dalla Corte d'Appello in ordine alla ragionevolezza del ritardo con cui era stato emesso il provvedimento ed alla sussistenza in concreto delle caratteristiche prescritte dall'art. 3, comma tredicesimo, del decreto-legge n. 351 del 2001 per la classificazione dell'edificio come immobile di pregio, e quindi proponendo una questione attinente al merito.
6.3. — Quanto poi alla lamentata esclusione dell'applicabilità del primo periodo del comma ventesimo dell'art. 3 cit., è sufficiente osservare che la decisione della Corte d'Appello trova giustificazione nelle finalità perseguite dall'art. 1, comma primo, del decreto-legge n. 41 del 2004, che non consistevano affatto nell'integrale riformulazione della precedente disposizione. Lo specifico riferimento della norma invocata ai secondo periodo del comma ventesimo dell'art. 3 rende infatti evidente che il legislatore non ha affatto inteso superare la distinzione tra le unità immobiliari offerte in opzione dagli enti entro il 26 settembre 2001 e quelle per le quali entro il 31 ottobre 2001 fosse intervenuta soltanto la manifestazione della volontà di acquisto da parte dei conduttori, ma solo indicare un'unica data di riferimento ai fini della determinazione del prezzo di vendita della seconda categoria d'immobili, la cui individuazione risultava oltremodo problematica sulla base dell'art. 3, avuto riguardo alla pluralità ed alla diversità delle discipline susseguitesi nel tempo ed alla condotta non sempre lineare tenuta in concreto dalle parti. Conseguentemente, deve escludersi che l'art. 1 abbia inteso sopprimere il riferimento ai conduttori delle unità immobiliari di pregio contenuto nel secondo periodo dell'art. 3, per effetto del quale gli stessi erano esclusi dal beneficiò della riduzione del 30% accordato ai conduttori delle altre unità immobiliari, e dettare una disciplina identica a quella prevista dal primo periodo dalla medesima disposizione, che non prevedeva alcuna differenza di prezzo. In tal senso detengono anche la circostanza che l'art. 1, comma primo, non prevede alcuna riduzione di prezzo, pur riferendosi esclusivamente ai conduttori, nonché la considerazione che, diversamente opinando, non si comprenderebbe il motivo per cui il legislatore è intervenuto esclusivamente sul comma ventesimo dell'art. 3, che confermava l'applicabilità del trattamento differenziato per gl'immobili per i quali fosse già stata manifestata la volontà di acquisto, anziché sui commi ottavo e tredicesimo, che introducevano in via generale il predetto trattamento. In contrario, non appare utilmente invocabile il dettato del comma terzo dell'art. 1, che estende le disposizioni di cui al comma primo agl'immobili venduti prima dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 41 del 2004, in quanto tale disposizione, riguardante esclusivamente gl'immobili già trasferiti in proprietà, si limita a porre rimedio alle sperequazioni determinate dall'applicazione dei diversi criteri stabiliti dalle leggi succedutesi nel tempo in tale materia, prevedendo il rimborso del maggior prezzo eventualmente corrisposto.
6.4. — Manifestamente infondata è infine la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma ventesimo, proposta in via subordinata dal controricorrente.
Premesso che tale questione avrebbe dovuto essere più propriamente sollevata in riferimento ai commi ottavo e decimo dell'art. 3, ai quali è riconducibile il trattamento differenziato in esame, si osserva che l'esclusione dei conduttori di unità immobiliari situate in edifici di pregio dal beneficio della riduzione del 30% sul prezzo di acquisto dell'immobile da loro condotto in locazione rappresenta il ragionevole risultato di un bilanciamento di interessi che il legislatore ha compiuto fra l'esigenza degli enti previdenziali di acquisire risorse economiche mediante la dismissione d'immobili non essenziali per lo svolgimento della loro attività istituzionale e la tutela del diritto dei conduttori all'abitazione. Per agevolare la dismissione degl'immobili meno appetibili sul mercato, consentendo nel contempo ai conduttori di soddisfare la loro aspirazione all'acquisto della proprietà di quelli da loro occupati, è stata pertanto prevista la predetta riduzione, la cui applicazione
non è sembrata tuttavia ragionevole in riferimento ai cespiti più prestigiosi, in quanto l'alienazione degli stessi a prezzi inferiori a quelli correnti si sarebbe tradotta in una svendita pregiudizievole per gl'interessi dell'ente, a fronte della rinuncia di quest'ultimo a tentare una più fruttuosa collocazione sul mercato immobiliare (cfr. Cass., Sez. Un., 16 luglio 2012, n. 12l0f»), L'ulteriore differenziazione introdotta dal comma ventesimo dell'art. 3, che esclude la riduzione del prezzo per i soli conduttori di immobili di pregio che al 31 ottobre 2001 abbiano manifestato la volontà di acquisto, senza nulla prevedere per quelli che al 26 settembre 2001 abbiano ricevuto l'offerta in opzione, dev'essere poi considerata meramente apparente, dal momento che in quest'ultimo caso la vendita deve avvenire al prezzo indicato nell'offerta, già calcolato al netto della riduzione.
