di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio
Inps: approvato dal CIV il piano
vendita immobili
Tito Boeri,
presidente dell’Inps, nelle scorse settimane ha
messo la firma su due importanti delibere: la n. 97
del 7 giugno 2017 "Piano di investimento e
disinvestimento del patrimonio immobiliare non
strumentale e del patrimonio mobiliare 2017-2019"
e la n. 120 del 18 luglio 2017 avente ad oggetto l'Integrazione
del suddetto piano. Adesso, dopo l’approvazione da
parte del Consiglio di Indirizzo e Vigilanza,
avvenuta con delibera n. 23 del 18 luglio 2017 (con
importanti osservazioni e raccomandazioni),
il piano di investimento e disinvestimento del
patrimonio immobiliare non strumentale e del
patrimonio mobiliare 2017-2019, passa al vaglio dei
Ministeri vigilanti per il via libera definitivo.
Inps: Di Michele,entro 30 giugno
piano vendita immobili
19 APR 2017 - Entro il 30 giugno
la direzione generale dell'Inps
metterà a punto un piano di
dismissione del patrimonio da
reddito dell'Istituto, fra cui
anche gli immobili ad uso
residenziale, da presentare al
Civ con l'individuazione di
quelli da destinare a Invimit e
quelli per i quali è possibile
la vendita diretta. E' quanto ha
spiegato il direttore generale
dell'Istituto, Gabriella di
Michele a margine di una
audizione alla Commissione di
controllo enti previdenziali.
Di Michele nel corso
dell'audizione ha ricordato che
il patrimonio immobiliare
complessivo dell'Istituto è di
oltre 31.000 immobili (13.000
dei quali secondari come box e
cantine), 10.800 dei quali
residenziali per un valore
complessivo di 2,5 miliardi. Di
Michele ha sottolineato
l'utilità di una sanatoria per
coloro che occupano senza titolo
gli immobili (per esempio perchè
introdotti dal conduttore
precedente) anche da dopo la
fine del 2013 (purchè non su
base di atti penalmente
rilevanti come un'effrazione) e
di una scontistica sul pregresso
come quelle che è stata
utilizzata fino al 2004. (ANSA).
Libero Quotidiano
di venerdì 20 maggio 2016, pagina 1/3
Basta
poco per salvare le pensioni - Le rapine dell'Inps
di
Carioti Fausto
Basta poco per salvare le pensioni Altro che
tagliare i presunti assegni d'oro. L'istituto di
Boeri dovrebbe concentrarsi sul suo tesoretto in
mattoni per farlo fruttare. Indugiare è solo un
insulto ai pensionati Perché ci tagliano le pensioni
e rapine deII'Inps I contributi pagati dai
lavoratori sono investiti in un immenso patrimonio
immobiliare. Ma invece di rendere, la gestione delle
case è in perdita perché gli appartamenti sono vuoti
occupati abusivamente o affittati sotto prezzo DOVE
SI METTONO I SOLDI L'investimento immobiliare in
teoria sarebbe il migliore: porta rendimenti non
eccezionali, ma costanti e sicuri di FAUSTO CARIOTI
In teoria, istituti previdenziali e immobili sono
fatti gli uni per gli altri. Si acquistano oggi i
mattoni con i contributi dei lavoratori, si pagano
domani le loro pensioni con il reddito generato
dall'affitto di quelle case, di quei negozi, di
quegli uffici. Potranno crollare le Borse, il prezzo
del petrolio e dei futures sul litio potrà
impennarsi o schiantarsi, ma quei palazzi saranno
sempre lì, a produrre un'entrata mensile. Non
cospicua rispetto al capitale immobilizzato, ma
continua e sicura, che è ciò che conta in questi
casi. I1 mattone, l'investimento più sicuro che c'è.
Questo, almeno, è il modo in cui le cose vanno
quando il sistema funziona. (...) (...) Non è il
caso italiano, purtroppo. LIInps, che ogni mese
stacca 18 milioni di assegni di pensione, ha un
patrimonio di immobili «da reddito» - cioè non
destinati all'uso strumentale da parte dello stesso
istituto - valutato in 2,5 miliardi di euro, dei
quali 1,35 miliardi fanno capo alla gestione
previdenziale dei privati e 1,15 a quella dei
dipendenti pubblici. Uno stock di mattoni cospicuo,
anche grazie al conferimento degli immobili ex
Inpdap ed Enpals avvenuto nel 2012. Dal quale però
l'istituto guidato da Tito Boeri non ricava un
soldo. Anzi, ne perde parecchi. I calcoli li ha
fatti la Corte dei Conti nella relazione sull'Inps
pubblicata lo scorso febbraio: quelli che con
umorismo involontario sono chiamati immobili «da
reddito» generano in realtà perdite «pari a 116,4
milioni nel 2012, a 63,47 milioni nel 2013 ed a 65,4
milioni di euro del 2014». Più di 245 milioni
bruciati nel triennio, per un rendimento negativo
pari al 9,8%. Così le immobilizzazioni di capitale,
che dovrebbero servire a finanziare gli assegni
destinati ai pensionati di oggi e di domani,
ottengono il risultato di renderli più leggeri. La
cifra che ricava l'Inps dai canoni è risibile. Da un
patrimonio di 2,5 miliardi arrivano appena 53,9
milioni: niente di strano che la redditività sia
negativa. E la colpa principale non è della
congiuntura, del mercato o di altri fattori esterni,
ma del modo in cui l'istituto oggi presieduto da
Boeri tratta, anzi maltratta gli immobili che la
collettività gli ha affidato. E la stessa Corte dei
conti a spiegare che «il basso livello dei ricavi da
locazione (...) è da ricondurre anche all'elevato
numero di unità, soprattutto abitative, occupate».
Che vuole dire? Significa che, su un totale di
28.541 unità immobiliari da reddito in suo possesso,
l'Inps oggi riesce a dame in regolare locazione
appena 6202: meno del 22%. Altre 13.170 (i146%) sono
«libere», cioè senza inquilini, e le restanti 9.169
(il 32%) risultano «occupate», nel senso che ci vive
dentro non ha titolo per farlo. Nel migliore dei
casi si tratta di un congiunto di chi il diritto ad
abitarci lo aveva e che l'afiìtto, in tuno o in
parte, continua a pagarlo; nel caso peggiore è una
delle tante «okkupazioni» messe in atto da centri
sociali, movimenti per la casa e affini, che
s'impadroniscono degli immobili dell'Inps nella
convinzione - tristemente fondata - che quegli
edifici, essendo dell'istituto, sono in realtà di
nessuno, e che infatti nessuno li caccerà via da lì.
La morale della storia è che la riforma della
previdenza che manca all'Italia non è il taglio
delle «pensioni d'oro», come le chiama Boeri anche
quando sono di latta o di plastica, ma consiste nel
fare un'anagrafe completa del patrimonio in mattoni
che ha in pancia l'Inps, distinguere gli immobili
che producono reddito da quelli che lo bruciano -
che come visto sono la maggioranza - e mettere a
frutto questi ultimi riscuotendo affitti di mercato
e cacciando a pedate gli occupanti abusivi. Il tutto
auspicabilmente in tempi rapidi, perché la gestione
attuale ogni mese brucia altri soldi. Minacciare una
riduzione degli assegni senza avere compiuto questa
operazione di decenza e di efficienza, come fa
l'attuale dirigenza del-l'Inps, è invece una resa
allo sfascio e un insulto ai pensionati.
Libero Quotidiano
di venerdì 20 maggio 2016, pagina 2
L'Inps ha case per 2,5 miliardi eppure riesce a
perderci
di De
Dominicis Francesco
Dei 30 mila immobili di proprietà dell'ente
pensionistico, uno su tre è occupato abusivamente.
Questo spiega i mini-ricavi e un buco di 250 milioni
in tre anni
La maggior parte delle unità immobiliari è composta
da abitazioni. Il resto sono uffici, negozi e
magazzini. Venderli è un incubo burocratico :::
Dove sono e come sono custoditi i soldi dei
lavoratori versati ogni 30 giorni nelle casse
dell'Inps perle pensioni future? E come vengono
amministrati i contributi di chi ha già smesso di
lavorare e a fine mese incassa l'assegno
pensionistico? Interrogativi apparentemente
insignificanti, ma centrali per chi è in pensione e
ancora di più per chi ci andrà tra un bel po' di
tempo. La gestione dei contributi, del resto, incide
sull'importo delle pensioni, che saranno
particolarmente basse, stando alle previsioni
contenute nella «busta arancione» recapitata proprio
in questo periodo a casa di milioni di italiani. Chi
ha aperto il documento con i conteggi previsionali
resta a bocca asciutta e (a ragione) si preoccupa:
rispetto all'ultima busta paga, l'assegno Inps
corrisponderà a poco più della metà dell'ultima
rertribuzione. C'è da chiedersi, quindi, se un
miglioramento gestionale della massa contributiva, a
cominciare da quella investita nel mattone, possa
far salire gli assegni futuri. E magari,
nell'immediato, scongiurare l'ennesima riforma da
parte del governo di Matteo Renzi, necessaria a
riportare in equilibrio la previdenza italiana
(pare, infatti, che non sia bastata la mazzata di
fine 2011 targata Mario Monti ed Elsa Fomero). Il
punto è questo: tanto più si ricava dagli affitti
(gli immobili di proprietà dell'Inps sono posti in
locazione) tanto più denaro c'è in cassa per le
cosiddette «prestazioni». A giudicare da quel che
mette nero su bianco la Corte dei conti, però,
sembra che l'Inps in versione real estate non sia
proprio un «modello» da seguire. La relazione sul
2013 e sul 2014 della magistratura contabile - che
per le : e fa le pulci a tutti gli enti pubblici -
mette in fila una serie di pecche gestionali e
contabili. Partiamo dai dati di bilancio. Scrive la
Corte nella delibera del 4 febbraio 2016:
«L'imponente apporto determinato dall'Inpdap (l'ente
di previdenza dei dipendenti della Pa inglobato
dall'Inps, ndr) non ha coinciso con una maggiore
redditività del patrimonio immobiliare da reddito
che continua invece a registrare perdite, pari a
116,4 milioni nel 2012, a 63,47 milioni nel 2013 e a
65,4 milioni di euro del 2014 (pari al - 2,6% di
rendimento)». Mattone in perdita costante, insomma.
Un rosso fisso che incide, come accennato, sui conti
della previdenza del nostro Paese. C'è un dato, in
particolare, che mette in luce come sia
sostanzialmente fallimentare la gestione del
patrimonio da parte dell'Inps. A pagina 171 del
documento della Corte dei conti c'è una tabellina
(identificata col numero 78) che fotografa e
illustra lo stato del patrimonio immobiliare. Dai
documenti risulta che l'Inps ha in «portafoglio» la
bellezza di 28.541 unità immobiliari sparse su tutto
il territorio nazionale; di queste, la maggior parte
(10.563) corrisponde ad abitazioni, il resto è
suddiviso per lo più tra uffici, negozi e magazzini.
I dati fanno emergere, poi, un problema enorme: vale
a dire che su quasi 30mila case sul mercato, solo
6202 è regolarmente «locata», mentre 13.170 sono
classificate come «libere» e 9.169 (grosso modo una
su tre) è «occupata» senza un titolo specifico. E
non è un elemento irrilevante, sul piano delle
entrate. Tant'è che la stessa Corte dei conti
osserva come « il basso livello dei ricavi da
locazione (53,9 milioni nel 2014) sia da ricondurre
anche all'elevato numero di unità, soprattutto
abitative, occupate». Le case dell'Inps non rendono
quanto potrebbero e, alla fine della giostra, il
conto arriverà sulle pensioni future. Non solo. Le
«unità» libere potrebbero e dovrebbero essere
vendute per fare cassa. Ma anche su questo fronte
qualcosa inspiegabilmente non funziona. «Appare
evidente - osserva la Corte - la scarsa consistenza
di dismissioni realizzate, nonostante l'alto numero
di unità libere. I12013 ha visto infatti da parte
della gestione privata l'alienazione di solo 5 unità
residenziali (per un controvalore di 700mila euro) e
di 2 commerciali (1,4 milioni di euro) mentre la
gestione pubblica, a differenza dell'esercizio
precedente, non ha dato seguito ad alcuna
alienazione». Sul fronte delle compravendite l'Inps
mette in fila contenziosi e incassa sentenze
sfavorevoli dai giudici. A Messina, a ***
Destinazioni d'uso Abitativo Magazzino Ufficio
Negozio Ricettivo/Alberghiero Scuole Altro Box o
posto auto Cantine e/o asoffitte BCNC Totale
esempio, l'ente presieduto dal dicembre 2014 da Tito
Boeri ha venduto due immobili alla Sitat srl (al
prezzo di 7,8 milioni di euro) solo dopo un «lungo
contenzioso». E nel 2014 c'è voluta una pronuncia
della Corte di cassazione perché l'Inps chiudesse il
trasferimento di cinque appartamenti a Roma per 1,7
milioni di euro. C'è da fare tanto. Boeri dovrà
portare sul tavolo del consiglio di vigilanza Inps
(il Civ) una mappa e un piano di dismissioni assai
dettagliato. Il patrimonio è enorme: dal bilancio
dell'ente, alla voce «immobilizzazioni materiali»
risultano iscritti 3,2 miliardi di euro di immobili,
dei quali 2,5 miliardi sono riconducibili a case e
uffici «da reddito». Dati che potrebbero essere
«corretti» dal piano di Boeri. C'è da dire che una
parte di quel patrimonio è tomato indietro nel 2009,
quando sono «rientrati» gli immobili della Scip 2,
l'operazione di cartolarizzazione che fu archiviata
con un flop e che ancora pesa sui conti dell'Inps.
Libero
Quotidiano
di venerdì 20 maggio 2016, pagina 2/3
di
De Dominicis Francesco
Mancano mappe e criteri.
Il piano di cessioni ancora fermo al palo
Anche il presidente lnps, Tito Boeri, soffre per il
mattone. A mettere in croce il numero uno dell'ente
previdenziali, nominato del dicembre 2014 alla guida
dell'ente previdenziale dal governo di Matteo Renzi,
è l'associazione nazionale degli inquilini dei
cosiddetti immobili di pregio. La questione riguarda
la dismissione del patrimonio residenziale Inps. Non
solo. Pure il Civ (Consiglio indirizzo e vigilanza)
dell'ente a fine aprile non ha approvato la prima
nota di variazione al bilancio di previsione per il
2016proposta da Boeri. Il motivo? Mancano sia la
mappa degli immobili in pancia sia i criteri di
investimento e disinvestimento. A dicembre scorso
anno- denuncia il coordinatore dell'associazione,
Mario Milone, su Scip2pregio.it, un sito degli
immobili che erano stati cartolarizzati - Boeri
aveva messo a punto il "piano di investimento e
disinvestimento del patrimonio immobiliare non
strumentale" per il triennio 2016-2018. Un piano
che, tuttavia, è stato congelato dallo stesso
presidente Inps a febbrai, ancora incerto sul
percorso da intraprendere per migliorare il percorso
di vendita di una fetta rilevante degli immobili
dell'ente. L'economista oggi a capo del principale
ente previdenziale del Paese avrebbe creato pertanto
una situazione di incertezza, che riguarda da un
lato chi occupa gli immobili, dall'altro le casse
dello stesso Inps. fatto sta che al momento gli
esperti starebbero ancora lavorando alla
individuazione di un piano preciso e criteri ad esso
legati. Intanto, la gestione immobiliare continua a
pesare sul bilancio dell'istituto. Nel documento di
previsione 2016, come spiegato con dovizia di
particolari da Milone, è previsto un aumento delle
spese per la gestione degli immobili già
cartolarizzati che passano da 33,4 milioni a 39,1
milioni (+17%) ed infine un aumento delle previsioni
di entrate da affitto di immobili che passano da
29,1 milioni a 58,1 milioni. All'appello, però,
secondo gli inquilini mancherebbero sia una
relazione specifica sulla gestione del mattone sia
un inventario di tutto il patrimonio immobiliare.
Senza dimenticare che non ci sarebbero informazioni
dettagliate sui contenziosi nè sul conto delle
morosità ovvero gli affitti arretrati e ancora da
incassare.
Napoli, 21 aprile 2016
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio
Boeri alle prese con
la dismissione del patrimonio immobiliare
residenziale dell'Inps
Con la Determinazione presidenziale n. 186, del 22 dicembre
2015, il Presidente dell'Inps Boeri aveva
predisposto il "Piano di investimento e
disinvestimento del patrimonio immobiliare non
strumentale e del patrimonio mobiliare 2016/2018"trasmettendola al Civ per la relativa
approvazione.
Il
CIV nella seduta del 2 febbraio 2016, non ha
proceduto all'approvazione
in quanto nella medesima seduta è intervenuto Boeri
sospendendo la determinazione n. 186 perchè, a dire
dello stesso Presidente, erano previste diverse
alternative ma senza l'individuazione di un piano
preciso.
L'evidente incertezza che si è venuta a creare ha costretto
quindi Boeri a rinviare il tutto dovendo
ripresentare la determinazione e l'allegato con
"individuazione di un piano preciso e criteri ad
esso legati".
Ad oggi, però, di come Boeri voglia procedere con la
dismissione degli immobili residenziali
dell'istituto ex cartolarizzati, non si sa ancora
nulla!
Napoli, 29 marzo 2016
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio
Il
Bilancio di previsione 2016 dell'INPS
smentisce Tito Boeri.
