INDICE

 

  5     Prefazione di Giorgio Benvenuto

 

  9     Introduzione

 

I PROGRAMMI DI VENDITA IMMOBILIARI DEGLI ENTI PREVIDENZIALI

17     Il programma ordinario di cessione del 1996

20    Il programma straordinario di cessione del 1997

 

LE CARTOLARIZZAZIONI IMMOBILIARI DEL PROF. TREMONTI

22     Introduzione alle cartolarizzazioni

25    La “prima” cartolarizzazione (SCIP 1) del 2001

29    La “seconda” cartolarizzazione( SCIP 2) del 2002

34    La fine delle cartolarizzazioni

38    La grande svendita

 

 

SCIPPOPOLI”

41    Chi guadagna con le cartolarizzazioni

43    Ouroborus – Serpente carnivoro di immobili pubblici

49    I Capitali investiti nei titoli della Scip

52    Le altre operazioni finanziarie

55    Costi e ombre della SCIP

61    La strategia affaristica delle Immobiliari

63    Il ritardo delle vendite in SCIP 2

67    SCIP 2 ( la nuova Parmalat)

69    La denuncia della Corte dei Conti

72    L’incomodo osservatorio

74    Tentativi di incursioni aeree dall’alto

77    L’ammaliatrice và in pensione

77    Conclusioni

 

 

 

GLI  “IMMOBILI di PREGIO Storia infinita

  82    L’intreccio tra politica e affari

  89    Lo scandalo di affittopoli (ci risiamo)

  93    L’ingiustificata esclusione

  96  “ Casa nostra” (da affittopoli a svendopoli)

  99    Quanti sono gli immobili di pregio?

102    Sopraffazioni e disparità di trattamento

106    La bastonata

108    La condanna della Corte dei Conti

110    Il contenzioso in sede amministrativa

113    Il contenzioso in sede ordinaria

116    Scippati e mazziati

120   Iniziative legislative

122   L’assordante silenzio del Governo Prodi

124   La speranza riaccesa dal  Governo Berlusconi

 

 

 

127    Note - Tabelle

 

 

Grazie a migliaia d’inquilini degli immobili, un tempo di proprietà degli Enti Previdenziali Pubblici, e soprattutto alla loro vissuta esperienza, mi sono convinto a documentare le ingiustizie e le sopraffazioni che essi  hanno dovuto subire a causa delle cartolarizzazioni.

 

Gli appartamenti da loro occupati sono stati “scippati” agli Enti e trasferiti per decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze ad una fantomatica società: la “Scip S.r.l.”.

 

Alberto Aveta di Napoli, Peppino Mazzotta e Alessandro De Lauro di Roma, inquilini come me, hanno contribuito alla “lettura critica a tutto campo” della complessa vicenda che ho posto, poi, sotto la mia particolare analisi finanziaria, ancor più critica, di revisore contabile.

 

Ringrazio, Giovanni Salvati, Avvocato di Milano, per aver avviato con convinzione e passione il patrocinio giudiziario in sede civile per centinaia di inquilini nelle varie città d’Italia.

 

E’ una battaglia che evoca quella di Davide contro Golia: pochi cittadini contro una latente, astuta ed ostinata Lobby affaristica complice di un’incontrollata Burocrazia.

 

Ringrazio Mario Sanna, Giornalista Rai, autore di un’approfondita inchiesta sulle cartolarizzazioni immobiliari andata in onda su Rai news 24 che mi ha stimolato a proseguire su un’analisi complessiva delle vendite di tutto il patrimonio immobiliare degli Enti Previdenziali.

 

Ringrazio Giorgio Benvenuto, che da Presidente della Commissione Bilancio del Senato, ha cercato di fare chiarezza su un’operazione dai contorni oscuri non trascurando la questione dei cosiddetti immobili di pregio e accettando di scrivere la prefazione del libro;

 

L’analisi svolta ha lo scopo di porre in risalto e documentare evidenti ingiustizie e disparità di trattamento che finiscono per colpire gli inquilini più deboli finiti nel mare magnum delle cartolarizzazioni immobiliari.

 

 

Napoli, 20 ottobre 2010

                       

                                                                                                                                                   Mario Milone

  

 

Scippopoli viene mandato in stampa  oggi in versione aggiornata rispetto a quella di gennaio 2008 che era stata pubblicata sul sito internet www.scip2pregio.it e stampata in un numero limitato di copie .

 

  

Prefazione di Giorgio Benvenuto

 

    È una storia dai contorni prettamente italiani, ove i colori si sfumano e si confondono con quel fondo di grigio che finisce per costituirne la patina dominante. Il resto è una tinta ocra che richiama un vecchio giallo, una sorta di pervicace vizio italico che non si riesce a scalfire, né ad accantonare.

    Potrebbe essere questo il tratto dominante di una vicenda che ha per oggetto la dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici.

    È una storia che può appassionare anche il lettore meno smaliziato, perché vi è rappresentato nel grumo delle questioni giuridiche ed economiche, il modo ondivago con il quale, ancora oggi, si affrontano problemi rilevanti per le ricadute che determinano su centinaia di migliaia di cittadini. Senza trascurare i riflessi economici che queste decisioni producono, che nel tempo finiscono in quel catalogo di errori o di vicende incompiute che gravano sul bilancio pubblico italiano, fanno rabbrividire gli onesti, decretano il successo di giornalisti o ricercatori che in virtù della loro acribia illuminano i lati oscuri di molte scelte adottate dalla politica.

    L’informazione ha tentato, con qualche moderato successo, di aprire un varco nella trama fitta di questa partita meglio conosciuta come le  cartolarizzazioni di SCIP 1 e SCIP 2.

    Il lettore potrà avventurarsi nelle anse di questo grande fiume di denaro, di interessi espliciti e più ancora sottaciuti, di incongruenze, di regole ambigue che hanno finito per allontanare il disegno originario: dismettere il patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici fornendo ad una larga fascia di cittadini l’opportunità di acquistare una casa, nella quale per lo più viveva da decenni in affitto, o assicurando a coloro che non fossero stati nelle condizioni di farlo di mantenere la condizione di affittuari. Il tutto per liberare risorse economiche ingenti necessarie a diminuire il peso abnorme del debito pubblico italiano, sottraendo nel contempo agli enti previdenziali l’onerosa gestione di migliaia di immobili, che per la loro stessa natura sociale non erano in grado di produrre reddito nè di ripianare le spese di esercizio.

    La strada scelta allora dal Governo Berlusconi, tradotta in legge 410 del 2001 con l’originale inventiva dell’Onorevole Giulio Tremonti, all’epoca Ministro dell’Economia, si prefiggeva un obiettivo condivisibile, ma il tentativo di operare forzature giuridiche e tecniche capaci di travolgere le regole e la prassi dell’ordinamento italiano, conteneva gli elementi di un pericoloso squilibrio e talvolta di marcata non equità, che si sono puntualmente manifestati nel tortuoso percorso delle dismissioni, soprattutto per ciò che riguarda quelle gestite dalla società SCIP 2, più in particolare degli immobili definiti di pregio.

    L’intera operazione resta ancora avvolta da un velo di mistero, contornata da una ridda di interrogativi insoluti che ne mettono in luce l’opacità,  e determinano, soprattutto per ciò che riguarda la vicenda irrisolta degli immobili di pregio, una accentuata difformità di trattamento nelle condizioni di vendita,  quindi nella possibilità offerta ai cittadini di esercitare in modo congruo ed equilibrato un proprio legittimo diritto.

    Mario Milone ha voluto, con questa sua ragionata quanto puntuale cronaca, ripercorrere le tappe più significative di una vicenda che ha impegnato per anni il Parlamento, nel tentativo di offrire sistematicità ad un impianto legislativo incompleto e di riequilibrare le forzature più evidenti. Lo spirito è quello di arginare, ove possibile, i danni di una legge ritagliata non sulle esigenze dello Stato, nè su quelle di migliaia di famiglie in un momento di particolare tensione abitativa in tutto il Paese. Originata bensì dall’ansia di fare cassa, di reperire in forma oseremmo dire brutale, una manciata di risorse economiche da gettare, a mo’ di novello Benvenuto Cellini nella fornace del debito italiano, per far quadrare il deficit di una economia creativa che si ingegnava di modificare la redistribuzione del reddito a danno dei ceti meno abbienti, in presenza di una lunga ed onerosa stagnazione economica dell’Italia e dell’intera economia occidentale.

    La cronaca raccontata con perizia e scrupolosa metodicità da Mario Milone appare come una sorta di copione della commedia dell’arte, ove non vi si legge la parola fine. Una affabulazione in continuo movimento, perché la cartolarizzazione SCIP non è compiuta, né definita, si muove a passi lenti, con piroette talvolta incomprensibili sul palcoscenico italiano, come su quello più austero e diffidente dei mercati finanziari internazionali.

    Abbiamo la ferma convinzione, il diritto e il dovere di continuare a scrutare in profondità gli effetti di questa operazione di cartolarizzazione. Il Parlamento lo ha fatto con pertinacia e coerenza. Continuerà ad esercitare con rigore la sua azione di vigilanza e di indirizzo, convinto che non ci si debba arrendere all’errore, nè astenersi da definire i giusti correttivi che possano restituire il piglio di credibilità alle scelte di politica economica, la cui efficacia viene spesso travolta nella dinamica della gestione italiana dagli interessi di parte, dal favoritismo, dalla profittabilità economica, soprattutto quando vi è in campo l’alienazione di una parte del patrimonio pubblico.

    Auguriamo al lettore di non perdere il gusto della scoperta, in una sorta di giallo all’italiana, per l’intreccio di questa vicenda,  all’autore di conservare la convinzione, frammista ad audacia, di poter scrivere una seconda parte del racconto, sulla quale apporre con soddisfazione piena di migliaia di cittadini, oltre che dei lettori la parola fine.

    Un traguardo ambizioso che non costituisca l’ennesimo epitaffio di una mala gestio all’italiana, bensì si offra come esempio del positivo apporto della democrazia, ove tutti i soggetti in campo contribuiscono alla riuscita finale del progetto, scongiurando oneri e fallimenti. Questi ultimi soprattutto in danno della collettività e dei cittadini meno abbienti, di quelle migliaia di persone che si celano con il loro vissuto dietro queste pagine,  coloro che dentro le mura di quelle case, oggetto di attenzione, vivono da anni nell’ansia penosa di vedersi privare di una sicurezza fondamentale per la dignità di ogni cittadino: il diritto ad abitare una casa.

 

Roma, 17 gennaio 2008

 

 

                  Giorgio Benvenuto

 

 

 

 

Introduzione

 

Questa analisi sulle dismissioni del vasto patrimonio immobiliare degli Enti Previdenziali Pubblici nasce per caso. Non avrei mai immaginato che cercando, analizzando, confrontando dati, documenti e notizie venissero fuori tanti interrogativi. Sono apparsi scenari inquietanti, ma anche inconfutabili certezze.

Tutto nasce perché alcune migliaia di famiglie subiscono un’inspiegabile ingiustizia dopo aver vissuto per decenni in  alloggi di proprietà degli Enti Previdenziali Pubblici. Sono in prevalenza impiegati e pensionati degli stessi Enti, come mia madre, che vive da più di quarant’anni in un alloggio di proprietà dell’INPS e da diversi anni è andata in pensione. La mia famiglia dunque, ha sempre pagato regolarmente il canone di locazione che puntualmente veniva rinnovato alle scadenze.

Nell’Italia di quaranta anni fa il problema casa non esisteva e il dipendente di un Ente Previdenziale poteva ottenere un’abitazione dallo stesso Ente, proprietario di un immenso patrimonio immobiliare acquistato con i soldi dei contributi pagati dai lavoratori. Si faceva la domanda e poi si stipulava un contratto d’affitto a prezzi adeguati al mercato.

La storia ha origine da un decreto legislativo del 1996 (4), che ha stabilito l’alienazione dell’intero patrimonio immobiliare degli Enti Previdenziali entro cinque anni, con determinazione del prezzo di vendita per gli immobili residenziali rapportato al valore catastale e con priorità degli immobili ove fosse stata riscontrata una forte propensione all’acquisto. Già a partire da febbraio del 1997, molti inquilini chiedevano a più riprese di acquistare gli appartamenti da essi condotti in locazione.

Nessuno pensava ad acquistare casa altrove, anche se allora i prezzi di mercato erano accessibili perché, tutti, eravamo convinti che, entro i cinque anni previsti dalla normativa, avremmo acquistato l’alloggio in locazione. Passano i cinque anni e il nuovo Governo Berlusconi, per mano del Ministro dell’Economia prof. Giulio Tremonti, nel 2001, vara in grande stile il piano delle cartolarizzazioni immobiliari.

Grazie alla finanza creativa di quegli anni, gli immobili vengono “scippati” agli Enti e diventano di proprietà della fantomatica S.c.i.p. S.r.l. (società cartolarizzazione immobili pubblici) per essere messi in vendita al valore di mercato.

Comunque, entro il 31 ottobre 2001, avvalendosi di quanto sancito dalle disposizioni transitorie della nuova legge (8), tutti gli inquilini ribadiscono ancora una volta la decisione di procedere all’acquisto alle condizioni stabilite dalla precedente normativa.

Da allora è cominciato un vero e proprio calvario che per molti locatari, in maggioranza pensionati in età avanzata, è sfociato in un grumo di ansie, risentimenti e paure con uno scenario sullo sfondo sempre meno incoraggiante. Il sogno di acquistare la casa si trasforma quindi in un miraggio per effetto della normativa che esclude gli inquilini degli immobili dei centri urbani dagli sconti concessi a tutti gli altri. Un’esigua minoranza di inquilini viene così etichettata come inquilini di “immobili di pregio”, a cui sostanzialmente si vuole impedire l’acquisto, anche a seguito dello scandalo di “Affittopoli” scoppiato nel 1996 e che si è protratto fino al 2000.

A fronte di questo quadro di difficoltà, monta ancora di più la rabbia, quando si viene a sapere che molti immobili dei centri urbani sono, in ogni caso, venduti con tutti gli sconti a importanti uomini politici, magistrati, amministratori e dirigenti pubblici, giornalisti e anche a chi semplicemente aveva qualche buona conoscenza.

Nasce il sito www.scip2pregio.it, di cui sono promotore, con l’obiettivo principale di far nascere un livello coordinato ed unitario di pressione e mobilitazione degli inquilini verso il Parlamento e il Ministero dell’Economia. La finalità è quella di rivendicare, indipendentemente dai giudizi in corso, una soluzione equa della questione degli immobili di pregio con proposte argomentate nonché di aggiornare il sito con ogni provvedimento in materia e notizia di stampa.  

Mi addentro quindi nei meandri di quella che è stata definita la più grande dismissione immobiliare realizzata da uno Stato europeo attraverso le cartolarizzazioni spulciando leggi, decreti attuativi, documenti del Ministero dell’Economia, relazioni al Parlamento, report agli investitori, articoli di stampa, relazioni della Corte dei Conti, bilanci della Scip, rapporti delle agenzie di Rating, interrogazioni parlamentari, insomma tutto quello che poteva far luce su questa intricata vicenda.

All’inizio, le cartolarizzazioni sono presentate come raffinate operazioni di finanza pubblica, procedure infallibili in grado di risolvere i problemi di bilancio che lo Stato aveva accumulato in anni precedenti. Ma esaminandole attentamente ho cominciato a nutrire dei sospetti. La cosa che non quadrava era la struttura societaria della S.c.i.p. S.r.l.: una Società a responsabilità limitata con 10.000 euro di capitale sociale, due fondazioni Olandesi come soci, un cittadino britannico come amministratore unico e nessun organo di controllo.

Com’è possibile che una società creata dal Ministero dell’Economia, destinata ad entrare in possesso di un enorme patrimonio pubblico, sia costituita con modalità simili a quelle adottate quando si fanno operazioni illecite? Perchè si  evitava che vi fossero soggetti chiamati a rispondere di un eventuale fallimento della società mascherando i soci? Chi ha conferito i mandati per la costituzione della società?  Chi  in realtà ha garantito quest’operazione? E’ stata realizzata per soddisfare realmente esigenze di finanza pubblica? E’ stata mai fatta una preventiva analisi di costi e benefici?

Molti oscuri interrogativi rimangono, ma ormai il quadro è sempre più chiaro.

Una lobby affaristica ha agito indisturbata all’interno di un’operazione che pochi hanno gestito e nessuno ha  controllato. Non si deve sapere nulla e non si deve parlare perché i guadagni dell’operazione vanno a tutto vantaggio di tanti soggetti privati con un danno enorme per lo Stato Italiano.

In realtà era nata “Scippopoli” !

Dopo le elezioni politiche del 2006, invio una lettera al Presidente del Consiglio, prof. Romano Prodi nella quale mi auguravo che l’annosa questione degli immobili di pregio venisse finalmente esaminata per la ricerca di una soluzione, anche in relazione all’evidente beneficio sull’andamento generale delle vendite e sull’operazione di cartolarizzazione, che già all’epoca considerai avviata ad una “debacle totale”.

All’interno del Governo di centro sinistra, tra i ben 7 Sottosegretari all’Economia e malgrado la rilevanza delle cartolarizzazioni, nessuno riceve una delega specifica per le dismissioni immobiliari, ruolo che nella precedente Legislatura era ricoperto dal Sottosegretario On. Maria Teresa Armosino.

Intanto, l’On. Giorgio Benvenuto, da Presidente della Commissione Bilancio del Senato, chiede un supplemento di accertamenti alla Corte dei Conti dopo che questa, all’indomani delle elezioni politiche del 2006, aveva finalmente pubblicato i primi risultati dell’indagine svolta sulle cartolarizzazioni (2).

 

Il Coordinamento Nazionale degli inquilini, tenta di portare avanti ogni rimedio possibile, sia esso un intervento radicale come le modificazioni legislative proposte con i disegni di legge alla Camera (24) e al Senato (25), sia esso una soluzione transattiva del contenzioso, come suggerito da un ordine del giorno (26) – accettato  in occasione dell’approvazione della Finanziaria 2007 – che impegna il Governo “a valutare l'opportunità di consentire alle strutture preposte alla vendita degli immobili di ricercare soluzioni transattive riferite agli immobili occupati aventi identiche caratteristiche.

Il Governo Prodi non mostra alcuna determinazione nel farsi carico della questione sociale rimasta aperta che viene lasciata a sé stessa. Con un assordante silenzio mantenuto durante tutta la seppur breve Legislatura fa capire che non si vuole affrontare nemmeno la questione generale delle cartolarizzazioni, nonostante la seconda relazione della Corte dei Conti di febbraio 2007 (28) ne dia un giudizio ancor più negativo della prima e nonostante Fitch, agenzia di Rating internazionale, sempre a febbraio avesse deciso di declassare i titoli della Scip.

L’unica voce del Governo, che incarna le risposte date per anni dall’ex Sottosegretario Armosino, con le stesse note musicali, è quella del Viceministro Pinza che, risponde in maniera evasiva alle interrogazioni parlamentari (29)-(30).

Delle due l’una, o quest’operazione è stata realizzata con il consenso delle maggiori forze politiche e tutte ne hanno tratto dei vantaggi oppure la partita è talmente complessa e gli interessi così ben radicati e trasversali che nessuno ha voluto affrontarla.

Siamo nel 2008, cambia il Governo, a luglio registriamo ancora una volta l’irragionevole contrarietà del Ministero guidato nuovamente da Giulio Tremonti, ai nostri ripetuti e instancabili appelli per poter ricercare una possibile soluzione transattiva del contenzioso giudiziario, contrarietà prosperata sulla base di pregiudizi e preconcetti se è vero, com’è vero, che nei documenti ufficiali del Ministero gli inquilini ricorrenti vengono ancora marchiati come “amici degli amici” o “vicini ai poteri di gestione degli enti”, portatori di “vertenze pretestuose”. 

 Comportamento per molti aspetti incomprensibile, certamente superficiale e scorretto!

      Sembrava assurdo parlare di non percorribilità di una  proposta transattiva, perchè questa avrebbe portato “nelle casse della SCIP, introiti inferiori a quelli corrisposti all’atto del trasferimento” e nel contempo nascondere al Parlamento (non approfondendo mai l’intera vicenda delle cartolarizzazioni) e all’opinione pubblica (complice il silenzio della stampa) l’ormai disastrosa gestione di SCIP 2, con costi imprevisti, a tutto discapito dei conti dell’Erario e conseguentemente della collettività.

       Poi, a sorpresa, con un emendamento del Governo presentato durante la conversione in legge del decreto milleproroghe, approvato a febbraio 2009 (12 bis), viene messa improvvisamente in liquidazione la Scip dando, tra l’altro, la possibilità agli enti - ai quali viene ritrasferito il patrimonio invenduto - di definire il contenzioso in materia immobiliare privilegiando soluzioni transattive.

       Ora, dopo l’enorme spreco di denaro pubblico e dopo il giudizio negativo di tanti Soggetti Istituzionali sulle dismissioni immobiliari, senza considerare le responsabilità di quanti, negli organi dello stato come nella pubblica amministrazione, devono operare secondo principi di imparzialità, correttezza e trasparenza, i ricorrenti intravedono la speranza di raggiungere almeno in parte il diritto all’uguaglianza di trattamento.

      Sta di fatto però che l’operazione SCIP, come si vedrà, è stata un vero e proprio fallimento per lo Stato Italiano ed ora quasi come un boomerang, ironia della sorte, la creatura del Ministro Tremonti è stata privata della linfa vitale che aveva in pancia, gli immobili, per essere sacrificata dal suo stesso artefice in nome "dell’eccezionale crisi economica internazionale, del mercato immobiliare e dei mercati finanziari". In realtà si è voluto evitare un plateale fallimento.

     Dopo essersi rivelata come la causa di un’ulteriore bagno di sangue per i già disastrati conti pubblici italiani, si chiude quindi la stagione delle cartolarizzazioni immobiliari frutto avvelenato di “banchieri travestiti da statisti”, di “speculatori - benefattori” e della “tecno-finanza”.

      A garantire i debiti è lo Stato e gli Enti Previdenziali sono costretti a riacquistare la parte residuale e sicuramente più difficile da vendere degli immobili di cui erano stati scippati (la cui carne, nel frattempo, è già stata divorata dalla Scip). Insomma sembra proprio un gioco, quello delle tre carte. Ma a pagare sono sempre i cittadini ed ecco perché mi sono deciso a fare un pò di chiarezza.

Sono partito quindi da un’analisi storica delle dismissioni immobiliari degli Enti previdenziali per arrivare poi a constatare l’enorme disastro patrimoniale subito dal nostro Paese.

 A conti fatti, il patrimonio appartenente agli Enti Previdenziali ammontava, nel 2001, a circa 18,1 miliardi di euro. A fronte di questo patrimonio, a conclusione anticipata delle cartolarizzazioni, sono stati incassati solo 8,5 miliardi di euro e una buona fetta di patrimonio (2,4 miliardi di euro) rimane ancora da vendere con una perdita per l’erario pari a 5,2 miliardi di euro.

Questa scandalosa pagina di mala gestio all’italiana si sarebbe potuta tranquillamente evitare, vendendo immediatamente tutto il patrimonio immobiliare degli Enti Previdenziali a valore catastale, incassando certamente almeno 12,5 miliardi di euro. Bastava prendere una calcolatrice e fare una banalissima operazione matematica: rendita catastale per 100!

Si è finito invece per privilegiare gli interessi di una cupola d’affari creando di volta in volta gli strumenti legislativi ed amministrativi del caso più idonei attraverso le assurde alchimie della finanza.

Durante questi anni, non è stata fatta alcuna politica per la casa e, oggi, lo Stato Italiano dopo aver svenduto una parte rilevante del suo patrimonio, si trova a dover riacquistare immobili per far fronte all’emergenza abitativa divenuta nel frattempo insostenibile. Si dice che in tutti gli altri paesi in cui lo Stato ha venduto il suo patrimonio immobiliare, ne abbia contemporaneamente investito i proventi in nuove abitazioni concesse poi in locazione ad equo canone, in modo da riequilibrare la domanda e l’offerta calmierando il mercato. Tutto questo in Italia non è accaduto, mentre si è svenduto al solo unico scopo di tappare le falle dei bilanci statali.

Un’esigua minoranza di cittadini, prevalentemente pensionati e lavoratori, sono stati etichettati come gli inquilini degli immobili di pregio diventando così i capri espiatori dell’intera operazione.

I fatti riepilogati nelle pagine seguenti costituiscono spunti di critica su una parte non insignificante dei conti dello Stato e di riflessione sulla scarsa ed inefficace presenza di controlli della spesa pubblica.

 

  

Il programma ordinario di cessione del 1996

 

Il Programma Ordinario di Cessione (POC) è varato con due circolari dell’agosto 1999 (14) dal Ministro del Lavoro Cesare Salvi: riguarda la vendita diretta di singole abitazioni ai circa 95 mila inquilini degli Enti Previdenziali pubblici. Nell’avviare il processo di vendita si doveva partire dalla vendita delle abitazioni ordinarie, da individuare in misura non inferiore al 25% del patrimonio residenziale complessivo.

L’impianto normativo è contenuto nel Dlgs del 1996 (4) che stabilisce di vendere direttamente agli inquilini  al valore catastale entro il limite massimo di cinque anni, cioè entro marzo 2001. Il Legislatore aveva quindi voluto “cristallizzare il prezzo”, basandolo sulla “rendita catastale moltiplicata per cento”. Si era scelto un parametro certo ed immutabile per i cinque anni durante i quali gli Enti avrebbero dovuto vendere il loro intero patrimonio immobiliare e ciò al fine di evitare ingiuste sperequazioni tra chi avesse comprato prima e chi avesse dovuto attendere i cinque anni per comprare alle stesse condizioni l’appartamento.

