La
Camera,
premesso che:
l'emergenza abitativa costituisce,
nell'attuale crisi economica che
colpisce il Paese, uno dei fattori
di maggiore e crescente tensione
sociale che interessa larghi strati
della popolazione appartenenti,
oltre che alle tradizionali
categorie a rischio, anche a fasce
di ceto medio, professionisti e
famiglie con doppio reddito;
tale situazione è resa
particolarmente acuta dai caratteri
del mercato immobiliare italiano
dove l'offerta di abitazioni private
– con costi molto alti ed
inaccessibili per un numero sempre
maggiore di famiglie e di giovani
coppie – supera largamente l'offerta
pubblica scesa progressivamente,
negli ultimi anni, ad una quota pari
a circa l'1 per cento della
produzione edilizia totale;
occorre prendere atto di un'assenza
di iniziativa delle autorità
pubbliche che, nonostante la
crescita della crisi abitativa, gli
interventi delle forze sociali e di
vari organismi parlamentari non sono
stati in grado, negli ultimi anni,
di varare un'organica politica per
la casa che, intrecciata con
innovative politiche di governo del
territorio, fosse in grado di
rilanciare la produzione di edilizia
a fini sociali o di carattere
pubblico con il recupero urbano ed
il contenimento del consumo di suolo
nelle città;
la Corte costituzionale e la Corte
europea dei diritti dell'uomo hanno,
in questo quadro, segnalato
l'inopportunità di provvedimenti
«tampone» – soprattutto in materia
di proroga delle ordinanze di
sfratto – che ledono il libero
dispiegarsi del diritto alla
proprietà, in assenza di azioni
organiche e complessive capaci di
dare una risposta d'insieme ai vari
aspetti che riguardano il problema
dell'emergenza abitativa in Italia
e, d'altro canto, si deve tenere
presente che il diritto alla casa e
l'accesso alla proprietà della
stessa sono sanciti dall'articolo 47
della Costituzione;
parte rilevante della crisi
abitativa, specie in alcuni ambiti
territoriali e segnatamente nella
città di Roma, è legata alla
dismissione del patrimonio abitativo
degli enti previdenziali pubblici e
privatizzati; processo che ancora
oggi – dopo le alienazioni concluse
negli anni precedenti – riguarda
circa 100 mila famiglie;
in questo ambito, gli affittuari
degli immobili degli enti
previdenziali privatizzati vivono
una condizione di preoccupazione
circa gli eventuali aumenti dei
canoni di affitto per il rinnovo dei
contratti di locazione e per le
conseguenze connesse con i possibili
processi di dismissione del
patrimonio immobiliare;
per quanto riguarda i conduttori
degli immobili degli enti
previdenziali pubblici, la
preoccupazione deriva
dall'interruzione del processo di
alienazione e dalla scadenza dei
contratti che mette sia i conduttori
con titolo che le tante famiglie di
occupanti
sine titulo in una condizione
di angoscia e incertezza tanto più
assurda in presenza di una legge –
la n. 410 del 2001 – che ha fissato
con chiarezza le condizioni e le
prerogative con cui agire per la
vendita del patrimonio degli enti
previdenziali pubblici;
in questo specifico caso, va
ricordato che già il 90 per cento
del patrimonio abitativo è stato
alienato ai conduttori con le
prerogative della suddetta legge e
attraverso l'azione di specifici
soggetti societari all'uopo
costituiti – Scip 1 e Scip 2 –, dopo
lo scioglimento dei quali il
patrimonio residuo è entrato
integralmente in possesso dell'Inps;
l'Inps stesso, più volte sollecitato
sul tema ha inviato, anche con
specifica lettera del presidente
Mastrapasqua, ai Ministeri
dell'economia e delle finanze e del
lavoro e delle politiche sociali –
vigilanti sull'Istituto – richiesta
di chiarimento sul da farsi, in
ragione anche della sopravvenuta
norma sulla dismissione del
patrimonio immobiliare pubblico
presente all'articolo 27 del
cosiddetto «decreto Salva Italia»,
decreto-legge 6 dicembre 2011, n.
201, convertito, con modificazioni,
dalla legge n. 214 del 2011;
appare, pertanto, urgente un
pronunciamento degli organi
parlamentari e del Governo sulle
modalità con cui affrontare, in un
quadro di sostenibilità economica
dello Stato e degli enti sopra
richiamati, ma anche e soprattutto
di tutela e garanzia sociale delle
famiglie interessate, il processo di
alienazione degli immobili del
patrimonio abitativo degli enti
pubblici e privatizzati, evitando il
rischio di accentuare l'emergenza
abitativa,
impegna il Governo:
ad assumere
iniziative, nel più breve tempo
possibile, per chiarire il quadro
normativo che regola il processo di
alienazione del patrimonio
immobiliare degli enti
previdenziali, in particolare
precisando che, in ogni caso, al
processo di alienazione possa
applicarsi una disciplina conforme a
quella prevista dalla legge n. 410
del 2001, con riferimento al regime
delle tutele degli inquilini, al
prezzo e alle garanzie,
contemperando le esigenze di
redditività per la finanza pubblica
dei processi di alienazione con
quelle sociali, coerenti con quelle
che ispirano la missione
istituzionale di tali enti, quali
protagonisti del sistema del
welfare;
ad intervenire per garantire,
comunque, agli inquilini tutele e
garanzie di controllo sui prezzi di
vendita da parte dei predetti enti
pubblici e sull'entità dei canoni di
affitto in rinnovo di locazione,
traendo prioritario riferimento da
quanto stabilito dalla legge n. 410
del 2001 e dagli accordi sindacali
in materia, in modo che i diritti in
essa stabiliti siano effettivamente
praticabili;
ad aprire in ogni caso da subito,
sempre relativamente al patrimonio
immobiliare degli enti pubblici, una
sede di confronto tecnico e
sindacale con le organizzazioni
sindacali, dell'inquilinato e con
gli enti locali interessati, per
individuare le soluzioni più rapide
e socialmente efficaci per
raggiungere gli obbiettivi sopra
richiamati e per la regolarizzazione
dei
sine titulo o delle
assegnazioni irregolari negli
alloggi dei predetti enti
previdenziali pubblici, anche al
fine di prevenire situazioni
esplosive di disagio sociale e per
favorire l'accesso al credito delle
famiglie con reddito medio basso,
con mutui sostenibili e finalizzati
all'acquisto, anche avvalendosi
delle recenti misure proposte in tal
senso dal Governo;
ad impartire disposizioni affinché,
nelle more dei provvedimenti da
assumere, venga valutata la
possibilità di differire
l'esecuzione degli sfratti o degli
sgomberi pendenti nelle aree urbane
e sospendere le aste riguardanti le
unità immobiliari ad uso
residenziale che non risultino
effettivamente libere;
ad intervenire, anche mediante
precise disposizioni normative, per
risolvere l'annosa vicenda del
contenzioso giudiziario dei
cosiddetti immobili di pregio;
a farsi promotore, quanto al
patrimonio degli enti privatizzati,
di una decisa iniziativa presso i
medesimi enti che, nel richiamarli
alle responsabilità che anche essi
rivestono quali attori del sistema
sociale, sia volta a favorire, nel
rispetto e nell'ambito della loro
autonomia gestionale, organizzativa
e contabile – avvalendosi anche di
apposite procedure di negoziazione
con le organizzazione sindacali
degli inquilini – politiche di
gestione del mercato delle locazioni
e dei processi di dismissione
immobiliare (prevedendo
eventualmente anche l'alienazione in
favore dei conduttori delle unità
abitate). Le politiche in questione
dovranno ispirarsi a criteri di
tutela e salvaguardia, in ogni caso,
dei nuclei familiari che presentino
condizioni di maggiore svantaggio e
disagio economico, ovvero che siano
a rischio di esclusione sociale,
così come individuati dal
decreto-legge 20 ottobre 2008, n.