Il presidente
dell'Inps, durante l'audizione alla camera dei
deputati di fine 2015,
aveva
dichiarato che compito dell'Istituto non è occuparsi
di immobili.
Il bilancio di previsione dell'INPS per il 2016
comporta invece un
aumento dei compensi per la gestione del patrimonio
immobiliare che passano da 3 mln a 7,65mln
(+148%), un aumento delle spese per la gestione
degli immobili già cartolarizzati che passano da
33,4 mln a 39,1 mln (+17%) ed infine un aumento
delle previsioni di entrate da affitto di immobili
che passano da 29,1 mln a 58,1 mln.
Tuttavia il il Comitato di Vigilanza ed il collegio
sindacale dell'Istituto aspettano ancora una
dettagliata relazione sulla gestione del patrimonio
immobiliare, un inventario completo dello stesso
nonchè notizie in merito ai contenziosi in essere e
una situazione dettagliata della morosità.
Non rimane che fare gli auguri di buon lavoro all'immobiliarista
Boeri!
Napoli, 29 marzo 2016
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio
Dopo anni di
contenzioso l'Inps perde la battaglia sul pregio per
l'immobile in Milano al Corso di Porta Romana.
Secondo tre recenti sentenze della Cassazione a Sezioni
Unite n. 6023/6024/6025 del 25/03/2016
snciv@sU0@a2016@n06023@tS.clean.pdfuna
volta che l'ente previdenziale ha inviato
all'inquilino la lettera con il prezzo di offerta in
vendita dell'appartamento e l'inquilino abbia
accettato, l'ente è obbligato a vendere a quel
prezzo, a nulla valendo la successiva qualifica di
pregio dell'immobile per effetto della quale il
prezzo sarebbe quello di mercato senza gli sconti
previsti dalla legge 410/2001.
Nel caso specifico l'immobile sito in Milano al Corso di
porta Romana 51 era stato trasferito dall'Inps
alla società di cartolarizzazione SCIP con DM del
21.11.2002; esso originariamente inserito tra gli
immobili "di pregio" dal DM 1° aprile 2003,
era stato successivamente riclassificato come "non
di pregio", per poi essere di nuovo inserito tra
gli immobili "di pregio" dal DM 13 aprile
2007.
L'Inps, in data 8 giugno 2006, quando cioè
l'immobile non aveva la qualifica di pregio, ha
inviato agli inquilini dello stabile in questione le
lettere aventi ad oggetto la vendita dell'immobile,
contenete tutti gli elementi essenziali del
contratto alla cui conclusione era preordinata, con
indicazione del prezzo (riparametrato al 2001,
con la riduzione del 30% e dell'ulteriore sconto di
blocco del 14%), del termine entro il quale il
contratto doveva essere stipulato e del notaio
incaricato della stipula; proposta che era stata
accetta dagli inquilini.
Gli inquilini si erano poi rivolti al Tribunale per ottenere
sentenza che tenesse luogo del mancato contratto
definitivo, non concluso per inadempimento
dell'Istituto il quale sosteneva che anche
successivamente l'Ente avrebbe potuto qualificare
l'immobile come di pregio e dunque variare il prezzo
già concordato, prezzo che, per effetto della
intervenuta qualifica di pregio dell'immobile, era
diventato quello di mercato riferito all'anno 2007
senza alcuno sconto.
La Cassazione ha invece definitivamente sancito che una
volta accertato l'avvenuto esercizio da parte dei
conduttori, del diritto di opzione al prezzo
individuato dall'Inps al momento dell'offerta in
vendita (e, dunque, l'incontro delle due volontà),
si è formato un contratto preliminare di
compravendita, dal quale deriva il diritto del
promissario acquirente di perfezionare l'acquisto al
prezzo fissato in quella sede.
Si tratta dunque di un contratto perfezionatosi al momento
stesso dell'accettazione, perfettamente coincidente
con la proposta, con conseguente irrilevanza di
qualsiasi mutazione della qualifica dell'immobile.
Irrilevanza anche ai fini della disposizione
dell'art. 1339 c.c., siccome il contratto si era
già perfezionato al momento del subentro della nuova
qualifica.
Pertanto, alla luce di queste sentenze tutti gli inquilini
degli appartamenti siti in Milanoal
Corso di porta Romana 51 avranno diritto ad
acquistare i loro immobili come "non di pregio" con
tutti gli sconti previsti dalla legge 410/2001.
Napoli, 15 ottobre 2015
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio
Cosa rende
vischioso il percorso di prosecuzione delle
dismissioni immobiliari residenziali dell'Inps
Complessivamente
il patrimonio immobiliare non strumentale dell'INPS
è costituito oggi da circa 29.000 unità, per
un valore complessivo di bilancio di circa 2
miliardi 450 milioni. Una parte di questo
patrimonio è stato interessato dal processo di
dismissione immobiliare iniziato con il D.Lgs 104
del 1996 (norma mai abrogata) e proseguito con
la successiva stratificazione normativa fino ad
arrivare alle famose cartolarizzazioni del 2001 (SCIP
1 e SCIP2) che hanno originato dei vincoli
tuttora permanenti. I vari enti, nel tempo, sono
giunti a uno stadio diverso di dismissioni e
comunque il 90% del patrimonio immobiliare
cartolarizzato è già stato venduto agli inquilini
che, ai sensi della legge n. 410 del 2001,
hanno due diritti:
1) l'opzione legale
di acquistare a prezzo di mercato del 2001 (se hanno
manifestato tale volontà entro il 31 ottobre di
quell'anno), ridotto del 30% e di un ulteriore
sconto di blocco che varia dal 10 al 15%;
2) un diritto di
prelazione qualora non comprino e l'immobile
venga venduto a un prezzo inferiore.
Solo per gli
inquilini degli immobili classificati di pregio la
normativa impone invece di acquistare a prezzo
pieno di mercato senza alcuno sconto.Questo quadro normativo di
riferimento, non è stato modificato neanche dalla
norma che ha posto in liquidazione la SCIP e
retrocesso gli immobili agli enti nel 2009,
confermando quei meccanismi di tutela di diritti
previsti appunto dalla legge n. 410 e che il
legislatore in occasione della conversione del
decreto «sblocca-Italia», ha confermato anche in
caso di conferimento a un fondo immobiliare.
Infatti, negli ultimi anni, con particolare
riferimento al patrimonio dell'INPS, il legislatore
ha previsto la possibilità dell'apporto del
patrimonio a un fondo immobiliare, e a marzo 2014 è
stato emanato un decreto interministeriale
dell'Economia e del Lavoro che prevede l'intera
devoluzione del patrimonio immobiliare dell'INPS a
un fondo gestito da Invimit Sgr (società
interamente posseduta dal tesoro). Ad oggi permane
lo stallo delle dismissioni per le seguenti
problematiche:
1) l'art. 4 della
legge n. 410, stabilisce che il conferimento a fondi
immobiliari può essere fatto solo per gli
immobili a uso diverso da quello residenziale;
2) la procedura di
conferimento a fondi immobiliari prevede che il
prezzo sia valutato da un esperto indipendente e gli
inquilini, temendo meccanismi di non conservazione
del diritto di opzione alle condizioni previste
dalla legge 410, fanno pressioni per acquistare
direttamente dall'ente;
3) gli immobili ad uso
residenziale rivenienti dalle cartolarizzazioni sono
soggetti al divieto di rinnovo dei contratti di
locazione proprio perchè destinati a essere venduti
agli inquilini;
4) i contratti di
locazione sono tutti scaduti e agli inquilini viene
richiesta una "indennità di occupazione" che, in
moltissimi casi, non viene più pagata;
5) gli inquilini
degli immobili (classificati di pregio perchè si
trovano nei centri urbani a prescindere dalle
caratteristiche costruttive o dallo stato
manutentivo), sono per la maggior parte persone
ultrasettantenni di ceto medio-basso che, non
potendo acquistare a prezzo pieno hanno azionato un
contenzioso con l'Inps perchè, come tutti sanno,
l'immobile residenziale locato vale meno di quello
libero;
6) l'aggravarsi della
situazione sociale determinata dalla perdurante
crisi economica di questi anni ha determinato un
incremento dei fenomeni di occupazione abusiva
specialmente nelle città dove c’è alta tensione
abitativa e infatti, attualmente l'Inps ha in corso
di esame circa 1.500 domande di sanatoria in
tutt'Italia a seguito del decreto «sblocca-Italia»,
che ha introdotto anche la sanatoria degli occupanti
abusivi che hanno occupato prima del dicembre 2013
e, questi conduttori, non hanno certo interesse
all'acquisto perché per loro non è questa la
soluzione e anche perché il carico fiscale sugli
immobili è tale per cui preferiscono rimanere
conduttori a canoni molto bassi.
Per affrontare queste
problematiche è evidente che si dovranno trovare
delle soluzioni caratterizzate da un'effettiva
sostenibilità che richiederanno inevitabilmente,
una attività finalizzata alla celere dismissione
per i conduttori che vogliono acquistare offrendo
contemporaneamente nuovi contratti di locazione a
canone concordato agli altri. Chiaramente lo snodo
del conferimento al fondo può comportare non solo le
criticità evidenziate, ma anche un ulteriore
allungamento dei tempi ed è ormai chiaro che qualora
il conduttore acquisti direttamente dall'ente, la
possibilità di definire la partita finalizzata
all'acquisto in modo complessivo è ovviamente più
agevole. Gli strumenti di tutela per gli inquilini
ci sono, ma bisogna trovare la giusta
armonizzazione delle norme che si sono
stratificate nel tempo e che in qualche modo rendono
vischioso il percorso di prosecuzione delle
dismissioni.
Napoli, 23 settembre 2015
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio
La Cassazione, l'Inps e la vendita
degli immobili agli inquilini
Per ben valutare le diverse ipotesi sulle quali
orientare le scelte in materia di dismissione del
suo patrimonio immobiliare, l'Inps, dovrà ponderare
la portata della recente sentenza delle Sezioni
Unite della Suprema Corte di Cassazione Civile
(Sent. n. 17684 del 07-09-2015).
Tale sentenza ha chiarito che, in materia di
dismissione del patrimonio immobiliare degli enti
previdenziali pubblici, "il diritto
dell'inquilino all'esercizio dell'opzione sorge già
al momento dell'inclusione del bene nel decreto
ministeriale attuativo del suo trasferimento alla
società veicolo. La successiva offerta in opzione
da parte dell'Ente è solo una modalità attuativa.
Pertanto, di fronte alla mancato invio da parte
dell'Inps delle offerte in opzione agli inquilini
(dal 2009 l'Inps ha bloccato le vendite), è più che
legittima la richiesta, da parte degli stessi
inquilini diretta ad accertare e a far dichiarare la
già avvenuta conclusione della vendita a seguito del
reclamato diritto di opzione, con la conseguente
automatica determinazione del prezzo di acquisto
all'epoca dell'esercizio del medesimo (ottobre 2001)
in punto di fatto esercitato con raccomandate
spedite entro il 31 ottobre 2001.
La maggior parte degli inquilini aspetta le non più
rinviabili decisioni dell'Inps anche perchè,
continua a corrispondere ingiustificatamente da anni
il corrispettivo della locazione alle società di
gestione del patrimonio.
Napoli, 20 maggio 2015
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio
Boeri
all'attacco dell'INPS
Oggi presso la Commissione di
controllo degli Enti Previdenziali
Pubblici, nella sua prima audizionda neo-presidente dell'INPS,
Boeri ha attaccato la struttura
burocratica dell'ente.
"L'Inps ha al suo interno risorse
umane e informative che possono
essere di grande aiuto al Paese. Ma
al contempo ha un grande bisogno di
essere riformato", ha esordito Boeri
elencando poi 11 «criticità»:
1) Un’organizzazione dell’apparato
centrale dell’Inps che «invece di
essere imperniata sui servizi ai
cittadini si basa su progetti
di dubbia rilevanza, alcuni dei
quali fanno venire il sospetto
che servano a creare incarichi
dirigenziali, dopo la fusione
tra Inps e Inpdap»;2) Questa autoreferenzialità
è rafforzata dalla «progressiva
perdita dei rapporti con i clienti,
con l’assegnazione di servizi a Caf
e consulenti del lavoro, invece che
con un lavoro congiunto».
3) «La struttura distributiva a
livello centrale è fortemente
compressa. Sui premi di risultato
c’è un allineamento, a dispetto
di differenze note di performance»
tra le strutture.
4) «Una struttura dell’età del
personale fortemente squilibrata
verso fasce elevate», anche a
causa del blocco del turnover, con
un’età media di 55 anni.
5)
«Una
gestione in gran parte diretta del patrimonio
immobiliare, nonostante questi
compiti non rientrino tra le
missioni dell'Istituto, con forti inefficienze
nella valorizzazione degli immobili,
bassa qualità delle locazioni e ritardi
sistematici nella manutenzione degli
stabili, con il risultato di dare un cattivo servizio agli stakeholder
(contribuenti, pensionati dell'Inps) e
agli stessi affittuari».
6) «Una scarsa capacità diadattamento a nuovi sistemi
tecnologici».
7) «Troppe consulenze per
servizi di informatica» e poca
trasparenza sulla loro assegnazione.
8) «Una serie di indagini aperte
dall’Anac (l’Autorità nazionale
anti corruzione guidata da Raffaele
Cantone, ndr) su una serie di fatti
molto rilevanti.
9) «Un bilancio poco trasparente,
non leggibile neanche da
supertecnici, con differenze tra i
bilanci previsionali e consuntivi».
10) «Una gestione poco attenta
dei crediti».
11) «Una scarsa attenzione
generale alle entrate contributive,
non capace di raccogliere i frutti
del buon lavoro degli ispettori».
«C’è uno stridente contrasto - ha
concluso Boeri - tra queste
criticità e le capacità e la
dedizione di molte delle persone che
lavorano nell’ente. Bisogna
chiedersi cosa potrà diventare
questo istituto una volta liberato
da questi problemi». Boeri, sul tema
della governance, ha
aggiunto: «Quando ero ancora in
pectore presidente dell’Inps dissi
che era importante risolvere il
problema, perché ora è una struttura
monocratica. Non possiamo essere noi
ad autoriformarci, ma tocca al
Parlamento e al governo. Il veicolo
potrebbe essere la riforma della
pubblica amministrazione».
Napoli, 07 maggio 2015
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio
Con la vendita
del patrimonio immobiliare dell'INPS che vale 2,4 miliardi Boeri
può trovare i soldi per i pensionati
l'INPS ha un
patrimonio immobiliare da reddito che vale 2,5
miliardi di euro che dovrebbe vendere ma che
genera solo perdite.
Con la 1° nota di
variazione al bilancio preventivo 2015 dell'INPS è stato
approvato un incremento delle spese per la
conduzione, la gestione e la vendita degli immobili già
cartolarizzati ai sensi della L. 410/2001 che passano da
complessivi 53 milioni inizialmente previsti a ben 73
milioni di euro.
E' un scandalo!
L'Inps continua a
spendere milioni di euro per la gestione del suo
patrimonio immobiliare che in base alla legge avrebbe
già dovuto vendere da anni.
Sarebbe il caso che il
neo Presidente Boeri parta proprio da qui per trovare
risorse da destinare al rimborso dei pensionati
interessati dalla recente sentenza della Consulta.
Napoli, 25 febbraio 2015
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio
Aggiudicato
l’appalto da 44 mln di euro per i Servizi di gestione
amministrativa, tecnica e di supporto alla valorizzazione del
patrimonio immobiliare da reddito dell’INPS ma la ROMEO ricorre
al Consiglio di Stato
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio
Il raggruppamento
temporaneo di impreseguidato da Prelios S.p.A. (capogruppo),
Abaco Servizi S.r.l., Siram S.p.A.ed Exite One,
si è aggiudicata in via definitiva
l’appalto dei Servizi di gestione
amministrativa, tecnica e di supporto alla valorizzazione del
patrimonio immobiliare da reddito dell’INPS. La Sezione III del TAR del
Lazio -con sentenza Reg. Prov. n. 851
del 2015 del 19 gennaio – nel procedimento introdotto dalla
Romeo Gestioni S.p.A. contro INPS ed il raggruppamento
temporaneo di imprese Prelios (Prelios Property & Project
Management S.p.A. – ora Prelios Integra - SIRAM S.p.A., Abaco
Servizi S.r.l. ed EXITone S.p.A.) per l’annullamento
dell’aggiudicazione definitiva della gara per l’appalto al RTI
Prelios, si è pronunciata (a seguito di un
articolato e complesso iter processuale iniziato nel 12.7.2012)
a favore di quest’ultima, rigettando integralmente i
motivi dedotti dalla ricorrente.
Privi di alcun fondamento sono stati ritenuti tutti i
motivi addotti dalla Romeo Gestioni S.p.A. a sostegno della
propria pretesa (in particolare, tra gli altri, la
mancanza dei requisiti di fatturato specifico ed insufficienza
del numero di unità immobiliari gestite in capo a SIRAM ed
EXITone che priverebbero l’RTI dei requisiti minimi per la quota
loro assegnata nell’ambito del raggruppamento, oltre al mancato
deposito delle dichiarazioni per i requisiti morali richiesti
dal d. lgs. 163/2006 art. 38). La decisione del TAR Lazio
accerta la piena legittimità
dell’aggiudicazione della gara (valore 44 Mln di euro) con
procedura ristretta alla RTI Prelios, con il ruolo di
supporto al processo di valorizzazione del patrimonio
immobiliare dell’ente previdenziale, che ha una destinazione
d’uso mista uffici, negozi e residenziale per circa 13.000 unità
immobiliari complessive ma la Romeo ha presentato subito
ricorso al Consiglio di Stato.