In seguito, anche il Ministro del Lavoro Maroni, confermò che il programma ordinario di cessione prevedeva come criterio di determinazione del prezzo di vendita il valore catastale. Infatti,  nell’audizione del 20 febbraio 2002 davanti alla Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale, affermò che “la dismissione ordinaria” afferisce ad un patrimonio immobiliare di oltre 11 miliardi di Euro di valore catastale.

A distanza di nove mesi dal Dlgs del 1996, la legge finanziaria per il 1997 (5), detta le regole di vendita del patrimonio immobiliare anche per le altre Amministrazioni Pubbliche. L’intento era di estendere il novero dei Soggetti Pubblici interessati alle dismissioni immobiliari e non certo di modificare la disciplina precedente. Il criterio stabilito per la vendita delle abitazioni ordinarie è, questa volta, il prezzo di mercato al netto di una riduzione del 30%.

Benché si trattasse di due regimi completamente diversi, gli Enti Previdenziali, a seguito di esplicita indicazione ricevuta dal Ministero del Lavoro nel maggio 1997 e delle successive circolari del 1999, hanno adottato questo secondo criterio per la determinazione del prezzo.

Successivamente, sempre su indicazione del Ministro del Lavoro Salvi, fu previsto un ulteriore sconto fino al 15% qualora l’immobile fosse stato acquistato in blocco dagli inquilini attraverso forme cooperative.

Applicando questi sconti e abbandonando il criterio del valore catastale lo Stato non ci guadagnava niente, nel frattempo però, si determinava il rallentamento, se non il blocco, delle vendite dovendosi avviare tutto il complesso lavoro di valutazione degli immobili. Questo chiaramente andava a vantaggio delle grandi immobiliari. Il loro timore era costituito dal fatto che, immettere di colpo sul mercato l’enorme patrimonio pubblico, avrebbe fatto calare i prezzi con una immediata riduzione dei profitti e determinando mancate plusvalenze per gli anni successivi. Gli stessi apparati burocratici degli Enti erano contrari alla vendita perché avrebbero perso l’enorme potere di gestione del loro patrimonio immobiliare.

L’abbandono del criterio del valore catastale è stato giustificato dal fatto che si dovevano massimizzare le entrate ed evitare un  ingiusto e casuale arricchimento per gli acquirenti, ma ha di fatto decretato il fallimento del  programma di vendita del patrimonio immobiliare degli enti. 

Con la scelta del criterio più complesso (valore di mercato), la determinazione del prezzo passa attraverso procedure lunghe, farraginose e disomogenee; infatti, la stima delle abitazioni da vendere agli inquilini  ha trovato una eterogenea esecuzione. In taluni casi, le stime delle abitazioni sono state svolte dall’Ufficio Tecnico Erariale  ed in altri affidate a periti esterni: da ciò sono scaturiti valori di stima disallineati, generando anche un notevole contenzioso. L’adozione del criterio di determinazione del prezzo basato sul valore di mercato, in alternativa al valore catastale, non ha arrecato quindi alcun vantaggio ai conti pubblici (il valore catastale in alcuni casi era addirittura maggiore), ma ha determinato il fallimento del programma di vendite, per i ritardi che si sono generati proprio in relazione a questa scelta. Il meccanismo adottato ha indebolito inoltre il carattere sociale pur presente nelle intenzioni del legislatore.

Il Programma Ordinario di Cessione, avviato direttamente dagli Enti a partire dal 1999 con il coordinamento dell’Osservatorio sul patrimonio (organismo che avrebbe dovuto vigilare sulle vendite) ed il monitoraggio costante del Tesoro, è stato portato avanti fino a quando, con l’emanazione della legge varata da Tremonti nel 2001 (9), il patrimonio invenduto è stato immesso nella prima cartolarizzazione. Questo primo programma di vendite termina a novembre 2001 con sole 10.683 unità immobiliari vendute e 951 milioni di euro incassati. Il valore medio di ciascuna unità alienata è stato pari a 89.020 euro.

Considerando che lo sconto medio attribuito per legge agli inquilini è stato pari al 40% circa, il patrimonio alienato, sul mercato, valeva almeno 1,5 miliardi di Euro.

 

 

 

Il programma straordinario di cessione del 1997

 

Il Programma Straordinario di Cessione (PSC) varato a marzo 1997 dal Governo Prodi I con Decreto Legge (6) prevedeva la vendita, mediante gara, di interi edifici commerciali e direzionali di proprietà degli Enti Previdenziali per “un ammontare di almeno 1,5 miliardi di euro”.

E’ proprio con l’attuazione di questo programma, che entrano in gioco gli interessi affaristici. Per lo svolgimento delle impegnative attività quali la verifica della situazione giuridica e di fatto degli immobili, la regolarizzazione catastale, la predisposizione della documentazione per la vendita, la stima delle unità immobiliari, il marketing, le aste ecc, viene scelto un advisor: il Consorzio G6.

      Questo Consorzio comprendeva i due leader italiani nei rispettivi segmenti dei servizi immobiliari, Milano Centrale Spa, oggi Pirelli Real Estate Spa e Romeo Spa, oltre a Cariplo, Arthur Andersen ed altri, fra cui ABN Ambro Bank.

A gennaio 2000, fu stipulato con G6 il contratto di servizi che prevedeva il completamento delle vendite entro dieci mesi; tuttavia si verificarono alcuni slittamenti del programma, per cui nel 2001 tutti gli edifici invenduti del PSC, confluiscono all’interno della “cartolarizzazione” (SCIP 1) dopo che furono espletate solo alcune aste a prezzi irrisori.

Lo slittamento delle aste si è verificato quando vi è stata la richiesta da parte degli esercenti attività commerciali di  godere di un diritto di prelazione all’acquisto. Solo dopo una lunga interlocuzione, si arrivò al varo delle prime tornate d’aste, a gennaio del 2001.

Nonostante l’attuazione del Programma Straordinario di Cessione fosse risultata molto più complessa di quanto inizialmente previsto, il suo completamento si avviava alla conclusione nei primi mesi del 2002 e, proprio quando le vendite stavano per raggiungere il picco massimo, anche il pacchetto di immobili contenuti nel piano straordinario viene trasferito all’interno della  prima “cartolarizzazione” (SCIP 1) a tutto vantaggio di quest’ultima.

Durante il 2001, comunque prima del trasferimento alla SCIP, si svolsero quattro tornate d’asta con cui sono stati venduti complessivamente 74 edifici partendo da un valore base di 412 milioni di euro per chiudere ad un prezzo di aggiudicazione pari a 473 milioni di euro. Il rialzo delle aggiudicazioni, rispetto alla base d’asta nelle quattro tornate, è stato quindi solo del 15 %. Nel 2002 i rialzi sono stati ancora più bassi e le basi d’asta venivano puntualmente ribassate per la gioia dei pochi immobiliaristi e fondi immobiliari che alla fine hanno comprato a prezzi stracciati per rivendere dopo pochi mesi, realizzando enormi plusvalenze e contribuendo a far lievitare la bolla speculativa del mattone che in quegli anni vive una fase di espansione molto forte.

 

 

 

Introduzione alle cartolarizzazioni degli

immobili pubblici

 

 

 

La cartolarizzazione immobiliare è un’operazione complessa di origine anglosassone, che coinvolge vari attori. E’ una tecnica finanziaria intesa a consentire la conversione di immobili di proprietà pubblica in strumenti finanziari più facilmente collocabili sui mercati. La cartolarizzazione degli immobili degli Enti Previdenziali, realizzata in Italia, si può schematizzare come segue:

 

CedentiSCIPBanche di investimento→→Investitori

                                             

                                  Agenzie di rating

 

I cedenti - Enti Previdenziali - trasferiscono il loro portafoglio di immobili a un’entità esterna denominata società veicolo, nel nostro caso (SCIP) che ha per unico oggetto sociale la gestione dell’operazione di cartolarizzazione. Per ogni operazione vengono individuati, con decreto ministeriale, i beni immobili da trasferire alla società. Il patrimonio acquisito, separato a tutti gli effetti da quello della società veicolo e da quello di altre operazioni, (c.d. principio della “segregazione”), garantisce i portatori dei titoli, i soggetti concedenti i finanziamenti e ogni altro creditore. Quindi, la società emette obbligazioni sui mercati internazionali garantite dal valore del patrimonio immobiliare ricevuto e dal flusso di incassi attesi derivanti dalla vendita degli immobili cartolarizzati collocandole tramite una o più banche di investimento presso investitori finali. Per le obbligazioni, la classe di rischio è ufficializzata da un rating esplicitamente formulato da un’agenzia di rating  internazionale (Moodys, Fitch o altre) sulla base delle caratteristiche intrinseche dei portafogli cartolarizzati.

 La società veicolo versa l’importo raccolto attraverso tali operazioni, a titolo di “prezzo iniziale”, agli enti che hanno ceduto gli immobili. I soggetti cedenti sono stati nel nostro caso, espropriati dei loro beni dallo Stato, per esigenze di bilancio di quest’ultimo. I finanziatori e i sottoscrittori dei titoli obbligazionari otterranno il rimborso dei capitali da loro anticipati con gli interessi.

 La SCIP rivende gli immobili avendone solo il possesso giuridico mentre continuano ad essere gestititi dagli enti ex proprietari. I flussi derivanti dalla gestione e dalla vendita degli immobili sono utilizzati per il rimborso dei titoli e per il pagamento degli interessi oltre che per gli oneri accessori,  commissioni ed altri costi.

A conclusione di tutta l’operazione, la società veicolo dovrebbe versare al Ministero dell’Economia e delle Finanze, che a sua volta dovrebbe ripartila ai soggetti originari proprietari in proporzione dei patrimoni ceduti, l’eventuale e residua differenza di prezzo. Il “prezzo differito” di vendita determina il successo o il fallimento dell’operazione, perché se risulterà un prezzo differito significa che l’operazione è riuscita, altrimenti è andata male.

Il prezzo differito, quindi, rappresenta ciò che effettivamente rimarrà agli Enti dopo aver venduto gli immobili, rimborsati gli obbligazionisti e detratto tutte le spese.

Il 2001 costituisce un anno di enorme diffusione di questo strumento finanziario nel nostro paese. Con il D.L. (8), convertito con modificazioni nella legge (9) avente ad oggetto: «Disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare», varato dal nuovo governo Berlusconi, si dà il via ad una nuova mega-cartolarizzazione per rendere -si disse- più rapido il procedimento di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico.

 

 

 

 

La prima cartolarizzazione del 2001 (SCIP 1)

 

Con il nuovo Governo Berlusconi, il Ministro dell’Economia Tremonti avoca al suo Ministero tutti i poteri in materia di dismissioni dando il via all’era delle cartolarizzazioni immobiliari , definita da molti, della “finanza creativa”. L’obiettivo è di fare subito cassa grazie al nuovo strumento finanziario finalizzato ad anticipare il valore atteso dalle vendite future degli immobili trasferiti per decreto alla Scip S.r.l. (società veicolo).

Con il decreto del 2001 (8) parte la prima cartolarizzazione immobiliare.

SCIP 1 riguarda esclusivamente i beni di proprietà degli Enti Previdenziali già inseriti nei programmi di dismissione precedenti (POC e PSC) che non erano ancora stati venduti.

Per quanto riguardava gli immobili provenienti dal piano ordinario, quasi totalmente stimati e offerti in opzione agli inquilini, è stato stipulato tra la Scip srl, che ne è divenuta il nuovo proprietario, e gli Enti Previdenziali già proprietari, un contratto in base al quale gli Enti stessi, dovevano procedere secondo tempi prestabiliti alle vendite. Il processo di alienazione degli immobili inizia quindi nel mese di gennaio 2002 secondo i piani già elaborati e definiti grazie ai programmi delle dismissioni precedenti. In pratica, quando ormai le vendite delle unità rientranti nel POC registravano la massima accelerazione, vengono fatte confluire nella “prima cartolarizzazione”.

L’altro elemento di questa prima cartolarizzazione è costituito dagli immobili già facenti parte del piano straordinario e che furono messi all’asta procedendo secondo le linee già concepite con l’affidamento al Consorzio G6 dell’attuazione delle varie procedure di vendita.

L’operazione, definita SCIP 1, si trova con tutto il lavoro propedeutico alle vendite già completamente svolto e di conseguenza queste procedono velocemente e senza intoppi. In SCIP 1, i sette Enti Previdenziali Pubblici (ENPALS, INAIL, INPDAI, INPDAP, INPS, IPOST e IPSEMA), hanno ceduto 27.251 unità ad uso residenziale provenienti dal precedente piano ordinario e 262 interi edifici ad uso commerciale provenienti dal precedente piano straordinario.

Il valore di mercato lordo complessivo era pari a 5,1 miliardi di euro. Per calcolare il valore effettivo di vendita di tali beni si deve tuttavia considerare che per gli immobili residenziali la legge prevedeva la concessione di uno sconto del 30% agli inquilini, cui si aggiungeva un ulteriore abbattimento del prezzo fino al 15%, nel caso in cui questi avessero acquistato l’intero edificio. Pertanto il valore di offerta in vendita è stato poi rideterminato dal Ministero  in 3,8 miliardi di euro, come si vede dal grafico seguente.

 

 

 

La ripartizione per ente del portafoglio SCIP 1, per la parte proveniente dal POC, sia in termini di unità che in termini percentuali può essere schematizzata come segue:

 

 

 

 

In sintesi, a fronte di un patrimonio inizialmente valutato in 5,1 miliardi di euro sono stati incassati 2,3 miliardi di euro mediante i titoli emessi dalla S.c.i.p. S.r.l. nel dicembre 2001 e di cui solo 2,2 miliardi di euro sono stati accreditati effettivamente al bilancio dello Stato.

In data 1 marzo 2009, data in cui si è chiusa anticipatamente l'operazione, il residuo patrimonio immobiliare di SCIP 1, valutato dall' Agenzia del Territorio 257,6 milioni di euro, è stato trasferito ai sensi del (12 bis), agli Enti originariamente proprietari, senza versamento di corrispettivo, essendo stato oggetto di svalutazione già nel bilancio 2008.

In data 31 marzo 2009, la società Scip S.r.l. ha versato in nome e per conto degli Enti originariamente proprietari, in apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato, tutte le somme presenti sul conto riscossione della società stessa relativo all'operazione SCIP 1.

Questo tesoretto, pari a  poco più di 1.460 milioni di euro è stato successivamente trasferito in apposito capitolo di spesa per essere poi versato alla Società in data 15 aprile 2009, in nome e per conto degli enti originari proprietari, al fine di estinguere le falle dell'operazione SCIP 2 che hanno determinato la decisione del Ministro Tremonti, di mettere in liquidazione la società.

Quindi i soldi che SCIP 1 aveva in cassa e che sarebbero dovuti andare agli Enti originari proprietari sono serviti per rimediare al fallimento della seconda operazione SCIP2.

 

  

La seconda cartolarizzazione del 2002 (SCIP 2)

 

 

Con l’operazione SCIP 2, definita dal prof. Tremonti “la più grande cartolarizzazione immobiliare fatta da uno Stato Europeo”, si è di fatto privatizzata la totalità degli immobili ad uso residenziale di proprietà dei sette Enti previdenziali coinvolti e  lo Stato, i quali, hanno ceduto alla SCIP S.r.l. un patrimonio immobiliare così suddiviso:

 

 

 

La ripartizione del relativo portafoglio di SCIP 2, suddiviso per ente e per area geografica sia in termini d’unità che in termini percentuali può essere schematizzato come segue:

 

 

 

 

Il valore complessivo del portafoglio determinato dall’Agenzia del Territorio e confermato dalla Patrigest S.p.a. del gruppo Gabetti, è pari, al netto degli sconti massimi previsti per legge, a circa 7.797 milioni di euro. Per risalire al valore lordo del portafoglio, bisogna considerare quindi lo sconto medio previsto dalla legge per inquilini degli immobili residenziali. Pertanto nel 2002 il patrimonio di SCIP 2 si aggirava su un valore di mercato pari a circa 11.145 milioni di euro.

 

 

 

 

La gestione degli immobili fino alla rivendita è stata affidata, anche in questo caso, ai precedenti proprietari per gli immobili ad uso abitativo, ed al nuovo Consorzio formato da Fintecna e Lazard Real Estate, per gli immobili ad uso commerciale. La remunerazione ai venditori è stabilita su base commissionale e parametrata agli effettivi risultati delle vendite mentre la gestione viene remunerata in percentuale agli affitti percepiti.

In sintesi, a fronte di un patrimonio inizialmente stimato 11,1 miliardi di euro sono stati incassati 6,7 miliardi mediante i titoli emessi dalla SCIP. S.r.l., di cui solo 6,6 sono stati accreditati effettivamente al bilancio dello Stato.

A febbraio 2009, data della messa in liquidazione della Scip e del conseguente passaggio di tutto il patrimonio invenduto agli enti originari proprietari, era stato venduto solo il 75,40% del portafoglio e, delle 62.880 unità iniziali, ne rimanevano ancora da vendere 15.466.

 

 

 

 

 

 Scip 2 si è rilevata quindi un fallimento rispetto alle attese e poiché si è visto che gli incassi erano inferiori a quanto previsto, a tutto discapito dei conti del veicolo e conseguentemente dell’Erario, il Ministro Tremonti ha deciso di chiuderla preventivamente mettendola in liquidazione con un meccanismo che verrà analizzato in seguito. A febbraio 2007, l’agenzia di rating Fitch aveva declassato i titoli della serie B2 ritenendo che il portafoglio valeva in realtà molto meno di quanto dichiarato dal Mef.

Tutti i risultati dei bilanci dell’operazione sono stati fortemente negativi e tra i costi sostenuti si scoprono anche quelli di un contratto Swap stipulato con la motivazione di coprire il rischio di tasso derivante dal disallineamento con un tasso annuo fisso. Questo contratto che appartiene alla rischiosa famiglia dei derivati ha incrementato enormemente i costi dell’intera operazione. SCIP 2, già compromessa per i ritardi accumulati nelle vendite e per un portafoglio sopravvalutato, ha dovuto sopportare dunque un ulteriore incalcolabile rischio.

Dal bilancio chiuso al 31 dicembre 2009 si evidenzia che il patrimonio immobiliare residuo all'inizio dell'esercizio 2009, pari ad euro 1.850 milioni di euro, è stato oggetto di cessione per un valore pari ad euro 123 milioni a seguito di  vendite perfezionatesi nei primi mesi del 2009 e il restante patrimonio, valutato dall'Agenzia del territorio 2.175 milioni di euro ma che già nel 2008 è stato oggetto di svalutazione per 421 milioni di euro, è stato trasferito in data  1 marzo 2009, agli enti originari proprietari, per un prezzo pari ad 1.726 milioni di euro.

Quale corrispettivo per il trasferimento del patrimonio immobiliare agli Enti, SCIP 2 ha ricevuto 1.460 milioni di euro da apposito capitolo di spesa dello Stato (provenienti da SCIP 1) e 263 milioni di euro dagli stessi Enti.

Alla fine gli enti fanno dovuto sborsare 263 milioni per ripianare i debiti dell'operazione.

 

 

 

Il fallimento delle cartolarizzazioni

 

Tra SCIP 1 e SCIP 2 sono state cartolarizzate 77.096 unità immobiliari residenziali locate su un totale di 90.393 unità complessive iniziali.

 

 

 

Il valore di mercato di tutto il patrimonio cartolarizzato era pari a 16,2 miliardi di euro ma poi è stato offerto in vendita a 11,6 miliardi di euro, considerando gli sconti di  legge concessi agli inquilini.

 

 

Sommando le voci dell’ultimo bilancio disponibile al 31 dicembre 2008 dei patrimoni SCIP 1 e SCIP 2, si ricavano i seguenti dati:

 

 

 

Tenendo conto dei costi complessivi che si sarebbero dovuti sostenere fino al termine dell’operazione e del fatto che il valore del patrimonio appostato in bilancio sarebbe stato di difficile realizzazione e che quindi sarebbe stato impossibile far fronte alle scadenze previste dal piano di rimborso dei titoli sottoscritti con gli investitori istituzionali, il Governo, per evitare una figuraccia internazionale, ha pensato bene di traslare il problema sugli enti originari proprietari obbligandoli per legge a riacquistare tutto il patrimonio invenduto della S.c.i.p.

Dunque, dal 01 marzo 2009, a seguito dell’approvazione di un articolo (43-bis), inserito dal Governo nel cosiddetto decreto milleproroghe (12bis), sono stati posti in liquidazione i patrimoni separati di S.c.i.p. S.r.l. (SCIP 1 e SCIP 2) trasferendo tutti i beni immobili invenduti ai 7 enti previdenziali originariamente proprietari degli stessi i quali hanno dovuto rinunciare a ripartirsi pro quota il tesoretto della SCIP 1 e in più hanno dovuto sborsare altri 265,8 milioni di euro.

Il loro compito è di completare la vendita del patrimonio immobiliare pubblico alienandolo agli inquilini, spesso morosi o protagonisti di azioni giudiziarie, o collocati in quartieri poco appetibili. Per non parlare  dell'enorme invenduto, che riguarda prevalentemente uffici, negozi e box. che Scip non è riuscita a piazzare sul mercato dal 2002 alla data di entrata in vigore del provvedimento. Un compito che per gli Enti è sicuramente non facile.

A conti fatti, la perdita subita dallo Stato per effetto delle cartolarizzazioni è stata comunque pari a 5,2 miliardi di euro se si considera come valore iniziale il valore di mercato dei patrimoni cartolarizzati.

 

Valore di mercato iniziale del patrimonio SCIP 1+ SCIP 2

                    16.244.919.224

INCASSO per lo Stato e gli Enti cedenti (SCIP 1)

                       2.194.448.582

INCASSO per lo Stato e gli Enti cedenti (SCIP 2)

                       6.627.552.985

Valore del portafoglio residuo (SCIP 1 + SCIP 2)

                       2.426.152.222

Costo rimasto a carico degli Enti x chiusura SCIP (disponibilità liquide di Scip 1: 1.460.438.151- debiti finali Scip 2:1.726.323389)

 

                          265.885.238

PERDITA PER L'ERARIO

                       5.262.650.673

 

 

 

 

 

La grande svendita

Sommando i risultati dei piani di dismissione fin qui esaminati: POC, PSC e Cartolarizzazioni, si può notare che a fronte di un patrimonio complessivo iniziale, pari a 18,1 miliardi di euro, non si sono ancora realizzate le vendite di una fetta di patrimonio immobiliare il cui valore ammonta a 2,4 miliardi di euro mentre nelle casse dello Stato, dal 1996 al 2009, sono entrati effettivamente solo 10 miliardi. A distanza di 14 anni si scopre quindi che la perdita complessiva per l’Erario è stata pari a circa 6 miliardi di Euro.

 

 

 

 

Siamo addirittura ad un livello di entrate effettive per il bilancio dello Stato molto inferiore ai 12,5 miliardi di euro che si sarebbero potuti incassare subito se si fosse scelto di vendere a valore catastale e non di mercato. La cifra fu indicata il 20 febbraio 2002 dall’allora Ministro del Lavoro Maroni alla commissione Parlamentare di controllo degli Enti Previdenziali Pubblici e corrispondeva a 11 miliardi di Euro di valore catastale per la dismissione ordinaria e circa 1,5 miliardi di Euro per quella straordinaria.

Le stime indicate dal Ministro Maroni per complessivi 12,5 miliardi di euro, erano al valore catastale e questo a conferma del fatto che, se si fosse venduto secondo l'originario criterio della rendita catastale moltiplicata cento, il patrimonio degli Enti Previdenziali sarebbe stato facilmente ed immediatamente alienato facendo, tra l’altro incassare allo Stato circa 2,5 miliardi di euro in più rispetto a quanto incassato in questi 14 anni.

Invece di incassare subito 12,5 miliardi di Euro, si è scelto di dar vita a dei programmi di vendita basati sul valore di mercato degli immobili su cui sono stati comunque concessi sconti consistenti agli inquilini.

Il risultato è che in 14 anni il bilancio statale ha beneficiato effettivamente solo di 10 miliardi di Euro e non si è ancora completata la vendita di una consistente fetta di patrimonio.

Si è preferito quindi alimentare un sistema in cui ci hanno guadagnato tutti tranne uno, lo Stato.

 

 

 

 

 

SCIPpopoli

 

Chi guadagna con le cartolarizzazioni

 

Ouroborus – Serpente carnivoro di immobili pubblici

 

I Capitali investiti nei titoli della S.c.i.p. S.r.l.