158, convertito, con modificazioni,
dalla legge 18 dicembre 2008, n. 19.
Le medesime politiche dovranno, più
in generale, ispirarsi a criteri
che, nel rispetto della funzione di
garanzia economico-finanziaria che
il loro patrimonio assume per le
rispettive gestioni previdenziali,
siano quanto più aderenti a quelli
di carattere sociale previsti per la
dismissione del patrimonio
immobiliare degli enti pubblici di
previdenza;
a monitorare che i processi di
dismissione immobiliare degli enti
previdenziali pubblici e
privatizzati, ispirati ai principi
sociali di cui alla presente
mozione,
siano conformi ai criteri di piena
trasparenza, conoscibilità e
rendicontazione.
(1-00011)
(Nuova formulazione) «Morassut,
Saltamartini,
Antimo Cesaro,
Di Gioia,
Santerini,
Argentin,
Braga,
Villecco Calipari,
Martella,
Meta,
Coscia,
Realacci,
Peluffo,
Lenzi,
Brandolin,
Costa,
Leone,
Misuraca,
Dorina Bianchi,
Piso,
Garofalo,
Bernardo,
Bosco,
Tinagli,
Zanetti,
D'Agostino,
Sottanelli,
Cimmino,
Binetti,
Rabino,
Causin,
Fitzgerald Nissoli,
Monchiero,
Schirò,
Dellai,
Marazziti».
Ordine del Giorno 9/05534 - bis - A/168 presentato
da MOTTA Carmen testo di Mercoledì 21 novembre 2012, seduta n. 721
La
Camera,
premesso che:
la legge di stabilità in commento nell'ambito delle riduzioni di spesa
delle pubbliche amministrazioni detta disposizioni sulla valorizzazione
e dismissione degli immobili pubblici;
sono alcune centinaia le famiglie italiane che occupano gli stabili di
proprietà di enti previdenziali pubblici che, essendo stati classificati
«di pregio», risultano esclusi in fase di acquisto dagli sconti concessi
a tutti gli altri inquilini interessati dallo stesso processo di
dismissione del patrimonio immobiliare residenziale dei medesimi enti;
la predetta esclusione ha determinato una ingiustificata disparità di
trattamento tra inquilini che ha portato a numerosi contenziosi tuttora
in essere, atteso che la particolare qualificazione attribuita agli
immobili di pregio non incide sulla generale regola di mercato secondo
la quale il prezzo di una casa occupata è inferiore rispetto a quello
della stessa casa libera e, pertanto, la riduzione del prezzo di vendita
agli inquilini, praticata nelle dismissioni di tutti i patrimoni
immobiliari pubblici, si potrebbe configurare come un'indicazione del
Legislatore di tener conto nella stima dell'immobile dell'occupazione o
meno dell'immobile medesimo;
a distanza di anni dall'avvio della dismissione del patrimonio
immobiliare degli enti previdenziali pubblici, gli inquilini delle «case
di pregio» non intravedono ancora una giusta soluzione al contenzioso
che riguarda oramai una residuale parte di immobili, che sono stati di
nuovo trasferiti agli enti proprietari dopo la chiusura delle operazioni
di cartolarizzazione;
non è stata avviata una soluzione transattiva definitiva così come
prevede il decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con
modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, né tantomeno è stata
data esecuzione dall'INPS, a differenza dell'INAIL, alla direttiva
interministeriale del 10 febbraio 2011 (Gazzetta Ufficiale n. 135 del 13
giugno 2011) che, in ogni caso, prevede una parziale soluzione
conciliativa;
sarebbe opportuno che gli immobili ad uso abitativo, di pregio e non di
pregio, fossero offerti in opzione agli aventi diritto per consentire
loro un effettivo esercizio del diritto di opzione legislativamente
previsto ai prezzi già determinati a suo tempo dall'Agenzia del
Territorio; risulterebbe, inoltre, urgente il superamento della
controversia in atto, in particolar modo, per quel che riguarda i
cosiddetti immobili di pregio,
impegna il Governo
ad
intervenire con urgenza per risolvere l'annosa vicenda del contenzioso
giudiziario dei «cosiddetti» immobili di pregio agevolando in tal modo
l'acquisto degli immobili medesimi da parte dei locatari in questa fase
difficile e impegnativa sul piano economico e che vede nell'emergenza
abitativa un tema di grande rilevanza sociale.
9/5534-bis-A/168. Motta.
********************************
Il 05 novembre 2012, la proposta emendativa 7.66 presentata su mia richiesta al disegno di Legge di Stabilità 2013 dall’On. Motta, che reca disposizioni sulle modalità di vendita delle unità residenziali di proprietà degli enti previdenziali pubblici per le quali penda ricorso avverso la qualificazione di pregio:
Dopo il comma 3, aggiungere il seguente:
3-bis. Le unità residenziali di pregio di proprietà degli enti previdenziali pubblici o di fondi mobiliari degli stessi enti, per le quali pende ricorso dinanzi all'autorità giudiziaria competente avverso la relativa qualificazione di pregio, ovvero anche la determinazione del prezzo di vendita delle stesse, sono vendute applicando al prezzo a suo tempo definito dall'Agenzia del territorio, una riduzione del 30 per cento, a condizione che vengano abbandonati i giudizi in corso, a spese compensate e che vengano riconosciuti come acconto prezzo delle unità i canoni corrisposti nelle more del giudizio dai conduttori che risultino in regola con il pagamento degli oneri accessori.
(è stata respinta) dalla Commissione Bilancio della Camera in sede di esame dei circa 1.500 emendamenti che sono stati presentati.