Napoli, 21 novembre 2014
L'Inps balla sul mattone
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio
Era
il lontano 1996, quando il Governo stabilì che gli enti
previdenziali avrebbero dovuto vendere, entro 5 anni,
tutto il patrimonio immobiliare residenziale agli
inquilini al prezzo della rendita catastale moltiplicato
100.
Oggi, il patrimonio immobiliare dell'Inps, sei anni dopo
il clamoroso fallimento delle operazioni di
cartolarizzazione, che avrebbero dovuto velocizzare le
vendite, accende i riflettori anche sul fallimento
della gestione di Mastrapasqua.
Infatti, migliaia di inquilini, per lo più anziani e
pensionati, non sono riusciti ancora ad acquistare la
casa in cui vivono da decenni mentre la gestione del
patrimonio continua a generare ingenti perdite (oltre
600 milioni dal 2008 al 2013), oltre ad un contenzioso
tra le diverse società private che vorrebbero gestirlo. Tutto questo perchè,
l'Inps guidato da Mastrapasqua, scommettendo sul
rialzo dei valori del mercato immobiliare e
immaginando di cambiare le regole di vendita a danno
degli inquilini, aveva deciso di costituire
addirittura un suo "Fondo immobiliare chiuso di tipo
privato" e di devolvere al medesimo anche gli
immobili residenziali risultati invenduti dopo la fine
delle cartolarizzazioni. Ma
qualcosa si è inceppato! Il vento
della crisi ha cominciato a sferzare e, lentamente ma
inesorabilmente, sta consumando e levigando anche il
mattone. Non
si e avuto un tracollo dei prezzi dell'immobiliare solo
perchè, con l’abbassarsi dei rendimenti finanziari, si è
comunque continuato ad investire sul mattone anche se,
in un contesto di redditi stagnanti, per non dire in
regressione, si solleva un interrogativo circa la
capacità dei prezzi di rimanere ai livelli attuali
piuttosto che continuare a calare ulteriormente. Il
direttore generale dell'Inps, Mauro Nori, ha
recentemente ammesso che la gestione
del patrimonio non è mestiere dell'Inps e che lo vuole
dismettere. Ora che lo "Sblocca
Italia", ha ribadito che le tutele e le garanzie per gli
inquilini previste dalla legge 410 del 2001 si applicano
anche in caso di conferimento degli immobili Inps a
fondi immobiliari tocca a Treu decidere se continuare
a ballare o cambiare musica ricominciando a vendere agli
inquilini.
Roma, 5
novembre 2014
Invimit o non Invimit il patrimonio immobiliare residenziale Inps va
venduto con le "regole" della L. 410/2001
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio
La lettera c-bis) del comma 4, dell'art. 20 del
decreto legge "Sblocca Italia", introdotta dalla Camera
dei deputati (grazie all'approvazione di un emendamento
proposto dall'On.le Morassut) ed approvata
definitivamente al Senato il 5 novembre, aggiunge il
comma 20-bis all’articolo 3 del D.L. n. 351 del
2001 e dispone che agli immobili dell’INPS trasferiti ai
fondi comuni di investimento immobiliare pubblici
(leggasi Invimit)
si applicano le disposizioni previste dal medesimo
articolo 3. La
disposizione prevede che, anche nell'improbabile ipotesi
di conferimento degli immobili residenziali Inps al
fondo Invimit, continueranno in ogni caso ad applicarsi
le modalità di vendita e di determinazione del prezzo
e i diritti di opzione e
prelazione per i conduttori previsti dalla Legge
410/2001.
La disposizione proroga altresì al 31 dicembre 2013 il
termine di riferimento per consentire agli occupanti
privi di titolo e ai conduttori in base ad assegnazioni
irregolari di tali immobili di esercitare i suddetti
diritti di opzione e prelazione.
Napoli, 30 ottobre 2014
Sulle dismissioni del patrimonio immobiliare Inps continua il
ping-pong con il Governo.
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio
Stamattina
all'audizione del neo commissario Inps Tiziano Treu
presso la Commissione Bicamerale di controllo degli enti
previdenziali ha partecipato anche il direttore
generale dell'Istituto, Mauro Nori, che si è
concentrato sul tema dismissioni. «Il patrimonio, messo
da parte quello strumentale, lo vogliamo dismettere,
senza svenderlo», ha dichiarato Nori, che ha
aggiunto: chiediamo “aiuto
alle istituzioni governative e al Parlamento di
darci delleregole semplici per poter
realizzare il nostro obiettivo”.
Un obiettivo non semplice, a detta dello stesso
direttore, anche per l'entità del
patrimonio “disarticolato, proveniente dalle varie
cartolarizzazioni e quant'altro”.
In
pratica Nori ha chiesto nuove regole per poter
dismettere, il patrimonio immobiliare dell’Inps
cosa che va in totale controtendenza con quanto
affermato solo 20 giorni fà dal
Sottosegretario di Stato Vito De Filippo,
in risposta all'interrogazione dell'On. Morassut
resa alla Camera nel corso della seduta n. 307 del 10
ottobre.
Il
sottosegretario ha dichiarato infatti che: "per
quanto riguarda la dismissione del patrimonio abitativo
dell'INPS, la
legge n. 95 del 2012 ha
definitivamente sancito in capo
all'Istituto previdenziale l'obbligo di prevedere il
conferimento al Fondo di investimento immobiliare ad
apporto del proprio patrimonio immobiliare da reddito,
con l'obiettivo di perseguire una maggiore efficacia
operativa ed una maggiore efficienza economica e
pervenire alla completa dismissione del patrimonio, nel rispetto dei vincoli di legge ad esso applicabili".
Inoltre, ha sottolineato
De Filippo, "lo stesso Inps ha precisato che tali
vincoli sono quelli contenuti nell'articolo 43-bis
della Legge n.14
del 2009, tutt'ora in vigore, che rinvia espressamente
alla legge n. 410 del
2001".
De
Filippo ha concluso che,
"per questi beni immobili (e, in particolare, per quelli
per i quali sussistono tuttora i diritti spettanti agli
aventi diritto, ai sensi del predetto articolo 43-
bis),
laddove non interessati dal conferimento, è
confermata la prosecuzione dell'attività di dismissione
del patrimonio immobiliare con le modalità di
determinazione del prezzo, le tutele e le garanzie
sociali vigenti per i conduttori, previste proprio dalla
legge n. 410 del 2001".
Inoltre proprio oggi alla
Camera è stato approvato il Decreto Sblocca Italia che
contiene la seguente modifica
all'articolo
3 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351,
convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre
2001, n. 410.
c-bis)
dopo il comma 20 è aggiunto il seguente:«20-bis.Agli immobili
del patrimonio abitativo dell'Istituto nazionale della
previdenza sociale oggetto di conferimenti o
trasferimenti a uno o più fondi comuni di investimento
immobiliare di cui al decreto del Ministro dell'economia
e delle finanze 5 febbraio 2014, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 65 del 19 marzo 2014,
continuano ad applicarsi le disposizioni dei commi da 3
a 20 del presente articolo. Al fine di
accelerare il processo di dismissione del patrimonio
suddetto ai conduttori, il termine previsto dal comma 1
dell'articolo 7-bis del decreto-legge 30
settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni,
dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, è prorogato al 31
dicembre 2013».
Mi
limito ad osservare quindi che, le norme ci sono e
che l'Inps avrebbe potuto applicarle già da 5 anni,
cioè da quando, finite le cartolarizzazioni, è
ridiventato proprietario del patrimonio ex
cartolarizzato.
La
cosa più grave di questa penosa vicenda è che, a
distanza di quasi 20 anni dall'inizio delle dismissioni
immobiliari, migliaia di inquilini, in maggioranza
anziani e pensionati, non hanno potuto acquistare la
casa in cui vivono da decenni mentre il
patrimonio immobiliare dell'Inps continua a generare
ingenti perdite.
Napoli, 08 settembre 2014
L'interminabile gestione
degli immobili Inps e la gara per aggiudicarsela
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio
Tutto
inizia conla società Inps gestione immobiliare
Igei Spa costituita nel febbraio 1992 a seguito
dell'autorizzazione del Ministero del lavoro, di intesa
con il Ministero del tesoro per la gestione del
patrimonio immobiliare dell'INPS. Il decreto
legislativo, n. 104 del 1996, fra le diverse
disposizioni, stabilì la soppressione della Igei spa
con contestuale messa in liquidazione della
stessa a far data dal 31 dicembre 1996. L'Inps
possiede ancora oggi il 51 % del valore azionario
della società di gestione immobiliare, il 48 % è
di proprietà, ripartita in quote paritarie, della
Vianini Lavori spa, Prelios spa,
Gefi spa, Sovigest spa, CMC Coop arl e
l'1 % per cento di proprietà di BNL. l'IGEI,
ancorché società in liquidazione prossima alla sua
definitiva cessazione (precedentemente prevista al 30
giugno 2012, poi prorogata al 31 dicembre 2012 e così
via...), ha continuato a gestire il patrimonio
immobiliare dell'INPS - con l'autorizzazione dei
Ministeri vigilanti - fino ad oggi. La situazione della
Igei spa è quindi rimasta sostanzialmente immutata per
circa vent'anni sino al 28 marzo 2011 data in cui
l'INPS indiceva una gara volta all'affidamento dei "Servizi
di gestione amministrativa, tecnica e di supporto alla
valorizzazione del patrimonio immobiliare da reddito
dell'INPS", mediante procedura ristretta, da
aggiudicarsi con il criterio dell'offerta economicamente
più vantaggiosa, con importo a base d'asta di euro
44.100.000,00 che doveva riguardare oltre 13mila
unità immobiliari per un valore stimato in quasi 2
miliardi di euro.
Esaminate le offerte presentate dai concorrenti, la
commissione aggiudicava la gara in data 30 maggio 2012
al Raggruppamento Temporaneo di Imprese costituito da
PRELIOS INTEGRA Spa, Abaco Servizi Srl, Siram Spa e
EXITone Spa, mentre la società Romeo si
classificava al secondo posto in graduatoria.
L'aggiudicazione definitiva veniva pronunciata dall'Inps
il 13 giugno 2012 e comunicata ai concorrenti il 14
giugno 2012. Con il ricorso Rg. 5651 del 2012 la Romeo
chiedeva l'annullamento, previa sospensiva, della
determinazione contenente l'aggiudicazione definitiva
della gara, nonché della aggiudicazione provvisoria.
Il Tar Lazio con sentenza n. 5013/2013 del 20 maggio
2013 respingeva il ricorso. Avverso tale
sentenza, la Romeo ricorreva in Consiglio di Stato
che il 17 ottobre 2013 con il dispositivo di
sentenza n. 5049/2013 accoglieva il ricorso della Romeo
e annullava l'aggiudicazione definitiva, dichiarando
l'inefficacia immediata del contratto e disponendo che
l'appellante Romeo Gestioni s.p.a. subentrasse
nell'aggiudicazione e nel contratto. Naturalmente da
quando la gara per la gestione del patrimonio Inps è
stata vinta dalla società del "chiacchierato re degli
appalti pubblici" il napoletano Alfredo Romeo, le altre
società rimaste escluse (il Raggruppamento
temporaneo d'imprese guidato da Cofely Italia, e
costituito con Sovigest e Ingenium Real
Estate), con ordinanza di marzo 2014, riuscivano ad
ottenere dal Tar la sospensione dell'aggiudicazione
alla Romeo Gestioni per l'esistenza di un
contenzioso legato a vicende
relative a rilevanti inadempimenti della Romeo verso gli
Enti previdenziali, di cui l'Inps è successore,
pendente innanzi al Tribunale civile di Roma.
L'aggiudicazione era stata quindi sospesa in attesa del
giudizio di merito. Recentemente però la
Sentenza del
Consiglio di Stato n. 4056 del 31/07/2014, nel
pronunciarsi sull'opposizione di terzo proposta da Edildovi s.n.c. di Donzelli e Vitiello, accogliendola
ha addirittura annullato la sentenza sia di appello che
di primo grado rimettendo la causa al primo giudice.
E'
chiaro che a questo punto
l'aggiudicazione a favore
Raggruppamento Temporaneo di Imprese Prelios
diventerà definitiva se l'Inps deciderà di dar seguito
al contratto nonostante l'interesse di Romeo a
riassumere la causa dinanzi al Tar.
Napoli, 15 maggio 2014
Ci
risiamo: Emendamento SI emendamento NO!
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio
Lunedì 3 dicembre 2012 in
commissione Attività produttive al Senato veniva
accolto l'emendamento bipartisan presentato dai
Senatori Enzo Giorgio Ghigo (PDL) e Lionello
Cosentino (PD) al decreto legge Sviluppo.
All'emendamento 34.1000,
aggiungere infine il seguente comma: "100-bis. In
considerazione delle particolari condizioni del mercato
immobiliare e della difficoltà di accesso al credito, al
fine di agevolare e semplificare le dismissioni
immobiliari da parte degli enti previdenziali inseriti
nel conto economico consolidato della pubblica
amministrazione, come individuati dall'ISTAT ai sensi
dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009,
n. 196, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore
della legge di stabilità il Ministro dell'economia
e delle finanze con proprio decreto,
sentita l'Agenzia del demanio e le parti sociali e
sindacali interessate, fatto salvo gli equilibri
finanziari degli enti coinvolti e fermo restando il
rispetto delle procedure di alienazione indicate
all’art. 43 bis, comma 12 del decreto legge 30 dicembre
2008 n. 207, convertito con modificazioni dalla legge n.
14 del 27.02.2009 e fatti salvi i diritti maturati
secondo quanto previsto dal comma 20 dell’articolo 3 del
decreto legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito con
modificazioni dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, detta disposizioni al fine della ripresa del processo
di alienazione diretta ai conduttori degli immobili ad
uso residenziale degli enti previdenziali pubblici
nonché per favorire l'acquisto della proprietà o la
locazione da parte dei conduttori dei beni immobili di
proprietà degli enti previdenziali privatizzati,
prevedendo modalità di vendita e di locazione di detti
immobili in modo da consentire, in presenza dei
necessari requisiti, riduzioni del prezzo di vendita
finale e canone di affitto sostenibili a favore delle
famiglie, delle persone anziane e singole a basso
reddito o con comprovata difficoltà finanziaria."
Il suddetto emendamento
approvato (in commissione) trovava addirittura posto
nel maxiemendamento presentato dal Governo Monti.
Nel tardo pomeriggio del 5 dicembre 2012 il "colpo di
scena": il presidente della commissione Bilancio del
Senato Azzollini (PDL) ha chiesto in Aula che
saltasse questa norma del maxiemendamento, in quanto non
ci sarebbe stata la copertura. Il presidente del
Senato, Renato Schifani, e per il Governo il
sottosegretario all'Economia, Gianfranco Polillo,
accettarono la richiesta.
Dopo
poco più di un anno si ripete lo stesso copione.
Nella seduta notturna
del 6 maggio 2014, durante i lavori per la conversione
in legge del decreto Lupi "piano casa" veniva
approvato dalle commissioni riunite 8° e 13° del Senato
l'emendamento n. 3.26 presentato dal Pd e da Sel, con
il quale da una parte si confermava ancora una volta
che le vendite delle case dell'Inps dovessero proseguire
con i prezzi e le tutele della legge 410/2001
nonostante il passaggio a fondi di investimento
immobiliare, dall'altra era inoltre prevista la
sanatoria degli occupanti senza titolo al 31 dicembre
2013.
Il 13 maggio 2014 in 5° Commissione Bilancio però, il
senatore Sposetti (PD), nell' illustrare gli
emendamenti, ha segnalato che occorreva valutare la
proposta di emendamento 3.26 (sul trasferimento di
immobili Inps a fondi di investimento) e, il
Presidente Azzolini (NCD), ha osservato che era
necessario acquisire una relazione tecnica, su
questo emendamento. Dopo il dibattito, il senatore
SPOSETTI, ha proposto l'approvazione di un parere
contrario, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione
(mancanza di copertura finanziaria), anche sulla
proposta, 3.26. Il parere contrario, approvato
dalla Commissione Bilancio, ha comportato poi il ritiro
dell'emendamento 3.26 prima della votazione finale in
Aula.
Ma quali coperture finanziare devono essere trovate per
un provvedimento che fa incassare soldi allo Stato???