 

Le altre operazioni finanziarie

 

Costi e ombre della SCIP

 

La strategia affaristica delle immobiliari

 

Il ritardo delle vendite in SCIP 2

 

La denuncia della Corte dei Conti

 

L’incomodo osservatorio

 

Tentativi di incursioni aeree dall’Alto

 

SCIP 2 ( la nuova Parmalat)

 

L’ammaliatrice và in pensione

 

Conclusioni

 

 

 

 

Chi guadagna con le cartolarizzazioni

 

Chi guadagna allora con le cartolarizzazioni? Semplice, basta fare l’elenco dei soggetti che ruotano intorno all’operazione:

Le Banche, che si occupano della strutturazione dell’operazione e del collocamento dei titoli presso gli investitori, lucrano sulle moltissime e costose commissioni e intermediazioni, sulla gestione dei titoli, sulle convenzioni relative ai contratti di mutuo ipotecari e, infine, sugli irrinunciabili contratti Swap;

I capitalisti finanziari che lucrano sui redditizi e sicuri titoli della S.c.i.p. S.r.l., impiegando denaro tramite gli investitori ufficiali e/od operatori qualificati operanti all’estero;

Le agenzie di rating internazionali che vengono pagate dallo stesso soggetto che dovrebbero sottoporre ad un controllo più attento;

Le grandi agenzie immobiliari che, pagate per la valutazione del patrimonio immobiliare e per la gestione delle aste pubbliche, oltre a garantirsi un grande business, acquisiscono una peculiare conoscenza degli immobili tanto da poter favorire i più diversi appetiti;

Gli immobiliaristi che, ricevute le informazioni giuste, acquistano in gara le unità immobiliari libere, le ristrutturano e lucrano poi, rivendendole con rilevanti plusvalenze o affittandole ai canoni correnti di mercato; 

Gli studi legali di calibro internazionale che seguono le cartolarizzazioni di ogni genere, istituendo presso i partner italiani appositi  dipartimenti di finanza pubblica.

Funzionari Pubblici che operando nelle articolazioni di potere della Pubblica Amministrazione, partecipano in ogni caso alla gestione delle operazioni di cartolarizzazione, in altri termini reggono il sacco.

 

Tutti i soggetti impegnati nelle complesse operazioni finanziarie decise certamente non per gli interessi di Finanza Pubblica ma per creare fonti di lucro, lasciando l’Amministrazione, sostanzialmente, deresponsabilizzata essendo stati esternalizzati tutti i centri di decisione.

E’ forse questo il motivo per cui nel nostro Paese il ricorso alle cartolarizzazioni, dai crediti agli immobili, ha raggiunto livelli record in Europa. Hanno guadagnato tutti. Attraverso una normativa fortemente voluta dalle lobby affaristiche con queste operazioni si è contribuito ad impoverire il Paese. Gran parte del patrimonio immobiliare è stato svenduto e i proventi non sono stati investiti ma utilizzati per tamponare le falle del bilancio statale.

 E lo Stato? Non ha guadagnato niente, ci ha rimesso.

 

 

 

 

 

Ouroborus

Serpente carnivoro di immobili pubblici

 

 

La S.c.i.p. S.r.l. è l’unica società di cartolarizzazione a cui è stato trasferito l’intero patrimonio immobiliare degli Enti Previdenziali Pubblici. Nel corso della discussione per la conversione in legge del decreto, data la rilevanza economica delle dismissioni pubbliche, l’opposizione propose un emendamento per affidare le operazioni di cartolarizzazione a  “più società” con procedure di evidenza pubblica  per assicurarne la massima trasparenza.

La richiesta di emendamento fu accolta con ironia da Tremonti:“non riesco a capire il problema, mi sfugge il differenziale semantico tra la formula del Governo e la proposta nell’emendamento, confesso la mia posizione scettica su una questione di spicilegio come questa e, se proprio volete, mettete più”. Il Presidente dell’Aula Parlamentare, On. Casini, con altrettanta ironia: ”tra accademici non riesco ad orientarmi, come finisce questa storia? Con più? Bene, allora finisce con più!”. Il Parlamento quindi modificò il testo del decreto legge autorizzando esplicitamente il Ministro dell’Economia ad affidare le operazioni a “più società”.

La società veicolo, S.c.i.p. S.r.l., fu costituita nello stesso giorno di conversione in legge del decreto, rimanendo incredibilmente l’unica e sola società. In poche parole era già stato deciso di farla nascere senza alcuna procedura trasparente di evidenza pubblica e di trasferirle tutto il patrimonio immobiliare degli Enti, infischiandosene della volontà del Parlamento Italiano.

 

 

Il mito

La S.c.i.p. - meglio conosciuta come Serpente Carnivoro di Immobili Pubblici - emette il suo primo vagito il 23 novembre 2001, in un’attrezzata sala parto romana di Largo Nicola Spinelli n. 5. Al momento del concepimento è presente una giovane coppia di avvocati che interviene per rivendicare la paternità della neonata e apparentemente innocua creatura in nome e per conto dei suoi genitori Olandesi.

Già al suo primo vagito la nuova arrivata non capisce perché il papà e la mamma abbiano scelto di farla nascere “in vitro”, non assistendo nemmeno di persona al lieto evento. Inizia subito a chiedersi se quelli che stanno in Olanda siano veramente i suoi genitori naturali. La verità è che si tratta solo dei suoi genitori adottivi che, per motivi di lavoro, risiedono ad Amsterdam, ma, nonostante la lontananza, le fanno recapitare una confortevole culletta in Via Bertoloni 44, dove la piccola rimane fino a quando non diventa più grandicella e le viene messo a disposizione un grazioso monolocale in Via Eleonora Duse 53, nell’elegante quartiere romano dei Parioli.

La capitale viene scelta per non far perdere alla piccola il legame con le sue origini naturali che, con il tempo, finirà per scoprire ed apprezzare. Infatti, i suoi genitori naturali subito dopo la nascita, per rimediare ai sensi di colpa, le “regalano” un piccolo patrimonio, per le prime necessità. Si tratta però di un patrimonio immobiliare che avevano “scippato”.

La creatura cresce e diventa sempre più ingorda iniziando ad assumere strane sembianze, tanto che costringe i genitori naturali a commettere un secondo “Scippo”, molto più grosso del precedente, ma, sempre della stessa natura. A lei piacciono esclusivamente gli immobili degli Enti Previdenziali e questa volta viene accontentata alla grande. Solo allora, si scopre la sua vera natura: un serpente insaziabile che finisce per mangiarsi la coda. Se vogliamo usare una metafora potremmo paragonare la Scip srl all’ Ouroborus, il serpente  mitologico, che si mangia la coda e che rappresenta appunto “l’infinito” un cerchio senza nè inizio nè fine. Ma la domanda permane.

 Chi mangia la coda della Scip srl  per autoalimentarsi?

 

I soci

SCIP S.r.l. è l’acronimo di Società Cartolarizzazione Immobili Pubblici S.r.l. con capitale sociale di 10.000 euro, detenuto in parti uguali da due Fondazioni olandesi “gemelle”. La “STICHTING THESAURUM” e la “STICHTING PALATIUM”, costituite ad Amsterdam il 5 novembre 2001, appena 18 giorni prima della conversione in legge del decreto.

Amministratore unico delle due fondazioni è un trust Fund sempre olandese, la “TMF MANAGEMENT BV” e anch’esso, guarda caso, si trova proprio dove hanno sede le due “gemelle” precisamente in Parnassustoren, Locatellikade 1, ad  Amsterdam nei Paesi Bassi.

Come mai un trust Fund costituito per gestire altre fondazioni? Siamo difronte al solito sistema di scatole cinesi. Perché una società veicolo -pubblica a tutti gli effetti- che deve cartolarizzare un patrimonio immobiliare dello Stato Italiano è stata costituita con soci olandesi che fanno capo ad un Trust Fund sempre olandese? Perché non si vuol far sapere chi c’è dietro?

Forse ci sono le stesse banche che hanno consigliato l’operazione o che hanno collocato i Bond? Ci sono uomini potenti? Una cupola d’affari?

Non si deve sapere. Tutto è coperto da un’impenetrabile sistema di segretezza e nessuno si domanda il perché. In realtà le società di trust fund, in Olanda, godono di una garanzia di privacy per nulla trasparente, criticata anche dall’Organizzazione intergovernativa contro il riciclaggio di denaro sporco (Fatf). E’ molto probabile, dunque, che la S.c.i.p. abbia sostanzialmente svolto una funzione sia di schermo e sia di camera di compensazione degli interessi finanziari internazionali in gioco. Nulla però si verrà mai a sapere sui rapporti concretamente intercorsi fra i soci della società veicolo e tutti i soggetti che in vario modo sono intervenuti nel processo di cartolarizzazione.

 

L’amministrazione

Non è un caso se l’amministratore unico di tutte le società veicolo appositamente costituite per le cartolarizzazioni in Italia è sempre  lo stesso cittadino britannico dott. Gordon E.C. Burrows e non è un caso se i soci delle stesse società sono sempre le due fondazioni di diritto olandese di cui sopra.

Pare che Sir Burrows sia talmente bravo da aver accumulato cariche sociali come amministratore, sindaco e procuratore di ben 18 società italiane. In realtà, Burrows non decide nulla, chi decide è sempre il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Ma, allora, se è il Ministero che controlla la Scip S.r.l. attraverso la Tmf Management, quali sono le persone fisiche che hanno costituito il trust Fund? E se non è il Ministero, chi è che controlla la Scip S.r.l.?  In realtà la Scip esiste solo sulla carta, i soci sono fantasmi, l’amministratore non decide nulla, ed infine la società non possiede alcuna struttura propria.

 

La sede

La sede della società è in Via Eleonora Duse n. 53, a Roma, presso la Kpmg, società internazionale di consulenza finanziaria che fa capo, in parte, proprio ad una società olandese.

La gestione della società, per quanto riguarda gli aspetti amministrativi e contabili, è curata dalla stessa Kpmg che, guarda caso, è anche l’amministratore del programma di cartolarizzazione e che presta la sua consulenza a diversi Ministeri.

 

La natura

Cos’è dunque la S.c.i.p. S.r.l.? Una scatola vuota? Una società fantasma? Un veicolo? Una società privata? Una società pubblica? Lo dice il Consiglio di Stato, sezione IV nella sentenza n. 308 del 30 gennaio 2006.

 La Scip S.r.l., la società che gestisce la cartolarizzazione degli immobili pubblici, persegue finalità di interesse pubblico, anche se la sua natura è privatistica e deve quindi essere qualificata come una longa manus dell'amministrazione statale. I giudici si sono quindi occupati di accertare se, al di là della formale qualificazione come persona giuridica privata, il “veicolo” eserciti o meno delle pubbliche funzioni, tali da configurarlo come una longa manus dell'amministrazione statale.

 I giudici della quarta sezione del Consiglio di Stato hanno definitivamente chiarito che “la S.c.i.p. S.r.l. rappresenta lo strumento operativo concreto individuato dal legislatore, per soddisfare un'esigenza pubblica alla base delle operazioni di dismissione del patrimonio immobiliare dello stato”.

In altri termini, la S.c.i.p. S.r.l. cura un interesse pubblico sulla base di un esplicito mandato conferito dall'amministrazione statale. Ma allora, perché nascondere i soci? Chi dell’amministrazione statale ha conferito il mandato per costituire le società in Olanda?

 

I controlli

L’atto costitutivo e lo statuto della società non prevedono alcun organo di controllo della stessa e, pertanto, tutto è nelle mani dell’unico uomo dai poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione, il Superman dott. Gordon E.C. Burrows. Non esiste nessun organo istituzionale che può vigilare su questa società e sul suo operato. In poche parole Burrows ha le mani libere e quindi può anche sottoscrivere qualunque contratto a rischio come ad esempio, i derivati. Insomma, a parte il controllo ex post della Corte dei Conti, ma che, fino ad ora non ha riguardato i conti delle S.c.i.p. S.r.l., non esistono strumenti per accertare eventuali responsabilità. Ma, ammesso che, un domani fossero accertate, chi ne risponderà? Burrows?

Un velo inquietante è stato calato e mantenuto sull’intera operazione.

 

 

I Capitali investiti nei titoli della S.c.i.p. S.r.l.

 

 

 

La S.c.i.p. S.r.l., attraverso le banche, ha collocato i titoli  sul mercato finanziario olandese. Il mercato del Lussemburgo presenta diversi vantaggi per un investitore: opera velocemente, non chiede troppe informazioni, garantisce l’esenzione fiscale per i non residenti. E’ uno dei paradisi fiscali europei e può anche essere il luogo più conveniente per anonimi investitori o per un gruppo di amici ai quali può esser stato consigliato un investimento garantito e conveniente.

 

I titoli Scip 1

Vediamo allora a quanto ammontano questi capitali investiti. Nella prima operazione di cartolarizzazione SCIP 1 gli enti previdenziali hanno ceduto alla società veicolo un portafoglio immobiliare costituito da 27.250 unità residenziali e 262 unità commerciali per un valore lordo complessivo pari a 5,1 miliardi di euro.

 A fronte della cessione degli immobili la società ha corrisposto agli Enti il ricavo, al netto delle spese, di due emissioni di titoli, entrambe con rating tripla "A" attribuito da tre agenzie di rating (Fitch Ratings, Moody’s e Standard & Poor’s), rispettivamente di 1 e 1,3 miliardi di euro. Per entrambe le serie, la scadenza legale, in altre parole la data ultima per il rimborso nella previsione delle agenzie di rating, è stata fissata al dicembre 2005.

Le scadenze attese, sono state invece fissate, rispettivamente, a dicembre del 2002 e a dicembre del 2003. La remunerazione per gli investitori è stata determinata, in base alle richieste degli stessi, rispettivamente nello 0,17% e 0,22% di maggiorazione sul tasso interbancario Euribor. L’operazione è stata strutturata e collocata da un consorzio formato da Banca IMI, Banca Intesa, Deutsche Bank e Lehman Brother.

 

I titoli Scip 2

Nella seconda operazione di cartolarizzazione degli immobili pubblici, i sette enti previdenziali e lo Stato hanno ceduto alla società veicolo un portafoglio immobiliare costituito da 53.241 unità a carattere residenziale e 9.639 unità ad uso commerciale, per un valore di offerta, al lordo degli sconti di legge, prossimo agli 11,1 miliardi di euro.

A fronte di tale portafoglio, la società ha emesso titoli per un totale di 6.637 milioni di euro, suddivisi in cinque emissioni di cui tre corrispondenti a 5.243 milioni con rating di tripla "A" e due rispettivamente pari a 845 milioni con rating di doppia A e 536 milioni con rating di singola A. La scadenza legale è stata fissata, per le varie tranche, tra aprile 2006 e ottobre 2008 mentre la scadenza attesa è stata fissata tra aprile 2004 e ottobre 2006. La remunerazione per gli investitori è stata, anche questa volta, determinata in base alle richieste degli stessi, con una maggiorazione sul tasso interbancario Euribor dello 0,20%, 0,27% e 0,32% rispettivamente per le tre tranche tripla A, dello 0,65% per la tranche doppia A e dell’1,17% per la tranche singola A. L’operazione è stata strutturata e collocata da un consorzio formato dalle banche: ABN AMRO, BNL, JP Morgan e SSSB.

I titoli in scadenza a ottobre 2008 non sono stati pagati e per questo il Ministero, a gennaio 2009 ha dato mandato a Mediobanca di capire se c'erano gli estremi per una ristrutturazione di Scip2, allo studio legale DS&P per la due diligence legale (costato 341.000 euro) e alla società di cunsulenza Reag per capire il reale valore degli immobili invenduti costato 120.000 euro).

La risposta è stata semplice ed immediata: bisogna chiudere la S.c.i.p. e rimborsare immediatamente il capitale a che ha prestato i soldi alla Società.

Detto fatti, in data 27 aprile 2009, a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 43 bis (decreto milleproroghe), sono stati rimborsati tutti i titoli residui che sono costati ben 852 milioni di euro per interessi.

 

 

  

 

Le altre operazioni finanziarie

 

I contratti Swap

Fino al 2004 la S.c.i.p. S.r.l. aveva un contratto di Interest Rate Swap con ABN AMRO Bank N.V., Citibank N.A. e JPMorgan Chase Bank, al fine di coprire il rischio dei tassi derivante dal disallineamento tra un tasso annuo fisso rispettivamente pari al 4.3540% - 4.3585% ed i flussi di interessi passivi sulle Notes.

SCIP 2 ha avuto anche un contratto d’interest Rate Swap, sottoscritto con Barclays Bank Plc e UBS Limited, London Branch per coprire il rischio di tasso derivante dal disallineamento fra un tasso annuo fisso rispettivamente pari al 3.924% - 3.9275% ed i flussi di interessi passivi sulle Notes.

I contratti Swap sono strumenti complessi e rischiosi, dove, di solito, le banche che li propongono lucrano profitti abnormi e chi li sottoscrive perde tutto, a meno che non sia un mago dell’alta finanza. Come vedremo in seguito, il dott. Burrows, benché inglese, si è fatto fregare un bel po’ di milioni di euro. Ma tanto, non sono mica suoi! a consunti questo contratto, chiuso anch'esso in data 27 aprile 2009, è finito per costare 304 milioni di euro.

 

Il prestito ponte

Nei bilanci sono risultati iscritti finanziamenti per un valore nominale di 800 milioni di euro, corrispondenti agli importi erogati il 24 aprile 2004 - per far fronte ai pagamenti dovuti dalla SCIP S.r.l.  dei titoli in scadenza il giorno 26 dello stesso mese - da Banca Opi S.p.a e dalla Banca ACS Depfa rispettivamente per 400 milioni. Si dovette ricorrere ad un prestito per riportare in equilibrio l'intera operazione e per evitare giudizi negativi da parte delle agenzie di rating. Il rimborso integrale dell’importo dei finanziamenti ricevuti e degli interessi, dovuti al tasso del 3,8942% annuo, dovevano essere eseguiti in un’unica soluzione ad aprile 2009. Nel caso in cui la società, alla data prevista per il rimborso, per qualsiasi motivo non aver dovuto procedere all’integrale rimborso dei finanziamenti e degli interessi maturati, il pagamento di tali importi sarebbe stato effettuato direttamente dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, in forza della garanzia autonoma, incondizionata ed esigibile, a semplice richiesta che a suo tempo è stata rilasciata.

Anche qui, una bella rendita sicura e garantita. Le due banche sono state chiamate, in tutta fretta, a soccorrere la S.c.i.p. S.r.l. da una figuraccia internazione. Se non fossero intervenute, attraverso il finanziamento, il rimborso dei titoli in scadenza non sarebbe stato onorato e l’Italia avrebbe corso un enorme rischio. In poche parole, interessi su interessi.

Il conto finale, dopo che anche il valore nominale del finanziamento è stato rimborsato in data 27 aprile 2009, è stato di 156 milioni di euro.

 

La ristrutturazione di Scip 2

Ad aprile 2005, la S.c.i.p. S.r.l. - sempre per far fronte alle difficoltà di rimborso dei titoli in scadenza ed evitare declassamenti da parte della agenzie di rating - è stata autorizzata a ristrutturare il proprio debito mediante l’emissione di tre nuove serie di titoli per un ammontare pari a 4.370 milioni, anche se poi l’emissione finale da parte della Società veicolo si è conclusa con tre nuove serie di titoli per un totale di 4.600 milioni.

Il ricavato dell’emissione è affluito direttamente sul conto corrente di tesoreria intestato alla società ed ha rigenerato la liquidità di cassa a beneficio, in via prioritaria, dei portatori dei titoli preesistenti, in altre parole di quelli in scadenza il 26 aprile 2005, ai quali, è stato contestualmente garantito il rimborso. Gli investitori si sono quindi garantiti un rendita di tutto rispetto che la S.c.i.p. S.r.l., ha sempre pagato insieme al capitale. Chiaramente, più l’operazione  è durata e più gli investitori hanno guadagnato.

 

 

 

Costi ed ombre della S.c.i.p.

 

Il 31 dicembre 2009 è stata la data del primo bilancio della S.c.i.p. S.r.l. dopo la chiusura di SCIP 2 e quindi la data in cui si può fare piena luce su tutti i costi sostenuti durante la vita dell'operazione.

Il totale dei costi, della sola operazione SCIP2, ricavato dai bilanci a partire dal 2002, è di 1,8 miliardi di Euro complessivi. Somma rilevantissima perché corrisponde a poco meno di un terzo degli incassi che nel frattempo si sono generati con le vendite.

 

 

 

Tra i costi sostenuti spiccano gli interessi passivi sui titoli pagati agli investitori, ai quali sono stati pagati interessi per ben 852 milioni di euro.

Hanno inciso enormemente anche i costi sostenuti per il contratto “Swap” il cui saldo negativo per l’operazione è di 304 milioni di euro. Questo contratto, sottoscritto con la motivazione di coprire il rischio di tasso, ha in realtà incrementato enormemente i costi dell’intera operazione.

SCIP 2, già compromessa per i ritardi accumulati nelle vendite, ha dovuto quindi sopportare un ulteriore rilevante costo esponendosi ad un rischio elevatissimo venuto meno solo con la fine anticipata dell'operazione.

Gli “Swap”, si sa, fanno parte della famiglia dei derivati (la stessa dei derivati emessi sui mutui subprime che hanno messo in crisi le borse di mezzo mondo) e si chiamano così perché derivano il loro valore da variabili esterne. Sono strumenti complessi e rischiosi dove chi ne sa di più lucra profitti abnormi e chi ne sa di meno perde sempre e pare che in Italia non si sia potuto proprio fare a meno dei derivati che non hanno lasciato fuori nessuno, dalla grande Regione al piccolo Comune di montagna.

Risaltano inoltre gli interessi passivi su finanziamento, per 156 milioni di euro, relativi al prestito ponte fatto ad aprile 2004 di 800 milioni garantiti dal Mef.

La durata prevista del piano di dismissione degli immobili doveva essere inferiore a 4 anni. La scadenza “attesa” delle varie tipologie di titoli emessi era compresa tra aprile 2004 ed ottobre 2006, ma poiché i 4 anni potevano non essere sufficienti, come poi si è verificato, le scadenze “attese” sono state variate e spostate in avanti a ottobre 2008 e gennaio 2009. Più durava l’operazione più naturalmente lievitavano gli interessi da pagare. Solo gli interessi passivi sui titoli emessi ammontano a circa il 50% dei costi totali, una “cifra enorme”.

La verità è che non ci si è mai chiesti realmente quanto stesse costando l’intera operazione e solo quando ormai era troppo tardi ci si è resi conto del danno economico che questa mega-operazione finanziaria ha prodotto per lo Stato Italiano.

Per di più hanno inciso sui costi anche gli acquisti alle aste degli appartamenti liberi da parte della Fintecna Spa, partecipata al 100% dal Tesoro, che è dovuta intervenire per acquistare una buona parte dell'invenduto. In sostanza, è il Ministero stesso che ha riacquistato gli immobili già cartolarizzati, ovvero, vendendo gli immobili direttamente a se stesso. Come dire al danno la beffa!

Ma a far lievitare i costi, hanno contribuito molto anche le commissioni e le intermediazioni bancarie per il collocamento dei titoli, nonché i costi delle consulenze amministrative, dei compensi ai professionisti e ai rinomati studi legali nonchè agli esperti del programma.

Nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2009 sono state elencate tutte le voci dei rapporti contrattuali direttamente connessi con l'operazione SCIP 2 e con la sua chiusura:

City Global Market Limited - UBS Investment Banking - Deutsche Bank AG London- Mediobanca Di Credito Finanziario S.p.a. (importo totale dovuto pari a Euro 960.000) che hanno svolto l'incarico di arranger per la ipotizzata realizzazione di interventi finanziari mirati al miglioramento della performance dell'operazione SCIP 2;

REAG - Real Estate Advisory Group (importo dovuto pari ad Euro 120.000) ha svolto l'incarico di valutazione in modalità cosiddette "desktop" del patrimonio immobiliare relativo all'operazione SCIP 2;

KPMG Advisory S.p.a. (importo dovuto pari ad euro 348.000) ha svolto l'attività di riconciliazione dei dati relativi al portafoglio immobiliare e di aggiornamento del  data base immobiliare residuo alla data del 31 ottobre 2008;

Agenzia del territorio (importo dovuto pari ad Euro 480.000), già incaricata di determinare il prezzo di vendita di ciascun immobile relativo a SCIP 2, ha effettuato una valutazione in modalità "desktop" di tutti gli immobili residui al fine di riscontrare la valutazione effettuata da REAG;

Studio legale Delli Santi e Associati e DS&P Centro studi S.r.l. (importo complessivo dovuto pari ad Euro 340.875) hanno elaborato, oltre alle schede di valutazione degli immobili, un documento indicante le criticità riscontrate e le proposte migliorative del procedimento di vendita immobiliare.

Si aggiungono a quanto elencato altri 440.090 Euro di costi sostenuti ed accantonati per consulenze legali afferenti procedimenti giudiziali e controversie.

E’ rilevante il fatto che da parte della Corte dei conti si sia svolta un’indagine conoscitiva sulla valenza, la gestione e la dismissione del patrimonio immobiliare degli Enti Previdenziali Pubblici, relativa in particolare ai vantaggi e ai costi connessi”.

La Corte dei Conti, nella sua prima relazione di aprile 2006, ha sostanzialmente bocciato le cartolarizzazioni.

Le cartolarizzazioni effettuate dallo Stato, avrebbero potuto essere strumenti di gestione economica dei beni pubblici e, invece, sono servite unicamente a «far rapidamente cassa». L’urgenza di ridurre l’indebitamento netto e il debito ha fatto sì che fosse trascurata l’accurata analisi dei costi e dei benefici e la trasparenza dei meccanismi con un ricorso massiccio alla “sovracollateralizzazione e all’outsourcing.”.

La prima perplessità sollevata dalla Corte dei Conti riguarda lo scopo “reale” delle dismissioni: «l’obiettivo di fondo dichiarato era quello di voler alienare gli attivi il cui costo di detenzione risultasse superiore ai vantaggi ricavabili dalla loro cessione», è scritto nell’indagine, ma l’unico obiettivo «realmente perseguito», e in tempi stretti, è stato quello di «contribuire al rispetto degli obblighi imposti dal patto europeo di stabilità, in presenza della progressiva contrazione dell’avanzo primario» e della scelta di contenere la pressione fiscale e ridurre la spesa pubblica in misura non strutturale.