***********************************************
La Camera,
premesso che:
l'emergenza abitativa costituisce, nell'attuale
crisi economica che colpisce il Paese, uno dei fattori
di maggiore e crescente tensione sociale che interessa
larghi strati della popolazione appartenenti, oltre
le tradizionali
categorie a rischio, anche a fasce di ceto medio,
professionisti e famiglie con doppio reddito;
tale situazione è resa particolarmente acuta dai
caratteri del mercato immobiliare italiano, dove
l'offerta di abitazioni private – con costi molto alti
ed inaccessibili per un numero sempre maggiore di
famiglie e di giovani coppie – supera largamente
l'offerta pubblica scesa progressivamente, negli ultimi
anni, ad una quota pari a circa l'1 per cento della
produzione edilizia totale;
occorre prendere atto di un'assenza di iniziativa
delle autorità pubbliche che, nonostante la crescita
della crisi abitativa, la sollecitazione delle forze
sociali e di vari organismi parlamentari non sono state
in grado, negli ultimi anni, di varare un'organica
politica per la casa che, intrecciata con innovative
politiche di governo del territorio, fosse in grado di
rilanciare la produzione di edilizia a fini sociali o di
carattere pubblico, con il recupero urbano ed il
contenimento del consumo di suolo nelle città;
la Corte costituzionale e la Corte europea dei
diritti dell'uomo hanno, in questo quadro, segnalato
l'inopportunità di provvedimenti «tampone» – soprattutto
in materia di proroga delle ordinanze di sfratto – che
ledono il libero dispiegarsi del diritto alla proprietà,
in assenza di azioni organiche e complessive capaci di
dare una risposta d'insieme ai vari aspetti che
riguardano il problema dell'emergenza abitativa in
Italia e, d'altro canto, si deve tenere presente che il
diritto alla casa e l'accesso alla proprietà della
stessa sono sancite dall'articolo 47 della Costituzione;
parte essenziale della crisi abitativa è legata alla
dismissione del patrimonio abitativo degli enti
previdenziali pubblici e privatizzati; processo che
ancora oggi – dopo le alienazioni concluse negli anni
precedenti – riguarda circa 100 mila famiglie, in gran
parte concentrate nella capitale d'Italia;
in questo ambito, gli affittuari degli immobili
degli enti previdenziali privatizzati vivono una
condizione di particolare disagio con aumenti
consistenti dei canoni di affitto per il rinnovo dei
contratti di locazione e con proposte di acquisto
dell'alloggio da parte degli enti, con prezzi a valore
praticamente di mercato;
la condotta degli enti privatizzati per i rinnovi
contrattuali e le vendite è regolata da una serie di
provvedimenti succedutisi nel tempo – il decreto
legislativo n. 509 del 1994, la legge n. 104 del 1996,
l'articolo l, comma 38, della legge 243 del 2003, il
decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, il
decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, la direttiva
europea 2004/18/CE – che creano molte incertezze e dubbi
normativi sulla piena legittimità, oltre che
sostenibilità sociale, delle procedure in atto e che la
stessa Corte di cassazione si è incaricata di segnalare,
con sentenza a sezioni unite del 22 giugno del 2006
n. 20322, e da un'eterogeneità di situazioni tra ente ed
ente che rischia di creare situazioni di iniquità di
trattamento;
l'ulteriore conferma è ravvisabile nel decreto-legge
3 febbraio 2012, n. 16, convertito, con modificazioni,
dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, in cui è previsto, ai
sensi dell'articolo 5, che: «ai fini dell'applicazione
delle disposizioni in materia di finanza pubblica, per
amministrazioni pubbliche si intendono gli enti e i
soggetti indicati ai fini statistici nell'elenco oggetto
del comunicato dell'Istituto nazionale di statistica in
data 24 luglio 2010»;
oltretutto, sempre a riscontro dell'intrinseca
natura pubblicistica di queste casse, non può non essere
preso in considerazione quanto sancito dal decreto-legge
6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni,
dalla legge 7 agosto 2012, n. 135;
in particolare, tale normativa, al comma 11-bis
dell'articolo 3, rubricato «razionalizzazione del
patrimonio pubblico e riduzione dei costi per locazioni
passive», disciplina specificatamente la
nuova procedura
che gli enti previdenziali inseriti nel conto economico
della pubblica amministrazione devono seguire nella
dismissione immobiliare. Appare, dunque, chiara e
leggibile la natura giuridica degli enti previdenziali
privatizzati, anche alla luce degli ultimi interventi
normativi;
la
situazione dei conduttori degli immobili degli enti
previdenziali pubblici non appare meno preoccupante alla
luce dell'interruzione del processo di alienazione e
della scadenza dei contratti, che mette sia i conduttori
con titolo che le tante famiglie di occupanti «sine
titulo» in una condizione di angoscia e incertezza,
tanto più assurda in presenza di una legge – la n. 410
del 2001 – che ha fissato con chiarezza le condizioni e
le prerogative con cui agire per la vendita del
patrimonio degli enti previdenziali pubblici;
in questo specifico caso, va ricordato che già il 90
per cento del patrimonio abitativo è stato alienato ai
conduttori con le prerogative della suddetta legge e
attraverso l'azione di specifici soggetti societari
all'uopo costituiti – Scip 1 e Scip 2 – dopo lo
scioglimento, dei quali il patrimonio residuo è entrato
integralmente in possesso dell'Inps;
l'Inps stesso, più volte sollecitato sul tema, ha
inviato – anche con specifica lettera del presidente
Mastrapasqua – ai Ministeri dell'economia e delle
finanze e del lavoro e delle politiche sociali –
vigilanti sull'Istituto – richiesta di chiarimento sul
da farsi, in ragione anche della sopravvenuta norma
sulla dismissione del patrimonio immobiliare pubblico,
presente all'articolo 27 del cosiddetto «decreto Salva
italia» 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011;
appare, pertanto, urgente un pronunciamento degli
organi parlamentari e del Governo sulle modalità con cui
affrontare, in un quadro di sostenibilità economica
dello Stato e degli enti sopra richiamati ma anche e
soprattutto di tutela e garanzia sociale delle famiglie
interessate, il processo di alienazione degli immobili
del patrimonio abitativo degli enti pubblici e
privatizzati, evitando il rischio di accentuare
l'emergenza abitativa, in particolare a Roma,
impegna il Governo:
ad assumere iniziative, nel più breve tempo
possibile, per chiarire il quadro normativo che regola
il processo di alienazione del patrimonio immobiliare
dei vari enti previdenziali privatizzati;
ad intervenire per garantire, comunque, agli
inquilini tutele e garanzie di controllo sui prezzi di
vendita da parte degli enti e sull'entità dei canoni di
affitto in rinnovo di locazione, traendo prioritario
riferimento da quanto stabilito dalla legge n. 410 del
2001 e dagli accordi sindacali in materia, in modo che i
diritti in essa stabiliti siano effettivamente
praticabili;
ad intervenire presso gli enti previdenziali pubblici
ed in particolare presso l'Inps – come da esso stesso
richiesto – affinché vengano adottate con chiarezza e
celerità tutte le procedure necessarie per la ripresa
del processo di alienazione degli immobili reimmessi in
possesso dell'Inps stesso con le tutele, il prezzo e le
garanzie stabilite dalla legge n. 410 del 2011;
ad aprire,
in ogni caso, da subito un tavolo di confronto tecnico e
sindacale con le organizzazioni sindacali
dell'inquilinato e con gli enti locali interessati,
riguardante sia il patrimonio degli enti previdenziali
pubblici che quello degli enti previdenziali
privatizzati, per individuare le soluzioni più rapide e
socialmente efficaci per raggiungere gli obbiettivi
sopra richiamati e per la regolarizzazione dei «sine
titulo» o delle assegnazioni irregolari negli
alloggi degli enti previdenziali pubblici, anche al fine
di prevenire situazioni esplosive di disagio sociale,
per favorire l'accesso al credito delle famiglie con
reddito medio basso, con mutui sostenibili e finalizzati
all'acquisto;
ad impartire, per quanto riguarda gli enti
previdenziali pubblici, precise disposizioni
affinché,
nelle more dei provvedimenti da assumere, venga
differita l'esecuzione degli sfratti o degli sgomberi
pendenti nelle aree urbane e la sospensione delle aste
riguardanti le unità immobiliari ad uso residenziale che
non risultino effettivamente libere;
ad assumere un provvedimento che obblighi gli enti
previdenziali, pubblici e privatizzati, quelli
partecipati, con controllo o vigilanza pubblica a
stipulare e rinnovare i contratti di locazione, tenendo
conto della situazione di difficoltà economica delle
famiglie, anche riconsiderando in forme socialmente più
sostenibili accordi recentemente stipulati da diversi
enti;
a prevedere, in attesa di un rapido chiarimento sulle
procedure da adottare, derivante dagli esiti del
suddetto tavolo tecnico, una moratoria delle procedure
di alienazione degli immobili degli enti previdenziali
privatizzati – ancorché deliberate ma ad oggi non
avviate – e degli aumenti dei canoni connessi ai rinnovi
contrattuali, nonché delle procedure di sfratto in corso
per gli enti previdenziali privatizzati,
tenuto conto che la Commissione VIII (ambiente,
territorio e lavori pubblici) della Camera dei deputati
ha già approvato all'unanimità nel 2010 la risoluzione
Alessandri, Piffari e Braga n. 8-00101, che dà mandato
al Governo di convocare un tavolo tecnico e sindacale
sui temi suddetti;
a prevedere per le procedure di alienazione in fase
di attuazione, anche a causa della congiuntura economica
e della difficoltà di accedere al credito, la
possibilità per chi non è in grado di procedere
all'acquisto, di poterlo fare alle medesime condizioni,
per i successivi 5 anni;
ad intervenire
anche con precise disposizioni normative per risolvere
l'annosa vicenda del contenzioso giudiziario dei
cosiddetti immobili di pregio.