A parte questa domanda, che rimane senza
alcuna risposta, è bene precisare che
questo emendamento avrebbe solo in parte
colmato le mancate risposte del Governo alle questioni
sollevate dalla
Mozione
1-00011,
approvata a larghissima maggioranza nella seduta n. 131
di mercoledì
4 dicembre 2013,
che ha impegnato il Governo:
ad assumere iniziative,
nel più breve tempo possibile, per chiarire il quadro
normativo che regola il processo di alienazione del
patrimonio immobiliare degli enti previdenziali, in
particolare precisando che, in ogni caso, al processo di
alienazione possa applicarsi una disciplina conforme a
quella prevista dalla legge n. 410 del 2001, con
riferimento al regime delle tutele degli inquilini, al
prezzo e alle garanzie, contemperando le esigenze di
redditività per la finanza pubblica dei processi di
alienazione con quelle sociali, coerenti con quelle che
ispirano la missione istituzionale di tali enti, quali
protagonisti del sistema del
welfare;
ad intervenire per
garantire, comunque, agli inquilini tutele e garanzie di
controllo sui prezzi di vendita da parte dei predetti
enti pubblici e sull'entità dei canoni di affitto in
rinnovo di locazione, traendo prioritario riferimento da
quanto stabilito dalla legge n. 410 del 2001 e dagli
accordi sindacali in materia, in modo che i diritti in
essa stabiliti siano effettivamente praticabili;
ad aprire in ogni caso
da subito, sempre relativamente al patrimonio
immobiliare degli enti pubblici, una sede di confronto
tecnico e sindacale con le organizzazioni sindacali,
dell'inquilinato e con gli enti locali interessati, per
individuare le soluzioni più rapide e socialmente
efficaci per raggiungere gli obbiettivi sopra richiamati
e per la regolarizzazione dei
sine titulo o delle assegnazioni irregolari negli
alloggi dei predetti enti previdenziali pubblici, anche
al fine di prevenire situazioni esplosive di disagio
sociale e per favorire l'accesso al credito delle
famiglie con reddito medio basso, con mutui sostenibili
e finalizzati all'acquisto, anche avvalendosi delle
recenti misure proposte in tal senso dal Governo;
ad impartire
disposizioni affinché, nelle more dei provvedimenti da
assumere, venga valutata la possibilità di differire
l'esecuzione degli sfratti o degli sgomberi pendenti
nelle aree urbane e sospendere le aste riguardanti le
unità immobiliari ad uso residenziale che non risultino
effettivamente libere;
ad
intervenire, anche mediante precise disposizioni
normative, per risolvere l'annosa vicenda del
contenzioso giudiziario dei cosiddetti immobili di
pregio.
Vedremo se, passata la
tornata elettorale, il Governo aprirà il confronto e
finalmente darà risposte alle migliaia di famiglie che
vivono nelle case degli enti che continuano a chiedere:
se e quando gli immobili residenziali occupati di Inps e
Inail verranno conferiti ad un Fondo Immobiliare di
InvImIt SGR; se il prezzo di offerta in vendita
degli appartamenti, per tutti gli inquilini (compresi
quelli dei cosiddetti immobili di pregio) che hanno
manifestato la volontà di acquisto entro il 31 ottobre
del 2011, sarà quello a suo tempo determinato
dall'Agenzia del Territorio riparametrato al valore
corrente di mercato del 2001 mediante i coefficienti
previsti dal decreto-legge n. 41 del 2004 convertito in
legge 104 del 2004 (così come previsto dalla sentenza
della Corte
di Cassazione n. 21596/13; quando si interverrà,
come previsto dalla
Mozione 1/00011, per risolvere l'annosa vicenda
del contenzioso giudiziario dei cosiddetti immobili di
pregio e se effettivamente si uniformeranno le
condizioni di acquisto tra tutti gli inquilini
eliminando le disparità di trattamento.
Napoli, 07 maggio 2014
Nulla di
penalmente rilevante per l'acquisto della casa di Patroni Griffi
di Mario Milone
Coordinatore Nazionale inquilini dei "cosiddetti" immobili di
pregio.
Archiviata, dal giudice per le indagini preliminari
Alessandra Boffi, l'inchiesta sull'acquisto della casa
Inps dell'ex Segretario alla presidenza del Consiglio
Patroni Griffi realizzato grazie alla sentenza del
Consiglio di Stato che l'ha declassata a immobile non di
pregio.
Rimane comunque il dato che l'immobile di Patroni
Griffi (difronte al Colosseo) e dove abitava anche On.le
Giuliano Cazzola, è stato (fin'ora) l'unico in Italia,
tra quelli classificati "di Pregio" a perdere questa
qualifica grazie ad un giudizio amministrativo...I
fortunati inquilini hanno acquistato ai prezzi del 2001
scontati del 30% e con l'ulteriore sconto di blocco come
previsto dalla legge per gli immobili non di pregio.
Si
sa che in Italia la giustizia amministrativa è per
pochi..., speriamo che quella civile sia per TUTTI!!!
Napoli, 23 aprile 2014
La cessione degli
immobili degli enti previdenziali pubblici (con o senza
INVIMIT) va effettuata agli inquilini con le prerogative
della L. 410/2001 e della L. 104/2004
di Mario Milone
Coordinatore Nazionale inquilini dei "cosiddetti" immobili di
pregio.
Il
patrimonio immobiliare da reddito degli enti
previdenziali pubblici dopo la fallimentare
esperienza delle operazioni di cartolarizzazione (SCIP 1
e SCIP 2) di cui alla legge 23 novembre 2001, n.
410, per effetto dell’art. 43-bis del decreto legge 30
dicembre 2008, n. 207, convertito nella legge n. 14 del
27 febbraio 2009, è stato ritrasferito agli enti
originariamente proprietari che sono subentrati in tutti
i rapporti attivi e passivi facenti capo alla SCIP
S.r.l. mantenendo l’obbligo di onorare le obbligazioni
già assunte ed in essere alla data di chiusura delle
suddette operazioni nonchè di proseguire nella
dismissione del patrimonio.
La legge
del 2009 ha stabilito infatti che gli enti possano
procedere alla vendita diretta degli
immobili di cui al comma 2, fatti salvi in ogni
caso i diritti spettanti agli aventi diritto,
applicando le disposizioni in materia di cessione
previste dai decreti-legge 25 settembre 2001,
n. 351, e 23 febbraio 2004, n. 41,
(convertiti, rispettivamente, nelle leggi n.410/2001 e
n.104/2004), recanti disposizioni in materia di
determinazione del prezzo di vendita degli immobili.
Si è
inoltre specificato che: "gli entiassolvono la
vendita di tutti i beni immobili ad essi
trasferiti nel rispetto delle procedure regolanti
l'alienazione degli stessi da parte della SCIP
per la seconda operazione di cartolarizzazione, per
quanto compatibili, in modo da massimizzare gli incassi
in relazione alla situazione del mercato immobiliare".
L'unica
facoltà che il legislatore ha concesso agli enti è stata
quella di poter modificare le suddette procedure
ma sempre al fine di rendere più efficiente il
processo di vendita.
Con la direttiva
interministeriale del 10 febbraio 2011,
indirizzata a tutti gli Enti, il Governo è intervenuto
per ribadire che “occorre
procedere alla dismissione favorendo soluzioni
transattive che consentano di stipulare
compravendite con un corrispettivo pari al valore
dell’immobile, determinato a suo tempo dall’Agenzia del
Territorio, e un versamento di una quota parte di tale
prezzo.
L’art. 33,
del D.L. 6-7-2011 n. 98, conv. L. 15 luglio 2011, n.
111, rubricato Disposizioni in materia di
valorizzazione del patrimonio immobiliare, come, da
ultimo, modificato dall’art. 23-ter, del D.L. 6 luglio
2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla L. 7
agosto 2012, n. 135 (cd. “Spending Review”),
prevede che con decreto del Ministro dell’economia e
delle finanze è costituita una società di gestione
del risparmio, per l’istituzione di uno o più fondi
d’investimento al fine di partecipare in fondi
d’investimento immobiliari chiusi promossi, tra
l'altro, anche da enti pubblici, al fine
di valorizzare o dismettere il proprio patrimonio
immobiliare disponibile.
In ogni caso il comma 7
del suindicato art. 33 prevede che agli apporti
e ai trasferimenti ai fondisi applicano,
tra l'altro, gli articoli 1, 3 e 4 del
decreto-legge n. 351 del 2001, convertito, con
modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410.
Pertanto
il legislatore non ha mai lasciato presupporre che
si potesse interrompere il processo di vendita o
che potesse esistere una finalità diversa dalla
totale dismissione del patrimonio immobiliare ex
cartolarizzato degli enti previdenziali pubblici.
Successivamente anche l’art. 8, comma 2 lett. c) del
decreto legge 6 luglio 2012 n. 95, convertito dalla
legge 7 agosto 2012, n. 135, ha stabilito che “l’INPS
(…) dovrà prevedere il conferimento al fondo di
investimento immobiliare ad apporto del proprio
patrimonio immobiliare da reddito, con l’obiettivo
di perseguire una maggiore efficacia operativa ed una
maggiore efficienza economica e pervenire alla
completa dismissione del patrimonio nel rispetto dei
vincoli di legge ad esso applicabili.
Dunque
l'obbiettivo del legislatore anche nel caso specifico
dell'Inps è sempre rimasto quello della dismissione
dell'intero patrimonio nel rispetto della L. 410/2001 e
della L. 104/2004 e non è ammissibile una eventuale
diversa e distorta interpretazione delle norme.
Nel documento di
Economia e Finanza 2014, approvato l'8 aprile dal
Consiglio dei Ministri, viene indicata Invimit Sgr
S.p.a. quale strumento del processo di
valorizzazione e dismissione del patrimonio
immobiliare pubblico.
La società infatti è
stata costituita dal MEF a maggio 2013, in base all’art
33 del D.L. 98/2011, con il mandato di valorizzare in
termini reddituali il patrimonio pubblico e curare
l’eventuale cessione dei beni tenendo conto delle
condizioni del mercato ed è stata resa pienamente
operativa con un capitale sociale di 8 milioni di euro
(inizialmente il decreto di maggio aveva previsto un
capitale di 6 milioni che è poi stato aumentato a 8 con
il D.L. 69/2013).
A marzo 2014 Invimit ha
istituito il Fondo Comune di Investimento Chiuso
Immobiliare a Comparti denominato i3 Core.
Il Fondo è strutturato
come Fondo di Fondi suddiviso in due comparti: il
Comparto Territorio (dedicato alla valorizzazione,
gestione e vendita del patrimonio di regioni, provincie
e comuni) e il Comparto Stato destinato
all’investimento in quote di fondi comuni di
investimento immobiliari chiusi a gestione diretta
finalizzati prioritariamente alla valorizzazione e
gestione dei patrimoni immobiliari INPS e INAIL
sulla base dei Decreti Operazione del Ministro
dell’Economia e delle Finanze in corso di registrazione
(pag. 100 del Def sezione III, parte II).
Il 19 marzo sono stati
inoltre pubblicati in G.U. i decreti con cui è avviata
la procedura di costituzione di uno o piu' fondi
comuni di investimento immobiliare, cui conferire otrasferire anchel'intero patrimonio
immobiliare da reddito dell'Inps e una parte di
quelli dell'Inail.
Con successivi
decreti del Ministro dell'economia e delle finanze,
di concerto con il Ministro del lavoro e delle
politiche sociali e, ove necessario, di concerto con
altri Ministri competenti, su proposta motivata di
InvImIt SGR S.p.A., sono individuati - con gli
effetti previsti dall'art. 1, comma 3, del
decreto-legge n. 351/2001, (hanno effetto
dichiarativo della proprietà, in assenza di
precedenti trascrizioni, e producono gli effetti
previsti dall'art. 2644 del codice civile, nonchè
effetti sostitutivi dell'iscrizione del bene in catasto)
-
gli immobili e i diritti reali immobiliari oggetto di
conferimento o trasferimento ai fondi di cui al
presente decreto.
Pertanto che si venda
direttamente agli inquilini (come continua a fare
l'INAIL), o che si passi attraverso la "neonata" INVIMIT
l'obiettivo è sempre la dismissione
degli immobili agli
inquilini.
Tuttavia per rendere operative le vendite si dovrà sanare la disparità di trattamento
che è all'origine del contenzioso uniformando le
condizioni di acquisto tra tutti gli inquilini
superando così l'irragionevolezza della norma che in
passato ha escluso quelli dei "cosiddetti immobili di
pregio" da tutti gli sconti.
Punto di partenza
ineliminabile per la determinazione del prezzo di
vendita degli appartamenti è la sentenza della
cassazionen. 21596/13 che ha stabilito che
il prezzo di vendita delle unità residenziali -
per tutti gli inquilini che hanno manifestato la volontà
di acquisto entro il 31 ottobre 2001 - deve essere
quello ai valori correnti di mercato del 2001
così come previsto dall'art. 1, comma primo,
deldecreto-legge n. 41 del 2004.
Poi si tratta di superare
l'irragionevolezza delle norme che in passato hanno
creato disparità di trattamento
tra inquilini, escludendo quelli dei "cosiddetti"
immobili di pregio, dallo sconto del 30% e dallo
sconto di blocco. Si tratterebbe quindi di
uniformare le condizioni di acquisto tra tutti
gli inquilini con atti concreti del Governo
eliminando le disparità e risolvendo così tutto il
contenzioso giudiziario da esse originato in un quadro
in cui la situazione di crisi economica perdura dal
2008, i prezzi di mercato degli immobili
sono previsti in ulteriore calo, il credito è
stitico e la fiducia delle
famiglie è ancora al lumicino.
Napoli, 20 marzo 2014
Entra di nuovo
nel vivo la dismissione degli immobili degli enti previdenziali
pubblici
di Mario Milone
Coordinatore Nazionale inquilini dei "cosiddetti" immobili di
pregio.
Anche se con tre mesi di ritardo
rispetto alle previsioni del Mef, ieri, sono stati pubblicati in
G.U. i decreti che autorizzano il conferimento degli immobili
Inps e Inail a Invimit.
Ora si dovranno individuare gli
immobili da trasferire, la valutazione da attribuirgli e tenere
conto del contenzioso in essere. Poi bisognerà costituire i
fondi ed infine individuare gli operatori a cui affidare il
collocamento delle quote. Insomma ancora ci vorrà molto tempo
fino a quando il Governo non riuscirà a portare a casa gli
incassi relativi a questa nuova operazione ma ormai la
dismissione degli immobili pubblici entra di nuovo nel vivo.
Pertanto il nuovo commissario dell'Inps Vittorio Conti,
dovràrisolvere tutte le scottanti questioni afferenti
il patrimonio immobiliare dell'Istituto ereditate da
Mastrapasqua. Vedremo come e in che tempi...
Napoli, 11 marzo 2014
Dopo
una ventennale gestione degli immobili "fatta in
casa", l'INPS non riesce proprio a svolgere una gara
secondo le regole del mercato.
di Mario Milone
Coordinatore Nazionale inquilini dei "cosiddetti" immobili di
pregio.
Tutto inizia conla
società Inps gestione immobiliare Igei Spa costituita
nel febbraio 1992 a seguito dell'autorizzazione del Ministero
del lavoro, di intesa con il Ministero del tesoro per la gestione del patrimonio immobiliare dell'INPS. Il decreto
legislativo, n. 104 del 1996, fra le diverse disposizioni,
stabilì la soppressione della Igei spa con contestuale messa in liquidazione
della stessa a far data dal 31
dicembre 1996. L'Inps possiede ancora oggi il 51 % del valore
azionario della società di gestione immobiliare, il 48 %
è di proprietà, ripartita in quote paritarie, della Vianini
Lavori spa, Prelios spa,Gefi
spa, Sovigest spa,
CMC Coop arl e l'1 % per cento di proprietà di BNL. l'IGEI, ancorché società in liquidazione prossima alla
sua definitiva cessazione (precedentemente prevista al 30 giugno
2012, poi prorogata al 31 dicembre 2012), ha continuato a
gestire il patrimonio immobiliare dell'INPS - con
l'autorizzazione dei Ministeri vigilanti - fino ad oggi. La
situazione della Igei spa è quindi rimasta sostanzialmente
immutata per circa vent'anni sino al 28 marzo 2011 data in
cui l'INPS indiceva una gara volta all'affidamento dei "Servizi
di gestione amministrativa, tecnica e di supporto alla
valorizzazione del patrimonio immobiliare da reddito dell'INPS",
mediante procedura ristretta, da aggiudicarsi con il
criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, con
importo a base d'asta di euro 44.100.000,00 che
doveva riguardare oltre 13mila edifici per un
valore stimato in quasi 2 miliardi di euro.
Esaminate le
offerte presentate dai concorrenti, la commissione
aggiudicava la gara in data 30 maggio 2012 al Raggruppamento
Temporaneo di Imprese Prelios, mentre la società Romeo
si classificava al secondo posto in graduatoria.
L'aggiudicazione definitiva veniva pronunciata dall'Inps il 13
giugno 2012 e comunicata ai concorrenti il 14 giugno 2012.
Con il ricorso Rg. 5651 del 2012
la Romeo chiedeva l'annullamento,
previa sospensiva
della determinazione
contenente l'aggiudicazione definitiva
della gara, nonché della aggiudicazione provvisoria.
Il Tar Lazio
con sentenza n. 5013/2013 del 20 maggio 2013 respingeva il
ricorso. Avverso tale sentenza, la Romeo ricorreva in
Consiglio di Stato che il 17 ottobre 2013 con il
dispositivo di sentenza n. 5049/2013 ha accolto il ricorso
della Romeo e ha annullato l'aggiudicazione definitiva,
dichiarando l'inefficacia immediata del contratto e disponendo
che l'appellante Romeo Gestioni s.p.a. subentri
nell'aggiudicazione e nel contratto.In buona sostanza, la
Romeo, contestando che Prelios sarebbe rimasta priva in
corso di gara di alcuni specifici requisiti di qualificazione
SOA, è riuscita ad aggiudicarsi
definitivamente il succulento business da 44 ml di euro.