7. — La reciproca soccombenza delle parti giustifica la dichiarazione dell'integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità.
La Corte rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale proposto da Miele Alessandro, in qualità di procuratore generale di Hercolani Luigia, dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato proposto da De Lauro Alessandro, Magi Giorgio, Magi Cervo Renata," Maturi Riccardo, Poletti De Lauro Laura, Pollola Rogati Grazia Maria e Rogati Giovanni Battista, e dichiara interamente compensate tra le parti le spese processuali.
Così deciso in Roma, il 4 aprile 20T!£ netta camera di consiglio 4eIlaPrirna Sezione Civile
L'Estensore 11 Presidente
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI ROMA
SEZIONE I
Così composta:
dott. Evangelista Popolizio Presidente
dott. Massimo Crescenzi Consigliere
dott. Lucio Bochicchio Consigliere relatore
riunita in camera di consiglio ha emesso la seguente
SENTENZA
Nella causa civile in grado d’appello iscritta al n. 1840 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2007 posta in decisione all’udienza del 30 giugno 2009 e vertente
TRA
INPS - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE
In persona del presidente e legale rappresentante pro tempore in proprio e quale mandatario della SCIP società di cartolarizzazione immobili pubblici srl elettivamente domiciliato in Roma alla via della Frezza b. 17 presso l’avvocatura dell’ente rappresentato e difeso per procure notarili ad lites in atti dagli avvocati Pietro Collina, Gaetano De Ruvo, Lidia Carcavallo e Francesca Ferrazzoli
APPELLANTE
E
…………………
Elettivamente domiciliata in Roma al viale Mazzini n. 132 presso l’avvocato Alessandro Mele che la rappresenta e difende per procura in margine alla comparsa di costituzione in appello
APPELLATA - APPELLANTE INCIDENTALE
E
………………………….
Tutti elettivamente domiciliati in Roma al viale Regina Margherita n. 278 presso l’avvocato Stefano Giove che li rappresenta per procura in atti
APPELLATI - APPELLANTI INCIDENTALI
E
………………………..
E
………………………..
APPELLATI CONTUMACI
OGGETTO: azione ex art. 2932 cod. civ.
CONCLUSIONI all’udienza del 30 giugno 2009 le parti concludevano come riportato in motivazione
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Roma con sentenza n. 15915 in data 13 luglio 2006 accoglieva le domande proposte dagli appellati in epigrafe nella qualità di conduttori di unità immobiliari abitative, lo …………. quale custode dello stabile titolare di alloggio, poste nell’edificio sito in Roma al viale Parioli n. 47/A già di proprietà deIl’INPS e trasferito, nell’ambito di un’operazione di cartolarizzazione regolata dalla 1egge alla società SCIP di emissione di sentenza ex art. 2932 cod.
civ. di trasferimento della proprietà delle unità abitative ai relativi conduttori e al custode titolare dell’alloggio. Il giudice, affermato che l’ente proprietario aveva posto in essere una vera e propria denuntiatio praelationis, preso atto che il contrasto tra le parti riguardava la determinazione del prezzo di legge, osservato che la pretesa dell’amministrazione di considerare l’immobile “di pregio” non era fondata e doveva essere “disapplicato” il Decreto del Ministro dell’Economia in data 23 settembre 2005 che aveva attribuito allo stabile detta caratteristica, determinava il prezzo al cui versamento era subordinata l’efficacia della sentenza costitutiva nella misura per ciascuno indicata in citazione.
Erano invece rigettate le domande attoree di danni patrimoniali ed esistenziali perché non provati e non attuali.