(1-01086)
(Nuova formulazione) «Morassut, Argentin,
Braga, Iannuzzi, Margiotta, Meta, Motta, Realacci,
Touadi, Tullo».
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In data 9 maggio 2012 la Camera dei Deputati ha approvato all'unanimità la mozione Lenzi ed altri concernente inziative per ristabilire una diversa e adeguata governance dell'Inps,
Atto Camera
Mozione 1-00955
presentata da
DONATA LENZI
testo di
giovedì 22 marzo 2012, seduta n.609
La Camera,
premesso che:
l'articolo 21 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 convertito con
modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011,
n. 214, ha disposto la soppressione degli enti Inpdap e Enpals e
attribuito le relative funzioni all'Inps, dando vita al più grande ente
previdenziale d'Europa, con un bilancio di 700 miliardi di euro, 35.000
dipendenti e una platea di 24,5 milioni di iscritti;
anche sul fronte delle procedure per l'accertamento, la verifica e il
riconoscimento dei trattamenti legati alla disabilità, nel corso degli
ultimi anni, il ruolo dell'Inps si è rafforzato e le attività affidate
all'ente sono notevolmente aumentate determinando un ulteriore onere
funzionale e organizzativo in capo all'Istituto;
le informazioni che pervengono in merito alla trattativa tra Governo e
parti sociali attribuiscono all'ente nuovi rilevanti compiti in tema di
ammortizzatori sociali in particolare l'ente si troverebbe a gestire
ulteriori risorse derivanti dalla assicurazione obbligatoria posta in
capo alle imprese;
il nuovo Inps è chiamato nei prossimi mesi ad una impegnativa e profonda
riorganizzazione per ottenere i risparmi previsti, per integrare al
meglio gli enti assorbiti, per garantire efficacia ed efficienza al
sistema previdenziale, ragione fondante della riunificazione;
l'incorporazione di Inpdap e Enpals ha ulteriormente aumentato il già
rilevante patrimonio immobiliare dell'ente, mentre le partecipazioni in
altri enti pubblici - in particolare rilevano le quote (49 per cento)
della holding di Equitalia e il 100 per cento di Sispi, società per la
previdenza integrativa - ne fanno una delle realtà economiche più
significative del panorama nazionale;
la governance del nuovo istituto è affidata ad una carica monocratica
nella figura del presidente dell'Inps, il cui incarico è stato
prolungato fino al 31 dicembre 2014, nonostante la Corte dei conti nella
sua relazione del novembre 2011 avesse già espresso perplessità circa la
concentrazione dei poteri determinatasi a seguito delle disposizioni del
decreto-legge n. 78 del 2010, che aveva trasferito al solo presidente le
attribuzioni del soppresso consiglio di amministrazione. La Relazione
sottolineava «il potenziamento del tutto singolare dell'organo
monocratico di vertice dell'istituto cui vengono riconosciute oltre a
quelle di rappresentanza, le attribuzioni di indirizzo gestionale e
tutte le competenze non conferite ad altri organi che non trova
riscontri nell'assetto degli enti pubblici non economici e neanche nel
modello societario». Perplessità che a fronte dell'annessione di Inpdap
e Enpals risultano ulteriormente rafforzate;
nei confronti della attuale dirigenza, sempre la citata relazione della
Corte dei conti dello scorso novembre segnalava: «è tuttora in corso
l'azione di ristrutturazione organizzativa, condotta per altro in
assenza di un compiuto piano unitario e di una previa analisi costi
benefici, in modo settoriale e per successive approssimazioni, facendo
ampio ricorso a consulenze esterne, onerose e pervasive»;
anche gli enti previdenziali, ora tutti confluiti nella nuova Inps, sono
proprietari di un ingente patrimonio destinato a rappresentare un
investimento a garanzia della tenuta del sistema pensionistico. Dal
2001 ad oggi, parte di questo patrimonio è stato messo in vendita, e
alcune operazioni secondo i firmatari del presente atto di indirizzo
discutibili messe in campo da precedenti Governi quali le Scip sono
state poi revocate (legge n. 14 del 27 febbraio 2009), ma a fronte
della chiara indicazione data dal precedente Governo con la direttiva
ministeriale del 10 febbraio 2011 a vendere agli inquilini che ne hanno
fatto richiesta e a chiudere il contenzioso proprio l'Inps è risultato
essere inadempiente. Nel frattempo, al momento
dell'incorporazione di Inpdap ed Enpals, il presidente dell'Inps ha
assunto l'incarico di presidente della Idea Fimit Sgr, società di
gestione del risparmio, attiva nel settore dei fondi comuni di
investimento immobiliari con la mission di promuovere e gestire
strumenti di finanza immobiliare in linea con le esigenze degli
investitori nazionali ed internazionali. Tale incarico si somma ai molti
altri di cui il presidente dell'ente è già titolare;
si segnala, inoltre, come particolarmente grave quanto evidenziato nella
relazione del collegio sindacale dell'Inps sul bilancio consuntivo del
2010, nel quale si è richiamata l'attenzione sul «significativo
peggioramento della gestione del patrimonio immobiliare da reddito per
il quale non si rinvengono nelle relazioni di bilancio utili elementi
informativi»;
l'Inps, ente pubblico secondo solo allo Stato per dimensione di
bilancio, è chiamato a svolgere una funzione sociale di straordinaria
importanza come quella della tutela dalla vecchiaia, in primo luogo
gestendo le risorse derivanti dalla contribuzione dei lavoratori
pubblici, privati e autonomi e delle imprese, soggetti a cui dovrebbe
essere riconosciuto un prioritario ruolo attivo nel governo dell'ente.
Parimenti, chi viene chiamato a guidare l'ente assume ad un ruolo di
grande responsabilità sociale;
la gran parte delle risorse finanziarie gestite dall'Istituto proviene
dalla contribuzione di lavoratori ed imprese e tale circostanza non
appare sufficientemente riconosciuta e assolta dalle attuali funzioni e
competenze del Comitato di indirizzo e vigilanza dell'Inps,
impegna il Governo:
a intervenire, soprattutto in questa fase così delicata e
impegnativa, anche con iniziative di carattere normativo, al fine di
garantire una «governance» dell'ente equilibrata, collegiale e
trasparente, che preveda la compresenza di un organismo di vertice
costituito da personalità di comprovata esperienza, autonomia e
indipendenza, affiancato da un Comitato di indirizzo e vigilanza dai
poteri rafforzati, così superando l'attuale fase di gestione
straordinaria e riportando la stessa ad un assetto più appropriato per
un ente pubblico, come autorevolmente indicato dalla Corte dei conti;
a verificare la compatibilità operativa, funzionale e gestionale
dell'attuale situazione di contemporanea coesistenza di numerosi
incarichi in altre società del presidente dell'Inps, nel quadro della
richiamata ridefinizione dell'assetto di governance dell'ente.
(1-00955)
«Lenzi, Fioroni, Damiano, Giovanelli, Bellanova, Berretta, Bobba,
Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Madia, Miglioli, Mosca, Rampi,
Santagata, Schirru, Baretta, Motta, Mattesini».