Naturalmente da
quando la gara per la
gestione del patrimonio Inps è stata vinta dalla società del "chiacchierato
re degli appalti pubblici" il napoletano Alfredo Romeo, i
dipendenti della Igei sono entrati in stato di agitazione perchè
si sono visti sfumare la possibilità di essere assorbiti dalla Prelios con la quale avevano già avviato delle trattative.
Ora
però il Tar del Lazio ha sospeso nuovamente
l'aggiudicazione alla Romeo Gestioni accogliendo
stavolta le richieste del terzo classificato, il Raggruppamento temporaneo
d'imprese guidato da Cofely Italia, e
costituito con Sovigest e Ingenium Real
Estate. l'Rti guidata da Cofely Italia si è
rivolta al Tribunale amministrativo chiedendo
l'esclusione di Romeo Gestioni per l'esistenza di un
contenzioso tra la stessa e l'Inpdap (ora
incorporato nell'Inps) tuttora pendente innanzi al
Tribunale civile di Roma, e perché il legale
rappresentante della stessa ha avuto condanne
penali. Situazioni, queste, entrambe ostative al
riconoscimento dei requisiti richiesti dal bando. Il
Tar ha ritenuto che «le censure proposte dalla
ricorrente - si legge nell'ordinanza - non paiono
prive di profili di fondatezza nella parte in cui
denunziano l'insufficiente valutazione, in sede
istruttoria, delle vicende legate a rilevanti
inadempimenti verso gli Enti previdenziali cui
l'Inps è successore, acclarati anche in una
sentenza civile passata in giudicato, salva comunque
la piena discrezionalità della stazione appaltante
nel valutare la rilevanza di tali fatti ai fini
dell'instaurazione del nuovo rapporto contrattuale».
I giudici hanno quindi ritenuto esistenti «elementi
di pregiudizio sufficienti all'accoglimento della
domanda cautelare» di sospensione dell'efficacia
dell'aggiudicazione dell'appalto, almeno fino al
prossimo 18 giugno, quando sarà celebrata l'udienza
di merito. Resta quindi per ora senza
aggiudicazione il maxiappalto per la gestione degli
immobili dell'Inps con grande gioia dei dipendenti
della società IGEI che possono ancora continuare a
gestire "tutto in casa".
Roma, 12 febbraio 2014
Saccomanni dà il via al
primo dei tre fondi InvImIt
dove confluiranno gli
immobili Inps e Inail
di Mario Milone
Coordinatore Nazionale inquilini dei "cosiddetti" immobili di
pregio.
Alla Camera dei deputati
è proseguita la discussione delle Mozioni in materia di
iniziative in merito alla dismissione del
patrimonio immobiliare degli enti previdenziali,
dopo che il 4 dicembre, durante
la discussione, era intervenuto il
Sottosegretario diStato per il lavoro e le politiche sociali Carlo
Dell'Aringa
per invitare i parlamentari firmatari di mozioni simili
a quella dell'On Roberto Morassut1-00011
(A. Cesaro
1-00246, Saltamartini
1-00261 e Santerini
1-00275) a trovare un'intesa su un unico testo
condiviso.
Pertanto
oggi, con
il parere favorevole del Governo, il Parlamento ha
definitivamente approvato, a larghissima maggioranza, la Mozione Morassut
1-00011iiil
cui
testo originario è stato integrato e condiviso da tutti i gruppi parlamentari
che sostengono il Governo Letta.
La Camera,
premesso
che:
l'emergenza
abitativa
costituisce,
nell'attuale
crisi
economica
che colpisce
il Paese,
uno dei
fattori di
maggiore e
crescente
tensione
sociale che
interessa
larghi
strati della
popolazione
appartenenti,
oltre che
alle
tradizionali
categorie a
rischio,
anche a
fasce di
ceto medio,
professionisti
e famiglie
con doppio
reddito;
tale
situazione è
resa
particolarmente
acuta dai
caratteri
del mercato
immobiliare
italiano
dove
l'offerta di
abitazioni
private –
con costi
molto alti
ed
inaccessibili
per un
numero
sempre
maggiore di
famiglie e
di giovani
coppie –
supera
largamente
l'offerta
pubblica
scesa
progressivamente,
negli ultimi
anni, ad una
quota pari a
circa l'1
per cento
della
produzione
edilizia
totale;
occorre
prendere
atto di
un'assenza
di
iniziativa
delle
autorità
pubbliche
che,
nonostante
la crescita
della crisi
abitativa,
gli
interventi
delle forze
sociali e di
vari
organismi
parlamentari
non sono
stati in
grado, negli
ultimi anni,
di varare
un'organica
politica per
la casa che,
intrecciata
con
innovative
politiche di
governo del
territorio,
fosse in
grado di
rilanciare
la
produzione
di edilizia
a fini
sociali o di
carattere
pubblico con
il recupero
urbano ed il
contenimento
del consumo
di suolo
nelle città;
la Corte
costituzionale
e la Corte
europea dei
diritti
dell'uomo
hanno, in
questo
quadro,
segnalato
l'inopportunità
di
provvedimenti
«tampone» –
soprattutto
in materia
di proroga
delle
ordinanze di
sfratto –
che ledono
il libero
dispiegarsi
del diritto
alla
proprietà,
in assenza
di azioni
organiche e
complessive
capaci di
dare una
risposta
d'insieme ai
vari aspetti
che
riguardano
il problema
dell'emergenza
abitativa in
Italia e,
d'altro
canto, si
deve tenere
presente che
il diritto
alla casa e
l'accesso
alla
proprietà
della stessa
sono sanciti
dall'articolo
47 della
Costituzione;
parte
rilevante
della crisi
abitativa,
specie in
alcuni
ambiti
territoriali
e
segnatamente
nella città
di Roma, è
legata alla
dismissione
del
patrimonio
abitativo
degli enti
previdenziali
pubblici e
privatizzati;
processo che
ancora oggi
– dopo le
alienazioni
concluse
negli anni
precedenti –
riguarda
circa 100
mila
famiglie;
in
questo
ambito, gli
affittuari
degli
immobili
degli enti
previdenziali
privatizzati
vivono una
condizione
di
preoccupazione
circa gli
eventuali
aumenti dei
canoni di
affitto per
il rinnovo
dei
contratti di
locazione e
per le
conseguenze
connesse con
i possibili
processi di
dismissione
del
patrimonio
immobiliare;
per
quanto
riguarda i
conduttori
degli
immobili
degli enti
previdenziali
pubblici, la
preoccupazione
deriva
dall'interruzione
del processo
di
alienazione
e dalla
scadenza dei
contratti
che mette
sia i
conduttori
con titolo
che le tante
famiglie di
occupanti
sine
titulo
in una
condizione
di angoscia
e incertezza
tanto più
assurda in
presenza di
una legge –
la n. 410
del 2001 –
che ha
fissato con
chiarezza le
condizioni e
le
prerogative
con cui
agire per la
vendita del
patrimonio
degli enti
previdenziali
pubblici;
in
questo
specifico
caso, va
ricordato
che già il
90 per cento
del
patrimonio
abitativo è
stato
alienato ai
conduttori
con le
prerogative
della
suddetta
legge e
attraverso
l'azione di
specifici
soggetti
societari
all'uopo
costituiti –
Scip 1 e
Scip 2 –,
dopo lo
scioglimento
dei quali il
patrimonio
residuo è
entrato
integralmente
in possesso
dell'Inps;
l'Inps
stesso, più
volte
sollecitato
sul tema ha
inviato,
anche con
specifica
lettera del
presidente
Mastrapasqua,
ai Ministeri
dell'economia
e delle
finanze e
del lavoro e
delle
politiche
sociali –
vigilanti
sull'Istituto
– richiesta
di
chiarimento
sul da
farsi, in
ragione
anche della
sopravvenuta
norma sulla
dismissione
del
patrimonio
immobiliare
pubblico
presente
all'articolo
27 del
cosiddetto
«decreto
Salva
Italia»,
decreto-legge
6 dicembre
2011,
n. 201,
convertito,
con
modificazioni,
dalla legge
n. 214 del
2011;
appare,
pertanto,
urgente un
pronunciamento
degli organi
parlamentari
e del
Governo
sulle
modalità con
cui
affrontare,
in un quadro
di
sostenibilità
economica
dello Stato
e degli enti
sopra
richiamati,
ma anche e
soprattutto
di tutela e
garanzia
sociale
delle
famiglie
interessate,
il processo
di
alienazione
degli
immobili del
patrimonio
abitativo
degli enti
pubblici e
privatizzati,
evitando il
rischio di
accentuare
l'emergenza
abitativa,
impegna il
Governo:
ad
assumere
iniziative,
nel più
breve tempo
possibile,
per chiarire
il quadro
normativo
che regola
il processo
di
alienazione
del
patrimonio
immobiliare
degli enti
previdenziali
pubblici, in
particolare
precisando
che, in ogni
caso, al
processo di
alienazione
si applica
la
disciplina
della legge
n. 410 del
2001, con
riferimento
al regime
delle tutele
degli
inquilini,
al prezzo e
alle
garanzie,
contemperando
le esigenze
di
redditività
per la
finanza
pubblica dei
processi di
alienazione
con quelle
sociali,
coerenti con
quelle che
ispirano la
missione
istituzionale
di tali
enti, quali
protagonisti
del sistema
del
welfare;
ad
intervenire
per
garantire,
comunque,
agli
inquilini
tutele e
garanzie di
controllo
sui prezzi
di vendita
da parte dei
predetti
enti
pubblici e
sull'entità
dei canoni
di affitto
in rinnovo
di
locazione,
traendo
prioritario
riferimento
da quanto
stabilito
dalla legge
n. 410 del
2001 e dagli
accordi
sindacali in
materia, in
modo che i
diritti in
essa
stabiliti
siano
effettivamente
praticabili;
ad aprire
in ogni caso
da subito,
sempre
relativamente
al
patrimonio
immobiliare
degli enti
pubblici,
una sede di
confronto
tecnico e
sindacale
con le
organizzazioni
sindacali,
dell'inquilinato
e con gli
enti locali
interessati,
per
individuare
le soluzioni
più rapide e
socialmente
efficaci per
raggiungere
gli
obbiettivi
sopra
richiamati e
per la
regolarizzazione
dei sine
titulo
o delle
assegnazioni
irregolari
negli
alloggi dei
predetti
enti
previdenziali
pubblici,
anche al
fine di
prevenire
situazioni
esplosive di
disagio
sociale e
per favorire
l'accesso al
credito
delle
famiglie con
reddito
medio basso,
con mutui
sostenibili
e
finalizzati
all'acquisto,
anche
avvalendosi
delle
recenti
misure
proposte in
tal senso
dal Governo;
ad
impartire
disposizioni
affinché,
nelle more
dei
provvedimenti
da assumere,
venga
valutata la
possibilità
di differire
l'esecuzione
degli
sfratti o
degli
sgomberi
pendenti
nelle aree
urbane e
sospendere
le aste
riguardanti
le unità
immobiliari
ad uso
residenziale
che non
risultino
effettivamente
libere per i
conduttori
di alloggi
sia di enti
previdenziali
pubblici che
privatizzati;
ad
intervenire,
anche
mediante
precise
disposizioni
normative,
per
risolvere
l'annosa
vicenda del
contenzioso
giudiziario
dei
cosiddetti
immobili di
pregio;
a farsi
promotore,
quanto al
patrimonio
degli enti
privatizzati,
di una
decisa
iniziativa
presso i
medesimi
enti che,
nel
richiamarli
alle
responsabilità
che anche
essi
rivestono
quali attori
del sistema
sociale, sia
volta a
favorire,
nel rispetto
e
nell'ambito
della loro
autonomia
gestionale,
organizzativa
e contabile
–
avvalendosi
anche di
apposite
procedure di
negoziazione
con le
organizzazione
sindacali
degli
inquilini –
politiche di
gestione del
mercato
delle
locazioni e
dei processi
di
dismissione
immobiliare
(prevedendo
anche
l'alienazione
in favore
dei
conduttori
delle unità
abitate). Le
politiche in
questione
dovranno
ispirarsi a
criteri di
tutela e
salvaguardia,
in ogni
caso, dei
nuclei
familiari
che
presentino
condizioni
di maggiore
svantaggio e
disagio
economico,
ovvero che
siano a
rischio di
esclusione
sociale,
così come
individuati
dal
decreto-legge
20 ottobre
2008,
n. 158,
convertito,
con
modificazioni,
dalla legge
18 dicembre
2008, n. 19.
Le medesime
politiche
dovranno,
più in
generale,
ispirarsi a
criteri che,
nel rispetto
della
funzione di
garanzia
economico-finanziaria
che il loro
patrimonio
assume per
le
rispettive
gestioni
previdenziali,
siano quanto
più aderenti
a quelli di
carattere
sociale
previsti per
la
dismissione
del
patrimonio
immobiliare
degli enti
pubblici di
previdenza;
a
monitorare
che i
processi di
dismissione
immobiliare
degli enti
previdenziali
pubblici e
privatizzati,
ispirati ai
principi
sociali di
cui alla
presente
mozione,
siano
conformi ai
criteri di
piena
trasparenza,
conoscibilità
e
rendicontazione.
(1-00011)
(Ulteriore
nuova
formulazione) «Morassut,
Saltamartini,
Antimo
Cesaro,
Di Gioia,
Santerini,
Argentin,
Braga,
Villecco
Calipari,
Martella,
Meta,
Coscia,
Realacci,
Peluffo,
Lenzi,
Brandolin,
Costa,
Leone,
Misuraca,
Dorina
Bianchi,
Piso,
Garofalo,
Bernardo,
Bosco,
Tinagli,
Zanetti,
D'Agostino,
Sottanelli,
Cimmino,
Binetti,
Rabino,
Causin,
Fitzgerald
Nissoli,
Monchiero,
Schirò,
Dellai,
Marazziti,
Sberna».
Napoli, 02
dicembre 2013
La disastrosa gestione del patrimonio
immobiliare dell'Inps
di Mario Milone
Coordinatore Nazionale inquilini dei "cosiddetti" immobili di
pregio.
Dopo la fallimentare esperienza delle
cartolarizzazioni e la conseguente restituzione agli
Enti previdenziali dei rispettivi patrimoni immobiliari
rimasti invenduti dalla Scip S.r.l., l'Inps chiude la
gestione 2012 del suo patrimonio immobiliare da reddito
con una rilevante perdita pari a 272,9 mln/€.
Il dato è allarmante e il Governo deve urgentemente
intervenire sulla gestione negativa del patrimonio.
Nel 2009, l'Inps avrebbe voluto dar vita ad un Suo fondo
immobiliare ad apporto privato dove far confluire gli
immobili. Poi il Governo ha stabilito che bisognava
conferirli nel Fondo della Invimit Sgr (100% Tesoro).
Questo, senza che nel frattempo venissero interrotte le
vendite agli inquilini (legittimi titolari del diritto
di opzione).
L'Inps
invece, in questi ultimi 5 anni, non ha assunto alcuna
iniziativa di vendita causando
un danno enorme alle migliaia di inquilini (anziani e
pensionati) che attendono ormai da 17 anni di acquistare
l'alloggio in cui vivono da decenni.
Napoli, 27 Novembre 2013
Dalla
Legge di stabilità delega al Governo per alienazione immobili
pubblici
di Mario Milone
Coordinatore Nazionale inquilini dei "cosiddetti" immobili di
pregio.
Approvata con voto di fiducia
la legge di stabilità al Senato, il cui testo passa ora alla
Camera. Nel testo è previsto che entro 60 giorni dalla sua
data di entrata in vigore, il Governo definisce, sentita la
Invimit e le commissioni parlamentari competenti, un
programma straordinario di cessioni di immobili pubblici
tale da consentire introiti per il periodo 2014-2016 non
inferiori a 500 milioni di euro annui. Intanto, si è
svolta a Palazzo Chigi la riunione del Consiglio dei
Ministri convocato per l'esame del Decreto Legge
- Disposizioni urgenti concernenti l’IMU, l’alienazione
di immobili pubblici e la Banca d’Italia.
Per quanto riguarda l'alienazioni
di immobili pubblici,
sono state varate
norme che facilitano il processo di dismissione del
patrimonio immobiliare pubblico, in particolare è stata
estesa anche alle Regioni e agli Enti locali la possibilità
di cedere beni immobili a Cassa Depositi e Prestiti.
Napoli, 22 Novembre 2013
Gli
inquilini Inps, dopo 17 anni, aspettano risposte
definitive e risolutive dal Governo.
di Mario Milone
Coordinatore Nazionale inquilini dei "cosiddetti" immobili di
pregio.
Dall'analisi del RAPPORTO SUL PATRIMONIO IMMOBILIARE DA
REDDITO INPS,depositato il 06.11.2013 agli
atti della Camera durante l'audizione del direttore generale
dell'Inps Mauro Nori, risulta che le unità
immobiliari dell'ente sono pari a25.440 per
un valore di circa 2,4 miliardi di Euro (ex INPDAP
15.100 unità immobiliari per un valore di 890 milioni, ex
INPDAI 9.500 unità per 1.330 milioni, INPS 750 unità per 170
milioni e ex IPOST 90 unità per 22 milioni). Per quanto
riguarda la destinazione d'uso, risulta che il 40%
delle unità sono residenziali, il 10% commerciali e il
50% secondarie. Per lo stato locativo il 20% delle unità
sono libere, il 75% sono locate (ma tutti i contratti
sono scaduti) o "inoptate" e 5%
sono occupate da "senza titolo".