L’INPS, in proprio e quale mandataria della SCIP, proponeva appello con atto notificato il 22 marzo 2007 affermando l’erroneità della decisione con riferimento:
alla falsa ed erronea applicazione degli artt. 2932 e 1339 cod. civ. perché non era ravvisabile in Concreto l’azionato obbligo di stipula dei contratti di vendita delle unità immobiliari; alla disapplicazione del decreto ministeriale;
al riferimento all’art. 26 del D. L. 269/2003;
al riferimento del “valore di soglia”;
alla determinazione del prezzo di cessione con recepimento degli importi indicati in citazione.
L’appellante concludeva chiedendo il rigetto delle domande azionate.
In subordine era chiesto che fosse dichiarato applicabile l’abbattimento del 12° del canone già scontato, o di quella minore percentuale esattamente dovuta, con la conseguente condanna degli appellati al pagamento anche delle differenze a tale titolo.
Si costituivano gli appellati …………… più altri come indicati in epigrafe chiedendo il rigetto dell’impugnazione e proponendo appello incidentale sul rigetto della domanda di risarcimento del danno esistenziale e di ripetizione dei canoni di locazione pagati ingiustamente per il rifiuto del proprietario dello stabile di addivenire alla stipula degli atti di cessione. Era quindi chiesto il rigetta dell’impugnazione chiedendo in subordine, con riproposizione della richiesta già formulata in primo grado, che il trasferimento della proprietà delle unità immobiliari fosse disposto dietro corresponsione del prezzo per ciascuna stimato dall’Agenzia del Territorio ed indicato quale “offerta INPS senza sconti”. Anche l’appellata ……….., costituitasi tempestivamente, chiedeva il rigetto dell’appello e proponeva impugnazione incidentale sul rigetto delle medesime domande di danni e di restituzione. Gli appellati ……………………………. rimanevano invece contumaci.
All’udienza di precisazione delle conclusioni del 30 giugno 2009 erano depositate le dichiarazioni di rinuncia agli atti di tutti gli appellati-appellanti incidentali con esclusione di …………………………. Precisate le conclusioni come in verbale la causa era trattenuta in decisione con la concessione dei termini di cui all’art. 190 cod. proc. civ.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Deve essere dichiarata l’estinzione del processo nei confronti degli appalti-appellanti incidentali che hanno rinunciato agli atti e agli effetti della sentenza di primo grado come da dichiarazioni notificate e depositate in udienza in assenza d’interesse dell’appellante alla prosecuzione del giudizio.
Sui motivi d’impugnazione principale va rilevata l’infondatezza delle censure afferenti l’accoglimento della domanda ex art. 2932 cod. civ. nonostante l’assenza di denuntiatio praelationis, cioè di effettiva manifestazione di volontà dell’ente proprietario di porre in vendita gli immobili in applicazione dell’art. 3 comma 109 lett. A) della legge n. 662/1996. Sostiene l’appellante che non è ravvisabile nelle comunicazioni inviate agli inquilini, meramente esplorative, una vera e propria offerta di vendita con indicazione del prezzo idonea a vincolare il venditore azionabile ex art. 2932 cod. civ. Il motivo parte dal presupposto che la denuntiatio praelationis debba avere nella fattispecie il contenuto di una vera e propria proposta contrattuale contenente tutti gli elementi del futuro contratto di vendita (compreso il prezzo) in modo che il medesimo possa considerarsi perfezionato con la semplice accettazione da parte del conduttore (pag. 13 dell’atto di appello). L’assunto è errato perché è sufficiente che l’ente abbia compiuto atti concreti dai quali si possa desumere una manifestazione di volontà di dismettere l’immobile, anche frazionatamente (Cass. Sez. III n. 9972/2008). Nel caso concreto la valutazione dei documenti prodotti dalle parti da parte del giudice di primo grado è stata pienamente corretta. Già le missive in data 24 agosto 1998 inviate dalla società IGEI su mandato dell’INPS, pur facendo riferimento ad un’indagine conoscitiva sulla propensione all’acquisto da parte degli inquilini, manifestavano chiaramente la volontà dell’ente di procedere alla dismissione delle unità immobiliari condotte. Detta volontà è stata poi confermata nel momento in cui, trasferito l’immobile alla società SCIP perché inserito nella seconda operazione di cartolarizzazione, l’INPS quale mandataria della SCIP ha comunicato agli inquilini dello stabile con le missive in data 14 marzo e 14 aprile 2003 che avrebbero potuto acquistare l’immobile da loro occupato e che le formali offerte di vendita sarebbero state inviate dopo la determinazione del prezzo. in presenza di pacifica manifestazione di volontà da parte degli inquilini di acquistare le unità immobiliari nel 1998 e nell’ottobre 2001, deve essere riconosciuto in base all’affermato principio di diritto l’obbligo dell’ente di addivenire alla conclusione