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Premesso che:
sono migliaia le famiglie italiane inquiline presso stabili di proprietà di enti previdenziali pubblici i quali, essendo classificati "di pregio", risultano quindi esclusi in fase di acquisto/riscatto dagli sconti concessi ad altri inquilini nel processo di dismissione di altri immobili rientranti tra i beni nelle disponibilità dei medesimi enti;
nessun tipo di soluzione transattiva è stata promossa dagli enti previdenziali pubblici per tentare di risolvere bonariamente il contenzioso giudiziario relativo a tali immobili di pregio così come prevede il decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, né tantomeno è stata data esecuzione alla direttiva interministeriale del 10 febbraio 2011 (Gazzetta Ufficiale n. 135 del 13 giugno 2011) che, in ogni caso, prevede una parziale soluzione conciliativa;
alcuni enti, in particolare l'INPS, hanno sollevato molti dubbi interpretativi sulle richiamate norme e direttive che ancora oggi risultano irrisolti rallentando l'efficacia e l'efficienza dell'azione amministrativa posta in essere per la gestione degli immobili;
l'art. 27 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, prevede la gestione e l'alienazione del patrimonio immobiliare pubblico di proprietà degli enti vigilati dallo Stato attraverso la promozione da parte del Ministero dell'economia e delle finanze di iniziative idonee alla costituzione di società o fondi immobiliari;
ravvisata la necessità di un intervento normativo con il quale armonizzare le norme in vigore in materia di patrimonio immobiliare ed eliminare gli attuali dubbi interpretativi nonché individuare una linea univoca per tutti gli enti pubblici impegnati nella gestione del patrimonio immobiliare per risolvere il contenzioso sui cosiddetti immobili di pregio,
si chiede di sapere:
quali iniziative il Governo intenda adottare sì da arrivare in tempi certi ad una soluzione condivisa della vertenza che interessa migliaia di famiglie italiane, magari adottando le misure che permettano il raggiungimento degli obiettivi di semplificazione, di razionalizzazione e di risparmio in linea con quelli perseguiti dall'attività di Governo del Paese;
se non ritenga opportuno emanare, all'uopo, una norma in cui si stabilisca che per le unità residenziali di pregio per le quali pende ricorso dinanzi all'autorità giudiziaria competente avverso la qualificazione di pregio del cespite, ovvero anche la determinazione del prezzo di vendita delle singole unità, l'alienazione da parte degli enti proprietari ha luogo applicando al prezzo a suo tempo definito dall'Agenzia del territorio, i coefficienti aggregati di abbattimento, previsti dal decreto-legge n. 41 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 104 del 2004 e contenuti nell'ultima tabella pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 181 del 5 agosto 2006, a condizione che vengano abbandonati i giudizi in corso, a spese compensate e che vengano riconosciuti come acconto di prezzo i canoni corrisposti nelle more del giudizio dai conduttori che risultino in regola con il pagamento degli oneri accessori.
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Senato della Repubblica XVI LEGISLATURA
Legislatura 16º - Disegno di legge N. 3236
Comunicato alla Presidenza il 29 marzo 2012
d’iniziativa dei senatori DINI, CANTONI, RAMPONI, DE GREGORIO, GAMBA,
FIRRARELLO, LISCASTRO SCARDINO, CARRARA, PALMIZIO, BEVILACQUA, BALDINI,
TEDESCO, PISCITELLI, COSTA, CASTIGLIONE, LADU, GALLO, BENEDETTI
VALENTINI, AMATO, SARO, CASTRO, CALIENDO, SPEZIALI, MAZZARACCHIO,
ALBERTI CASELLATI, AZZOLLINI, GENTILE, CALIGIURI, GRAMAZIO, CIARRAPICO,
PARAVIA, BURGARETTA APARO, CURSI, PISANU, VIESPOLI, MALAN, SPADONI
URBANI, IZZO, LANNUTTI, DE FEO, AMORUSO, COMPAGNA, SCARABOSIO, BETTAMIO,
SCARPA BONAZZA BUORA, LATRONICO, BIANCONI, TOTARO, TONINI, POSSA,
VICECONTE, PALMA, SANCIU, Alberto FILIPPI, GERMONTANI, GRILLO, PASTORE e
BONFRISCO
DISEGNO
DI LEGGE
Art. 1.
1. Gli enti pubblici e i soggetti anche di diritto privato il cui capitale sociale è interamente detenuto da uno o più enti pubblici procedono alla dismissione del proprio patrimonio immobiliare ad uso non strumentale secondo princìpi di trasparenza, economicità e congruità di valutazione economica.
2. Sono esclusi dall’obbligo di cessione i beni culturali riconosciuti e tutelati ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
3. Per quanto non espressamente disposto con decreto del Presidente
del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del Ministro
dell’economia e delle finanze entro tre mesi dalla data di entrata in
vigore della presente legge, ovvero ove tale decreto non sia stato
adottato entro il termine previsto dal presente comma, si applicano i
criteri e le modalità stabiliti dal decreto legislativo 16 febbraio
1996, n. 104, in materia di dismissione del patrimonio immobiliare degli
enti previdenziali pubblici.
4. Con riferimento agli immobili adibiti a civile abitazione, trova
applicazione quanto previsto dall’articolo 3, comma 109, lettere a),
b) e d) della legge 23 dicembre 1996, n. 662.
5. I proventi derivanti dalle dismissioni di cui ai commi da 1 a 4 del
presente articolo sono destinati alla riduzione del debito. A questo
fine, i relativi proventi sono conferiti al Fondo per l’ammortamento dei
titoli di Stato di cui all’articolo 2 della legge 27 ottobre 1993, n.
432.
6. Le disposizioni recate dalla presente legge e dai relativi decreti
legislativi costituiscono princìpi fondamentali del coordinamento della
finanza pubblica ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione e sono
finalizzate alla tutela dell’unità economica della Repubblica italiana,
ai sensi dell’articolo 120, secondo comma, della Costituzione.
7. Le disposizioni della presente legge si applicano alle regioni a
statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano nel
rispetto di quanto previsto dai relativi statuti.
RELAZIONE
Onorevoli Senatori. – L’agenda del «Governo Monti» è stata fin qui dominata dall’emergenza. La forte turbolenza che si è determinata sui mercati finanziari internazionali a partire dalla scorsa estate, con un repentino rialzo nel costo del nostro debito pubblico, ha imposto una celere e drastica manovra correttiva.
L’emergenza ha fatto sì che la manovra fosse incentrata essenzialmente sull’aumento dell’entrate; se ce ne fosse stato il tempo, avrebbe potuto essere realizzata anche attraverso una riduzione della spesa pubblica, generando una minore pressione recessiva sull’economia. Lo stesso intervento sulle pensioni è stato reso possibile proprio dall’emergenza, che ha consentito di superare le resistenze che si erano fin qui frapposte alla necessaria accelerazione della transizione verso il nuovo regime introdotto con la «riforma Dini» e cioè la legge 8 agosto 1995, n. 335. Così pure l’emergenza ha reso politicamente praticabili gli interventi – in verità ancora da completare ed estendere – in materia di liberalizzazione dei servizi che avevano fin qui trovato ostacoli insormontabili nelle pressioni politiche esercitate dalle categorie interessate.
Ricuperate condizioni finanziarie più distese, due questioni si impongono all’agenda di governo.
La prima è disegnare un percorso graduale di riduzione di una pressione
fiscale che ha raggiunto livelli difficilmente compatibili con lo
sviluppo della libera intrapresa economica. Dobbiamo tuttavia essere
consapevoli che le condizioni attuali della finanza pubblica non
permettono di ridurre in misura consistente questo peso fin da subito.
Nel prossimo futuro, tuttavia, non vi sarà alternativa a una drastica
revisione di meccanismi, ambito e dimensioni della spesa pubblica che
apra lo spazio a quella riduzione del carico fiscale su imprese e
cittadini che costituisce la pre-condizione affinché la nostra economia
si riavvii sul sentiero della crescita.
Il disegno di legge che segue si sofferma invece sull’altra questione
che l’agenda di governo trova ora innanzi a sé: la necessità di ridurre
il nostro gigantesco debito pubblico che assorbe una quota elevata dello
sforzo fiscale al quale i cittadini sono costretti e pone pesanti
ipoteche sul loro futuro.