Per effetto della pressochè totale inclusione del patrimonio
immobiliare ad uso residenziale nelle operazioni di
cartolarizzazione la quasi totalità dei rapporti di
locazione in essere fanno rilevare contratti scaduti.
Per quanto riguarda in particolare l'ex patrimonio INPDAP,
alla luce del fatto che il processo di vendita in opzione ai
conduttori delle unità immobiliari locate si è ormai
completato, le unità immobiliari locate sono costituite
in massima parte da unità c.d. "inoptate", per le quali
il conduttore non ha esercitato l'opzione all'acquisto
e di cui è prevista la messa in vendita all'asta. Il
patrimonio cartolarizzato residuo, pone dei vincoli ai
percorsi di valorizzazione poichè il quadro normativo
esistente e di cui è stata confermata la vigenza (Legge
410/2001, ripresa dall'art. 43 bis della Legge 14/2009),
pone in capo agli Enti originariamente proprietari l'obbligo
di garantire, anche nell'attuale fase post
cartolarizzazione, la salvaguardia delle prerogative degli
inquilini (titolari di specifici diritti nel processo di
vendita).
Pertanto solo le unità libere possono essere oggetto
di percorsi di valorizzazione alternativi.
Il
Governo deve ora salvaguardare i diritti riconosciuti
ai conduttori degli immobili cartolarizzati residui
attraverso la immediata ripresadelle vendite
dirette in opzione fino al loro completamento
risolvendo contemporaneamente l'annoso contenzioso
dei "cosiddetti" immobili di pregio.
Napoli, 18 Novembre 2013
Saccomanni
ascolti il Parlamento.
di Mario Milone
Coordinatore Nazionale inquilini dei "cosiddetti" immobili di
pregio.
Il Ministro Saccomanni
intervistato dal corriere della sera sulle misure per
ridurre il debito pubblicoafferma di voler
intervenire con "più decisione nel valorizzare
l’immenso patrimonio pubblico immobiliare".
Il Ministro conferma
quindi di voler accelerare con decisione sulle dismissioni immobiliari.
Come ho anticipato nelle scorse settimane, si partirà
subito dagli immobili residenziali dell'Inps la cui
gestione da parte di Mastrapasqua ha fatto registrare solo
perdite. Poi sarà la volta dell'Inail.
A breve il Governo
dovrà presentare i provvedimenti con cui il patrimonio immobiliare dei due enti verrà
conferito in un Fondo immobiliare per poi confluire nel
Super-Fondo della Invimit Sgr, società
interamente posseduta dal Tesoro. Indubbiamente, per ridurre il debito,
non c'è strada migliore di quella di vendere direttamente in tempi rapidi agli
inquilini le case in cui essi vivono da decenni. Gli inquilini sono, ormai divenuti
proprietari di fatto dei rispettivi alloggi se si vanno a conteggiare i canoni di
locazione che la maggior parte di essi paga da oltre 40
anni. Inoltre si tamponerebbe anche
il degrado urbano, se le case divenissero proprietà di singoli
individui e famiglie: interessati, come proprietari, a preservarne
il valore. La privatizzazione, che vuol dire valorizzazione e
responsabilizzazione, non deve essere solo un salvagente per il
debito pubblico - ma uno strumento per costruire basi più solide,
per una società libera e responsabile. È importante quindi che il
Governo si faccia promotore di adeguare il quadro normativo e
regolamentare per consentire e accelerare le dismissioni
affrontando nel concreto tutte le
criticità che sono emerse
negli anni passati, le problematiche relative al blocco delle vendite degli
immobili residenziali dell'Inps dopo la fallimentare esperienza
delle cartolarizzazioni nonchè il contenzioso giudiziario
legato ai "cosiddetti" immobili di pregio.
Tutti nodi che andranno affrontati e risolti se si vogliono
soddisfare anche le legittime aspettative degli inquilini
che, a distanza di 17 anni dall'avvio del
processo di dismissioni, non sono stati ancora messi in
condizione di poter acquistare la loro prima abitazione in
cui vivono da decenni
superando l'irragionevolezza delle norme che in passato hanno
creato disparità di trattamento
tra inquilini, escludendo quelli dei "cosiddetti" immobili di
pregio, dallo sconto del 30% e dallo sconto di blocco. In questo
quadro si inserisce la
Mozione di Scelta Civica n. 00246,
che vede come primo firmatario l'On. Antimo Cesaro,
parlamentare della Campania. La mozione, sarà discussa
questa settimana alla Camera dei deputati insieme a
quelladelPartito Democratico n. 00011
che vede come primo firmatario
l'On. Roberto Morassut. Entrambe le mozioni puntano a
impegnare il Governo per uniformare le condizioni di acquisto
tra tutti gli inquilini eliminando le disparità
e risolvendo il contenzioso giudiziario da esse
originato in un quadro in cui la situazione di crisi economica
perdura, i prezzi di mercato degli immobili
sono previsti in ulteriore calo, il credito è stitico
e la fiducia delle famiglie è ancora al lumicino.
Genova - Una
trentina di inquilini di due palazzi
di Albaro avevano dichiarato guerra
all’Inps, il padrone di casa che si
apprestava a vendere gli appartamenti. E
dopo anni, la settimana scorsa, quella
guerra l’hanno vinta.
L’Istituto
nazionale di previdenza dovrà concedere gli
appartamenti messi in vendita all’interno
dei condomini di via Traverso 2 e via
Traverso 3 al prezzo stabilito prima che gli
immobili venissero classificati come “di
pregio”, status che di fatto ne raddoppiò il
prezzo di vendita. E il precedente
genovese potrebbe risultare deflagrante
per l’Inps, alle prese con analoghe
opposizioni un po’ su tutto il territorio
nazionale: quegli appartamenti, sostiene il
foro di Genova, dovranno essere venduti col
30% di sconto rispetto al prezzo fissato da
una perizia della prima metà degli anni
Duemila, e dovranno essere assoggettati ad
ulteriore riduzione del prezzo per
via del fatto che la quasi totalità degli
interessati, allora, accettò di esercitare
il diritto di prelazione.
Napoli, 12 novembre 2013
Pronta la lista
dei primi immobili Inps da conferire a Invimit
di Mario Milone
Coordinatore Nazionale inquilini dei "cosiddetti" immobili di
pregio.
Sarebbe già pronta, scrive il quotidiano Milano finanza, una
lista con circa un migliaio di edifici e terreni dell'Inpsda conferire a Invimit la Sgr del ministero dell'economia
che avrà il compito di valorizzare gli asset tramite la
creazione di un fondo ad hoc. Si tratterebbe di asset
immediatamente trasferibili, perché a posto con tutta la trafila
burocratica propedeutica a questo tipo di operazioni, che
sarebbero stati pescati tra i circa 12 mila tornati in pancia
all'Inps dopo le operazioni di cartolarizzazione dei primi anni
Duemila (Scip 1 e Scip 2) scrive sempre Mf. Ancora prematuro
però parlare di una valutazione precisa, visto che la situazione
di crisi economica
perdura e i prezzi di mercato degli immobili
sono previsti in ulteriore calo.
Rimane quindi da capire chi comprerà cosa e a che prezzo.
Napoli, 9 novembre 2013
Consiglio di
Stato: alla Romeo la gestione da 44 mln degli immobili Inps
di Mario Milone
Coordinatore Nazionale inquilini dei "cosiddetti" immobili di
pregio.
La
società Inps gestione immobiliare Igei Spa fu costituita
nel febbraio 1992 a seguito dell'autorizzazione del Ministero
del lavoro, di intesa con il Ministero del tesoro per la
gestione del patrimonio immobiliare dell'INPS. Il decreto
legislativo, n. 104 del 1996, fra le diverse disposizioni,
stabilì la soppressione della Igei spa con contestuale
messa in liquidazione della stessa a far data dal 31
dicembre 1996. L'Inps possiede ancora oggi il 51 % del valore
azionario della società di gestione immobiliare, il 48 %
è di proprietà, ripartita in quote paritarie, della Vianini Lavori spa, Prelios spa,Gefi spa, Sovigest spa,
CMC Coop arl e l'1 % per cento di proprietà di
BNL. l'IGEI, ancorché società in liquidazione prossima alla
sua definitiva cessazione (precedentemente prevista al 30 giugno
2012, poi prorogata al 31 dicembre 2012), ha continuato a
gestire il patrimonio immobiliare dell'INPS - con
l'autorizzazione dei Ministeri vigilanti - fino ad oggi. La
situazione della Igei spa è quindi rimasta sostanzialmente
immutata per circa vent'anni sino al 28 marzo 2011 data in
cui l'INPS indiceva una gara volta all'affidamento dei "Servizi
di gestione amministrativa, tecnica e di supporto alla
valorizzazione del patrimonio immobiliare da reddito dell'INPS",
mediante procedura ristretta, da aggiudicarsi con il
criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, con
importo a base d'asta di euro 44.100.000,00. Esaminate le
offerte presentate dai concorrenti, la commissione
aggiudicava la gara in data 30 maggio 2012 al Raggruppamento
Temporaneo di Imprese Prelios, mentre la società Romeo
si classificava al secondo posto in graduatoria.
L'aggiudicazione definitiva veniva pronunciata dall'Inps il 13
giugno 2012 e comunicata ai concorrenti il 14 giugno 2012.
Con il ricorso Rg. 5651 del 2012
la Romeo chiedeva l'annullamento,
previa sospensiva
della determinazione
contenente l'aggiudicazione definitiva
della gara, nonché della aggiudicazione provvisoria.
Il Tar Lazio
con sentenza n. 5013/2013 del 20 maggio 2013 respingeva il
ricorso.Avverso tale sentenza, la Romeo ricorreva in
Consiglio di Stato che il 17 ottobre 2013 con il
dispositivo di sentenza n. 5049/2013 ha accolto il ricorso
della Romeo eha annullato l'aggiudicazione definitiva,
dichiarando l'inefficacia immediata del contratto e disponendo
che l'appellante Romeo Gestioni s.p.a. subentri
nell'aggiudicazione e nel contratto.In buona sostanza, la
Romeo, contestando che Prelios sarebbe rimasta priva in
corso di gara di alcuni specifici requisiti di qualificazione
SOA, è riuscita ad aggiudicarsi
definitivamente il succulento business da 44 ml di euro.
Naturalmente ora che gara per la
gestione del patrimonio Inps è stata vinta dalla società del "chiacchierato
re degli appalti pubblici" il napoletano Alfredo Romeo, i
dipendenti della Igei sono in massimo stato di agitazione perchè
si sono visti sfumare la possibilità di essere assorbiti dalla
Prelios con la quale avevano già avviato delle trattative. Ma
chi è Alfredo Romeo?
Vi ricordate l'inchiesta Global Service iniziata per la
presunta turbativa d'asta negli appalti del Comune di Napoli?
Ebbene a seguito di quell'inchiesta Alfredo
Romeoè stato condannato dalla Corte di appello di Napoli a
3 anni di reclusione per corruzione. Questo ovviamente non
ha impedito alla Romeo Gestioni, con il suo sistema
collaudato, di continuare a fare il pieno di gare ed appalti per
tutto il 2013. Prima con Sea, Consip e Anci
Riscossione e ora la ciliegina sulla torta, con la
sentenza del Consiglio Stato grazie alla quale Romeo vince anche
la gara Inps da 44 mln di euro.
Come si concilia adesso la gestione Romeo con i
piani di vendita del Ministero degli immobili residenziali
dell'Inps attraverso la Invimit?
Napoli, 08
novembre 2013
Immobili:
Lucibello (Inail), pronti a conferire a Invimit
di Mario Milone
Coordinatore Nazionale inquilini dei "cosiddetti" immobili di
pregio.
All'Inail sono rimaste invendute circa 850 unità
immobiliari ex cartolarizzate il cui valore di
bilancio è di 308 milioni.
Molte di queste unità sono di pregio, su 300 infatti
pende ancora il contenzioso con gli inquilini.
L'Inail adesso tenterà di vendere una parte del suo
patrimonio mettendolo all'asta sul web attraverso la
rete aste telematiche notarili. Infatti per
l'operazione attualmente in corso, per 30 immobili
(tutti non di pregio) si tratta della prima asta, 20
sono messi in vendita per la seconda volta e 21 sono
al terzo turno d'asta, con progressivi abbattimenti
del prezzo base.
La prossima asta vedrà inserite 48 unità libere e 28
locate.
La stima del valore di mercato complessivo delle
unità è pari a quasi 16 milioni, pari a una media di
circa 222 mila euro per ogni immobile, mentre la
base d'asta totale è di oltre 11,4 milioni di euro
per una media di circa 161mila euro per ciascuna
unità immobiliare. Il quadro generale non è certo
incoraggiante. Dal Consiglio Nazionale dei Notai
dicono che nel 2012 le compravendite si sono ridotte
del 42% e quelle relative alle dismissioni Inail del
72%. Facile prevedere che anche per il 2013, si
registrerà la stessa musica se non peggio..
Ma ieri, l'Istituto attraverso il suo direttore
generale Giuseppe Lucibello, non esclude che
parte del patrimonio possa confluire in uno dei
fondi" correlati a Invimit
Il DENARO
del, 01 Novembre 2013 pag. 19
Case, il Governo
accelera sulle dismissioni. Ora si sciolga il nodo immobili di
pregio.
di Mario Milone
Coordinatore Nazionale inquilini dei "cosiddetti" immobili di
pregio.
Il Governo è ormai intenzionato
ad accelerare sulle dismissioni immobiliari partendo
subito dagli immobili residenziali dell'Inps e
dell'Inail che da anni riescono a spuntare solo
rendimenti negativi. Tra pochi mesi, probabilmente già entro
fine anno, il patrimonio immobiliare dei due enti verrà
conferito in un Fondo immobiliare che confluirà in un
Super-Fondo di proprietà della Invimit Sgr, società
interamente posseduta dal Tesoro. Le buone intenzioni
sono quelle di vendere direttamente in tempi rapidi agli
inquilini per soddisfare le sempre più impellenti esigenze
non solo di cassa ma di riduzione strutturale del debito dello
stato. Il Governo,
dovrà quindi affrontare nel concreto tutte le
criticità che sono emerse
negli anni passati, le problematiche relative al blocco delle vendite degli
immobili residenziali dell'Inps dopo la fallimentare esperienza
delle cartolarizzazioni nonchè il contenzioso giudiziario
legato ai "cosiddetti" immobili di pregio.
Tutti nodi che andranno affrontati e risolti se si vogliono
soddisfare anche le legittime aspettative degli inquilini
che, a distanza di 17 anni
dall'avvio del processo di dismissioni, non sono stati ancora
messi in condizione di poter acquistare la loro prima abitazione
in cui vivono da decenni. Punto di partenza ineliminabile per la
determinazione del prezzo di vendita degli appartamenti è la
recente sentenza della cassazionen. 21596/13 che
ha stabilito che il prezzo di vendita delle unità
residenziali - per tutti gli inquilini che hanno manifestato la
volontà di acquisto entro il 31 ottobre 2001 - deve essere
quello ai valori correnti di mercato del 2001così come
previsto dall'art. 1, comma primo, del
decreto-legge n. 41 del 2004.
Poi bisognerebbe urgentemente
superare l'irragionevolezza delle norme che in passato hanno
creato disparità di trattamento
tra inquilini, escludendo quelli dei "cosiddetti" immobili di
pregio, dallo sconto del 30% e dallo sconto di blocco. Si
tratterebbe quindi di uniformare le condizioni di acquisto
tra tutti gli inquilini con
atti concreti del Governoeliminando le disparità
e risolvendo così tutto il contenzioso giudiziario da esse
originato in un quadro in cui la situazione di crisi economica
perdura, i prezzi di mercato degli immobili
sono previsti in ulteriore calo, il credito è stitico
e la fiducia delle famiglie è ancora al lumicino. Spero
che dalle buone intenzioni si passi velocemente a fatti concreti
che vadano nella giusta direzione e che ci sia un Governo in
grado di realizzarli.
Napoli, 21 ottobre 2013
Dismissioni: si
riparte da Invimit?
di Mario Milone
Coordinatore Nazionale inquilini dei "cosiddetti" immobili di
pregio.
Il
Governo Letta sulle dismissioni spinge dall'inizio della
legislatura e per avviare questo mega-piano è nata nei mesi
scorsi la Sgr ad hoc Invimit con amministratore
delegato l'ex numero uno dell’Agenzia del Demanio Elisabetta
Spitz, che dovrà gestire direttamente - o attraverso altre
Sgr - un pacchetto di fondi immobiliari dove Stato e enti locali
e previdenziali inseriranno parte del loro patrimonio o per la
vendita o per la valorizzazione.
Venerdì 11 ottobre Invimit ha anche ottenuto l'atteso via libera
da Consob e Bankitalia. Il
progetto di Palazzo Chigi, così come riportato oggi da Sergio
Rizzo sul Corrieredella Sera, ha come scopo quello
di abbattere il debito pubblico ma anche di valorizzare una
serie di strutture il cui mantenimento costa (e non poco) ogni
anno alle casse dello Stato. La
benzina iniziale per far partire l'operazione arriverà
dall'Inail che - oltre a mettere sul piatto parte dei suoi
immobili - fornirà anche la liquidità necessaria a far partire
la macchina con un miliardo e 800 milioni di euro. Il
primo dei fondi che confluirà nel super-fondo conterrà immobili
dell'Inps per 1,9 miliardi di euro scrive Rizzo..