La fretta è stata quindi cattiva consigliera. Oltre ad accrescere in alcuni casi i costi del ricorso alle banche, alle consulenze e all’esternalizzazione, secondo i Magistrati contabili, si è finito con l’alienare gli attivi di più agevole dismissione piuttosto che quelli la cui detenzione risultava meno vantaggiosa della cessione.

L’indagine evidenzia poi che la scelta degli attivi da dismettere sarebbe «solo parzialmente avvenuta in conformità a criteri di razionalità e di imparzialità».

La Corte dei Conti bacchetta il Ministero del Tesoro perchè avrebbe dovuto «fugare i molti dubbi e i molti equivoci che hanno accompagnato le operazioni di cartolarizzazione, nell’interesse primario delle stesse amministrazioni». Afferma inoltre che “la mancanza di un adeguato sistema di monitoraggio dei costi e dei risultati non ha consentito di stabilire in quale misura le cartolarizzazioni hanno realizzato miglioramenti in termini di rapporto costi/benefici”.

La magistratura contabile riconosce che l’esternalizzazione è stata indispensabile per progettare, promuovere, organizzare e gestire operazioni così complesse di cui l’amministrazione non aveva esperienza, ma ha criticato che la pubblica amministrazione sia rimasta estranea ai processi decisionali di cartolarizzazione.

La Corte dei Conti, a febbraio 2007, ha espresso una censura ancora più forte, riguardo ai conflitti d'interesse, ossia alle “possibili patologie connesse all'eventuale passaggio nel mondo dei contractors di persone che abbiano avuto responsabilità di gestione amministrativo-politica nella cessione degli attivi pubblici” e, scrive la Corte,” qualche caso di successivo inserimento nel mondo degli operatori finanziari internazionali di persone che avevano avuto responsabilità amministrativo-politiche di primo piano nella decisione e nella gestione delle operazioni di cartolarizzazione va registrato anche nell'esperienza del nostro paese”.

Sono queste le conclusioni principali di un’indagine a tutto campo condotta dalla Corte dei Conti sulle operazioni di cartolarizzazione effettuate dallo Stato tra il 1999 e il 2007.

Sarà un caso, allora, che l’ex Ministro dell’Economia e delle Finanze, Domenico Siniscalco, subentrato al suo predecessore solo per pochi mesi, sia tornato nei suoi uffici Londinesi della Mogan Stanley appena dopo aver varato l’operazione denominata Fip (Fondo Immobili Pubblici)?

 Il fondo comune immobiliare voluto da Siniscalco, del valore complessivo di 4 miliardi di euro, riguarda gli immobili strumentali di proprietà degli enti previdenziali e dello Stato, comprese alcune caserme della Guardia di finanza. Con questa nuova operazione - evidentemente tenuta già pronta nel cassetto - gli Enti previdenziali sono stati “scippati” di una parte dei loro immobili strumentali, in cui avevano le sedi principali delle loro stesse attività e  costretti a dover pagare l’affitto. Anche quest’operazione ha generato sul nascere un contenzioso enorme tutto interno alla Pubblica Amministrazione.

I rapporti tra politica e Finanza sono molto delicati perché, nel nostro paese, quando vengono a contatto si possono sviluppare commistioni di interessi.

 Non è un caso quindi che le più grandi e importanti banche d’affari internazionali cooptino persone con incarichi di alta amministrazione o che viceversa, nelle amministrazioni pubbliche, incarichi di alta responsabilità vengano affidati a uomini provenienti sempre dalle banche d’affari. 

 

 

 

 

La strategia affaristica delle  immobiliari

 

 

 

A giugno 2001, mentre erano in corso le vendite degli immobili, il nuovo Governo blocca le operazioni, accusando le Amministrazioni degli Enti di ritardi e di inefficienze e di aver avuto nel corso degli anni una redditività del patrimonio immobiliare pari a zero.

Il Ministro Tremonti - per ridurre il debito pubblico e per rispettare i parametri di Maastricht - sostenendone la necessità, l’urgenza e la convenienza, scommette sulle cartolarizzazioni immobiliari e mette a punto una nuova normativa il cui testo sembra scritto da un comitato d’affari di Banche e Immobiliari coordinato dal suo Ministero attraverso un gruppo di consulenti ed esperti.

Per prima cosa, il Governo stabilisce che tutto il patrimonio immobiliare degli Enti (anche quello già individuato e pronto per il rogito notarile) deve essere cartolarizzato con operazioni finanziarie delegate completamente al Ministro dell’Economia tagliando fuori il Ministero del Lavoro.

A metà marzo 2003, viene anche soppresso l’Osservatorio sul Patrimonio Immobiliare degli Enti Previdenziali, istituito presso il Ministero del Lavoro per il coordinamento e il controllo dei programmi di vendita.

Millantando una convenienza per la finanza pubblica, il Governo sottrae di fatto la proprietà immobiliare agli Enti per trasferirla alla S.c.i.p. S.r.l.

La cartolarizzazione consente al Governo di fare subito cassa e alle Imprese Immobiliari, riunite in consorzio, di mettere le mani sulla parte commerciabile del patrimonio in vendita. Infatti, per le Immobiliari che ben conoscono il sistema delle aste è già interessante partire con la gestione delle vendite di alloggi e unità commerciali libere.

Le vendite con procedura d’asta vengono gestite all’interno degli stessi Consorzi, che modificando di volta in volta le stesse procedure “fanno soldi a palate”. Insomma, sono gli anni in cui anche i furbetti del quartierino, accumulano grande liquidità per le successive operazioni che li portano prima alla ribalta e poi inquisiti. Nelle mire degli immobiliaristi vecchi e nuovi c’erano anche le case cosiddette di pregio quasi tutte occupate, ubicate nelle zone centrali delle città.

Insomma, con le cartolarizzazioni lo Stato ha messo sul mercato un patrimonio immobiliare stimato complessivamente in circa 16,5 miliardi di euro. Se una buona fetta è stata comprata dagli inquilini con gli sconti, anche per gli immobiliaristi molti buoni affari non sono mancati.

Allo sciacallaggio partecipano tutti, dai re del mattone fino ai palazzinari e, dopo i grandi affari fatti con Scip, quelli che non finiscono inquisiti, aspettano bramosi le prime mosse di Investire Immobiliare, la società che gestisce il FIP (Fondo Immobili Pubblici) fortemente voluto dal Ministro dell'Economia Domenico Siniscalco. Dentro ci sono pezzi unici, roba da scatenare gli appetiti degli immobiliaristi delle vecchie e nuove cordate.

Insomma, un gran bel business all’Italiana.

 

 

I ritardi accumulati nelle vendite SCIP 2

 

 

 

A distanza di 7 anni dall’avvio della seconda operazione di cartolarizzazione il portafoglio immobili ancora da vendere, al 28 febbraio 2010, risulta costituito da 15.466 unità delle 62.880 iniziali. Pertanto, è stato venduto solo il 75,40% delle unità immobiliari.

 

 

 

 

Che le vendite procedessero al rallentatore era sotto gli occhi di tutti e anche la stampa lo aveva evidenziato in più occasioni. Ma questo non ha mai preoccupato il Ministero dell'Economia, che, nelle relazioni al Parlamento fino al 2007, continuava a fornire rosee previsioni per il futuro.

Solo a gennaio 2009 si parla della nuova ristrutturazione di Scip2 e frettolosamente con un emendamento il quarto Governo Berlusconi chiude questa pietosa pagina della finanza pubblica del nostro paese con un’operazione che attira le durissime critiche dell’opposizione.

Il grafico seguente illustra l’andamento generale delle vendite in termini di unità, partendo dal 2002 e sino a febbraio 2009.

 

 

 

 

 

Il portafoglio residuo, ossia le unità non ancora vendute, in termini di valore è stato stimato dall'Agenzia del territorio, in seguito al ritrasferimento agli enti in 2,4 miliardi di euro.

Tuttavia, non sappiamo se il valore indicato dall'Agenzia del territorio rappresenti quanto effettivamente gli Enti incasseranno dalla vendita delle unità residue.

Del resto, già a fine febbraio 2007, l’agenzia di rating Fitch aveva declassato i titoli di serie B2, proprio perché riteneva che il portafoglio non valesse quanto dichiarato a dicembre 2006 dal Ministero dell’Economia.

L’incasso effettivo potrebbe essere inferiore determinando un’ulteriore perdita nei bilanci degli enti previdenziali che devono proseguire le vendite.

A metà novembre 2007, anche l’agenzia Moody's aveva annunciato di aver messo sotto osservazione per un possibile taglio del rating le obbligazioni di SCIP2. La revisione del rating era stata decisa proprio a seguito dell'andamento peggiore delle vendite negli ultimi trimestri e pertanto Moody’s aveva deciso di riesaminare il livello dei prezzi di vendita in quanto i risultati ottenuti sollevavano dubbi sulla qualità degli asset rimasti in portafoglio.

Tutto questo senza considerare che per gli immobili cosiddetti di pregio inclusi tra le rimanenti unità residenziali locate è ancora in corso un enorme contenzioso sia innanzi ai TAR sia davanti ai Tribunali Ordinari. In realtà, il controvalore di questa particolare categoria di cespiti si incasserà solo parzialmente se non saranno definite transattivamente, così come tra l'atro è stato previsto dallo stesso legislatore con le norme varate a febbraio 2009 (12 bis), le controversie giudiziarie dai tempi lunghissimi e dall’esito incerto sollevate dagli inquilini per le evidenti ingiustizie e disparità di trattamento subite.

    Occorre inoltre precisare che i beni dislocati nei maggiori centri urbani, e quindi a più alto valore commerciale, sono stati già quasi totalmente alienati; pertanto le vendite ora sono concentrate sulle piccole province, ove i prezzi di vendita saranno certamente inferiori rispetto ai grandi centri urbani.

Se da un lato il portafoglio è stato sopravvalutato e l’andamento degli incassi è risultato deludente, dall’altro, i costi sostenuti dalla Scip sono lievitati in modo puntuale e costante. Insomma almeno una cosa è chiara: risultano enormi i costi generali sostenuti, per un’operazione evidentemente fallimentare, di cui non si è parlato per anni se non quando ormai si è giunti all'epilogo.

Si può quindi affermare che nessun’analisi costi-benefici è stata fatta prima del lancio dell’operazione e che si è  continuato a far finta di nulla nonostante ben due Governi si siano avvicendati e, a distanza di ben 7 anni dal suo concepimento, complice la crisi internazionale l’operazione viene chiusa senza alcuna rendicontazione.

I bilanci della SCIP rimangono l’esposizione di cifre da guardare in una bacheca ministeriale, con vetro fumé, sistemata in un secondario corridoio, ma devono essere letti per richiamare la responsabilità di quanti hanno consentito l’incontrollato costo delle cartolarizzazioni. Sono operazioni finanziarie, queste, che sono diventate discutibili e sospette, ogni giorno sempre di più fino ad essere bandite dalla scena con un blitz inaspettato ma, giustificato da segnali negativi ormai evidenti ed ineludibili.

 

 

 

 

SCIP 2 ( la nuova Parmalat)

 

 

E’ stata una gestione disastrosa per i costi aumentati a dismisura a causa dei ritardi nella vendita degli immobili. Sono aumentati gli interessi per il ritardo dei rimborsi dei titoli rispetto alle scadenze attese, i costi fissi di gestione della SCIP (amministratori, dirigenti, studi legali, consulenti, esperti, ecc.), i rischi connessi ai contratti Swap e agli ulteriori incalcolabili oneri.

E’ un’esperienza negativa perché le vendite sono venute a dipendere in gran parte da una gestione troppo contorta ed intrecciata tra gli Enti gestori, l’Agenzia del Territorio, le Società Immobiliari incaricate di rivedere le valutazioni e gli incaricati delle vendite e delle aste. Questi soggetti hanno operato indisturbati sotto la regia non si sa bene di chi!

E’ stata una gestione disastrosa per la difesa accanita della norma illogica che esclude gli immobili di pregio occupati dalla riduzione del 30% sul prezzo di vendita.

A quest’ultima questione è dedicato un capitolo a parte. Riguarda, in definitiva, un’esigua minoranza di inquilini residenti da decenni nelle case cartolarizzate e che subiscono una ingiusta disparità di trattamento.

 Alle moltissime interrogazioni parlamentari presentate per superare l’insopportabile disparità tra gli inquilini, sono state date risposte sempre evasive e generiche dall’ex. Sottosegretario all'Economia,  Armosino.

Perché il lavoro di individuazione degli immobili di  pregio è durato oltre 5 anni? Molte ombre hanno accompagnato la decretazione “spalmata” lungo un arco di tempo così lungo. La stessa Armosino ha alimentato i sospetti di interessi estranei alla pubblica amministrazione sostenendo per anni che le unità di pregio costituivano il 10% degli immobili in vendita, mai fornendo dati ed elenchi precisi.

Si è sempre sostenuto inoltre che la correzione normativa per l’estensione della riduzione sul prezzo di vendita anche agli immobili di pregio avrebbe comportato un aggravio enorme per la finanza pubblica.

Come vedremo più avanti questo aggravio è ben poca cosa rispetto ai fiumi di danaro che si sono dissolti nell’operazione. La soluzione dell’annosa questione avrebbe consentito viceversa l’immediata vendita degli immobili di pregio gravati da un enorme contenzioso.                          

 

 

 

 

La denuncia della Corte dei Conti

 

 

 

 

La Corte dei conti svolge, accanto al controllo preventivo di legittimità (conformità di singoli atti amministrativi a norme di diritto), il controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche, valutando costi, modi e tempi, dell’azione amministrativa con parametri  di efficacia, efficienza ed economicità.

Tale controllo è privo di contenuti “impeditivi”. In sostanza, il controllo nei confronti dell’azione amministrativa è solo di tipo “collaborativo” ed è del tutto alieno da sanzioni. Il suo esito sta nella predisposizione di relazioni e di osservazioni tese a provocare provvedimenti correttivi da parte delle amministrazioni controllate.

La relazione sull’Analisi dei risultati delle cartolarizzazioni dell’aprile 2004 è una delle tante denuncie dei Magistrati di Viale Mazzini. Peccato però che sia destinata, come una fotografia, agli album del Parlamento e degli Uffici di Gabinetto dei Ministeri. Chi ha letto il ponderoso referto di circa 400 pagine, redatto a metà strada delle operazioni di cartolarizzazione, può soffermarsi su alcune delle più significative valutazioni:

Nessun reale meccanismo di monitoraggio, in itinere ed a consuntivo, dei risultati delle operazioni di cartolarizzazione è stato predisposto per valutazioni d’interesse della collettività. L’unico monitoraggio è quello svolto dai consulenti esterni per conto della società veicolo nell’interesse dei soli investitori: riguarda gli scostamenti delle vendite degli immobili rispetto a quelle previste dai business plan.”

“Alle richieste istruttorie della Corte sono state date risposte spesso solo parziali, frammentarie e disomogenee. Ciò che la Corte lamenta non è il numero limitato d’informazioni ricevute, ma la loro genericità, inadeguatezza e ridondanza, oltre che il mancato riscontro di precisi quesiti formulati. Per la genericità di molti elementi informativi forniti restano in piedi interrogativi relativi alla dimensione dei costi delle operazioni di cartolarizzazione”. 

     “Risultano abbondanti le descrizioni delle operazioni, mentre sono carenti le informazioni necessarie per valutare la convenienza sociale, i vantaggi e gli svantaggi per la collettività delle medesime operazioni. Di qui l’impossibilità di fornire indicazioni conclusive sul rapporto costi/benefici delle operazioni, e quindi la loro scarsa trasparenza”.

“La Corte non è stata posta in condizione di poter verificare la correttezza, l’efficacia e l’efficienza della gestione dell’ alienazione di immobili pubblici tramite cartolarizzazione; il mancato rispetto da parte delle amministrazioni controllate dell’obbligo di rendere responsabilmente conto del proprio operato alimenta tra i cittadini perplessità e riserve – magari anche infondate – sul modo di comportarsi di quanti hanno la gestione di beni pubblici.   Il danno che consegue da questa mancanza di trasparenza, è, quindi, anche in termini d’ulteriore indebolimento della fiducia nelle istituzioni”.

     “Per poter organizzare, attuare e monitorare le operazioni di cartolarizzazione, le società di cartolarizzazione hanno necessariamente dovuto far ricorso, con oneri a carico dell’Erario, al costoso expertise ed all’altrettanto costosa collaborazione di soggetti leader nei mercati finanziari internazionali. L’ampio ricorso all’expertise esterno, sicuramente indispensabile per progettare, promuovere e gestire secondo standard internazionalmente accettati le operazioni di cartolarizzazione, non sembra aver prodotto significativi effetti di trasposizione all’interno delle amministrazioni di modelli e di comportamenti innovativi in termini di capacità di pianificazione e gestione strategica degli attivi pubblici”.

“Per quanto attiene alla cessione degli immobili ai quali andava applicata la procedura competitiva, gli elementi informativi analizzati dalla Corte non sono sufficienti per poter affermare o negare che le offerte d’asta siano state organizzate e gestite in modo da assicurare un’adeguata e trasparente pubblicizzazione”

“I metodi adottati e le procedure seguite non risultano appropriati per realizzare l’obiettivo formalmente dichiarato di gestione economica dei beni  ma per conseguire l’obiettivo reale di far rapidamente cassa, come dimostrano le vendite immobiliari in blocco a trattativa privata alla FINTECNA S.p.A. (interamente partecipata dallo stesso Tesoro), utilizzata come scorciatoia di fine anno per realizzare entrate straordinarie essenziali per riequilibrare i conti pubblici e per liberarsi delle unità immobiliari rimaste invendute a conclusione delle aste delle operazioni di cartolarizzazione SCIP 2”.     

Una critica severissima sulle cartolarizzazioni in atto nel paese e sull’amministrazione finanziaria che le gestisce a cui, fino ad oggi, non è stato dato alcun seguito né dal Governo né dal Parlamento.

 

  

L’incomodo osservatorio

 

 

 

L’Osservatorio sul patrimonio degli enti previdenziali, istituito nel 1996 anche per vigilare sulla corretta attuazione della normativa delle vendite, avrà operato bene se è vero, com’è vero, che in due anni dall’avvio delle prime vendite sono state preparate, senza intoppi e contenziosi, oltre 26.000 compravendite poi confluite in SCIP1.

Anche sulla partita degli immobili di pregio l’Osservatorio ha avuto le idee chiare, così come dice il TAR per il Lazio nella sentenza del 14 luglio 2004 ove risultano messe in evidenza le richieste fatte inutilmente dall’Osservatorio al Ministero dell’Economia di fare con compiutezza le stime degli immobili e con correttezza gli accertamenti per la qualificazione degli stessi.        

L’invito dell’Osservatorio era finalizzato al superamento dei criteri sommari adottati fino a quel momento nelle istruttorie.

Per tutta risposta l’Osservatorio è stato subito soppresso!

L’oscura vicenda non è sfuggita alla Corte dei conti che nella relazione di aprile 2006 (27), così ha stigmatizzato:

 “Resta inspiegabile la logica che ha portato, con il 17 marzo 2003, alla definitiva cessazione dell’attività dell’Osservatorio sul patrimonio immobiliare degli enti previdenziali, istituito nel 1996. Si è preferito sopprimerlo, invece di potenziarlo. Così facendo, il settore pubblico ha rinunciato a disporre di un valido interfaccia dei vari soggetti esterni chiamati a collaborare all’attuazione dei programmi di alienazione, lasciando solo il Tesoro ad esercitare un controllo che, necessariamente, poteva essere soltanto finanziario e di regolarità.”

Finisce anche l’insofferenza degli Enti per il vigilante scomodo!

 

 

 

Tentativi di incursioni aeree dall’Alto

 

  

L’Alto Commissario per la lotta alla corruzione nella Pubblica Amministrazione ha sede in una delle più belle piazze romane, San Lorenzo in Lucina, è a palazzo Fiano e Gianfranco Tatozzi è stato Alto Commissario dal 2004 a dicembre 2006, data in cui si è dimesso. Dopo di lui il prefetto Bruno Ferrante e poi, da settembre 2007, l’ex. prefetto della capitale Achille Serra.

Tatozzi ha indagato anche sulle cartolarizzazioni immobiliari, attraverso il Comando Generale della Guardia di Finanza,  partendo dall’ INPS.

Ex magistrato di Cassazione, 62 anni, ha scelto di farsi da parte. «Ho avviato molte indagini, a partire da quella sugli immobili», dice in un’intervista al quotidiano Libero «Era il primo passo di un programma di controllo molto più vasto che riguardava tutti gli enti previdenziali e i soggetti coinvolti nelle cartolarizzazioni. L'idea era quella di monitorare attraverso situazioni a campione due circostanze: come erano stati scelti gli inquilini da "privilegiare" e se vi erano contratti di vendita stipulati in maniera e tempi sospetti. Il sospetto è che alcuni immobili fossero stati assegnati a inquilini poco prima di essere messi in vendita a prezzi scontati». «Potevano esserci stati comportamenti truffaldini sia da parte degli inquilini sia da parte di eventuali pubblici ufficiali»

Deve aver dato parecchio fastidio, tanto che gli hanno tagliato i fondi costringendolo con “precisi segnali” alle dimissioni. «Un richiamo contenuto nell'ultima Finanziaria prevedeva una ricognizione sugli enti che avrebbe comportato la chiusura del Commissariato.  Insomma, mi si è detto piuttosto chiaramente: "Vattene o chiudiamo l'ufficio"».

Si volevano evitare pesanti incursioni aeree? Come sono finite le indagini?

A ottobre 2007 si conclude l’indagine (incursione aerea) da parte dell’Alto Commissario con la trasmissione delle valutazioni ai competenti Ministri dell’Economia e del Lavoro.

L’indagine, si legge in una nota del Commissario, ha evidenziato alcune criticità sia di carattere sistematico, inerenti al modello utilizzato per l’operazione, sia di carattere particolare su alcune concrete modalità di svolgimento delle procedure di alienazione. Sotto il primo profilo sono state espresse ai competenti dicasteri alcune perplessità di carattere giuridico sulla possibilità di qualificare le società di cartolarizzazione come organismi di diritto pubblico, attesa l'indubbia peculiarità di quelle già create quanto a meccanismi di costituzione ed a partecipazione al capitale da parte dei soci fondatori. Sono state inoltre illustrate alcune preoccupazioni inerenti l'effettiva linearità dell'operazione contabile sui saldi di finanza pubblica, anche alla luce delle perplessità già espresse da EUROSTAT con riferimento alle previsioni del regolamento comunitario SEC 95.

Si è inoltre segnalata la necessità di garantire che gli enti pubblici coinvolti nei procedimenti di dismissione abbiano l'effettivo controllo delle operazioni poste in essere, evitando sovrapposizioni di ruoli che, oltre ad appannare l'operazione, risultano anche in un ingiustificato aumento dei costi, nonché di vigilare affinché eventuali future operazioni simili a quelle poste in essere siano prive delle criticità emerse dall’indagine, segnatamente in relazione alla determinazione del prezzo degli immobili, all’appartenenza degli stessi ad eventuali categorie di pregio, all’effettivo possesso in capo agli acquirenti dei requisiti di legge, all'inesistenza di situazioni di evidente conflitto di interesse tra gestori della dismissione ed acquirenti.

Sarebbe interessante conoscere dettagliatamente i risultati di questa indagine per fare chiarezza sulle molte ombre che si sono addensate sulle cartolarizzazioni in questi anni.

Una goccia nel mare della corruzione.

Mi domando quali sono stati i risvolti di questa indagine, visto che sono emerse delle criticità non da poco, come ha sottolineato lo stesso Alto Commissario.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’ammaliatrice và in pensione

 

La Scip si può paragonare ad una bella ammaliatrice, assidua frequentatrice dei palazzi romani ed in particolare quello di Via XX settembre. Di lei si sono innamorati perdutamente tutti coloro che l’hanno conosciuta. Chi prima, chi poi, molti sono cascati nella sua rete perché lei prometteva notti indimenticabili e follie d’amore.

Durante la sua carriera, questa donna affascinate ha elargito piaceri che a noi comuni cittadini non sono concessi perchè solo chi frequentava il palazzo poteva avvicinarla. Tutti quelli che ci riuscivano, o che per caso la conoscevano, subito se ne invaghivano e come per magia iniziavano ad uscire con lei, a portarla a cena nei migliori ristoranti, ad andare al casinò per finire nella più lussuosa suite di un albergo a cinque stelle.

Noi stavamo alla finestra a guardare il via vai di personaggi che di volta in volta l’accompagnavano. Peccato però che tutti si dimenticavano di pagare il conto dei ristoranti, del casinò e degli alberghi. Il conto è aumentato a dismisura sempre di più, perché questa smania di uscire con la Signora Scip ha contagiato tutti quelli che le stavano intorno e nessuno riusciva a resistere ai suoi incantesimi. Ma, alla fine qualcuno ha detto basta e la bella ammaliatrice è stata mandata in pensione ed il salatissimo conto è stato puntualmente servito.

Il fatto ormai chiaro è che il conto lo abbiamo pagato noi.

Si dirà: non è giusto! Sì, ma oggi funziona così. Alla fine pagano sempre i cittadini e per di più onesti.