Quel che c’è da fare è chiaro: occorre in primo luogo liquidare quella
parte del patrimonio pubblico che non è essenziale per lo svolgimento
delle funzioni fondamentali di Stato e amministrazioni locali, e usare
il ricavato delle cessioni per abbattere questo gigantesco debito
pubblico. Sappiamo che alcune di queste cessioni patrimoniali richiedono
un lavoro preparatorio niente affatto semplice. Quel che può dirsi è
che, quanto prima si avviano queste attività preliminari, tanto più
presto sarà possibile la cessione sul mercato degli assets in
questione.
Esistono però attività per le quali la cessione è relativamente semplice: si tratta anzitutto degli immobili a uso non strumentale posseduti dallo Stato, dalle amministrazioni locali e dalla generalità di enti pubblici e soggetti pseudo-privati a totale partecipazione pubblica, quali ad esempio le Ferrovie dello Stato, Poste Spa, Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail).
Si tratta di valori ingenti, quantificati dall’Istituto Bruno Leoni in circa 400 miliardi di euro, di cui 100 miliardi prontamente vendibili, potendo questi essere messi celermente sul mercato anche utilizzando le procedure a suo tempo adottate per vendere gli immobili degli enti previdenziali.
Per la parte direttamente di pertinenza dello Stato, di enti pubblici
nazionali o di società da essi possedute, il ricavato potrebbe confluire
nel fondo per l’ammortamento del debito pubblico. Per la parte di
pertinenza, diretta o indiretta, delle amministrazioni locali, il
ricavato delle vendite sarebbe soggetto alle ordinarie regole che
governano la finanza locale attraverso lo strumento del patto di
stabilità interno, sostanzialmente quindi andando a determinare una
contrazione del debito delle amministrazioni interessate. Al riguardo,
lo Stato potrebbe determinare l’importo dei trasferimenti alle
amministrazioni locali scontando – in tutto o in parte – le entrate da
esse realizzate tramite le dismissioni patrimoniali.
È bene ribadirlo: si tratta di immobili che non hanno impatto sullo
svolgimento delle funzioni pubbliche essenziali, perché sono immobili a
uso non funzionale. Sono state fatte altre proposte che prevedono
utilizzo di strumenti finanziari complessi, quali la creazione di fondi
immobiliari e anche di fondi di secondo grado. Qui si propone invece di
utilizzare le procedure più celeri, offrendo a esempio gli immobili a
uso residenziale in opzione agli attuali inquilini.
Il disegno di legge consta di un solo articolo.
Al comma 1 si dispone la cessione del patrimonio immobiliare a uso
non strumentale detenuto da tutti gli enti pubblici, ovvero da
soggetti anche privati il cui capitale sia detenuto interamente da uno o
più enti pubblici.
Il comma 2 esclude, dall’ambito di applicazione della disposizione di
cui al comma 1, beni culturali oggetto di tutela.
Il comma 3 dispone che la cessione avvenga secondo le modalità
fissate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da
adottare, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze,
entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge; per
quanto non previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri citato, ovvero ove tale decreto non venisse emanato entro il
termine appena citato, si applicheranno i criteri e le modalità previsti
dal decreto legislativo 16 febbraio 1996, n. 104, in materia di
dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali
pubblici.
Il comma 4 prevede che per gli immobili adibiti a civile abitazione
sia garantito un diritto di opzione agli attuali affittuari, secondo
quanto previsto dall’articolo 3, comma 109, lettere a), b)
e d) della legge 23 dicembre 1996, n. 662.
Il comma 5 dispone che i proventi derivanti dalle dismissioni di cui ai
commi da 1 a 4 siano destinati alla riduzione del debito. A questo fine
i relativi proventi sono conferiti al Fondo per l’ammortamento dei
titoli di Stato di cui all’articolo 2 della legge 27 ottobre 1993, n.
432.
Il comma 6, qualificando le disposizioni recate dalla legge quali
princìpi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica ai sensi
dell’articolo 117 della Costituzione, e dichiarando che esse sono
finalizzate alla tutela dell’unità economica della Repubblica italiana,
ai sensi dell’articolo 120, secondo comma, della Costituzione, vincola
anche le amministrazioni locali.
Il comma 7 disciplina l’applicazione della presente legge alle regioni a
statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano, nel
rispetto di quanto previsto dai relativi statuti.
Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-02702
Atto n. 3-02702
Pubblicato il 6 marzo 2012
Seduta n. 685
LANNUTTI – Ai Ministri del lavoro e delle politiche sociali e dell’economia e delle finanze. -
Premesso che:
il collezionista di poltrone Antonio Mastrapasqua, presidente e commissario unico dell’Inps e consigliere di decine di altre società, che ha denunciato un guadagno di oltre un milione di euro nel 2011 perché non soggetto al divieto di cumulo di incarichi, è così indaffarato nel passare da un consiglio all’altro al punto da non accorgersi di un deficit di 80 milioni di euro nella gestione del patrimonio immobiliare dell’istituto;
scrive infatti Primo Di Nicola su “L’espresso” del 27 gennaio 2012, un articolo dal titolo: “Inps col buco. Ottanta milioni di mancati incassi nella gestione del patrimonio immobiliare. L’accusa arriva da un’indagine interna”: «Rinnovi dei contratti di locazione irregolari, mancati incassi per 80 milioni. Ai vertici dell’Inps è scattato l’allarme. Un’indagine interna e una lettera di Antonio Ferrara, il magistrato della Corte dei conti che vigila sulla correttezza degli atti, rischia di far esplodere uno scandalo intorno all’ente previdenziale proprio mentre si chiedono sacrifici pesantissimi anche ai pensionati con i redditi più bassi. Al centro della bufera c’è la gestione del patrimonio immobiliare ex Inpdai ereditato nel 2002 dall’Inps e fino a qualche anno fa amministrato dall’ex responsabile della direzione del patrimonio Francesco Varì, ora presidente dell’Organismo di valutazione dell’integrità e trasparenza dell’Inps (Oiv). Lo scorso marzo, il cda dell’ente ha disposto un’indagine sull’asset ad una commissione interna che ha appena consegnato la sua relazione finale. Le irregolarità riscontrate sono risultate così inquietanti da indurre il magistrato Ferrara a chiedere al dg Mauro Nori quali provvedimenti intende prendere di fronte alle anomalie denunciate e ad informare la procura regionale della Corte dei conti del Lazio. La vicenda nasce dal contratto sottoscritto dall’Inpdai (2002) ed ereditato dalI’Inps con Rti Pirelli&C, Romeo spa e Sovigest per la gestione degli immobili, la manutenzione dei palazzi sparsi in tutta Italia e la riscossione degli affitti. Il contratto prevedeva una scadenza biennale (2004) e la possibilità di rinnovi annuali per un massimo di tre anni. Rinnovi che arrivano puntualmente. Al terzo colpo, nel 2006, addirittura per un quadriennio. Il tutto, dice la commissione, anche in violazione alla normativa che vietava rinnovi dei contratti delle pubbliche amministrazioni in maniera tacita (è questo il caso) e non motivati da ragioni di convenienza (pure queste non accertate). Altra violazione, quella relativa alle nuove disposizioni del maggio 2005 che, per i contratti già scaduti o che venivano a scadenza nei sei mesi successivi all’entrata in vigore della nuova legge (10 agosto 2005), stabilivano che potevano