Questo il piano, insomma. Che veda la luce però non è affatto
scontato..
Letta comunque ci vuole provare.
Nel testo della legge di stabilità che domani approderà
in Parlamento c'è scritto che entro 60 giorni dalla sua data di
entrata in vigore, il Governo definisce, sentita la Invimit, un
programma straordinario di cessioni di immobili pubblici
tale da consentire introiti per il periodo 2014-2016 non
inferiori a 500 milioni di euro annui. Entro fine anno
dovrebbe esserci il trasferimento a Invimit anche degli immobili
residenziali dell'Inps. Pertanto la due diligence
legale che precederà l’operazione, dovrà mettere in luce
tutte le criticità che sono
emerse negli anni passati.
Come ho segnalato nell'appello inviato al Governo del 09.10.2013 andranno
considerate le legittime aspettative degli inquilini che,
dopo 17 anni dall'avvio del processo di vendita attraverso i
piani ordinari, le cartolarizzazioni, ecc.., non sono stati
ancora messi in condizione di poter acquistare la loro prima
abitazione in cui vivono da decenni.
Andrà infine risolto anche il contenzioso giudiziario sui
"cosiddetti" immobili di pregio sanando l'ingiustizia e la
disparità di trattamento che ne è all'origine.
Napoli, 09 ottobre 2013
Appello al Governo Letta
di Mario Milone Coordinatore Nazionale
inquilini dei "cosiddetti" immobili di pregio.
Entro martedì della prossima
settimana il Consiglio
dei ministri approverà la Legge di
Stabilità (venerdì è convocato un Consiglio dei ministri per
giungere a una stretta finale sul provvedimento che dovrebbe
accontentare le richieste della maggioranza e che sarà
presentato la prossima settimana).Inevitabilmente sul tavolo ci sarà
anche il dossier sulle dismissioni immobiliari. Tra le operazioni che potrebbero
partire già stasera c'è il passaggio di un pacchetto
di immobili dal Demanio al nuovo Fondo Fiv della Cassa
depositi e prestiti: il valore indicativo dell'incasso
che via XX Settembre punterebbe a realizzare si aggira
attorno ai 500 milioni.
Poi, arriverà anche il via libera di Bankitalia per l'Sgr
del Tesoro Invimit, guidata da Elisabetta Spitz e da
Vincenzo Fortunato ex capo di Gabinetto degli ultimi tre
ministri dell'Economia, che potrebbe coinvolgere, tra
l’altro, INPS e INAIL nelle attività di costituzione
di fondi immobiliari con i loro immobili e che potrebbero
essere gestiti dalla Sgr del Tesoro. L'Inps, che dal 2009 ha bloccato le vendite
per
cercare di far confluire il
patrimonio immobiliare dell'Inps in un fondo immobiliare
ad apporto privato di tipo chiuso, ora vorrebbe utilizzare
laSgr,
Invimitdel Tesoro per disfarsi del proprio
patrimonio e delle problematiche relative alla sua gestione che
negli ultimi anni hanno causato ingenti perdite. Il presidente dell'Inps,
Antonio Mastrapasqua, nella sua
relazione al bilancio consuntivo 2012 (chiuso con un
disavanzo di quasi 9 miliardi), si giustifica per non aver
potuto dimettere il patrimonio immobiliare dell'ente a causa
della "legislazione incoerente" degli ultimi anni ma è
facile intuire quali sono le vere ragioni delle forti
resistenze alla dismissione dopo che per quasi 50 anni molte
società hanno gestito il patrimonio immobiliare dell'Inps.
E' dal 2011 che l'INPS ha
espletato la gara per la gestione di tutto il suo patrimonio (44
mln di euro in 3 anni) ma, ad oggi, la stessa non è ancora stata
aggiudicata definitivamente perchè la Romeo Gestioni ha
fatto ricorso al Tar e tutto è rimasto come prima. Addirittura
l'IGEI S.p.a. (società partecipata al 51% dall'INPS) in
liquidazione dal 1996 e nonostante l'atto costitutivo prevedeva
una durata fino al 31 dicembre 2010, continua tuttora a gestire
una parte consistente del patrimonio dell'Inps. Intanto la gestione ordinaria del
patrimonio da reddito dell'Inps, nel periodo 2009-2012, ha fatto
registrare perdite che ammontano complessivamente a 142,5 mln
di euro. Viceversa l'Inail, dal 2009 in
poi, ha sempre continuato a vendere gli immobili, applicando
la stessa normativa che l'Inps avrebbe voluto cambiare.
Spetta ora al Governo intervenire decidendo cosa e come vendere. Certo se il Governo
dovesse optare per il trasferimento degli immobili alla Invimit,
il disbrigo delle pratiche burocratiche richiederebbe comunque
12/24 mesi e, se l'eventuale trasferimento dovesse riguardare
anche il patrimonio abitativo, migliaia di inquilini ne
sarebbero interessati. Pertanto mi auguro che, oltre alle
esigenza di bilancio, si considerino anche le legittime
aspettative degli inquilini che, dopo 17 anni
dall'avvio del processo di vendita attraverso i piani
ordinari, le cartolarizzazioni, ecc.., non
sono stati ancora messi in condizione di poter acquistare la
loro prima abitazione in cui vivono da decenni. Essi, al pari degli altri che
hanno già acquistato, sono infatti titolari per legge del
diritto di acquistareil
proprio alloggio. Si tratta di famiglie
(certamente non agiate) costituite prevalentemente da anziani ed
ex dipendenti dell'Istituto che non hanno potuto ancora
acquistare la casa in cui vivono da decenni come hanno fatto
altre decine di migliaia di inquilini (magari residenti negli
stessi stabili o in quelli di enti diversi),durante
tutto il processo di dismissione degli immobili degli
enti previdenziali pubblici iniziato nel 1996 e
proseguito con le cartolarizzazioni. Il Governo, per essere
credibile sul tema delle dismissioni
deve superare innanzitutto la situazione di stallo delle
vendite venutasi a creare per le unità immobiliari, rimaste
invendute e ritrasferite agli enti previdenziali dopo la
chiusura delle fallimentari operazioni di cartolarizzazione. Si tratta di un
portafoglio non indifferente ma
gli immobili sono prevalentemente residenziali
equasi tutti gli inquilini
hanno manifestato la volontà di acquistare i rispettivi
appartamenti entro il 31 ottobre 2001 e che quindi
hanno diritto ad acquistarli ai valori correnti di mercato
del 2001 come ha stabilito definitivamente la recente
sentenza della SupremaCorte di Cassazione con
sentenza 21596/13.
La Cassazione ha infatti dato definitivamente ragione ai conduttori confermando il
trasferimento dei relativi appartamenti ai
prezzi del 2001 avendo essi manifestato la volontà di
acquisto dei rispettivi appartamenti entro il 31 ottobre 2001. La Suprema Corte, ripercorrendo la normativa sulle dismissioni succedutasi dal
1996 in poi, stabilisce una volta per tutte che il prezzo di
vendita delle unità residenziali, per gli inquilini che
hanno manifestato la volontà di acquisto entro il 31 ottobre
2001, deve essere quello ai valori correnti di mercato del
2001.
Per calcolare il prezzo dei singoli appartamenti all'ottobre del
2001, basterebbe moltiplicare le stime già determinate
dall'Agenzia del territorio prima del 2009 (cioè prima del
passaggio degli immobili dalla Scip agli enti), per i
coefficienti contenuti nell'ultima tabella pubblicata sulla G.U.
Serie Generale n. 181 del 5 agosto 2006 e previsti dal D.L. n.
41 del 23 febbraio 2004 convertito, con modificazioni, nella
legge n. 104 del 23 aprile 2004.
La proposta avanzata a maggio
di quest'anno risolverebbe in ogni caso il contenzioso
giudiziario che grava sugli immobili
(Lettera
al Governo Letta)esbloccherebbe
immediatamente le vendite garantendo, nel contempo, la legittima
aspirazione all’acquisto della prima casa delle famiglie e
l’esigenza dello Stato di incassare risorse significative, utili
ai fini del perseguimento degli obiettivi di bilancio. Mi auguro che il
Governo ne tenga conto. Del resto anche
l'Avv. Daniela Becchini Direttore Centrale Patrimonio dell'Inps
sembra d'accordo come affermato nella sua recente intervista...130816_becchini.html-id=f1a6440c-1eeb-11e3-a457-b8ac6f13f7ca
Si parla di nuove dismissioni immobiliari quando
rimangono ancora da completare le vendite degli immobili degli enti
previdenziali iniziate nel 1996.
Il
punto di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio.
Periodicamente,
quando si cercano disperatamente nuove risorse e si tenta di
attaccare la montagna del debito pubblico italiano, si rispolverano
dossier che prevedono la vendita del patrimonio pubblico. A questo proposito
è bene ricordare quali sono i problemi irrisolti delle precedenti
operazioni di vendita partendo dalla vicenda della dismissione del
patrimonio immobiliare degli Enti Previdenziali Pubblici. La scelta del
Governo di concludere a dicembre 2008 le due costosissime operazioni
di cartolarizzazione SCIP 1 e SCIP 2 ha lasciato certamente
irrisolti moltiproblemi, tra cuiè rilevantissimo
- sul piano della giustizia sociale – quello di migliaia di
inquilini degli enti, che, dopo 17 anni dall’emanazione della
disciplina legislativa delle vendite, non hanno ancora potuto
acquistare l’alloggio. Si tratta dei
conduttori degli immobili lasciati invenduti dalla SCIP e
retrocessi in proprietà agli enti con la Legge 27/2/2009 n. 14per la continuazione delle vendite e che invece sono
mantenuti bloccati da quasi 5 annidall’INPS, ente ove
sono confluiti anche i patrimoni, pur essi vincolati alla
dismissione, dei soppressi INPDAI, ENPDAP e ENPALS. Parliamo di
inquilini, titolari per legge di opzione all’acquisto delle
unità residenziali (già da anni stimate per la vendita), ai quali
viene ancor’ oggi negata l’offerta di esercizio del diritto di
opzione e che sono dunque portatori di sacrosanti interessi
giuridicamente tutelabili. La legge
stabilisce che i prezzi di vendita vengano determinati dall’Agenzia
del Territorio, cosa già fatta da molto tempo ed è in base a tali
prezzi che le venditedevonocontinuare, come
stabilito nell’art. 43 bis della Legge 27 febbraio 2009 n. 14, se
non si vogliono provocare altri danni agli inquilini con ingiuste
disparità di trattamenti. La legge prevede
inoltre che tutti gli immobili devono essere offerti agli
inquilini e, soltanto se inoptati, possono essere venduti ad altri. Intanto si sta
aggravando la“disparità di
trattamento” tra gli inquilini di enti diversi (INPS e INAIL). l’INPS mantiene
infatti la situazione di stallo nelle vendite,dopo aver disapplicato sia l’art. 43 bis della L. 14/2009 sia la
direttiva interministeriale del 10.02.2011 (G.U. n. 131 del
13.06.2013), ambedue riguardanti la soluzione transattiva del
contenzioso immobiliare tra inquilini ed enti relativamente al
prezzo di vendita degli alloggi, negando così i principi
costituzionali di imparzialità e di eguaglianza cui deve
attenersi la Pubblica Amministrazione. Si è detto, del
resto, in tanti modi e in tante sedi, che coloro i quali
compreranno in ritardo rispetto agli altri, risulteranno
danneggiati per il solo fatto del decorso del tempo durante il quale
sono stati privatidella proprietà
della casa ed hanno pagato il canone mensile di locazione. Non è quindi
nemmeno ipotizzabile
che, per gli immobili non ancora optati, si possa toglierli di
fatto dalla venditamantenendoli nella proprietà agli enti
dimenticando che la dismissione immobiliare, di cui parliamo,
ha già consentito a circa 80.000 inquilini di acquistare negli
ultimi 7/8 anni la casa da loro abitata e che, adesso,
vi è un’ altra parte che aspetta la soluzione del contenzioso
giudiziario per acquistare l’alloggio. Il diritto di
quest’altra parte ad esercitare l’opzione non può rimanere
sacrificato: costituirebbe un’ingiustificata discriminazione
rispetto agli inquilini che hanno comprato le case nell’ambito della
stessa procedura di dismissione e sarebbe in contrasto con i
principi costituzionali di eguaglianza (art.3) e di imparzialità
(art. 97). Proprio per
intervenire sui molti irrisolti problemi ho messo a punto, insieme
all'Unione Inquilini, una organica proposta normativa, già
presentata al Governo il 14 maggio 2013, (Lettera
al Governo Letta)
che interpreta gli interessi delle migliaia di famiglie, (ceto
medio), in massima parte, di lavoratori e pensionati impegnati ad
acquisire la proprietà dell’alloggio come
“prima casa”. Sarebbe
auspicabile, prima di intavolare discussioni su nuove dismissioni,
che tutte le forze politiche e sindacali, si facciano promotrici
di una posizione di appoggio alla soluzione della questione,
ingiustamente trascurata per molto tempo perché fraintesa con
rivendicazioni di privilegio, specialmente perchè si parla, spesso,
di “case di pregio” (che altro non sono che gli immobili ubicati in
zone centrali delle città, quindi di più alto prezzo
indipendentemente dalle caratteristiche costruttive).
di Mario Milone -
Coordinatore nazionale inquilini immobili di pregio
lunedì 3 dicembre
2012 in
commissione Attività produttive al Senato è stato accolto l'emendamento
bipartisan presentato dai Senatori Enzo Giorgio Ghigo (PDL)
e
Lionello Cosentino (PD) al decreto legge Sviluppo
All'emendamento 34.1000, aggiungere infine il seguente comma:
"100-bis.
In considerazione delle particolari condizioni del mercato
immobiliare e della difficoltà di accesso al credito, al fine di agevolare e
semplificare le dismissioni immobiliari da parte degli enti previdenziali
inseriti nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come
individuati dall'ISTAT ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 31
dicembre 2009, n. 196, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della
legge di stabilità il Ministro dell'economia e delle finanze con proprio
decreto, sentita l'Agenzia del demanio e le parti sociali e
sindacali interessate, fatto salvo gli equilibri finanziari degli enti
coinvolti e fermo restando il rispetto delle procedure di alienazione indicate
all’art. 43 bis, comma 12 del decreto legge 30 dicembre 2008 n. 207, convertito
con modificazioni dalla legge n. 14 del 27.02.2009 e fatti salvi i diritti
maturati secondo quanto previsto dal comma 20 dell’articolo 3 del decreto legge
25 settembre 2001, n. 351, convertito con modificazioni dalla legge 23 novembre
2001, n. 410, detta disposizioni al fine della ripresa del processo di
alienazione diretta ai conduttori degli immobili ad uso residenziale degli enti
previdenziali pubblici nonché per favorire l'acquisto della proprietà o la
locazione da parte dei conduttori dei beni immobili di proprietà degli enti
previdenziali privatizzati, prevedendo modalità di vendita e di locazione di
detti immobili in modo da consentire, in presenza dei necessari requisiti,
riduzioni del prezzo di vendita finalee canone di affitto sostenibili a favore delle famiglie, delle persone
anziane e singole a basso reddito o con comprovata difficoltà finanziaria."
Ieri pomeriggio
il suddetto emendamento approvato (in commissione) trovava
posto nel maxiemendamento presentato dal Governo. Nel tardo
pomeriggio il "colpo di scena": il presidente della commissione
Bilancio del Senato Azzollini ha chiesto in Aula che saltasse
questa norma del maxiemendamento, in quanto non ci sarebbe stata
la copertura. Il presidente del Senato, Renato Schifani, e
per il Governo il sottosegretario all'Economia, Gianfranco
Polillo, hanno accettato la richiesta.
La saga del mattone di Stato perché in
venticinque anni nessuno è riuscito a vendere
DOPO DODICI MESI SI È ARRESO ANCHE IL
MINISTRO DELL’ECONOMIA GRILLI: SI FARÀ UN FONDO DA SOLI 3-5 MILIARDI
SU UN PATRIMONIO DI CIRCA 400. LE RESISTENZE DELLE AMMINISTRAZIONI
CHE USANO I BENI PER UNA POLITICA DI POTERE
Adriano Bonafede
Roma «Il valore degli immobili su cui possiamo lavorare è tra i 3 e
i 5 miliardi. Si tratta di caserme, di beni già conferiti alla Cassa
depositi e prestiti e di 350 beni individuati dal demanio
potenzialmente conferibili ai nuovi fondi della costituenda sgr».