 

 

Conclusioni

 

La disastrosa gestione delle vendite in SCIP 2 ha comportato ritardi enormi non sostenibili finanziariamente tanto da causarne la chiusura anticipata e la conseguente retrocessione di una parte del portafoglio iniziale agli Enti originari proprietari.

Ma un altro inquietante interrogativo rimane. Quanti anni ancora ci vorranno per il completamento delle vendite da parte degli Enti ridiventati proprietari? E’ chiaro che il Mef non aveva intenzione di far rimborsare allo Stato Italiano i debiti crescenti della S.c.i.p. S.r.l. essendone il garante.

Insomma le cartolarizzazioni hanno fatto perdere tempo e soldi. Se nel 2001 Tremonti non avesse cartolarizzato l'intero patrimonio immobiliare degli Enti Previdenziali e avesse pensato di venderlo al valore catastale, avrebbe incassato subito 12,5 miliardi di euro.

Nel 2009, chiuse le cartolarizzazioni, rimanevano da vendere immobili per un valore stimato di 2,4 miliardi di Euro e a consuntivo l'incasso effettivo per lo Stato, senza gli incassi delle operazioni POC e PSC, è stato solo di 8,5 miliardi di Euro.

E' chiaro che nessuno risponderà mai dei risultati negativi non essendoci un giudizio effettivo e serio di responsabilità.

Sta di fatto che la buona rendita dai titoli è stata assicurata e sono stati comunque rimborsati e, nel frattempo, la crisi del mercato ritorna a tutto svantaggio degli Enti.

Insomma l’Italia è il paese tra le economie avanzate che ha fatto un massiccio ricorso alle cartolarizzazioni e non solo a quelle immobiliari. Si potevano evitare? Certamente il ricorso alla finanza creativa ha dei rischi impliciti ed ormai evidenti. Ne sono stati sottaciuti i costi per riproporle a tutti i livelli, dallo Stato, alle Regioni fino ai piccoli Comuni e questo al fine di avvantaggiare sempre gli stessi soggetti.

Le cartolarizzazioni pubbliche, certamente, sono state un grande affare, ma non per lo Stato. In verità il Ministro Tremonti non è stato l’artefice di quella che poi è stata definita la “finanza creativa” ma, ha semplicemente amplificato quanto di anglosassone era già stato recepito in Italia applicandolo alla vendita del patrimonio immobiliare pubblico da cui, il Governo di centro sinistra, con la Finanziaria per il 2001, aveva ipotizzato di ricavare proventi per 8 mila miliardi di vecchie lire entro lo stesso 2001.

    Con tutte le operazioni architettate negli ultimi anni i portafogli ceduti ammontano a 129,2 miliardi di euro, a fronte dei quali lo Stato ha incassato 57,8 miliardi. L'obiettivo di riduzione di indebitamento netto è stato conseguito in misura molto limitata. Anzi, in alcuni casi il debito è persino aumentato.

    Sono state gestite in maniera poco trasparente dalle  banche scelte per organizzare tutte le relative procedure di attuazione.

    Non è l'unico problema e forse neppure il principale. La gestione delle operazioni di cartolarizzazione è stata affidata al dipartimento del tesoro che si è avvalso del supporto del consiglio degli esperti, formato anche da persone provenienti da grandi banche d'affari e che sono poi tornate ad assumere incarichi esterni all'amministrazione.

    La pianificazione e la gestione strategica delle operazioni è stata di fatto esternalizzata, affidandola ai super consulenti, ed in particolare alle banche d'affari che operano a livello internazionale. Ovviamente, data la loro natura e i loro interessi, tali soggetti, da una parte, non hanno effettuato alcun monitoraggio dei costi e benefici pubblici e, dall'altra, sono stati comunque portati ad evidenziare soprattutto i vantaggi delle operazioni. Insomma, non sarebbero stati fatti gli interessi pubblici, anche perché i processi di cartolarizzazione si sono svolti in condizioni di scarsissima trasparenza.

Insomma con le cartolarizzazioni negli ultimi quindici anni abbiamo assistito ad una sorta di convergenza politica sugli stessi modelli economici adottati da una parte e dall’altra per l’incapacità di elaborare dei modelli alternativi alla semplice e perversa economia di mercato di cui ora scontiamo tutti gli effetti negativi.

 

 

 

GLI “IMMOBILI di PREGIO” Storia infinita

 L’intreccio tra politica e affari

 

Lo scandalo di affittopoli (ci risiamo )

 

L’ingiustificata esclusione

 

“Casa nostra” (da affittopoli a svendopoli)

 

Quanti sono gli immobili di pregio?

 

Sopraffazioni e disparità di trattamento

 

La bastonata

 

La condanna della corte dei conti

 

Il contenzioso in sede amministrativa

 

Il contenzioso in sede civile

 

Scippati e mazziati

 

Le iniziative legislative

 

L’assordante silenzio del nuovo Governo Prodi

 

La speranza riaccesa dal quarto Governo Berlusconi

 

L'ultimo tentativo di risolvere la questione

                          

 

L’intreccio tra politica e affari

 

 

  

La prima disciplina di vendita (1)

La tormentata vicenda della vendita degli immobili degli Enti Previdenziali Pubblici ha inizio con la Legge Finanziaria 1994, dopo che la Corte dei conti era intervenuta più volte sui bilanci in rosso degli Enti richiamando le Amministrazioni sulla necessità di potenziare le proprie disponibilità economiche istituzionali per alleggerire il ricorso continuo alle casse dello Stato.       

La legge stabilì che l’INPS, l’INAIL e l’INPDAP, dovessero predisporre programmi di dismissione del patrimonio immobiliare a cominciare da quello abitativo, in conformità alla normativa vigente in materia di alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica”, allo scopo di rendere ”praticabile” tutta l’operazione eliminando la prevedibile insorgenza di una conflittualità sul piano sociale.  

Il riferimento fu alle norme della legge sull’edilizia economica popolare (2) che il Parlamento aveva definito nello stesso mese di dicembre del 1993.

Si tratta di una disciplina organica, completa, condivisa con le parti sociali, preparata per la maxi-vendita degli alloggi degli IACP e dei loro Consorzi, dello Stato e degli Enti territoriali come i Comuni, in pratica di tutti gli immobili costruiti - con il concorso totale o parziale dello Stato – anche dalle Poste e Telecomunicazioni come dall’Azienda Telefoni di Stato, dalle Ferrovie dello Stato, dagli Enti di Sviluppo e dai disciolti Enti previdenziali minori.   

L’impianto normativo era diretto ad agevolare l’acquisto da parte degli assegnatari, ai quali veniva riconosciuto il diritto al riscatto dell’alloggio se lo occupavano da almeno un quinquennio. Il prezzo degli alloggi era costituito dalla rendita catastale moltiplicata per cento, ridotto dell’1% per ogni anno di anzianità di costruzione dell’immobile, fino ad un tetto massimo del 20%; un’ulteriore riduzione del 10% sul prezzo di cessione era prevista poi nel caso di pagamento in contanti.

Il Parlamento supererà tale normativa indirizzata ai tre maggiori Enti Previdenziali e nel 1995 darà invece la delega al Governo per disciplinare la vendita di tutti gli immobili degli Enti. I Gruppi Finanziari e le Imprese Immobiliari intercettarono il business, quando il Parlamento stabilì che la dismissione dovesse riguardare “tutto” il patrimonio immobiliare destinato a reddito di “tutti” gli Enti Previdenziali Pubblici, ad eccezione dei soli immobili strumentali, vale a dire quelli utilizzati per gli uffici propri.

 

 

 

  

 

Disciplina di vendita del patrimonio

degli Enti Previdenziali pubblici

 

Nel 1995 è quindi conferita al Governo Dini la delega (3) per disciplinare la dismissione dell’intero patrimonio immobiliare degli Enti Previdenziali Pubblici, delega che sarà puntualmente attuata nell’anno successivo con il D. Lgs del 1996. (4)

L’impianto normativo stabiliva, con evidenti finalità di carattere sociale, le modalità di vendita degli immobili agli inquilini. Modalità che, se applicate da subito, avrebbero consentito un beneficio per le casse degli Enti in tempi strettissimi. Le modalità erano le seguenti:

Il prezzo degli alloggi ad uso residenziale deve essere calcolato sulla base della rendita catastale moltiplicata per cento; possono esercitare il diritto d’opzione, garantito e stabilito per legge, solo i conduttori titolari del contratto al momento dell’entrata in vigore della legge. Gli inquilini possono usufruire di mutui a tassi agevolati per 25 anni; i conduttori ultrasessantacinquenni possono esercitare il diritto di prelazione sul solo usufrutto. Gli inquilini, che non intendano acquistare l’alloggio condotto in locazione, possono contare su rinnovi contrattuali fino a nove anni se con reddito familiare sotto ad un certo limite. Ogni conduttore, titolare del contratto, può esercitare il diritto di prelazione, individualmente o collettivamente; il conduttore ha diritto alla riduzione degli oneri notarili. E’ sancito il divieto di rivendita degli immobili prima di dieci anni dalla data del rogito.

Il Legislatore nel riconoscere il diritto d’opzione a favore dei conduttori degli immobili dei nove Enti previdenziali ha proprio “cristallizzato il prezzo”, basandolo sul “valore catastale”, parametro certo e tra l’altro immutabile per i cinque anni durante i quali gli Enti avrebbero dovuto vendere l’intero patrimonio. Ciò al fine di evitare ingiuste sperequazioni tra chi avesse comprato nel 1996 e chi  avesse dovuto attendere fino al 2001 per comprare alle stesse condizioni l’appartamento. Siamo di fronte ad un “prezzo politico”, stabilito per legge, che non consentiva agli Enti di vendere prima gli immobili in peggiori condizioni e in seguito i pezzi più pregiati, contando sulla crescita dei prezzi.

Pertanto, in relazione ad una corretta applicazione della volontà del legislatore, ai conduttori dell’epoca è stato riconosciuto un diritto di opzione legale sui loro appartamenti; diritto che potevano esercitare comunicando la loro volontà di acquistare l’alloggio al prezzo indicato nella legge (rendita catastale x 100).

Solo a loro la proposta irrevocabile di vendita ex lege è stata comunicata tramite la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto legislativo del 1996. Questa modalità d’offerta pubblica è da considerarsi come un’“OPA”, vincolante per gli Enti previdenziali che devono procedere alla vendita una volta ricevuta formale accettazione da parte del conduttore avente titolo.

Il diritto degli inquilini al trasferimento in loro favore degli immobili locati discende pertanto dal decreto legislativo contenente le norme per la “dismissione del patrimonio immobiliare degli Enti Previdenziali pubblici”.

L’ impianto normativo, prevedeva che: “per gli immobili ad uso abitativo acquistati dai conduttori e appartenenti alle categorie catastali A2, A3, A4 e A5, il prezzo degli alloggi è costituito dal valore che risulta applicando un moltiplicatore 100 alle rendite catastali”; era in ogni caso in facoltà dell’acquirente richiedere all’Ufficio Tecnico Erariale (UTE) la determinazione del prezzo, che tenesse conto anche della valutazione di mercato e, solo in questo caso, il prezzo determinato dall’UTE si intendeva come definitivo. La stessa facoltà era riconosciuta all’Ente qualora si fosse riscontrata “una notevole discordanza fra il valore di mercato dell’immobile da alienare e quello determinato moltiplicando la rendita catastale per 100”.

 Era quindi riconosciuta anche all’Ente previdenziale la facoltà di ricorrere all’UTE per la determinazione del prezzo di vendita sulla base del valore di mercato anche se la valutazione non era vincolante per l’inquilino. Era invece vincolante il “diritto potestativo d’opzione”  riconosciuto ai conduttori.

Si avvia così un processo di dismissione rilevantissimo nel settore immobiliare che mobiliterà negli anni successivi la cupola d’affari d’Imprese immobiliari, Finanziarie e Banche, nella tessitura di connivenze con il potere pubblico per pianificare, attraverso aggiustamenti legislativi e ministeriali, una trama affaristica e mettere le mani sul patrimonio immobiliare pubblico.

Vediamo come.

 

 

Disciplina di vendita delle Amministrazioni Pubbliche

 

Con la Finanziaria del 1997(5) si stabiliva di procedere alla dismissione del patrimonio dello Stato, determinando il prezzo di vendita degli alloggi sul valore di mercato, prendendo a riferimento il prezzo di mercato degli alloggi liberi diminuito del 30 % .

Il legislatore, nel fissare questo nuovo parametro, aveva deciso di applicarlo a tutte le Amministrazioni pubbliche, che non avevano finalità di edilizia residenziale pubblica, alla CONSAP (Concessionaria servizi assicurativi pubblici Spa), alle società a prevalente partecipazione pubblica, alle società privatizzate o società da queste controllate (vedasi l’INA).

L’intento era solo di estendere il novero dei Soggetti Pubblici interessati alle dismissioni immobiliari e non certo di modificare la disciplina precedente; infatti non vi è alcun richiamo specifico alla precedente normativa.

La norma era finalizzata a disciplinare, in maniera organica e funzionale, la dismissione dei singoli cespiti immobiliari territorialmente distribuiti per le esigenze organizzative e finanziarie dello Stato in particolare delle Forze Armate.

I criteri e le modalità scelti sono completamente diversi da quelli precedenti. Le Amministrazioni pubbliche non restano, infatti, soggette alle precedenti disposizioni ed è loro riconosciuta la facoltà di procedere alla vendita diretta agli inquilini a diverse condizioni:

Il prezzo di vendita deve essere quello di mercato degli alloggi liberi, ridotto del 30%; gli inquilini non possono usufruire di mutui a tassi agevolati. I titolari dei contratti di locazione ed i loro familiari conviventi possono esercitare il diritto di prelazione, ma solo individualmente; i conduttori ultrasessantacinquenni non possono esercitare il diritto di prelazione sul solo usufrutto. Gli inquilini, che non intendessero acquistare l’alloggio condotto in locazione, possono contare su rinnovi contrattuali di quattro anni (e non di nove).

Si tratta pertanto di un regime totalmente diverso da quello previsto per gli Enti Previdenziali Pubblici. Nonostante ciò, si è deciso di non applicare il criterio basato sulla rendita catastale per le vendite degli enti previdenziali ma si è dato il via alle vendite con due circolari dell'agosto 1999 (14) e (15) prendendo a riferimento il valore di mercato ridotto del 30%.

Successivamente lo stesso Ministro Salvi, con circolare (19) avente ad oggetto “Principi e modalità di attuazione della vendita in blocco frazionata nei piani di dismissioni ordinari”, chiariva in modo inequivocabile e definitivo non solo l’esistenza di un diritto di opzione in favore degli inquilini, ma  anche un nuovo criterio di determinazione dei prezzi, introducendo, per la prima volta, ulteriori sconti (dal 10% al 15%) in caso di acquisto in blocco con mandato collettivo dell’intero complesso posto in vendita.

 

 

 

Lo scandalo di affittopoli (ci risiamo )

 

Il governo D’Alema (1999-2000) dà il via anche al Programma Straordinario di Cessione PSC che, come abbiamo visto, prevedeva la vendita mediante gara di interi edifici di proprietà degli Enti per “un ammontare di almeno 3.000 miliardi di lire”.

Entrano in gioco gli interessi affaristici e a maggio del 2000, per lo svolgimento delle articolate ed impegnative attività, viene selezionato come advisor il Consorzio G6, comprendente i due leader italiani nei rispettivi segmenti dei servizi immobiliari, Pirelli Real Estate Spa e Romeo Spa.

Contemporaneamente, monta una campagna di stampa (sono in prima linea due quotidiani: il “Sole-24 ore” e il “Giornale” di Feltri) con denunzie di abusi delle Amministrazioni nella scelta degli inquilini e di irregolarità nella determinazione dei canoni di locazione, favoritismi dai quali poi deriverebbero veri e propri privilegi  per gli inquilini  “VIP” (data l’opzione all’acquisto delle case) tra l’altro  oggetto  di una  “svendita” incontrollata.

Ci risiamo, si batte  di nuovo la grancassa su ”Affittopoli”, scandalo scoppiato nella calda estate del 1995, quando i giornali sguinzagliarono giovani giornalisti esordienti assetati di fama per le strade e le piazze romane in una agguerrita caccia al tesoro: bisognava scoprire e sbattere in prima pagina i nomi dei politici eccellenti che vivevano in affitto nei palazzi degli Enti nello scandalo dei cosiddetti “affitti d’oro”. Alla fine il risultato ufficiale è il seguente: “la squadra guidata dal tandem D’Alema-Veltroni supera con largo margine quella capitanata dal terzetto Casini-Mastella-Tatarella” (Repubblica 11 settembre 1995).

La campagna di stampa riaccesa nel 1999-2000,  probabilmente parte dalle manovre per ostacolare le vendite agli inquilini, provoca in sostanza sospetti, ritarda le decisioni negli ambienti del Ministero e degli Enti, alza un polverone. Sfogliando le pagine dei giornali dell’epoca si possono leggere i nomi degli inquilini con l’importo del relativo canone di affitto. Figurano nomi di Parlamentari e di Politici, Sindacalisti, Magistrati e Giornalisti, Burocrati dello Stato e di Grandi Aziende Pubbliche, ecc. che hanno beneficiato dell’equo canone, disciplina alla quale gli enti pubblici non potevano certamente sottrarsi e che è stata applicata a tutti gli inquilini. Vi è molto qualunquismo e curiosità scandalistica, specie a Roma. Non esistendo leggi o disposizioni ministeriali circa la gestione patrimoniale degli enti, i Presidenti e i Direttori Generali avevano avuto libertà di scelta degli inquilini, nel rispetto di criteri per la determinazione del canone valevoli per tutti.

I VIP attaccati dalla stampa, al pari degli altri, potevano esercitare l’opzione legale all’acquisto della casa ed essi erano un numero irrilevante. Nell’opinione pubblica sono rimasti “vip” anche le decine di migliaia di pensionati e di lavoratori che da decenni alloggiavano nelle case degli Enti previdenziali.

Con la Finanziaria del 2000 (7), forse per placare lo scandalo Affittopoli e per evitare che montasse anche la campagna Svendopoli (arrivata poi inevitabilmente nel 2007), è stata introdotta la norma, con consenso univoco tra le forze politiche, con la quale si stabilisce che gli immobili considerati di pregio sono offerti agli inquilini ad un prezzo di vendita pari al prezzo di mercato degli alloggi liberi (cioè senza sconto). Diventano in ogni caso di pregio gli immobili che si trovano in zone della città nelle quali il valore medio di mercato degli immobili è superiore del 70 per cento rispetto al valore medio rilevato nell’intero territorio comunale.

Era palese la disparità di trattamento tra legittimi locatari in condizioni soggettive identiche. Il pregio dell’immobile logicamente incide già sul suo valore di mercato, ma non può certo comportare l’abrogazione dell’abbattimento del 30% sul prezzo di vendita. Tale abbattimento è praticato come criterio in tutte le vendite di alloggi occupati. Il Ministro del Lavoro Salvi, con la circolare del 27 gennaio 2000 recepisce immediatamente questa disposizione stabilendo il “valore soglia”, valore cioè al di sopra del quale l’immobile si sarebbe considerato di pregio, in 3.500.000 e poi di circa 4.000.000 di lire.

Bisogna, poi, tornare a quel fatidico question time alla Camera del 24 gennaio 2001. Il governo Amato è ormai agli sgoccioli, ma questo non impedisce l’avvio delle procedure di vendita degli immobili degli enti previdenziali e dei Comuni. Il deputato di Forza Italia, Marco Taradash, presentò un’interrogazione a risposta immediata al ministro del Lavoro, Cesare Salvi per sapere se non sia «opportuno verificare che le operazioni di dismissione non finiscano per determinare l’alienazione di immobili di pregio a prezzi ben lontani dal loro valore di mercato». Anzi, nell’intervento in assemblea Taradash fu ancora più esplicito «Si è scoperto, grazie ad un’inchiesta dell’Espresso, che l’Ufficio del territorio delle Finanze (l’attuale Agenzia del demanio) ha fatto in modo di attribuire agli immobili attualmente affittati a esponenti del mondo politico, della magistratura, del giornalismo, prezzi al di sotto di quelli di mercato per cui non risultano immobili di pregio.

 Si sta andando verso “Acquistopoli”», disse il deputato.
Il Ministro Cesare Salvi, rispose in Parlamento che non vi era il rischio che «Affittopoli» potesse trasformarsi in «Svendopoli» in quanto già aveva bloccato la vendita degli immobili di pregio per evitare privilegi. Taradash replicò rilevando come fossero già sorti contrasti sui criteri di valutazione tra Ufficio tecnico erariale e Osservatorio. «Vi è un’enorme disparità tra prezzi di mercato reali e prezzi che vengono segnalati come valore di quelle abitazioni in cui risiedono segretari di partito ed esponenti politici al 99% del centrosinistra», concluse.

Tutto passò in cavalleria.

Nel giro di soli 90 giorni dall’inizio della nuova legislatura, il secondo Governo Berlusconi che ha la maggioranza di centro-destra in Parlamento emana la normativa che, di fatto, espropria gli Enti Previdenziali dei loro beni immobili. Il testo sembra scritto a più mani da rappresentanti delle vecchie e nuove cordate finanziarie, delle Banche, delle Immobiliari, riunitisi presso il Ministero dell’Economia nelle afose giornate romane di luglio e agosto del 2001 per varare il Decreto Legge di settembre ed abbozzarne i provvedimenti di attuazione.   

Nella relazione tecnica che accompagna il Decreto Legge sono accusati genericamente gli Enti del ritardo nella dismissione dei beni immobili. Bisogna soltanto accelerare! In ogni modo, non si deve scomodare nessuno.

 Farà tutto il prof. Giulio Tremonti, utilizzando e amplificando quella che fu definita la “finanza creativa”.

Peraltro, è già tutto pronto!

 

 

 

L’ingiustificata esclusione

Con il Decreto Legge del 2001 (8)  convertito in Legge (9), sono riscritte le modalità per l’alienazione del patrimonio immobiliare degli Enti Previdenziali Pubblici. E’  stabilito che il prezzo di vendita deve essere quello di mercato degli immobili liberi diminuito del 30%.

La ratio della norma trae origine dalla regola del mercato secondo la quale il prezzo di una casa occupata è inferiore rispetto a quello della stessa casa libera e pertanto la riduzione del prezzo di vendita, praticata per le dismissioni di tutti i patrimoni immobiliari pubblici non costituisce uno sconto agli inquilini! Non si comprende quindi per quale arcano motivo gli immobili classificati di pregio (occupati) siano stati sottratti alla regola generale della riduzione di prezzo di vendita, visto che comunque del loro maggior valore si è tenuto conto nella valutazione (certamente più alta rispetto agli altri).

Insomma, se un immobile si trova in centro o in una zona ad alto valore, la sua valutazione sarà più alta di un immobile in periferia. Non si capisce, allora, perché gli inquilini dovrebbero avere trattamenti così diversi. Ad alcuni sono applicati gli sconti e ad altri no anche se gli immobili sono entrambi locati. Perché la legge non è stata uguale per tutti? Semplice, tutti erano suggestionati e scottati da affittopoli e non si voleva dare assolutamente l’impressione di voler passare ad acquistopoli; ecco perché il Ministero ha mantenuto ed ampliato i criteri per l’individuazione degli immobili di pregio.

Non esiste alcuna ragione che giustifichi un'evidente disparità di trattamento tra gli inquilini, tutti egualmente titolari di opzione legale nell’ambito dello stesso processo di dismissione immobiliare degli Enti Previdenziali Pubblici e della stessa operazione finanziaria di cartolarizzazione.

E’ come se un tale sale su un treno per la tratta Napoli - Roma, munito di biglietto di seconda classe. Dopo essersi accomodato nello scompartimento indicato sul titolo di viaggio e mentre il treno è in corsa, si sente richiedere dal controllore la differenza di prezzo come se stesse viaggiando in prima classe. La spiegazione che riceve è che nel frattempo lo scompartimento è diventato di pregio!

Nei ricorsi ai T.A.R. presentati per l’annullamento dei decreti individuativi del pregio si chiede, in primo luogo, ai Tribunali di sollevare il giudizio di legittimità costituzionale della Legge del 2001, per violazione del principio di eguaglianza, considerando che l’abolizione della riduzione sul prezzo di vendita è intervenuta quando le dismissioni immobiliari erano già in corso in base al Decreto Legislativo del 1996 direttamente da parte degli Enti.

Alla data di emanazione del decreto legge del 2001 erano circa 27.000 le case già vendute oppure formalmente offerte in opzione agli inquilini e, in tale secondo caso, il procedimento di vendita è andato avanti con Scip alle condizioni stabilite nell’offerta. La disparità di trattamento a danno degli inquilini degli immobili di pregio permane, dunque, non soltanto rispetto agli oltre 50.000 inquilini della SCIP 2 ai quali vengono riconosciute le riduzioni di legge, ma anche rispetto ai 27.000 inquilini della SCIP 1.

Tutti, compresi molti Vip citati dai giornali e specialmente a Roma hanno acquistato con la riduzione di legge del 30% e molti di loro, abitanti in zone centrali delle città, non sono stati interessati dalla irragionevole norma dettata per il pregio. In molti casi si tratta di immobili distanti pochi metri da quelli poi individuati di pregio, esclusi dalla qualifica  per il solo fatto di ritrovarsi al di sotto del valore soglia passato miracolosamente a 3.750 euro, creando un’ulteriore evidente disparità di trattamento che ha visto restringere sostanzialmente il criterio di individuazione del pregio a quello del centro storico delle città.