essere prorogati per un massimo di sei mesi per il tempo necessario alla stipula dei nuovi, ma con gare ad evidenza pubblica. Alla commissione risulta invece che non è stata bandita alcuna gara, mentre i contratti sono stati prorogati oltre i termini fissati. Infine, il capitolo dei danni subiti dall’Inps. A leggere la relazione si ha la l’impressione di trovarsi di fronte a un vero regalo a Pirelli, Romeo e Sovigest. Soprattutto per la parte commerciale del patrimonio. Secondo gli accordi, le tre società hanno corrisposto all’Inps solo un minimo garantito, complessivamente 7 milioni 308 mila curo l’anno, a fronte di incassi ben pile ricchi e che nel periodo 2003-2010 hanno portato alle tre società riscossioni di quasi 81 milioni di curo superiori ai canoni riconosciuti all’Inps. Una circostanza stigmatizzata da Ferrara anche perché, inaspettatamente e senza alcuna giustificazione, a partire dal 2003, nella delicata partita della manutenzione del patrimonio vengono trasferiti a carico dell’istituto anche i costi per contratto fino ad allora sostenuti dalle società affidatarie. “Un autentico scandalo”, dice Luigi Romagnoli, coordinatore nazionale dell’Usb (Unione sindacale di base) dell’Inps: “È un regalo ai tre gestori privati: chiediamo a questo punto che vengano puniti i responsabili di questo andazzo, a cominciare da Varì, sotto la cui gestione si sono consumate le irregolarità”»;
considerato che l’Inps, che da solo ha un patrimonio immobiliare di oltre 1,5 miliardi di euro, ma che arriva a 2,3 miliardi con Inpdap ed Enpals, con una imbarazzante redditività pari allo zero, sta per individuare un nuovo gestore del suo patrimonio immobiliare. Secondo un articolo di Stefano Sansonetti per “ItaliaOggi” del 20 gennaio 2012, «Per quanto alleggerito dalle precedenti operazioni di cessione, tra cui le non fortunatissime cartolarizzazioni Scipl e Scip2, il “pacchetto” contiene ancora 13 mila unità immobiliari e 1.200 particelle di terreni. Insomma, il tutto fa ancora gola. Prova ne sia il fatto che ci sono ben sei operatori immobiliari che si stanno contendendo la gestione del pacchetto. Secondo quanto risulta a ItaliaOggi, infatti, è giunta agli sgoccioli la procedura con cui, diversi mesi fa, l’ente previdenziale aveva messo a gara la gestione del suo patrimonio immobiliare. In ballo, per il servizio che ha una durata contrattuale di 36 mesi, ci sono 44 milioni e 100 mila euro. Ebbene, dopo l’apertura delle buste sono spuntati fuori sei operatori del settore, tra cui, secondo alcune indiscrezioni, ci sarebbero società come Romeo Gestioni e Prelios (ex Pirelli Re). In realtà, il piano a cui sta lavorando l’Inps è anche più complesso. Diciamo subito che il nuovo gestore del patrimonio immobiliare andrà di fatto a sostituire la società che finora, con alterne fortune, si è occupata dalla questione. Si tratta della Igei spa, che per il 51% fa capo all’Inps stesso e per quote di minoranza a società come Vianini (gruppo Caltagirone) e Sovigest. Ora, l’Igei risulta essere in liquidazione nientemeno che dal 31 dicembre del 1996»,
si chiede di sapere:
se risponda al vero che l’Inps abbia raggiunto un deficit di 80 milioni di euro solo per mancati incassi nella gestione del patrimonio immobiliare, come risulterebbe da un’indagine interna e da una lettera di Antonio Ferrara, il magistrato della Corte dei conti che vigila sulla correttezza degli atti;
se al Governo risulti che le criticità siano riferite alla gestione del patrimonio immobiliare ex Inpdai ereditato nel 2002 dall’Inps e fino a qualche anno fa amministrato dall’ex responsabile della direzione del patrimonio Francesco Varì, ora presidente dell’Organismo di valutazione dell’integrità e trasparenza dell’Inps (Oiv), e se non siano proprio tali “girandole” di poltrone tra Inpdai ed Oiv ad aver causato un ammanco così grave da aver indotto il dottor Ferrara a chiedere al direttore generale Mauro Nori quali provvedimenti intende prendere di fronte alle anomalie denunciate e ad informare la procura regionale della Corte dei conti del Lazio;
se ritenga che il contratto sottoscritto dall’Inpdai (2002) ed ereditato dalI’Inps con Rti Pirelli&C, Romeo SpA e Sovigest, che prevedeva che le tre società dovevano corrispondere all’Inps solo un minimo garantito, complessivamente 7.308.000 euro all’anno, a fronte di incassi ben più ricchi e che nel periodo 2003-2010 hanno portato alle tre società riscossioni di quasi 81 milioni di euro superiori ai canoni riconosciuti all’Inps, con la manutenzione del patrimonio a carico della stessa Inps, non rappresenti uno sperpero di pubblico denaro e se risulti per quali ragioni il dottor Mastrapasqua e gli organismi di controllo non si siano accorti di tale evidente e scandaloso regalo ai privati scoperto soltanto dalla Corte dei conti;
quali siano le ragioni che hanno tenuto in vita Igei, società a partecipazione di maggioranza pubblica Inps in liquidazione da 1996, e se, a fronte di questo ennesimo sperpero di pubblico denaro e degli omessi controlli interni, non ritenga che debbano essere rimossi con effetto immediato i massimi dirigenti, a cominciare da Francesco Varì;
quali misure urgenti intenda adottare per restituire trasparenza e rigore ad una gestione dispendiosa ed opaca dell’Inps da parte di Antonio Mastrapasqua.
Emendamenti di Commissione relativi al DDL n. 2464
Emendamento
1.250
Dopo il comma 86, aggiungere i seguenti:
«86-bis. Tutte le unità immobiliari ad uso residenziale degli enti previdenziali pubblici che risultino invendute alla data di entrata in vigore della presente legge, sono offerte in opzione ai conduttori al prezzo determinato dall'Agenzia del Territorio prima che fossero ritrasferite dalla Scip Srl agli enti originari proprietari.
86-ter. Per i conduttori che abbiano manifestato la volontà di acquisto dei rispettivi appartamenti entro il 31 ottobre 2001, il prezzo di vendita degli stessi è determinato applicando alla stima dell'Agenzia del territorio i coefficienti aggregati di abbattimento contenuti nell'ultima tabella pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 289 del 13 dicembre 2005 e previsti dal decreto-legge 23 febbraio 2004, n. 41, convertito, con modificazioni, nella legge 23 aprile 2004, n. 104.
86-quater. La stipula dei contratti di compravendita, in base alla presente legge, può essere effettuata a condizione che l'acquirente rinunci, con la compensazione delle spese di lite, ad ogni azione giudiziaria in atto e futura riguardante l'immobile condotto in locazione, in qualsiasi grado di giudizio, sia in sede ordinaria che amministrativa, nei confronti dell'Ente proprietario il quale a sua volta non potrà richiedere alcun incremento di canone o indennità rispetto a quello/a attualmente già pagato/a con regolarità dal conduttore-acquirente, sia per le annualità pregresse sia per il periodo fino alla data della suddetta stipula».
La
commissione Bilancio del Senato ha bocciato tutti i circa 300
emendamenti presentati alla legge di Stabilità. In pratica il Governo si
è opposto a qualsiasi modifica in Senato per evitare un terzo passaggio
alla Camera.
Proposta di modifica n. 8.98 al DDL n. 2228
Resoconto della
XI Commissione permanente
(Lavoro pubblico e privato)
XI Commissione
SOMMARIO
Giovedì 10 dicembre 2009
Giovedì 10 dicembre 2009. - Presidenza del presidente Silvano MOFFA. - Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali, Pasquale Viespoli.
5-02055 Cazzola: Dismissione di immobili degli enti previdenziali.