del contratto. I motivi di appello principale riguardanti la determinazione del prezzo possono essere esaminati congiuntamente. Sul punto non vi è la dedotta pregiudizialità dell’accertamento da parte del Giudice Amministrativo della legittimità del Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze in data 23 settembre 2005 che ha classificato lo stabile in oggetto come di “pregio” e che è stato impugnato dagli inquilini. L’atto amministrativo incide, infatti, su posizioni di diritto soggettivo relative alla determinazione del prezzo di vendita delle unità immobiliari inserite nel piano di dismissione e può essere, eventualmente, disapplicato dal giudice ex art. 4 e 5 legge n. 2248/1865 all. E. Il giudice di primo grado ha dato atto che la normativa applicabile al momento della decisione consentiva la determinazione del prezzo di vendita senza l’abbattimento del 30% di cui all’art. 3, comma 109°, della legge 662/1996 nel caso d’immobili di pregio ma ha ritenuto, disapplicato il citato DM perché viziato da eccesso di potere, che nel caso concreto lo stabile di viale Parioli non avesse le caratteristiche di legge per essere riconosciuto tale e che i suoi inquilini avessero comunque diritto al riconoscimento della diminuzione di prezzo.
In particolare è evidenziato:
che all’ottobre 2001, da ritenersi momento rilevante, l’immobile non era classificato di pregio da parte dell’autorità amministrativa competente (il Ministero del Lavoro);
che il valore attribuito in sede di stima da parte dell’amministrazione era inferiore al cd “valore soglia” al di sopra del quale un immobile è da considerarsi comunque di pregio;
che nella relazione di stima dell’INPS in data 8 ottobre 2001 era esposto che gli appartamenti in cui gli inquilini non avevano effettuato lavori di ristrutturazione necessitavano di lavori di notevole entità;
che era tardiva e indimostrata l’allegazione del convenuto in comparsa conclusionale secondo cui il valore degli immobili in zona “Parioli” sarebbe superiore del 70% al valore medio degli immobili rilevato su tutto il territorio comunale.
I motivi articolati sul punto sono fondati. Deve premettersi che nel caso di contrasto sulla determinazione del prezzo di vendita di immobili “cartolarizzati” l’abbattimento del prezzo nella misura del 30% rispetto al valore di mercato costituisce regola generale salvo che l’immobile abbia, come già ritenuto dal giudice di primo grado, caratteristiche di pregio per cui incombe sul debitore l’onere della prova sul possesso da parte dell’immobile delle caratteristiche predette. Nel caso concreto è però intervenuto un atto amministrativo di accertamento, il DM 23 settembre 2005, che ha inserito l’immobile tra quelli aventi caratteristiche di pregio perchè situato in zona ad alto valore dì mercato. Il giudice di primo grado ha superato la presunzione di legittimità dell’atto amministrativo, certamente privo di natura normativa, affermando che lo stesso era illegittimo e disapplicabile perché viziato da eccesso di potere in quanto (e se) finalizzato allo scopo di intervenire, quattro anni dopo, sulla determinazione del prezzo di un immobile che si sarebbe dovuto vendere alle condizioni vigenti nell’ottobre 2001 quando. cioè, l’immobile non era considerato di pregio secondo la valutazione del Ministero del lavoro e dell’INPS. La motivazione della decisione impugnata prosegue affermando, evidentemente quale ulteriore motivo d’illegittimità dell’atto amministrativo, che l’immobile di viale Parioli non poteva essere considerato di pregio a causa delle condizioni dello stabile accertate dallo stesso ente proprietario con la relazione di stima dell’8 ottobre 2001 in cui si afferma che gli appartamenti occupati da inquilini che non avevano effettuato lavori di ristrutturazione necessitavano di lavori di notevole entità. L’appellante contesta le affermazioni della sentenza deducendo che il lasso di tempo trascorso tra il conferimento della delega al Ministro in base all’art. 3, comma 13°, del DL 351/2001 e l’emanazione del decreto era giustificato dai tempi burocratici necessari per lo svolgimento delle operazioni con l’intervento dell’Agenzia del Territorio. Quanto allo stato di degrado 1’INPS nega che lo stesso sia ravvisabile nelle condizioni di alcune delle unità immobiliari rilevate in sede di stima. Le censure sono fondate. La sola circostanza temporale non è indice di sviamento di potere. La legge non fissava un termine di tempo per l’esercizio della delega e la discrezionalità attribuita all’autorità amministrativa era meramente tecnica, quindi normalmente non sindacabile in sede giurisdizionale, ed era riferita nello specifico caso dell’immobile di viale Parioli al solo accertamento del possesso delle caratteristiche di cui al DM 31luglio 2002 costituite dalla localizzazione in zona di alto valore di mercato e all’assenza di degrado dello stabile.