Si è quindi ridotto moltissimo il numero effettivo di immobili che sono poi stati individuati di pregio e si è finito per favorire proprio i VIP che abitavano nei palazzi romani piuttosto che i comuni inquilini di altre città. Basti pensare che a Napoli quasi tutta la città è considerata centro storico e pertanto, indipendentemente dalla valutazione e dalle caratteristiche costruttive, gli immobili sono quasi tutti di pregio anche se a colpo d’occhio molto più scadenti di quelli romani qualificati non di pregio.

Le eccezioni di legittimità costituzionale sollevate nei ricorsi innanzi ai Tar non affrontano cavilli giuridici bensì questioni sostanziali di giustizia e di violazione di diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione. Per questo – indipendentemente dalla rimessione all’Alta Corte per il giudizio di legittimità sull’irragionevolezza della norma – la riparazione dell’iniquo trattamento subito dagli inquilini degli immobili qualificati di pregio deve essere trovata o attraverso una modificazione delle legge del 2001, come  proposto con le iniziative legislative presentate nel 2006, nel 2007 e nel 2010 oppure con una soluzione di tipo transattivo di tutto il contenzioso.

L’ostinata e perdurante esclusione di una minoranza di inquilini dagli sconti di legge prevista per tutti gli altri inquilini, sembra essere stata pianificata nel 2001 all’interno di quella strategia affaristica che mirava ad impossessarsi degli immobili situati nei centri urbani ed occupati per la maggior parte da inquilini anziani per consegnarli poi, semmai liberi, alla piccola o grande speculazione immobiliare privata.

 

Casa nostra (da affittopoli a svendopoli)

 

  A settembre 2007 alcuni quotidiani, in prima fila ci sono come al solito “Libero” e “Il giornale”, fanno a gara nel pubblicare articoli che occupano intere prime pagine su presunti affari immobiliari messi a segno da politici e personaggi eccellenti.

Il tutto parte da un’inchiesta del settimanale l’Espresso dal titolo “Casa nostra”, venduto in edicola mettendo in copertina i sorridenti mezzi busti di noti politici e sindacalisti affacciati alle finestrelle di un lussuoso palazzo romano. Il settimanale, afferma che ai potenti e agli amici degli amici sono stati svenduti alloggi in zone centrali della città di Roma dove oggi i prezzi di mercato sono da capogiro. “Sono potenti che hanno pagato troppo poco ieri per l'affitto e troppo poco oggi per l'acquisto” si afferma.

Nel calderone però ci finiscono tutti (a prescindere dal partito di appartenenza) e tutti avrebbero approfittato e messo a segno affari d’oro. Il trattamento di favore diventa un'offesa insopportabile tanto da coniare il termine "Svendopoli". Infatti ogni scandalo in Italia che si rispetti deve necessariamente finire con “opoli” per non perdere il legame con l’inchiesta del secolo scorso “Tangentopoli”. Ed ecco perché il titolo Scippopoli.

Quello che deve risaltare sono i nomi dei politici affacciati alle finestrelle e non importa se abbiano acquistato dall’Ina, dalle Generali, dalla Scip, dalla Pirelli o da altre società private, l’importate è che sia un politico o un personaggio eccellente per dimostrare che i presunti privilegi per i potenti diventano eterni. Vengono citati, come per il precedente scandalo di affittopoli, pochi casi di acquisti immobiliari messi a segno da inquilini eccellenti “Vip” su un patrimonio complessivo in vendita che supera le 100.000 unità provenienti da Assicurazioni come Ina e Generali e da Enti Previdenziali come Inps, Inail, Inpdai e Inpdap. La musica rispetto al primo scandalo non cambia: case agli amici degli amici, condominio furbetti, la Casta ha casa, da affittopoli a svendopoli ecc. ecc….

Anche stavolta la gara tra i giornalisti è tra chi riesce a piazzare più nomi eccellenti in prima pagina. Ma dov’è lo scandalo? E’ sempre la stessa storia. Un modo per riempire le copertine dei giornali senza assolutamente approfondire alla radice le cause. Si parla solo di politici, sindacalisti, magistrati, giornalisti e persone influenti, la Casta insomma, e non la maggioranza di persone normali (ex dipendenti e pensionati) che conducono da decenni in locazione le case appartenenti agli Enti. Questi comuni mortali non fanno notizia e nessuno parla della scandalosa ed evidente disparità di trattamento tra chi ha potuto comprare a certe condizioni e chi no, appartamenti che circa quaranta anni fa venivano dati  esclusivamente ai dipendenti dei predetti Enti o a persone con redditi bassi e privi di alloggio. Ma questi non fanno notizia.

Detto questo, i potenti - come tutti gli altri inquilini - hanno esercitato un “diritto” che non proviene da nessun favore o regalo ma da un preciso anche se complicato ed iniquo impianto di leggi. Se poi, qualcuno sia entrato in questi alloggi abusivamente o con procedure non trasparenti o siano state commesse irregolarità da parte dell’Agenzia del Territorio nel valutare gli immobili per abbassarne la valutazione di mercato, dovrebbe essere compito della magistratura indagare.

Sta di fatto che tutti gli inquilini hanno esercitato il diritto di opzione all’acquisto previsto dalla legge. Se una norma di legge imponeva agli Enti di dismettere  il patrimonio entro cinque anni, cioè entro il 2001, e contemporaneamente fissava il criterio di determinazione del prezzo di vendita delle singole unità immobiliari, l’inquilino non può certo essere penalizzato per l’inerzia, l’inefficienza e la mala gestio, della Pubblica Amministrazione che a distanza di 14 anni non è stata capace di chiamarlo a rogitare l’atto di compravendita del suo appartamento.

  

 

Quanti sono gli immobili di pregio?

Per anni il Sottosegretario all’Economia ha sostenuto che le unità di pregio costituivano il 10% degli immobili in vendita, mai fornendo dati ed elenchi precisi.

Ha dichiarato come non si potesse applicare l’abbattimento sul prezzo di vendita anche per questa categoria di immobili perché il mancato introito avrebbe comportato un enorme onere finanziario. In sostanza non si è mai detto quante unità immobiliari facevano parte degli stabili individuati di pregio dai decreti ministeriali e quante di queste erano le unità libere, occupate, residenziali e  commerciali.

Nella relazione al Parlamento relativa al secondo semestre 2006, si leggeva:“in relazione agli immobili di pregio, sono stati alienati 638 immobili per un controvalore di circa 162 milioni di euro; per contro, restano da alienare 2.186 unità di pregio, per un controvalore di circa 550 milioni di euro”. Invece, nella relazione al Parlamento del primo semestre 2007, apparsa solo nel mese di novembre, si legge: “a maggio 2007, le unità principali individuate di pregio risultano essere pari a 5.817 di cui 950 commerciali per un valore complessivo pari a 1.643,5 milioni di euro. Detto totale comprende anche i nove immobili (cielo terra) individuati dal decreto di pregio emanato nel mese di aprile 2007. Gli immobili di pregio venduti sono 1.544 per un corrispettivo pari a 454,4 milioni di euro, più 37 (vendita solo usufrutto) per un corrispettivo pari a 5,5 milioni di euro, per un totale di incasso pari a 460 milioni di euro. Le unità immobiliari invendute pertanto risultano 3.909 (compresi ovviamente i cespiti individuati dall’ultimo decreto emanato lo scorso mese di aprile), per un valore complessivo di euro 1.035.586.276”.

Com’è possibile che nell’arco di sei mesi gli immobili di pregio siano passati da 2.824 a ben 5.817? Da dove sbucano fuori altre 3.000 unità immobiliari di pregio in più nell'arco di 6 mesi?

Difficile credere che i 9 immobili individuati di pregio con l'ultimo decreto del 13 aprile 2007 siano composti da 3.000 unità immobiliari.  

I resoconti trimestrali relativi all’andamento del lavoro di stima - svolto per le singole unità immobiliari lungo il triennio 2003-2005 dall’Agenzia del Territorio -  con il quale sono state anche individuate progressivamente le unità di pregio segnalano  il numero raggiunto di 2.824 unità.

Invece, il 27 dicembre 2002 nelle relazioni rivolte alle Agenzie di Rating, il Ministero dell'Economia disse che le unità di pregio erano 2.481.

I dati diversi forniti dal Ministero dell’Economia e delle Finanze a distanza di pochi mesi la dice lunga su come sono state gestite le operazioni di individuazione e di vendita di questi immobili. Nei report agli investitori non c’è traccia di rendiconto su questa particolare categoria di cespiti che, si disse, erano quelli da vendere senza sconti. Non si sa nemmeno quanti di quelli rimasti in portafoglio da vendere,  siano liberi e quanti locati. Ma quali saranno, per questi immobili, i tempi di realizzo in termini monetari?

Con riferimento ai ricorsi al TAR pendenti al 31 dicembre 2006, si sa solo che le istanze collettive presentate sono 181 (in pratica riguardano tutti i palazzi che sono stati individuati di pregio) e quasi tutti sono in fase di definizione, tanto che innanzi al Consiglio di Stato pendono soltanto15 ricorsi, ancora in fase di istruttoria.

Le tempistiche di completamento dei giudizi sono legate ai pronunciamenti in via definitiva e saranno molto lunghi visti i tempi della giustizia amministrativa. Si può presumere che tutte le unità ancora da vendere siano interessate da ricorsi al Tar.

Quante, delle unità immobiliari da vendere sono poi interessate da cause civili instaurate presso i vari Tribunali d’Italia?

In realtà quanti sono gli immobili di pregio?

Nella relazione al Parlamento del secondo semestre 2008 si legge: Per quanto riguarda il pacchetto degli immobili qualificati di pregio, compresi quelli individuati nell’ultimo provvedimento emanato (aprile 2007), le vendite complessive dall'inizio dell'operazione, fino alla  data del 31 dicembre 2008, sono state pari a euro 518.247.231  derivante dall’alienazione di 2.026 unità principali. Alla medesima data restano invendute 1.962 unità principali qualificate di pregio per un controvalore di 628.533.948.

La maglia nera nella classifica delle vendite spetta all’INPS che, in forte ritardo rispetto agli altri Enti nonostante si sia avvalsa della Romeo immobiliare si è rifiutato di  mandare le lettere d’offerta in agli inquilini se prima questi non rinunciavano alle cause sia civili che amministrative. Atteggiamento in netto contrasto con quanto accaduto invece per l’Inail, il quale ha mandato le lettere a tutti gli inquilini e poi, a chi voleva acquistare, ha inserito nei contratti di compravendita clausole di salvaguardia tali da obbligarsi alla restituzione del maggior prezzo eventualmente corrisposto in relazione all’esito delle vertenze.

Sta di fatto che nell'ultima relazione al parlamento presentata, relativa al 1° semestre 2009, non c'è traccia di dati sugli immobili di pregio invenduti al 28 febbraio 2009, nè in termini di quantità nè in termini di valore e ubicazione.

 

 

Sopraffazioni e disparità di trattamento

 “Il Governo Berlusconi è stato sempre tenacemente contrario alla soluzione della questione degli immobili di pregio, contraddistinta da angherie e disuguaglianze tra gli inquilini. Basti ricordare:

 Il mancato rispetto della risoluzione parlamentare del 20 aprile 2004 approvata anche da molti deputati del centro destra, che impegnava il Governo all’eliminazione delle disparità, e gli ostacoli posti dal Sottosegretario all’Economia Armosino alla discussione conclusiva del  disegno di legge 5478/2004 abbandonato dopo l’esame in nove sedute della Commissione  Finanze. 

  Il silenzio dopo la relazione del Tesoro del 2005, nella quale è stato sottolineato come “le ricadute positive da una sanatoria che faciliti la dismissione di tutti gli immobili di pregio non alterano minimamente i piani finanziari della dismissione ed evitano  l’insorgere di ulteriori contenziosi dagli esiti incerti”.

  Le amene e ripetute dichiarazioni di Armosino circa il fatto che “sarebbe più interessante per i contribuenti ritirare gli immobili dal mercato, senza troppo preoccuparsi degli inquilini che risultano amici degli amici, vicini al potere di gestione degli enti”.

  La mancata trasparenza di tutto il lavoro di individuazione del pregio e dell’inserimento degli stabili nei decreti ministeriali, accompagnato da manovre di ogni genere presso gli uffici pubblici tanto da provocare anche l’indagine disposta a maggio 2006 dall’Alto Commissario per la lotta alla corruzione nella Pubblica Amministrazione.

   La caotica stima degli immobili fatta al momento in cui gli Enti l’hanno richiesta o quando l’Agenzia del Territorio l’ha notificata agli Enti, da cui è scaturito che, variando nel tempo il mercato e di conseguenza anche, semestralmente, la soglia di valutazione al di sopra o al di sotto della quale l’immobile veniva considerato di pregio o non di pregio, la qualificazione è derivata soltanto dal momento scelto dall’Ente o dal momento scelto dell’Agenzia del Territorio per la risposta contenente la valutazione.

Disparità di trattamento s’è verificata così a Roma nel quartiere Flaminio tra inquilini di case vicine qualificate di pregio perché valutate nel 2005 ( ad es. Via del Vignola 88 e 111 ed in Via Signorelli 8) ed altri di case stimate non di pregio perché valutate nel 2003, vendute con gli abbattimenti del prezzo di vendita (Via Flaminia 443/a, Via del Perugino 3 e 4, via Andrea Sacchi 3 e 4, via Giulio Romano 38, via Allegri da Correggio 3, Via Costabella 26, Lungotevere della Vittoria 10/b, Via Ortigara 3/b e Viale Carso 67).  

Disparità di trattamento s’è verificata addirittura tra inquilini dello stesso stabile, ad es. a Napoli, Piazza Medaglie d’oro 35, ove la procedura di vendita da parte dell’Inps iniziata a gennaio 2000 con 24 inquilini di una scala è stata sospesa e, una volta trasferito alla SCIP e qualificato di pregio l’immobile, si pretende di vendere i restanti 78 alloggi  dello stesso stabile al prezzo corrente di mercato, triplicato.

Disparità di trattamento tra gli inquilini dello stesso Ente, come è avvenuto, ad es. a Napoli, dove gli inquilini dell’Inail di Via Cavone a Piedigrotta, 10 (palazzo certamente di pregio e in pieno centro storico) hanno acquistato dalla Scip nel 2002 ai prezzi del 2001 con tutti gli sconti mentre gli inquilini di altri sei immobili Inail di Napoli, qualificati di pregio, sono impegnati in un lungo contenzioso continuando a pagare l’affitto nonostante abbiano anch’essi opzionato i relativi appartamenti dal 2001.

Il  gravissimo episodio della sottrazione dell’ elenco di 25 immobili di Roma predisposto per  il Decreto Ministeriale 16/9/2004 individuativo del pregio. Oscura vicenda denunciata con interrogazione parlamentare e  mai smentita. Quando  nel 2005 è stato emesso un altro decreto, sono risultati già venduti con la riduzione del 30 % sui prezzi di mercato del 2001 gli immobili qualificati di pregio di Via Valenziani 12 e 16, di Via Raffaele Cadorna 13, Via Piemonte 53.

La vera sopraffazione fatta, ad es. nei confronti degli inquilini di cinque stabili di Roma, in Via Crescenzio 9 e 17/a,  Piazza Cavour 10,  Piazza Adriana 8 e 10. Si tratta di “immobili ubicati in zone non pregiate”, come ha dichiarato il Sottosegretario di Stato Armosino nel 2005 in Commissione Finanze,  che non sono stati mai oggetto di contenzioso, eppure gli inquilini sono stati mantenuti in angoscia per anni e, soltanto dopo interrogazioni parlamentari sull’anomalo ritardo (tra l’altro mai chiarito) hanno potuto acquistare gli alloggi a gennaio 2006 al prezzo di mercato del 2001 ridotto del 30 % come case occupate non di pregio.

 Il sopruso persistente nei confronti degli inquilini dello stabile di Viale Parioli 47/A di Roma, inserito nel 2005 tra quelli di pregio, che determina una diseguaglianza di trattamento con i vicini di Piazza della Rimembranza 11 e di Via Domenico Chelini 20.  Gli inquilini pur avendo esercitato nel 1999 e nel 2001 l’opzione di acquisto - sono stati costretti ad un contenzioso giudiziario per ottenere ragione  nel 2006 dal Tribunale Civile di Roma..

 L’odiosa ritorsione attuata con il ritiro dalle vendite di due edifici di Roma, in via Nicola Salvi  e in via Colle Oppio,  ove gli inquilini hanno vinto il ricorso al T.A.R. per il Lazio, e in appello, al Consiglio di Stato con sentenze che annullano la qualificazione di pregio per i due immobili.

 Sul piano generale, poi, è insopportabile la disparità di  trattamento tra poco più d’un migliaio di inquilini degli immobili cosiddetti di pregio e gli altri 86.000 inquilini interessati dalla dismissione immobiliare degli enti, disparità scaturita da una normativa - chiaramente viziata da illegittimità costituzionale – attuata con caotiche procedure da parte del Ministero dell’Economia, dell’Agenzia del Territorio e degli Enti gestori.”

 

 

La bastonata

 

Durante la precedente legislatura il sottosegretario all’Economia Armosino, dichiarò:

“la questione degli immobili di pregio è stata molto dibattuta alla Camera dei Deputati anche a seguito delle numerose interrogazioni, ma – laddove si dovesse procedere all’abolizione del concetto di pregio – sarebbe più interessante per i contribuenti italiani ritirare gli immobili dal mercato, visto che gli inquilini sono, diciamo così, amici degli amici o coloro che sono più vicini alle capacità e possibilità gestionali degli enti”.

Forse il Sottosegretario aveva confuso i comuni inquilini degli immobili cosiddetti di pregio con gli “amici degli amici” ? Per questo aveva prima minacciato per ritorsione e poi attuato il ritiro dalle vendite delle case degli inquilini che stavano vincendo le cause?

Era miope o suggestionata dai diabolici suggeritori ministeriali e parastatali?

Fatto sta che, con un apposito articolo inserito nella finanziaria del 2006, due stabili di Roma, qualificati non di pregio con sentenze del Tar e del Consiglio di Stato, sono stati inauditamente sottratti dalle vendite. Ma, c’è un ma, gli illustri inquilini non ci stanno e si rivolgono nuovamente agli stessi Magistrati Amministrativi di appello, i quali, rimettono la questione alla Corte Costituzionale sulla specifica norma, ritenendo tra l’altro che:

 “a fronte dell’obbligo di alienare gli immobili applicando il prezzo previsto per gli immobili non di pregio, si è preferito ritirarli dalle procedure di vendita all’evidente fine di incidere sulla funzione giurisdizionale”;

“una legge che interviene in una procedura in corso da anni, in cui si è ingenerato un legittimo affidamento dei cittadini, dovrebbe fondarsi su gravi e ragionevoli esigenze, mentre la scelta del legislatore appare del tutto priva di ragionevolezza, oltre che palesemente arbitraria”.

La Corte Costituzionale a luglio 2007 ha completato la censura con un’illuminante bastonata, formalmente indirizzata al legislatore ma sostanzialmente rivolta al Tesoro e all’INPS, promotori dell’iniziativa, dichiarando che: “l’insussistenza del potere di revocare la proposta di alienazione, una volta che il consenso delle parti si sia perfezionato ed il prezzo di vendita sia stato determinato all’esito dei giudizi amministrativi” e affermando che “la finalità della norma appositamente inserita nella finanziaria del 2006 è stata quella di eludere l’esecuzione delle sentenze”;

 “la norma non  immune dalle censure di irragionevolezza ed arbitrarietà, ponendosi in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, va dichiarata costituzionalmente illegittima.”

    Una bastonata esemplare per il colpo di mano prepotentemente tentato dagli incauti amministratori !

 

 

 

La condanna della Corte dei Conti

 

   Con sentenza n. 2287/09 la Sezione Lazio della Corte dei Conti condanna per danno erariale la Dott.ssa Cannata e la Dott.ssa Mazzarocchi del Ministero dell’Economia e delle Finanze che hanno gestito le cartolarizzazioni immobiliari.

   Secondo i giudici contabili le due funzionarie del Ministero sono responsabili di aver causato un mancato incasso per lo Stato pari a 22 milioni di euro e per questo sono state condannate in primo grado a risarcire 150.000 euro ciascuna.

   Il fatto risale al periodo 2004-2005 quando gli stabili del bellissimo quartiere Sallustiano di Roma: Via Cadorna 13 e Via Valenziani 12 e 16, anch’essi cartolarizzati con l’operazione Scip 2, sono stati velocemente venduti dall’INPS (per conto della Scip S.r.l.), ai 102 fortunati inquilini a condizioni di favore: prezzi di mercato del 2001 scontati del 30% e dell’ulteriore sconto di blocco del 15%, senza che si fosse tenuto conto nella determinazione del prezzo di offerta nemmeno dei 4.508.000,00 euro che nel frattempo l’Inps aveva speso per ristrutturare a nuovo gli stabili di Via Valenziani.

    Insomma, gli inquilini hanno ottenuto un bel regalo: quelli di Via Cadorna da Babbo Natale, infatti hanno acquistato a dicembre 2004, e quelli di Via Valenziani dalla Befana avendo invece acquistato a gennaio 2005.

   I magistrati Contabili hanno addebitato la responsabilità alla Dott.ssa Mazzarocchi ed alla sua diretta superiore, Dott.ssa Cannata, del mancato inserimento degli immobili in questione nel decreto interministeriale pubblicato in G.U. n. 227 del 27 settembre 2004 che avrebbe dovuto, secondo quanto deliberato dall’Agenzia del Territorio, individuarli di pregio.

   Tutto questo perché, prima della firma del decreto da parte del sottosegretario Armosino, l’allegato contenete i dati identificativi dei suddetti immobili è scomparso per una serie di rimpalli che, secondo la tesi difensiva delle due funzionarie, sono avvenuti tra il Ministero e l’Agenzia del Territorio.

   Risulta davvero difficile credere che questi “regali” agli inquilini siano in effetti piovuti dal cielo per caso mentre è molto più facile ipotizzare una “regia” tra Ministero, Enti e Agenzia del Territorio diretta con grande abilità per favorire un pò di qua e un pò di là preferendo all'ultimo istante non pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale l’allegato contenente i suddetti immobili insieme ad altri immobili di pregio del quartiere Parioli come risulta anche dalle interrogazioni parlamentari dell’epoca.

   Il Ministro Tremonti ha subito affermato: “pensare che la dottoressa Cannata, che gestisce da nove anni il debito pubblico con grande efficienza e competenza internazionalmente riconosciute, abbia omesso un'attività di vigilanza mi sembra oggettivamente un po' difficile”.

   Resta il fatto che la mancata trasparenza di tutto il lavoro di individuazione degli immobili cosiddetti di pregio e dell’inserimento degli stabili nei decreti ministeriali, accompagnato da manovre di ogni genere presso gli uffici pubblici hanno provocato innumerevoli iniquità e disparità di trattamento tra gli inquilini alcuni dei quali ancora oggi combattono su più fronti battaglie giudiziare per vedersi riconosciuti i loro diritti avendo, da tutte queste manovre, ricevuto un danno ormai sempre più evidente.

  In questo caso una condanna, anche se di 1° grado, c'è stata bisognerà vedere ora se la Procura della Repubblica di Roma intenderà approfondire questioni anche di rilevanza penale emerse nel corso delle indagini sollevate dai magistrati contabili.

 

 

Il contenzioso in sede amministrativa

Il contenzioso esistente è stato promosso davanti ai T.A.R. e al Consiglio di Stato per l’annullamento delle cinque qualificazioni decretate dal Ministero dell’Economia tra il 2002 e il 2007. Si tratta di vertenze che comportano la costituzione in giudizio, per ogni ricorso, dell’Avvocatura Generale dello Stato, dell’Avvocatura degli Enti gestori ex proprietari e della S.c.i.p. S.r.l., novella proprietaria.

Per la stragrande maggioranza dei ricorsi non vi è stata ancora alcuna decisione e il TAR per il Lazio che, per legge, ha la competenza a trattare i ricorsi avverso i decreti ministeriali deve ancora pronunciarsi. I motivi d’impugnativa vanno dalla violazione del giusto procedimento al difetto d’istruttoria nell’identificazione come di pregio dell’immobile indicato nel decreto.

Gli Enti, tra l’altro, non sono in grado di dimostrare come la determinazione del prezzo di vendita sia derivata dal “riferimento ai prezzi effettivi di compravendite di immobili e unità immobiliari aventi caratteristiche analoghe”, norma procedimentale  prevista nella legge del 2001, per cui esiste contenzioso anche su questo aspetto particolare.

Il T.A.R. per il Lazio, in una delle sue prime sentenze del 14 luglio 2004, non ha ritenuto accettabile la relazione di stima dell’Agenzia del Territorio in cui si afferma “di aver effettuato la valutazione  dell’immobile  basata  sul  confronto con immobili simili di prezzo noto senza indicare gli immobili omogenei posti a base della valutazione e di aver ricavato il valore da non meglio precisate pubblicazioni, riviste specializzate e indagini di mercato esperite in zona”. Da qui il difetto di motivazione nell’atto amministrativo rilevato dal TAR ai fini dell’accoglimento del ricorso degli inquilini e del conseguente annullamento del decreto individuativo impugnato.