Il sottosegretario Pasquale VIESPOLI risponde all'interrogazione in titolo.
TESTO DELLA RISPOSTA
Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo presentato dall'onorevole Cazzola, sulla base delle notizie fornite dai competenti uffici del Ministero che rappresenta e dal Ministero dell'economia e delle finanze, faccio presente quanto segue. L'articolo 3, comma 8, del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, concernente «Disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare», prevede che il prezzo di vendita delle unità immobiliari ad uso residenziale, escluse quelle di pregio individuate al successivo comma 13, è pari al prezzo di mercato delle stesse unità immobiliari libere diminuito del trenta per cento.
Il criterio individuato dal legislatore si sostanzia, quindi, nella previsione
di diverse regole di determinazione del prezzo degli immobili in considerazione
del differente valore degli stessi.
In merito alla questione all'attenzione, faccio inoltre presente che, con
decreto ministeriale 31 luglio 2002, del Ministro dell'economia e delle finanze,
di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali,
sono stati individuati i criteri di identificazione degli immobili di pregio,
criteri fatti salvi, da ultimo, dall'articolo 43-bis, comma 13 del
decreto-legge 30 dicembre 2008, convertito dalla legge n. 14 del 27 febbraio
2009.
Per quanto concerne gli aspetti relativi alla vigilanza tecnico-finanziaria,
derivanti dall'applicazione dell'articolo 43-bis della legge n. 14 del
2009, mi sembra opportuno precisare che la vigilanza si sostanzia nel
monitoraggio degli effetti in termini di sostenibilità delle gestioni
previdenziali, sia nel breve periodo (tramite l'esame dei bilanci contabili),
sia nel lungo periodo (tramite l'esame dei bilanci tecnici, il cui obbligo di
trasmissione è previsto dalla norma).
Le suesposte considerazioni conducono a valutare con estrema attenzione
l'esigenza manifestata dall'onorevole Cazzola in ordine ad una modifica dei
criteri fissati dalla legge nella materia di che trattasi.
Per quanto riguarda, infine, il quesito relativo all'opportunità di adottare
iniziative per la promozione di soluzioni transattive, con riferimento alle
vicende della dismissione degli immobili degli enti previdenziali, informo che
la competente Direzione generale dell'amministrazione che rappresento ha
garantito che comunicherà, nel breve periodo, ogni dato informativo utile. Mi
impegno, pertanto, fin d'ora, ad inoltrare tali informazioni all'onorevole
Cazzola non appena in mio possesso.
Giuliano CAZZOLA (PdL) prende atto positivamente della risposta del rappresentante del Governo, ritenendo necessario intraprendere adeguate iniziative per la promozione di soluzioni transattive in riferimento alle vicende della dismissione degli immobili degli enti previdenziali pubblici - sulla medesima linea già tracciata dalla legge n. 14 del 2009 - anche al fine di sanare una ingiustificata disparità di trattamento tra inquilini e porre rimedio ai negativi riflessi determinati dai contenziosi giudiziari in atto. Ricorda, infatti, che, poiché gli immobili di pregio sono connotati da un maggior grado di vetustà, al punto da rendere assolutamente discutibile e controversa la qualificazione di «pregio», sono sorte numerose liti giudiziali sulla materia, che si sono concluse in diversi casi in senso sfavorevole agli istituti previdenziali. Ritiene urgente, quindi, un intervento deciso del Governo, al fine di introdurre elementi di certezza in tale materia e sgombrare il campo da eventuali dubbi interpretativi della normativa.
ATTO CAMERA - INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/02055
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 242 del 09/11/2009
Firmatari
Primo firmatario:
Data firma: 05/11/2009
Destinatari
Ministero destinatario:
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera
Interrogazione a risposta in Commissione 5-02055
presentata da
GIULIANO CAZZOLA
lunedì 9 novembre 2009, seduta n.242
CAZZOLA. -
Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali.
- Per sapere - premesso che:
la vicenda della vendita degli immobili degli Enti previdenziali pubblici ha
avuto inizio con la legge 24 dicembre 1993 n. 537, in cui fu stabilito che gli
enti previdenziali pubblici dovessero predisporre programmi di dismissione del
patrimonio immobiliare a cominciare da quello abitativo, «in conformità alla
normativa vigente in materia di alienazione degli alloggi di edilizia
residenziale pubblica»;
il decreto legislativo del 16 febbraio 1996, n. 104, in materia di dismissioni
del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici e di investimenti
degli stessi in campo immobiliare, ha previsto, all'articolo 15, comma 2, che
con apposita circolare del Ministro del lavoro e della previdenza sociale
venissero stabiliti i criteri generali per la individuazione degli immobili di
pregio al solo fine della definizione o dell'elevamento dei relativi canoni;
con l'adozione del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, recante disposizioni
urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio
immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare,
convertito nella legge 23 novembre 2001, n. 410, gli immobili di pregio,
individuati ai sensi del comma 13 dell'articolo 3, sono stati eccettuati, dal
comma 8 dello stesso articolo, dalla applicazione della disciplina di favore
prevista per la determinazione del prezzo di vendita delle unità immobiliari ad
uso residenziale, offerte in opzione agli inquilini (conduttori) che acquistano
in forma individuale, pari al prezzo di mercato delle medesime unità immobiliari
diminuito del 30 per cento;
la predetta esclusione ha determinato una ingiustificata disparità di
trattamento tra inquilini che ha portato a numerosi contenziosi tutt'ora in
essere, atteso che la particolare qualificazione attribuita agli immobili di
pregio li differenzia dagli altri soltanto con riguardo agli specifici criteri
da applicare ai fini dell'adeguamento del canone di locazione;
a distanza di tanti anni dall'avvio della dismissione dei patrimonio immobiliare
degli enti previdenziali pubblici, gli inquilini delle cosiddette case di pregio
non intravedono ancora una giusta soluzione al contenzioso che riguarda oramai
una residuale parte di immobili, ritrasferiti agli enti ex-proprietari in base
all'articolo 43-bis del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con
modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14;
la legge 27 febbraio 2009, n. 14, all'articolo 43-bis, comma 12, ultimo
paragrafo dispone «... Al fine di favorire la tutela del diritto all'abitazione
... ..., i soggetti originariamente proprietari promuovono la definizione del
contenzioso in materia immobiliare privilegiando soluzioni transattive o di
bonario componimento che comportino l'immediato conseguimento di un apprezzabile
risultato economico in relazione al rischio implicito del giudizio, allo stato
ed al presumibile costo di esso, nonché alla possibilità di effettiva
riscossione del credito». Al successivo comma 13 sono individuate le norme per
l'individuazione degli immobili di pregio su richiesta degli enti proprietari,
facendo salvi i criteri di individuazione dei suddetti immobili previsti dal
comma 13, dell'articolo 3, del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351,
convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e
disciplinati dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 31 luglio
2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 190 del 14 agosto 2002 -:
se il Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie competenze e in
considerazione delle condizioni attuali del mercato immobiliare, intenda
valutare l'opportunità - anche in linea con il complessivo disposto
dell'articolo 43-bis del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con
modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, ed in particolare del
richiamato ultimo paragrafo del comma 12 del medesimo articolo - di adottare
iniziative per la promozione di soluzioni transattive in riferimento alle
vicende della dismissione degli immobili degli enti previdenziali pubblici,
anche al fine di sanare una ingiustificata disparità di trattamento tra
inquilini essendo controversa la definizione di immobili di pregio ed
essendo gli stessi connotati da un maggior grado di vetustà, al punto da rendere
assolutamente discutibile e controversa la qualificazione «di pregio» e tenuto
anche conto dei negativi riflessi determinati dai contenziosi giudiziari in atto
nonché delle reali condizioni di manutenzione degli immobili. (5-02055)