Anche sul secondo punto la censura dell’appellante è corretta perché la nozione di degrado fissata dall’art. 26, comma 50, del DL 269/2003 è sicuramente restrittiva. Dalla lettura della relazione di perizia di stima come riportata in sentenza emerge che, come affermato dall’appellante, gli interventi necessari e da eseguire solo su alcune unità immobiliari erano riconducibili al restauro degli infissi, al rifacimento dei pavimenti, dei servizi, dell’impianto elettrico e di quello idraulico. Si tratta quindi d’interventi riconducibili, sulla base di quanto statuito dall’art. 31 della legge 457/1978, a mera attività di manutenzione straordinaria e non a ristrutturazione edilizia o risanamento conservativo.
Non è quindi superata la da presunzione di legittimità dell’atto amministrativo che avrebbe potuto essere disapplicato solo nel caso di raggiungimento della prova della erroneità delle valutazioni tecniche dell’amministrazione circa la qualificazione del quartiere Parioli di Roma come “zona ad alto valore di mercato” e di assenza di degrado dell’immobile. Si osserva infine che la denuntiatio praelationis da parte dell’ente si è limitata alla mera manifestazione di volontà di porre in vendita le unità immobiliari dello stabile senza tradursi in una vera e propria e definitiva proposta contrattuale. La mancanza di una formale offerta da parte del locatore pone gli appellanti nella condizione dei conduttori che hanno manifestato la loro volontà di acquisto entro il 31 ottobre 2001 con la conseguente esclusione del beneficio della riduzione del presso del 30% e dell’ulteriore abbattimento di cui all’ari 3, comma 8°, del DL 351/2001.
Non è infatti applicabile agli appellanti incidentali la prima parte dell’art. 3 comma 20 del DL 35l/200l conv. in legge 351/2001 in assenza di formale offerta in opzione entro il termine del 26 settembre 2001 che avrebbe garantito ai conduttori l’abbattimento a prescindere dalla classificazione di pregio dell’immobile.
L’accoglimento dell’appello principale comporta anche il rigetto dell’impugnazione incidentale essendo giustificato il mancato consenso dell’ente alle condizioni pretese dai conduttori.
In parziale riforma della sentenza di primo grado il prezzo alla cui corresponsione è condizionata l’efficacia della confermata sentenza ex art. 2932 cod. civ. ammonta quindi sulla base dell’accettata stima del 2001 alle seguenti somme:
€ ……………… per …………………;
Tenuto conto della particolarità dei fatti e della complessità della normativa sulla dismissione del patrimonio immobiliare pubblico appare giustificata la compensazione delle spese del doppio grado.
PQM
La Corte d’Appello di Roma, definitivamente pronunciando, così provvede:
dichiara l’estinzione del processo ex art. 306 cod. proc. civ. in relazione alle posizioni di …………………………………….;
in parziale accoglimento dell’appello proposto dall’INPS e riforma della sentenza n. 15915 in data 13 luglio 2006 del Tribunale di Roma determina come segue il prezzo al cui pagamento è subordinato, l’effetto traslativo della proprietà stabilito con la sentenza appellata:
€ ………………. per …………………;
rigetta l’appello incidentale proposto contro la stessa sentenza da ………………;
conferma nel resto la statuizioni della sentenza appellata;
dichiara compensate tra le parti le spese di lite del doppio grado;
deciso in Roma nella camera di consiglio del 10 novembre 2009
l’estensore Il Presidente
Depositato in Cancelleria
Oggi
19 aprile 2010