Nella stessa sentenza il T.A.R. del Lazio, con una motivazione che è apparsa subito assumere criterio generale per tanti altri ricorsi non ancora istruiti, ha ritenuto fondati i motivi della violazione del giusto procedimento e del difetto di istruttoria là dove non è stata effettuata l’istruttoria per ogni singolo immobile, per verificare se, pur trovandosi nel centro storico, esso avesse caratteristiche tali da sottrarlo alla qualificazione di pregio.

La mancata trattazione da parte del Tar per il Lazio dei tanti altri ricorsi, oltre a poter essere giustificata dall’ingente carico di lavoro arretrato, lascia supporre che presso la Magistratura Amministrativa vi sia una ragionata attesa di provvedimenti legislativi che possano radicalmente incidere sull’eliminazione del rilevante contenzioso.

Rispondendo all’interrogazione del Sen. Benvenuto (29), il Vice-Ministro Pinza dice testualmente:

l'Amministrazione sta monitorando i contenziosi sugli immobili di pregio, che in buona parte si stanno risolvendo, dal momento che i conduttori, prima della decisione definitiva, preferiscono ritirare i ricorsi ed acquistare l'immobile, oppure i ricorsi stessi vengono respinti. Tuttavia, evidenzia la presenza di procedimenti in fase di appello per i quali non è prevedibile né l'esito né tanto meno il tempo di definizione”.

Il Vice-Ministro afferma quindi che i conduttori degli immobili di pregio, prima della decisione definitiva del contenzioso, preferiscono ritirare i ricorsi ed acquistare l'immobile ed, inoltre, afferma che i ricorsi stessi vengono respinti.

Affermazione, la prima, che riguarda poche unità immobiliari di alcuni Enti dove, in quasi tutti gli atti di compravendita stipulati, sono state inserite clausole in cui viene precisato che l’acquisto è effettuato con riserva di ripetere l’indebito cioè “fatto salvo il diritto alla restituzione del maggior prezzo corrisposto, conseguente all’eventuale esito favorevole del ricorso proposto”.

Questa clausola giustamente inserita nei contratti di compravendita ha favorito la vendita di alcuni immobili, ma ciò non significa affatto che gli inquilini abbiano rinunciato all’esito favorevole del giudizio.

Per quanta riguarda la seconda affermazione, essa è destituita di fondamento!

Il contenzioso infatti è aumentato e circa 600 famiglie hanno promosso anche cause civili per vedersi riconoscere, come tutti gli altri inquilini di immobili in dismissione, il diritto all’acquisto alle condizioni esistenti prima dell’entrata in vigore della legge del 2001 (9).

 

 

Il contenzioso in sede ordinaria

Oltre al contenzioso in sede amministrativa si è ampliato anche il fronte del contenzioso civile presso i Tribunali di varie città d’Italia. Sono stati presentati dagli oltre 600 ricorrenti atti di citazione collettivi al fine di veder pronunciare una sentenza ex art. 2932 c.c., che produca gli effetti del contratto di compravendita dei rispettivi immobili.

La maggior parte delle cause è patrocinata dall’Avv. Giovanni Salvati di Milano e si basano sui seguenti presupposti.

Ai conduttori dei nove Enti Previdenziali è stato riconosciuto “un diritto potestativo di opzione”,  in base al quale l’immobile opzionato si deve considerare “acquistato” nel momento stesso in cui il conduttore manifesta  la sua volontà di acquisto.

Il conduttore non deve attendere eventuali comunicazioni da parte dell’Ente, perché l’esercizio del diritto di opzione è sancito per legge, come è stato ribadito, dall’allora Ministro Salvi, con la Circolare (19), dalla legge finanziaria del 2004 e dal successivo decreto legge (11), oltre che da diverse  pronunce giurisprudenziali.

Il ricorso alla Magistratura Ordinaria, basato sul presupposto che la proposta di vendita è contenuta nella legge stessa e costituisce effetto immediato e diretto del vincolo alla dismissione, mira al riconoscimento della conclusione dei contratti di compravendita alla data di manifestazione della volontà di acquisto, con la conseguente applicazione delle stesse condizioni praticate a tutti gli altri inquilini di immobili non classificati di pregio.

Il presupposto è che l’inquilino abbia manifestato la volontà di acquistare il proprio appartamento inviando all’Ente, originario proprietario, una raccomandata entro il 31 ottobre del 2001, cioè prima dell’entrata in vigore della legge (9).

D’altra parte il Governo stesso, con il Decreto Legge del 2004 (11), ha confermato che con l’esercizio dell’opzione da parte del conduttore il prezzo rimane fissato alla data della manifestazione della volontà dell’acquisto ed ha sancito, conseguentemente, l’obbligo da parte degli Enti Previdenziali a restituire le somme indebitamente versate in relazione al maggior prezzo eventualmente pagato per le vendite già concluse.

Gli inquilini degli immobili di pregio i quali entro il 31 ottobre 2001 abbiano confermato di voler acquistare il proprio appartamento, esercitando il diritto di opzione loro riconosciuto per legge, hanno il diritto, come tutti gli altri inquilini, a tutti gli sconti sanciti per legge.

Inquadrare il diritto all’acquisto dell’immobile cartolarizzato nell’ambito della fattispecie a formazione progressiva caratterizzata dall’obbligo legale di contrarre, consente a chi ha subito una lesione della propria situazione giuridica di ricorrere alla tutela di cui all’art. 2932 c.c. e di ottenere una sentenza costitutiva degli effetti del contratto di compravendita non concluso.

In sostanza, si ricorre al giudice ordinario per ottenere il trasferimento dell’immobile al prezzo “normativamente stabilito” prima del 31 ottobre 2001.

Cerco di spiegarmi. Oggi, decido di acquistare un carico di petrolio, “opzionandolo” a 100 dollari il barile. Se la nave che sta trasportando il carico si “incaglia” e nel frattempo il prezzo del petrolio “raddoppia”, avrò o no diritto alla consegna del carico e a pagarlo 100 dollari al barile?

Lo stesso vale per l’appartamento.

Se viene regolarmente opzionato a certe condizioni e il proprietario ci impiega dieci anni per vendermelo, avrò sempre diritto all’acquisto alle condizioni vigenti e pattuite al momento dell’opzione.

Non rileva che i prezzi nel frattempo sono aumentati e che l’appartamento sia stato definito di pregio.

Le regole vanno rispettate e il contratto perfezionato alle condizioni pattuite come hanno confermato le più recenti sentenze emesse dal Tribunale Civile di Napoli (n.169-8359/2009, 2840-6396/2010), riconoscendo che “l’offerta di vendita irrevocabile ai sensi dell’art. 1329 c.c. è contenuta nelle norme stesse del D.Lgs. 104/1996 e costituisce effetto immediato e diretto del vincolo alla dismissione”, sancendo, a favore degli inquilini che hanno idoneamente manifestato in data anteriore al 31 ottobre 2001 la volontà di acquistare, che “il prezzo della compravendita è determinabile alla luce dei parametri stabiliti normativamente, cioè sulla base del valore della rendita catastale degli immobili moltiplicato cento”.

Di conseguenza, il Tribunale ha ritenuto che “la dichiarazione di acquisto abbia costituito accettazione della proposta” dichiarando “ avvenuto l’effetto traslativo in capo a ciascuno degli inquilini del diritto di proprietà degli immobili ex art. 2932 c.c. per il prezzo corrispondente al valore catastale moltiplicato per cento” e disponendo anche per il versamento del prezzo e per la trascrizione nei registri di pubblicità immobiliare.

Bisogna partire da questo orientamento giurisprudenziale civilistico, per ragionare intorno a soluzioni transattive ipotizzate dal Legislatore (12 bis) ed è quanto mai necessario - al fine di evitare ulteriori disparità di trattamento - che il Governo attraverso i Ministeri dell’Economia e del Welfare, assuma una iniziativa diretta a coordinare, se non proprio a disciplinare, l’avvio delle definizioni transattive del contenzioso, affidate dalla legge agli Enti proprietari.

 

 

Scippati e mazziati

 

A chi ha dato più fastidio l’esproprio degli immobili degli Enti Previdenziali?

, sicuramente agli Enti stessi, o meglio ai “boiardi di stato” che per anni hanno gestito l’enorme patrimonio immobiliare, fino a quando non è stato cartolarizzato dalla sera alla mattina.

Presidenti, direttori generali, funzionari e semplici impiegati, per anni hanno goduto dei benefici diretti ed indiretti derivanti dall’enorme potere di gestione di tutti gli immobili dei rispettivi Enti di appartenenza.

Prima il potere di assegnazione degli alloggi in locazione con criteri che, soprattutto negli anni precedenti alle vendite, sono stati sempre meno trasparenti, poi di disporre la manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili e tutto quello che ne deriva.

C’è chi ha fatto tutto in casa arruolando una schiera di ingegneri, geometri, avvocati e semplici impiegati e chi si è affidato a società esterne ma che, di fatto, poteva controllare.

Non a caso, il processo di dismissione degli immobili degli Enti parte proprio dalla necessità di arginare i costi di gestione degli immobili di proprietà.

Costi che, con gli anni, hanno finito per eroderne tutta la redditività. L’incapacità di gestione secondo criteri di economicità e di efficienza, tipica della Pubblica Amministrazione o, semplicemente la mala gestio perpetrata per anni hanno chiaramente influenzato le scelte fatte dai Governi di vendere il patrimonio immobiliare. Ecco, da dove nascono le resistenze alla vendita.

In primis dai boiardi che, dopo aver subito lo scippo degli immobili, di cui si sentivano i padroni, loro malgrado, hanno dovuto continuare a gestirli accollandosene, da subito, tutte le spese in cambio di una misera percentuale sulle future vendite.

Fatto sta che gli Enti sono stati impegnati per decreto ministeriale ad un contratto di servizi con la S.c.i.p. assumendosi tanti onerosi impegni quante sono le lettere dell’alfabeto. Infatti, nel contratto allegato al decreto di trasferimento degli immobili dagli Enti alla S.c.i.p. gli obblighi vanno dalla a alla z.

Dopo tanta cuccagna la “mazziata”!

Solo per citarne alcuni:

- obbligo di confermare  alla  S.c.i.p. S.r.l. la legittima, piena ed esclusiva titolarita' degli immobili trasferiti e a conservare tutti  i  documenti attestanti i diritti di terzi o le limitazioni  di  qualunque  tipo,  ivi inclusi i diritti di prelazione e  di opzione ;

- impegno  a  gestire  i  beni immobili trasferiti nominando un amministratore di condominio, ad effettuare la manutenzione sia ordinaria che straordinaria, a mantenere la copertura assicurativa degli immobili, a mantenere i rapporti con gli attuali locatari dei  beni  immobili trasferiti e garantire  ai conduttori  il pacifico  godimento  dei  beni immobili locati;

- astenersi  dal  violare qualunque diritto al rinnovo dei contratti di locazione e porre  in  essere tutte  le  attività  e  i  comportamenti  necessari o utili all'espletamento  delle  procedure  di  vendita  ed  alla stipula dei contratti  di  compravendita;

- impegno  a  tenere  la  S.c.i.p. S.r.l.  indenne  e manlevata rispetto a qualunque costo  o  spesa  che la stessa dovesse sostenere in conseguenza del mancato  rispetto  delle procedure  di  vendita relative agli immobili residenziali trasferiti o della violazione di qualunque diritto concesso  dalle  legge  ai conduttori dei beni immobili trasferiti assumendo il patrocinio e proseguendo i giudizi pendenti relativi  alla  gestione  dei  beni  immobili trasferiti.

Tutti oneri assunti a totale carico degli Enti, che incidono in maniera pesante sui bilanci degli stessi e che comportano il mantenimento dell’intero apparato di gestione del patrimonio. La “mazziata” è stata pesante e anche il massiccio contenzioso instaurato dagli inquilini per i loro diritti calpestati  deve aver dato parecchio fastidio creando qualche problemino. Se le richieste avanzate dagli inquilini venissero accolte dai giudici, rimarrebbero evidentemente a carico degli Enti maggiori oneri e spese di giudizio, cosa che chiaramente i boiardi tendono a scongiurare per non essere chiamati, un domani, a rispondere dei danni causati all’Ente.

E’ forse per questo che gli inquilini, i quali intendano acquistare i rispettivi appartamenti, sono obbligati a rinunciare innanzitutto ai giudizi in corso venendo così  privati sia del diritto ad esercitare l’opzione  sia del loro diritto fondamentale ad ottenere una sentenza della Magistratura? E’ forse per questo che gli Enti, pur dovendo svolgere il mandato di vendere nell’interesse della SCIP in forza dell’ampia procura generale, abbiano cagionato un danno economico alla società rappresentata mantenendo bloccate le alienazioni degli immobili ove insista un contenzioso?

   E’ stata negata giustizia agli inquilini più deboli privandoli di un loro diritto costituzionalmente garantito, ma è stato anche cagionato un ulteriore danno alla S.c.i.p. che non incassa nel frattempo le somme relative alle mancate vendite di questi immobili. Infatti se è vero, come è vero, che una bassissima percentuale di inquilini, presi dalla stanchezza, allettati magari dalla prospettiva di una “buona-uscita” offertagli dai tanti speculatori - i “furbetti del condominio”- pronti ad accaparrarsi i loro appartamenti, o, semplicemente perché, essendo anziani, non hanno un’aspettativa di vita così lunga da compensare i tempi della giustizia italiana, rinunciano alle cause, è anche vero che tutti gli altri pur disposti ad acquistare gli appartamenti anche al prezzo determinato dall’ente, senza rinunciare ai loro diritti, non sono stati messi in condizioni di poterlo fare.  

  Ora, con l’approvazione delle nuove disposizioni (12 bis) la Scip chiude e va in liquidazione mentre gli immobili vengono riacquistati dagli enti che pagano tutte le passività della società facendo salvi in ogni caso i diritti spettanti agli aventi diritto e procedendo direttamente alla vendita degli immobili subentrando alla Scip, in tutti i rapporti, anche processuali.

   Una bel da fare per gli enti originari proprietari che oltretutto si dovranno accollare tutte le spese legali dei giudizi in corso.

   A settembre 2010 gli Enti hanno venduto poco o nulla del patrimonio retrocesso mentre si ipotizzano nuovi scenari di gestione dello stesso.

  

 

 

Le iniziative legislative

Alle decine d’interrogazioni parlamentari del 2003 e 2004 presentate al Ministro dell’Economia e delle Finanze, sull’ insufficiente trasparenza dell’intero processo di dismissione degli immobili pubblici e in particolare sugli immobili di pregio, sono state date sempre risposte incomplete, dilatorie, reticenti, generiche e inconcludenti.

Una volta verificato il mancato impegno del Governo per risolvere la questione, era stata avviata a dicembre 2004 una proposta di legge che mirava a superare la disparità di trattamento tra gli inquilini  attraverso l’abrogazione della norma che esclude gli immobili di pregio dalla disciplina ordinaria delle vendite.

Nel corso delle nove sedute in Commissione Finanze, la discussione non ha prodotto alcun esito se non quello di evidenziare l’accanimento del Sottosegretario all’Economia On. Armosino contro ogni soluzione.

Si è cercato di ostacolare l’approfondimento di merito sia del problema della disparità di trattamento sia della convenienza, politica ed economica, per il Governo stesso di modificare la contestata normativa, sbloccando così la vendita delle unità immobiliari cosiddette di pregio. 

I lavori di commissione sono stati chiusi ad ottobre 2005 con la promessa del Ministero di spostare il dibattito in Aula. Impegno che non è stato mantenuto.

Nel 2004, su altre due questioni riguardanti la tutela degli inquilini, erano stati invece approvati due provvedimenti inerenti, il primo, al diritto all’applicazione  del prezzo di mercato corrente nel 2001 per coloro che, in mancanza dell’ offerta di vendita, avevano manifestato la volontà di acquisto entro il 31 ottobre 2001 e, il secondo, al diritto di opzione all’acquisto per gli occupanti privi di titolo formale al possesso dell’alloggio.

Nella scorsa legislatura  sono stati presentati  due disegni di legge (24) e (25) alla Camera ed al Senato, accolti con soddisfazione dagli inquilini interessati, perché miravano alla soluzione radicale di tutte le controversie in atto sull’intero territorio nazionale.

Tali iniziative non hanno avuto ugualmente alcun esito.

Nell'attuale legislatura in occasione della conversione in legge del D.L. 78/2010 è stato presentato dal PDL al Senato l'emendamento 8.98 che prevedeva la chiusura transattiva del contenzioso, per coloro che avevano manifestato la volontà di acquistare i rispettivi appartamenti entro il 31 ottobre del 2001, ai prezzi di mercato dell'epoca al netto dei canoni corrisposti a partire da quella data.

Anche quest'emendamento è stato respinto avendo il Governo chiesto la fiducia su un testo blindato della cosiddetta Manovra d'estate.

 

 

 

L’assordante silenzio del Governo Prodi

 

Il Governo Prodi accettò, nel corso dell’approvazione della Finanziaria 2007, l’Ordine del Giorno Tolotti (26) che,  tenuto conto, ancora una volta, della “ingiustificata disparità di trattamento per gli inquilini degli immobili di pregio” e “i negativi riflessi determinati dal contenzioso giudiziario in atto, “impegna il Governo a valutare l’opportunità di consentire alle strutture preposte alla vendita degli immobili di ricercare soluzioni transattive riferite agli immobili occupati aventi identiche caratteristiche“.

Si lasciò così intravedere la possibilità di una soluzione.

Tuttavia, nel corso della Legislatura non c’è stata alcuna iniziativa del Governo rispetto all’impegno politico del  21 dicembre 2006 che doveva essere attuato con urgenza, se si voleva affrontare la questione sollevata dall’On. Francesco Tolotti,  cioè la chiusura transattiva dell’enorme contenzioso.

A marzo 2007, il Coordinamento Nazionale degli Inquilini degli immobili di pregio elaborò anche una proposta di soluzione transattiva notificandola al Ministro dell’Economia nonchè ai Presidenti degli Enti Gestori, chiedendo di aprire almeno una consultazione con una ristretta delegazione degli inquilini.

Fermo restando il riconoscimento del diritto di opzione esercitato entro il 31 ottobre del 2001 (ossia delle condizioni  esistenti alla data di manifestazione di volontà di acquisto prima dell’emanazione dei decreti individuativi del pregio) la soluzione prevedeva la rinuncia da parte degli inquilini allo sconto di blocco e poneva anche un forte vincolo sulla facoltà di rivendita della proprietà acquisita (divieto per dieci anni).

Questo divieto avrebbe ridotto, in maniera rilevante, il numero degli inquilini eventualmente interessati alla transazione riducendo di conseguenza il costo dell’operazione.

Purtroppo, dai comportamenti del passato Governo di sostanziale complicità nelle cartolarizzazioni e di dichiarata contrariètà ad ogni soluzione della questione dei cosiddetti immobili di pregio si è passati, in questa legislatura, alla totale indifferenza per entrambe le problematiche. Il pesante velo steso sull’operazione, ormai “agonizzante”, non viene sollevato e quando sarà fatto, sarà sempre troppo tardi.

L’assordante silenzio del Governo Prodi ha fatto anche pensare al coinvolgimento delle maggiori forze politiche sin dall’inizio nelle operazioni di cartolarizzazione.

Dopo l’assordante silenzio mantenuto per circa un anno e mezzo dal Governo, nostro malgrado, abbiamo assistito alla fragorosa caduta di Prodi e del suo Esecutivo al Senato!  

 

 

 

La speranza riaccesa dal Governo Berlusconi

 

      Il Ministro Tremonti ha affermato: “Lancio un appello agli uomini liberi e forti perché cooperino per il bene del paese senza pregiudizi e preconcetti e affrontare così la crisi” ed ancora: “la Repubblica favorisce il diritto alla casa”.

Allora, a gennaio 2009, invio una lettera al Ministro nella quale evidenzio che, a distanza di oltre 12 anni dall’avvio della dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici, gli inquilini delle cosiddette case di pregio non comprendono l’irragionevolezza di voler vendere case occupate al prezzo delle stesse case libere e per quale arcano motivo gli immobili classificati di pregio (occupati) siano stati sottratti alla regola generale della riduzione di prezzo di vendita praticata per le dismissioni di tutti i patrimoni immobiliari pubblici, visto che comunque del loro maggior valore si è tenuto conto nella valutazione (certamente più alta rispetto agli altri) e infine a non intravedere una giusta soluzione al contenzioso sugli immobili di pregio.

Concludo la lettera augurandomi che il Ministro Tremonti, partendo dai danni causati dalle cartolarizzazioni immobiliari, passi dalla debolezza delle superficiali risposte fornite dai funzionari del Suo Ministero ad una ragionevole chiusura della disastrosa gestione della Scip2 e dell’infelice capitolo di questa storia infinita degli immobili di pregio. L'invito è a prevedere anche una soluzione transattiva del contenzioso, poichè la casa rappresenta un bene essenziale soprattutto per gli inquilini che da decenni tengono regolarmente in locazione i rispettivi appartamenti ed oltretutto perché, il diritto alla casa è garantito dalla Costituzione.

Ebbene con la Legge 14/2009 (12 bis) sembra che il Governo venga incontro alla mia richiesta, perché nel porre fine alla Scip invita esplicitamente gli enti diventati nuovamente proprietari, di promuovere la definizione del contenzioso in materia immobiliare privilegiando soluzioni transattive al fine di favorire la tutela del diritto all’abitazione nella attuale fase di eccezionale crisi economica.

     A mio avviso, bisogna ora partire dall’orientamento giurisprudenziale civilistico stabilito dai Tribunali per ragionare sulle possibili soluzioni transattive ipotizzate dalla legge ed è quanto mai necessario, proprio per evitare ulteriori disparità di trattamento, che il Governo attraverso i Ministeri dell’Economia e del Welfare, assuma una iniziativa diretta a coordinare, se non proprio a disciplinare, l’avvio delle definizioni transattive del contenzioso, affidate dalla legge agli Enti proprietari.

       Certamente gli inquilini interessati all’acquisto non potranno rimanere attestati rigidamente sulle ragioni avanzate nei diversi contenziosi giudiziari, a cui potranno  rinunziare se venisse adottata una normativa di transazione che preveda la determinazione del prezzo di vendita per gli immobili di pregio che non sia quello puro e semplice della rendita catastale moltiplicata per cento (come stabiliscono le sentenze del Tribunale di Napoli), ma che faccia riferimento al prezzo di mercato corrente nel 2001.

     Verrebbe recuperato così per la vendita di tali immobili, già esclusi da tutti gli sconti, almeno l’intento essenziale della Legge 104/2004 che ha stabilito, per i conduttori che abbiano manifestato la volontà di acquistare l’immobile entro il 31 ottobre 2001, il diritto a corrispondere il valore a quella data senza alcuna considerazione circa la tipologia dell’immobile.

    Solo così si potrà porre la parola fine, anche con soddisfazione delle centinaia di famiglie ad una travagliata procedura di vendita che va avanti da 14 anni.

 

 

 

 

NOTE

(1) Legge 24 dicembre 1993 n. 537, Art. 9 comma 9 (Finanziaria 1994)

(2) Legge 24 dicembre 1993 n. 560

(3) Legge 8 agosto 1995 n. 335

(4) Decreto Legislativo 16 febbraio 1996  n. 104

(5) Legge 23 dicembre 1996 n. 662, Art.3 comma 109 (Finanziaria  997)

(6) Decreto Legge 28 marzo 1997 n. 79 convertito in Legge 140/97

(7) Legge 23 dicembre 1999 n. 488, Art. 2 punto 2  (Finanziaria 2000)

(8) Decreto-Legge 25 settembre 2001, n. 351

(9) Legge di conversione 23 novembre 2001 n. 410 del D.L. 351/2001

(10) Decreto Legge 30 settembre 2003 n. 269

(11) Decreto Legge 23 febbraio 2004 n. 41

(12) Legge di conversione 24 aprile 2004 n. 104

(12 bis) Legge di conversione 27 febbraio 2009, n. 14 del D.L. 30 dicembre

             2008, n. 207 (milleproroghe), Art.43-bis

(13) Circolare del Ministero del Lavoro 30 aprile 1997 n. 6/4PS/30712  

(14) Circolare del Ministero del Lavoro 26 agosto 1999 n. 6/4PS/31573

(15) Circolare del Ministero del Lavoro 31 agosto 1999 n. 6/4PS/31583

(16) Circolare del Ministero del Lavoro 22 dicembre 1999 n. 591 

(17) Circolare del Ministero del Lavoro 27 gennaio 2000 n. 6/4PS/30234 

(18) Circolare del Ministero del Lavoro 22 dicembre 1999 n. 591 

(19) Circolare del Ministero del Lavoro 7 aprile 2000 n. IV/PS/30800

(20) Decreto del Ministero dell’Economia 30 novembre 2001

(21) Decreto Ministero dell’Economia 18 dicembre 2001 (SCIP 1)

(22) Decreto Ministero dell’Economia 21 novembre 2002 (SCIP 2)

(23) Decreti Interministeriali, individuativi degli immobili di pregio

       (31.07.2002-1.04.2003-7.01.2004-16.09.2005-11.05.2007)

(24) Camera dei Deputati Disegno di legge 2063 del 13 dicembre 2006

(25) Senato della Repubblica Disegno di legge 1328 del 15 febbraio 2007

(26) Ordine del giorno n. 9/1746-bis-B/48 del 21/12/2006 Seduta n. 90 

(27) Relazione della Corte dei Conti di aprile 2006 (delibera 4/2006/G)

(28) Relazione della Corte dei Conti di febbraio 2007 (delibera 4/2007/G)

(29) Legislatura XV Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-00117 del        19/09/2006 Seduta n. 33

(30) Legislatura XV Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-00388 del 7/02/2007 Seduta n. 104

 

 

TABELLE

 

                                                                                                                               

Tab. 1

Portafoglio Scip 1

 

PORTAFOGLIO Scip 1

Unita'

Volore di Mercato

 Volore di offerta

Unità residenziali

    27.251

        3.543.000.000

       2.273.000.000

Edifici commerciali

        262

        1.557.000.000

       1.557.000.000

TOTALE

    27.513

        5.100.000.000

       3.830.000.000

 

Tab. 2

Portafoglio Scip 2

 

PORTAFOGLIO Scip 2

Unita'

Volore di Mercato

Volore di offerta

Unità locate residenziali

    49.845

        8.369.539.063

       5.021.723.438

Unità locate commerciali

     7.662

        1.825.403.486

       1.825.403.486

Unità libere residenziali

     3.396

           553.927.881

          553.927.881

Unità libere commerciali

     1.977

           396.048.794

          396.048.794

TOTALE

    62.880

      11.144.919.224

       7.797.103.599

 

Tab. 3

Patrimonio complessivo ( SCIP 1+ SCIP 2)

 

PORTAFOGLIO Scip 1

Unita'

Volore di Mercato

Volore di offerta

Unità residenziali

27.251

3.543.000.000

2.273.000.000

Unità commerciali

262

1.557.000.000

1.557.000.000

TOTALE

27.513

5.100.000.000

3.830.000.000

PORTAFOGLIO Scip 2

Unita'

Volore di Mercato

Volore di offerta

Unità locate residenziali

49.845

8.369.539.063

5.021.723.438

Unità locate commerciali

7.662

1.825.403.486

1.825.403.486

Unità libere residenziali

3.396

553.927.881

553.927.881

Unità libere commerciali

1.977

396.048.794

396.048.794

TOTALE

62.880

11.144.919.224

7.797.103.599

TOTALE COMPLESSIVO SCIP 1 + SCIP 2

90.393

16.244.919.224

11.627.103.599

 

 

 

 

 

Tab. 4

Portafoglio Scip 2 in termini di unità al 28/02/2009

 

PORTAFOGLIO (n. unità principali)

INIZIALE

AL 28/02/2009

U.  VENDUTE AL 28/02/09

Percentuale realizzata

Unità locate residenziali

              49.845

               9.196

             40.649

           81,55

Unità locate commerciali

                7.662

               2.408

              5.254

           68,57

Unità libere residenziali

                3.396

               1.850

              1.546

           45,52

Unità libere commerciali

                1.977

               2.012

-                  35

-            1,77

TOTALE

              62.880

             15.466

             47.414

           75,40

 

Tab.5

Portafoglio Scip 2 in termini di valore al 28/02/2009

 

PORTAFOGLIO

(prezzo d'offerta aggregato)

VALORE INIZIALE INIZIALE

VALORE AL 28/02/2009

VALORI DISMESSI

Incasso medio per unità

Unità locate residenziali

   5.021.723.438

  1.133.322.294

 3.888.401.144

     95.657,98

Unità locate commerciali

   1.825.403.486

     658.977.427

 1.166.426.059

   222.007,24

Unità libere residenziali

      553.927.881

     164.292.267

    389.635.614

   252.028,21

Unità libere commerciali

      396.048.794

     222.721.047

    173.327.747

                 -  

TOTALE

   7.797.103.599

  2.179.313.035

 5.617.790.564

 

 

Tab. 6

Perdita complessiva dell’operazione SCIP

 

Valore di mercato del patrimonio Scip 1 + Scip 2

    16.244.919.224

 

 

Incasso Scip 1

 

     2.194.448.582

 

Incasso Scip 2

 

     6.627.552.985

 

Importo restituito dagli Enti alla Scip al 27/04/2009 (disponibilità liquide di Scip 1: 1.460.438.151 - Debiti finali Scip 2: 1.726.323.389)

 

         265.885.238

 

Valore residuo patrimonio al 28/02/2009

 

     2.426.152.222

 

 

 

   10.982.268.551

 

Perdita

 

 

      5.262.650.673

 

Tab. 7

Perdita complessiva per l’Erario dal 1999 in poi

 

 

N. Unità

Patrimonio originario

Incassi

Patrimonio residuo

Differenza

POC

    10.683

        1.500.000.000

         951.000.000

 

             549.000.000

PSC

74

           412.065.000

         473.483.331

 

-              61.418.331

SCIP (1+2)

    90.393

      16.244.919.224

      8.556.116.329

     2.426.152.222

           5.262.650.673

Totali

  101.150

      18.156.984.224

      9.980.599.660

     2.426.152.222

           5.750.232.342

 

 

Tab. 8

Andamento dell’operazione Scip 1 (fonte Bilanci Scip S.r.l.):

 

ANDAMENTO DELL'OPERAZIONE SCIP1 (BILANCI S.C.I.P. S.r.l. 2001 - 2009)

 DESCRIZIONE

 SITUAZIONE  AL 

 SITUAZIONE AL 

 SITUAZIONE AL 

 SITUAZIONE AL 

 SITUAZIONE AL 

 SITUAZIONE AL 

 SITUAZIONE AL 

 SITUAZIONE AL 

 SITUAZIONE AL 

31/12/2009

31/12/2008

31/12/2007

31/12/2006

31/12/2005

31/12/2004

31/12/2003

31/12/2002

31/12/2001

ATTIVITA' CARTOLARIZZATE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Patrimonio immobiliare

 

                  10.613.424

               332.199.302

               361.203.748

               400.952.729

               460.397.619

               626.335.857

               968.216.474

            1.994.448.582

IMPIEGO DELLE DISPONIBILITA'

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Costi capitalizzati

 

 

 

 

 

 

 

                      1.617.007

                    8.203.661

Disponibilità liquide

                  56.891.246

             1.477.897.985

              1.361.899.167

              1.250.011.830

            1.169.422.062

               1.041.911.587

               814.523.234

            1.322.008.550

                  300.117.191

Crediti verso gestione societaria

 

 

                          21.789

                          21.790

                          21.978

 

 

 

 

Crediti cerso Enti Gestori

 

                  10.003.321

                  13.143.824

                     13.510.711

                   13.267.371

                   10.255.130

                     9.036.551

                  12.284.166

 

Crediti verso Patrimonio Scip 2

 

                    3.617.643

                       606.786

                       337.720

                        176.943

 

 

 

 

Crediti verso clienti

 

                        614.973

 

 

 

 

 

 

 

Crediti per interessi attivi bancari

                          16.237

                  25.987.070

 

 

 

 

 

 

 

Altri crediti

 

                          18.623

                          32.816

                          25.414

                           81.575

                       583.467

                       420.458

                            7.508

 

Ratei e Risconti attivi

 

 

 

 

 

 

                          16.500

                       865.544

                      2.155.501

TOTALE ATTIVO

       56.907.483

   1.528.753.039

   1.707.903.684

     1.625.111.213

   1.583.922.658

    1.513.147.803

   1.450.332.600

  2.304.999.249

  2.304.924.935

TITOLI EMESSI

 

 

 

                     -  

                     -  

                     -  

                     -  

  1.300.000.000

  2.300.000.000

FINANZIAMENTI RICEVUTI

 

 

 

                     -  

                     -  

                     -  

                     -  

                     -  

                     -  

ALTRE PASSIVITA'

       56.907.483

   1.528.753.039

   1.707.903.684

     1.625.111.213

   1.583.876.862

    1.513.147.803

   1.450.332.600

   1.001.895.826

         8.028.355

Debiti verso gestione societaria

 

 

 

 

 

 

 

                            4.370

                            6.580

Debiti v/Fornitori

 

                        215.986

                          51.264

                            7.000

                             7.188

                    3.018.893

                        416.570

                      994.626

                     3.107.670

Debiti verso MEF per prezzo differito

                    5.438.879

               1.473.711.872

            1.664.703.850

             1.578.050.386

             1.535.766.522

              1.459.158.875

            1.358.743.249

               889.482.919

 

Debiti verso Enti Gestori

                           37.251

                         49.395

                      1.251.758

                          45.796

 

 

 

 

 

Debiti v/patrimonio Scip2

                        208.015

 

                      269.066

 

 

 

 

 

 

Ratei passivi

 

 

 

 

 

 

 

                   2.070.809

                    4.828.167

Depositi cauzionali ricevuti

                  51.223.338

                  54.774.843

                   41.591.956

                 47.006.668

                  47.578.294

                 50.666.885

                 59.522.902

                 50.395.403

 

Altri debiti

 

                               943

                          35.790

                            1.363

                       524.858

                        303.150

                  31.649.879

                   62.051.120

                         85.938

Risultato dell' operazione

 

 

 

 

 

 

 

-                   3.103.421

 

TOTALE PASSIVO

       56.907.483

   1.528.753.039

   1.707.903.684

     1.625.111.213

   1.583.876.862

    1.513.147.803

   1.450.332.600

   2.301.895.826

  2.308.028.355

INTERESSI PASSIVI SU TITOLI EMESSI

 

 

 

                     -  

                     -  

                     -  

       34.109.636

        82.500.141

         2.266.222

COMMISSIONI E PROVVIGIONI

              27.864

            582.494

            432.008

          1.935.097

          9.156.132

         6.641.404

        28.275.231

       60.303.565

                5.494

Commissioni Enti Gestori per vendita imm. Resid.

 

 

 

 

 

 

 

                 20.280.270

 

Commissioni per valutazione patrimonio immobiliare

 

 

 

 

 

                       180.000

 

                       447.360

 

Commissioni di gestione del patrimonio

                         23.805

                       198.466

                         154.319

                     1.935.097

                     3.318.778

                   4.007.909

                    8.997.057

                 33.798.476

 

Commissioni per vendita immobili commerciali

 

 

 

 

                    5.837.354

                   2.436.995

                  19.220.481

                     5.738.100

 

Per altri servizi

                            4.059

                      384.028

                       277.689

 

 

                          16.500

                          57.693

                         39.359

                            5.494

ALTRI ONERI

        10.024.126

      270.321.855

        86.791.912

       42.333.529

          77.170.717

       100.516.679

      523.781.376

     984.543.985

         3.306.800

Ammortamento commissioni collocamento titoli

 

 

 

 

 

 

                       640.522

                     1.673.835

                           15.950

Ammortamento costi capitalizzazti

 

 

 

 

 

 

                       976.485

                     1.855.583

                       722.326

Riaddebito costi della gestione societaria (Scip. S.r.l.)

 

                          21.790

 

 

 

 

                         28.794

                          55.648

                            6.580

Svalutazione patrimonio immobiliare

 

               270.266.605

 

 

 

 

 

 

 

Interest Rate Swap (from issuer to Swap Conterparty)

 

 

 

 

 

 

                  50.826.750

                 91.338.889

                    2.561.944

Prezzo differito

 

 

                 86.653.465

                42.283.864

                  76.607.647

                100.415.626

              469.260.329

               889.492.919

 

Altri oneri

                  10.024.126

                         33.460

                        138.447

                         49.665

                       563.070

                         101.053

                   2.048.496

                           127.111

 

TOTALE COSTI

        10.051.990

     270.904.349

       87.223.920

       44.268.626

       86.326.849

       107.158.083

      586.166.243

    1.127.347.691

           5.578.516

RICAVI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Interest Rate Swap (from issuer to Swap Conterparty)

 

 

 

 

 

 

                  31.291.000

                   77.887.481

                    2.139.000

Rivavi per canoni di locazione immobili comm.li

                         26.450

                        220.517

                         171.466

                     2.150.196

                    3.687.530

                   4.440.352

                   9.996.730

                  37.553.562

 

Plusvalenza per cessione patrimonio imm.re

 

 

                  41.663.035

                  25.836.575

                 60.383.957

                 83.622.458

                508.345.199

                 976.705.051

 

Ricavi per adeguamento prezzo differito

                   4.443.367

                190.991.978

 

 

 

 

 

 

 

Interessi attivi bancari

                   4.684.924

                  79.682.100

                  45.389.418

                   16.281.855

                 22.255.362

 

 

 

 

Altri Ricavi

                       897.249

                            9.754

                                     1

                                   -  

                                   -  

                  19.095.273

                  36.533.314

                  38.304.718

                      336.096

TOTALE RICAVI

        10.051.990

     270.904.349

       87.223.920

       44.268.626

       86.326.849

       107.158.083

      586.166.243

    1.130.450.812

         2.475.096

RISULTATO DELL' OPERAZIONE

                     -  

                     -  

                     -  

                     -  

                     -  

                     -  

                     -  

           3.103.121

-        3.103.420

 

 

 

Tab. 9

Andamento dell’operazione Scip 2 (fonte Bilanci Scip S.r.l.):

 

OPERAZIONE SCIP2 (BILANCI S.C.I.P. S.r.l. 2002-2009)

DESCRIZIONE

 SITUAZIONE AL

 SITUAZIONE AL 

 SITUAZIONE AL 

 SITUAZIONE AL 

 SITUAZIONE AL 

 SITUAZIONE AL 

 SITUAZIONE AL 

 SITUAZIONE AL 

31/12/2009

31/12/2008

31/12/2007

31/12/2006

31/12/2005

31/12/2004

31/12/2003

31/12/2002

ATTIVITA' CARTOLARIZZATE

 

 

 

 

 

 

 

 

Patrimonio immobiliare

 

                        1.849.244.561

                      2.902.728.623

                      3.883.629.539

                      4.890.913.082

                         6.176.717.339

                        7.252.605.741

                        7.797.103.600

IMPIEGO DELLE DISPONIBILITA'

 

 

 

 

 

 

 

 

Costi capitalizzati

 

                                              -  

                                   405.861

                                 880.338

                               1.009.962

                               1.039.952

                               2.377.994

                                4.195.605

Disponibilità liquide

                           123.129.245

                           187.365.224

                         242.978.046

                           301.104.420

                       4.191.922.093

                         690.594.369

                         650.996.420

                                3.751.822

Crediti verso Inps corr. Su vendite

                              2.526.400

 

 

 

 

 

 

 

Crediti verso gestione societaria

 

 

 

 

                                  188.642

 

 

 

Crediti cerso Enti Gestori

                             14.743.849

                             26.877.756

                               2.286.172

                                1.478.361

                               4.078.556

                              3.200.933

                               1.692.065

 

Crediti per int. Att. Bancari

                                  385.270

 

 

 

 

 

 

 

Crediti verso G1

 

 

                            26.901.882

                                 5.700.101

                               6.180.430

                                  5.111.054

                                3.451.587

 

Creditiv/patrimonio SCIP1

                                   208.015

 

                                 269.066

 

 

 

 

 

Altri crediti

                                      71.873

                                1.633.617

                                   316.977

                                1.784.981

                               3.596.550

                                  445.227

                               18.819.121

 

Ratei attivi

 

                               8.264.574

                              14.162.919

                             17.748.386

                               15.462.171

                            20.268.319

                             30.895.572

                             12.162.002

TOTALE ATTIVO

              141.064.652

          2.073.385.732

          3.190.049.546

          4.212.326.126

           9.113.351.486

           6.897.377.193

          7.960.838.500

           7.817.213.029

TITOLI EMESSI

 

              930.157.021

          1.669.958.662

          2.703.074.283

          7.507.000.000

          5.137.000.000

         6.637.000.000

         6.637.000.000

Titoli Classe A1

 

 

 

                                              -  

                                              -  

                                              -  

                       1.500.000.000

                       1.500.000.000

Titoli Classe A2

 

 

 

                                              -  

                                              -  

                     2.000.000.000

                     2.000.000.000

                     2.000.000.000

Titoli Classe A3

 

 

 

 

                       1.743.000.000

                       1.743.000.000

                       1.743.000.000

                       1.743.000.000

Titoli Classe B

 

 

 

 

                         858.000.000

                         858.000.000

                         858.000.000

                         858.000.000

Titoli Classe C

 

 

 

 

                         536.000.000

                         536.000.000

                         536.000.000

                         536.000.000

a4

 

 

 

 

                      1.000.000.000

 

 

 

a5

 

                             455.157.021

                        1.194.958.662

                      2.228.074.283

                      2.895.000.000

 

 

 

b2

 

                          475.000.000

                          475.000.000

                          475.000.000

                          475.000.000

 

 

 

FINANZIAMENTI RICEVUTI

 

             956.027.613

              914.835.631

             883.682.031

             852.528.431

              821.374.831

                             -  

                             -  

ALTRE PASSIVITA'

              141.064.652

              187.201.098

             605.255.253

             625.569.812

             753.632.267

            939.002.362

          1.323.838.500

           1.204.576.653

Debiti v/Fornitori

                                  320.397

                                7.137.697

                                5.139.542

                              6.067.030

                               4.458.359

                               8.478.979

                               3.933.341

                              6.798.208

Debiti verso MEF per prezzo differito

                           120.973.740

                            129.100.557

                              171.771.789

                          238.757.009

                         406.696.856

                             671.116.341

                          903.736.227

                          1.169.550.615

Debiti verso Scip S.r.l.

                                     26.144

                                     70.687

                                     88.877

                                    89.334

                                  293.705

                                     85.297

                                     75.265

                            28.227.830

Debiti verso patrimonio separato Scip1

 

                               3.617.643

                                  606.786

                                  337.720

                                   176.943

                                              -  

                                              -  

                                              -  

Depositi cauzionali ricevuti

                              15.800.162

                            24.584.800

                            44.459.236

                            32.435.089

                             19.808.588

                             15.448.305

                              9.648.092

 

Debiti verso INPS

                              3.926.209

 

 

 

 

 

 

 

Debiti verso Enti

 

                              6.990.686

 

 

 

 

 

 

Anticipi ricevuti dagli Enti per 85% affitti

 

 

                          355.003.693

                         304.072.962

                          248.578.608

                            177.639.134

                             63.552.295

 

Altri debiti

                                     18.000

                                    89.820

                                1.098.513

                               5.012.060

                             10.374.992

                                3.570.375

                                1.934.941

 

Debiti per Swaps da liquidare

 

 

 

 

                                              -  

                                              -  

                           257.037.736

 

Ratei passivi

 

                             15.609.208

                             27.086.817

                            38.798.608

                            63.244.216

                            62.663.931

                           83.920.603

 

TOTALE PASSIVO

              141.064.652

          2.073.385.732

          3.190.049.546

          4.212.326.126

           9.113.160.698

           6.897.377.193

          7.960.838.500

           7.841.576.653

INTERESSI PASSIVI SU TITOLI EMESSI

                 9.452.321

                62.311.552

                91.179.465

             164.098.991

             173.870.382

              145.014.966

             194.140.669

                12.162.971

COMMISSIONI E PROVVIGIONI

 

                 9.835.574

                11.347.308

                15.813.234

                28.155.598

                31.729.576

                10.921.585

                 8.179.452

Commissioni ad Enti Gestori per vendita

                               1.402.728

                              8.506.639

                               9.556.490

                               9.903.707

                              15.335.720

                             14.297.982

                                   740.818

 

Commissioni di gestione del patrimonio

 

                                              -  

                                  1.041.715

                              4.276.042

                               8.058.876

                              9.682.644

                                9.512.452

 

Commissioni per altri servizi

                                 3.141.103

                               1.328.935

                                   749.103

                               1.633.485

                               4.761.002

                               7.748.950

                                   668.315

                                8.179.452

ALTRI ONERI

              22.220.892

               511.457.727

              115.456.043

              160.927.531

              275.128.164

              259.477.144

             296.834.901

                16.183.265

Ammortamento commissioni collocamento titoli

 

                                   405.861

                                   474.477

                                 929.624

                                1.414.989

                               1.338.042

                                  1.817.611

                                     99.595

Riaddebito costi della gestione societaria (Scip. S.r.l.)

                                   106.661

                                    151.025

                                   179.230

                                   174.644

                                 208.408

                                     176.011

                                     151.357

 

Altri oneri

                                   531.027

                                      14.795

                                 260.884

                                   129.760

                                  650.987

                                  434.146

                                  879.022

                                       18.811

Rettifica canoni di locazione

                               11.297.595

 

 

 

 

 

 

 

Svalutazione patrimonio immobiliare

 

                         420.954.860

 

 

 

 

 

 

Interessi passivi su finanziamento

 

                              41.191.982

                              31.153.600

                              31.153.600

                              31.153.600

                              21.374.831

                                              -  

 

Interest Rate Swap (from issuer to Swap Conterparty)

                             10.285.609

                            48.739.204

                            83.387.852

                          128.539.903

                           241.700.180

                            236.154.114

                           293.986.911

                             16.064.859

TOTALE COSTI

                31.673.213

             583.604.853

              217.982.816

             340.839.756

              477.154.144

             436.221.686

               501.897.155

               36.525.688

RICAVI

 

 

 

 

 

 

 

 

Interest Rate Swap (from issuer to Swap Conterparty)

                             15.362.200

                           88.020.684

                           120.194.995

                              97.561.792

                             98.531.025

                           128.837.245

                           194.122.822

                             12.162.002

Ricavi per canoni di locazione di immobili commerciali

 

                                              -  

                              6.944.764

                             28.561.945

                             53.725.840

                             64.553.545

                            63.416.349

 

Ricavi da Enti per 85% canoni di locazione

                               7.203.287

                           445.192.764

 

 

 

 

 

 

Ricavi per adeguamento del prezzo di trasferimento differito

                             12.086.470

 

 

 

 

 

 

 

Altri Ricavi + int attivi bancari

                                1.565.087

                                7.720.173

                             23.857.837

                             46.806.173

                            60.447.794

                               9.257.826

                              2.907.220

                                            62

TOTALE RICAVI

               36.217.044

             540.933.621

              150.997.596

              172.929.910

             212.704.659

             202.648.616

             260.446.391

               12.162.064

RISULTATO DELL' OPERAZIONE

      4.543.831

-  42.671.232

-  66.985.220

-167.909.846

-264.449.485

-233.573.070

-241.450.764

-  24.363.624

 

 

 

Tab. 10

Analisi dei costi SCIP 2 al 31/12/2009 (fonte Bilanci Scip S.r.l.):

 

COSTI COMPLESSIVI SCIP 2 SOSTENUTI DAL 01/01/2002 FINO AL 31/12/2009

INTERESSI PASSIVI SU TITOLI EMESSI

        852.231.317

Commissioni ad Enti Gestori per vendita

          59.744.084

Commissioni di gestione del patrimonio

          32.571.729

Commissioni per altri servizi

          28.210.345

Ammortamento commissioni collocamento titoli

             6.480.199

Riaddebito costi della gestione societaria (Scip. S.r.l.)

             1.147.336

Svalutazione patrimonio immobiliare (contabilizzata nel 2008)

 

        420.954.860

Altri oneri

             2.919.432

Interessi passivi su finanziamento (Banca OPI S.p.a - ACS Depfa)

        156.027.613

Inegative nterest Rate Swap (from issuer to Swap Conterparty)

     1.058.858.632

Positive Interest Rate Swap (from issuer to Swap Conterparty)

-       754.792.765

TOTALE COSTI AL NETTO DEGLI INTERESSI ATTIVI da Swap

 

     1.864.352.782

 

 

Tab. 11

Situazione al 31/12/2008 delle due operazioni SCIP 1 + SCIP 2

 (fonte Bilanci Scip S.r.l.):

 

DESCRIZIONE

 SITUAZIONE Scip 2 AL 

 SITUAZIONE Scip 1 AL 

 SITUAZIONE Scip 1 + Scip 2AL 

31/12/2008

31/12/2008

31/12/2008

ATTIVITA' CARTOLARIZZATE

 

 

 

Patrimonio immobiliare

     1.849.244.561

           10.613.424

          1.859.857.985

IMPIEGO DELLE DISPONIBILITA'

 

 

                                -  

Costi capitalizzati

 

 

                                -  

Disponibilità liquide

        187.365.224

      1.477.897.985

          1.665.263.209

Crediti per interessi attivi bancari

 

           25.987.070

               25.987.070

Crediti cerso Enti Gestori

          26.877.756

           10.003.321

               36.881.077

Crediti verso Patrimonio Scip 1/2

 

              3.617.643

                  3.617.643

Crediti verso clienti

 

                 614.973

                     614.973

Altri crediti

             1.633.617

                   18.623

                  1.652.240

Ratei attivi

             8.264.574

 

                  8.264.574

TOTALE ATTIVO

     2.073.385.732

      1.528.753.039

          3.602.138.771

TITOLI EMESSI

        930.157.021

 

             930.157.021

a5

        455.157.021

 

             455.157.021

b2

        475.000.000

 

             475.000.000

FINANZIAMENTI RICEVUTI

        956.027.613

 

             956.027.613

ALTRE PASSIVITA'

        187.201.098

      1.528.753.039

          1.715.954.137

Debiti v/Fornitori

             7.137.697

                 215.986

                  7.353.683

Debiti verso MEF per prezzo differito

        129.100.557

      1.473.711.872

          1.602.812.429

Debiti verso Scip S.r.l.

                  70.687

                   49.395

                     120.082

Debiti verso patrimonio separato Scip1/2

             3.617.643

 

                  3.617.643

Depositi cauzionali ricevuti

          24.584.800

 

               24.584.800

Debiti verso Enti

             6.990.686

 

                  6.990.686

Altri debiti

                  89.820

                         943

                       90.763

Depositi cauzionali ricevuti

 

           54.774.843

               54.774.843

Ratei passivi

          15.609.208

 

               15.609.208

TOTALE PASSIVO

     2.073.385.732

      1.528.753.039

          3.602.138.771