Ecco le conclusioni del ministro dell’Economia Vittorio Grilli sulla
vendita degli immobili pubblici che per un anno ha dominato il
pubblico dibattito, con svariate proposte (da quella del duo
Bassanini-Amato a quella del Pdl, da quella dell’ex Ragioniere dello
Stato Andrea Monorchio a quella del presidente della Consob,
Giuseppe Vegas, per finire a quella del Pdl). Un dibattito che aveva
accesso speranze per una vendita accelerata dei beni pubblici con il
fine di ridurre drasticamente il debito pubblico da 2.000 miliardi
di euro e alleviare in questo modo i sacrifici degli italiani,
tartassati da ogni genere d’imposta. Ma il mesto Grilli, a un
recente seminario a porte chiuse ha gelato tutti: massimo 3-5
miliardi. Come a dire una goccia in un mare da circa 400 miliardi di
immobili (i calcoli sono i più vari e vanno da un’ipotesi minima di
190 miliardi - vedi grafico in pagina - a 500 e oltre) che, secondo
il ministro, nessuno riuscirà a vendere. Il mattone di Stato -
caserme, edifici, siti industriali, uffici e così via - non si può
vendere, dice Grilli, o al massimo se ne possono vendere briciole e
un po’ per volta. Rispetto alle “grandi speranze” sollevate un anno
fa, la delusione non poteva essere più cocente. Un oscuro deputato
dell’Italia dei Valori, Francesco Barbato, dopo la risposta a una
sua interrogazione, mercoledì scorso, da parte del sottosegretario
all’Economia Vieri Ceriani, ha chiosato: «È particolarmente
censurabile che il governo, nonostante la sua caratterizzazione
tecnica, non sia stato ancora in grado di assumere iniziative decise
in questo campo». In effetti Vieri Ceriani ha fatto presente che di
tutta questa massa di immobili sparsi fra segmenti dello Stato ed
enti locali, si sa ancora abbastanza poco: «Il primo approccio
sistematico per una completa conoscenza dell’attivo pubblico è
rappresentato dal progetto “Patrimonio della pubblica
amministrazione” avviato dal ministero dell’Economia ai sensi della
legge finanziaria 2010. Una prima fase di raccolta dati, terminata
nel marzo del 2011, ha riportato una risposta complessiva pari al 53
per cento del totale». Quasi la metà degli enti pubblici non aveva
risposto, tanto che lo stesso Vieri Ceriani ha detto che la prossima
rilevazione sarà integrata con banche dati ufficiali. Certo, il
tempo passa e prima o poi tutto finisce nell’oblio. Ma è strano che
Vieri Ceriani (o chi ha per lui scritto la risposta
all’interrogazione) abbia completamente dino menticato che già nella
seconda metà degli anni Ottanta una commissione pubblica, presieduta
da Sabino Cassese, aveva prodotto, con un lavoro certosino durato
due anni, un completo censimento di tutti gli immobili pubblici.
Perché anche allora, nell’era del Prima Repubblica, qualcuno si era
posto il problema della vendita di una grossa parte dell’immenso (e
inutilizzato o mal utilizzato) patrimonio immobiliare pubblico. Il
lavoro della Commissione Cassese non andò completamente perduto. Nel
1993 fu costituita Immobiliare Italia, dove entrarono vari soggetti
allora pubblici, come Imi, Bnl, Banca di Roma, Crediop, Iccri,
Comit, Credito Italiano, Fonspa aed Eni. La società aveva
l’ambizioso obbiettivo di portare nelle casse dello Stato 50 mila
miliardi di lire (circa 25 miliardi di euro). I precedenti storici
erano incoraggianti: nel 1862, l’allora ministro delle Finanze
Quintino Sella, aveva creato una spa partecipata dalle banche che,
vendendo proprietà immobiliari pubbliche, sanò per il 48 per cento
il deficit delle casse regie. La Repubblica Italiana non sembra però
riuscire, nelle sue cangianti versioni di “Prima” o “Seconda”,
laddove il Regno aveva avuto successo. Infatti dopo tre anni
Immobiliare Italia fu chiusa senza aver venduto un solo immobile. I
tentativi successivi di cavare qualche ragno dal buco del mattone di
Stato sono stati numerosi, ma tutti velleitari. Il governo Prodi nel
1998 istituì una commissione presieduta da Giacomo Vaciago che però
non si tradusse in alcun risultato concreto. Poi arrivò Berlusconi e
il ministro Tremonti provò con le cartolarizzazioni immobiliari
denominate Scip 1 e Scip 2. La prima ebbe un relativo successo (ma
gli enti previdenziali, che avevano ceduto le abitazioni, si
lamentavano perché il prezzo pagato a loro era basso, mentre erano
stati i privati entrati nel veicolo a guadagnare), la seconda fu un
vero fallimento. Una serie di successivi interventi sparsi un po’
qui e un po’ là dal vero deus ex machina di quella fase, cioè Giulio
Tremonti, hanno creato una specie di diaspora che perdura tuttora.
Nel 2002 era stata creata Patrimonio dello Stato Spa (a capo della
quale era stato messo Massimo Ponzellini), che sarebbe dovuta
diventare il soggetto a cui trasferire tutti i beni dello Stato, ma
che è stata chiusa nel 2011. Mentre nasceva Patrimonio dello Stato
sorgeva anche Fintecna, che doveva pensare alla valorizzazione e
alla vendita dei beni pubblici anche grazie all’accordo con partner
privati: l’operazione più importante è stata quella per le torri
dell’Eur dell’ex ministero delle Finanze, ancora in fieri. Nel 2004
il Mef aveva costituito il Fondo Immobili Pubblici che doveva
vendere (e ancora sta vendendo) immobili per 3,3 miliardi. Qual è
adesso la situazione? Fintecna è da poco pervenuta alla Cassa
depositi e prestiti. Quest’ultima, comunque, ha già una Direzione
immobiliare, che si occupa di aiutare gli 8 mila enti locali a
vendere i loro asset. In Cdp c’è anche un’sgr che insieme ad altri
partner gestisce il fondo di housing sociale e un altro fondo (Fiv)
che opera per valorizzare gli asset delle utilities locali. Infine,
last but not the least considerando la proliferazione di interventi
che si sovrappongono, nascerà una nuova sgr che farà capo questa
volta al ministero dell’Economia (mentre in un primo tempo avrebbe
dovuto far capo al Demanio, molto attivo i quest’ultimo anno), per
creare un fondo da 3-5 miliardi. «Lo Stato negli ultimi 20 anni ha
fatto molti tentativi di vendita del patrimonio - dice Cesare
Ferrero, country manager di Bnp Paribas Real estate - con risultati
di alterna fortuna e senza una regia stabile. Bisogna domandarsi
perché. Io credo che l’errore sia nelle procedure di vendita
straordinarie senza strategia industriale. Io suggerirei di
procedere a un’operazione di privatizzazione del patrimonio,
conferendo a una Spa pubblica 40-50 miliardi di asset, come avvenuto
per Fs, Eni, Enel o Autostrade. Poi la società, ben gestita da un
buon management, attuerà la migliore strategia gestionale e verrà
quotata». Ma perché tutti i tentativi esperiti finora finiscono
regolarmente nel (quasi) nulla? «L’ostilità della struttura
burocratica - spiegò nel 1996 l’allora presidente di Immobiliare
Italia, Luigi Scimia - ha pesato in misura decisiva sul fallimento».
«È ancora così - dice oggi Gualtiero Tamburini, presidente di
Federimmobiliare - Ci sono le resistenze sotterranee da parte di
tutti quelli che il patrimonio immobiliare pubblico lo utilizzano
per fare favori (affitti regalati, prezzi di vendita ridicoli).
Nessuno si priva di uno strumento di potere. Per spezzare questo
circolo vizioso occorreva un coraggio e una lungimiranza che questo
governo d’emergenza forse non poteva avere».
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio
In questi giorni,
alcuni giornali – come Corriere della Sera, Il Sole 24 Ore,
Messaggero, Il Fatto Quotidiano – hanno riportato con evidenza la
notizia che Andrea Riccardi, ministro per la cooperazione e
l’integrazione (con delega alla famiglia), ha proposto un piano
di vendite delle abitazioni di Enti e Casse previdenziali agli
inquilini che vi abitano, a prezzo concordato. Rispetto
a valutazioni errate e commenti impropri sull'eventuale vendita
delle case degli enti pubblici e delle casse previdenziali,
l'ufficio stampa del ministro Riccardi precisa quanto segue: "La
proposta del ministro, ancora in fase di approfondimento, non
prevede alcun obbligo, come pure e' stato detto e scritto, di
vendita agli inquilini dell'intero patrimonio immobiliare.
Patrimonio, e' bene ribadirlo, che resta nella piena disponibilita'
degli enti e della casse". L'idea invece riguarda
esclusivamente quella parte di patrimonio, da piu' di 35 anni di
proprieta' degli enti, gia' messa in vendita o sul punto di
esserlo (cosi' come comunicato in Parlamento dai rappresentanti
degli enti e
delle casse) attraverso l'affidamento o la cessione a gruppi o
fondi immobiliari. Unicamente in questi casi, e fatta
ulteriore eccezione per gli immobili di lusso, si prevede la
possibilita' per l'inquilino di esercitare una sorta di prelazione a
un prezzo equo. Prezzo che, a ben vedere. non si discosta molto,
nella stragrande maggioranza dei casi, da quello che l'ente
venditore ottiene dai gruppi immobiliari. Dunque nessun
esproprio, nessuna aggressione o impoverimento dei
bilanci degli enti o delle pensioni erogate. Ma solo la volonta'
di risolvere in modo moderno, con senso di equita' e di giustizia,
una tensione abitativa che in qualche caso sfiora la drammaticita'.
L'ufficio stampa ricorda inoltre che l'attenzione per questo
problema e' stata sollecitata al ministro da molti sindaci di grandi
citta' e di diverso orientamento politico, da numerosi prefetti
nonche' da parlamentari di vari gruppi. Alle Camere
peraltro da anni si discute dell'argomento senza finora essere
giunti ad alcuna conclusione concreta. Si
conferma quindi che il Governo sta lavorando ad un'intervento
normativo tanto più necessario in quanto il Presidente
dell'Inps, nell'audizione di oggi in commissione controllo degli
enti previdenziali alla Camera, ha dichiarato che non intende
procedere con le dismissioni immobiliarise il Governo non
interviene a chiarire il quadro normativo di riferimento.
La disposizione del Governo a questo punto è da introdurre con
carattere d'urgenza non solo per l'approssimarsi della fine
della Legislatura ma anche perchè l'INPS chiede nuove norme al
Governo rifiutandosi di dare esecuzione persino alla direttiva
interministeriale del 10 febbraio 2011 (Gazzetta Ufficiale n.
135 del 13 giugno 2011) che, in ogni caso, prevede una parziale
soluzione conciliativa. Si rinnova, dunque, a
tutto il Governo,la richiesta di impegnarsi decisamente
per consentire la ripresa delle vendite degli immobili
residenziali ex cartolarizzati e facilitare anche la soluzione
dell'annosa questione che interessa gli inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio,in maggioranza anziani, sempre più sfiduciati per i tempi
lunghi della giustizia.
E' ormai improrogabile
un intervento normativo per
definire il contenzioso giudiziario dei "cosiddetti" immobili di
pregio
degli enti previdenziali pubblici che stabilisca modalità di vendita
allineate alle condizioni di difficoltà economica delle famiglie
in questo particolare momento di crisi, in modo da consentire
l’acquisto dei loro appartamenti a prezzisostenibili
e che consenta di
raggiungere un risultato
soddisfacente sia per gli enti che devono dismettere un
patrimonio dalla redditività negativa, sia per gli inquilini
che aspirano ad acquistare la casa.
Il Corriere della Sera 10 novembre
2012
Enti e casse
previdenziali, un maxi piano per vendere le case agli
inquilini
L'immobile potrà essere acquistato pagando una somma
pari a 150 volte l'affitto mensile. Decine di migliaia di
appartamenti interessati
di Roberto Bagnoli
ROMA - Gli inquilini degli
alloggi Inps, Inpdap e di tutte le casse
previdenziali professionali (notai, avvocati,
giornalisti, eccetera) potranno acquistare
l'immobile pagando una somma pari a 150 volte
l'affitto mensile. L'operazione riguarda parecchie
decine di migliaia di immobili. Secondo la stima
fatta dalla commissione parlamentare per il
controllo sugli enti di gestione previdenziale, solo
per le città di Milano e Roma, si tratta di 30 mila
alloggi. Nelle casse dello Stato andrebbero 120
milioni di euro derivanti da una imposta di registro
media di 4 mila euro. Questa in estrema sintesi la
proposta, sotto forma di emendamento alla legge di
Stabilità, fatta dal ministro per la Cooperazione e
l'Integrazione (con delega alla famiglia) Andrea
Riccardi.
TEMPI
- I tempi saranno
rapidissimi: se la legge verrà approvata, gli
inquilini avranno sei mesi di tempo per esercitare
il loro diritto.
Ne ha parlato al Consiglio dei ministri di fine
ottobre trovando l'interesse soprattutto del collega
allo Sviluppo Corrado Passera e nei giorni scorsi
Riccardi è passato all'azione. Mercoledì ha inviato
una bozza dettagliata a Palazzo Chigi e agli uffici
legislativi del ministero della Giustizia e del
Tesoro. «La proposta - spiega al Corriere il
ministro - è quella di favorire case normali per
persone normali, e i parametri scelti per la vendita
hanno preso come riferimento prezzi calcolati in
base agli indici della Banca d'Italia e sul rapporto
retribuzioni/costo degli alloggi». CARTOLARIZZAZIONI - Alla
radice di questa proposta è la convinzione di
Riccardi che le varie cartolarizzazioni del
patrimonio immobiliare previdenziale fatte finora
hanno sostanzialmente privilegiato le case in centro
finite poi ai vip. Escludendo gli alloggi meno
pregiati, spesso confluiti in fondi immobiliari
chiusi e quindi invendibili. Ieri il ministro
Riccardi, commentando l'Atlante della domanda
immobiliare del Censis, ha spiegato che «la
difficoltà a trovare casa è una delle cause
principali del calo demografico, i costi del mercato
immobiliare sono ancora troppo alti e i giovani non
riescono a mettere su famiglia». E ancora: «La
stagnazione del mercato immobiliare non conviene a
nessuno: famiglie, proprietari, costruttori e
Stato». LA SCOSSA - Ecco l'idea di
una "scossa" per rimettere in circolazione risorse
finanziarie e portare soldi allo Stato. Anche questa
è spending review . Entrando nel merito, la proposta
è molto articolata. Innanzitutto riguarda le case
costruite oltre 35 anni fa e che non siano
classificate come edifici di pregio artistico,
storico né di lusso. Devono essere con contratto
libero indicizzato, ed abitate dal titolare dello
stesso. Ecco altri paletti: nessun acquisto se
l'interessato, il coniuge o altro familiare
convivente è proprietario di altra unità abitativa
nello stesso Comune o in quelli limitrofi; se
l'interessato, al momento dell'entrata in vigore
della legge, è moroso per oltre sei mensilità.
Inoltre, per evitare le speculazioni, una volta
acquistato l'immobile non può essere ceduto o locato
per almeno dieci anni, ridotti a 5 per chi ha oltre
75 anni. L'imposta di registro, infine, non può
essere inferiore alla somma di tremila euro. Questo,
appunto, per garantire un generoso flusso nelle
disastrate casse statali. LA VENDITA - Riccardi
spiega che «la norma si colloca in una strategia di
politica abitativa intesa a favorire l'accesso alla
proprietà della prima casa da parte di famiglie
monoreddito, anziani ed invalidi che già hanno
sopportato aumenti di canone dal 90 al 210%». La
relazione tecnica fornisce ulteriori dettagli: «La
legge dà la possibilità di poter disporre del
diritto di prelazione finora impedito con il
conferimento ai fondi immobiliari, le vendite di
interi edifici a società immobiliari o a gruppi
bancari». Così come si spiega, lasciando intendere
di avere già in tasca il via libera degli enti
interessati, che la proposta andrà a vantaggio delle
casse di previdenza ed assistenza che avranno così
in breve tempo risorse finanziarie visto che,
secondo la Corte dei conti, non partecipano alle
elevate plusvalenze realizzate dai grandi gruppi
immobiliari con l'acquisizione di queste proprietà».
Quindi la vendita sarà obbligatoria anche se
l'intero stabile era già stato conferito a fondi
chiusi o dato in conto vendita alle agenzie
immobiliari. UN GRANDE AFFARE - La
proposta del ministro Riccardi riguarda
sostanzialmente tutti. Cioè «gli Enti e le Casse di
previdenza ed assistenza, soggetti giuridici
sottoposti alla vigilanza dei ministeri competenti e
della Corte dei conti nonché iscritti nell'elenco
delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto
economico consolidato». E quindi Inps, Inpdap,
Inpdai, e le casse degli ordini professionali come
notai, avvocati, architetti, giornalisti, eccetera.
Il prezzo, immaginato dai tecnici e scritto
nell'emendamento, è pari «alla moltiplicazione del
canone mensile per 150 volte e corrisponde al valore
del patrimonio immobiliare senza gli eccessivi
incrementi (che, comunque, non sono percepiti dagli
Enti o dalle Casse in argomento) delle imprese del
settore e della iniqua bolla speculativa
recentemente esplosa». Secondo gli esperti la somma
dei prezzi così determinati (150 volte) «è superiore
alla vendita per intero degli edifici che tante
tensioni sta generando e assicura alla proprietà una
maggiore entrata». E comunque un grande affare per
l'inquilino. Tanto per fare un esempio se l'affitto
mensile per una casa di cento metri quadri è di
mille euro, potrà diventare proprietario sborsando
150 mila euro. Cioè 1.500 euro al metro quadrato. RIPRODUZIONE
RISERVATA
La Corte dei Conti Boccia la
gestione di Mastrapasqua
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio
La sezione di controllo sugli enti
della Corte dei Conti, approvando (delibera n. 91 del
5/11/2012) la relazione del Magistrato Antonio Ferrara sul
risultato del controllo sulla gestione finanziaria 2011
dell'Istituto, boccia l'Inps di Mastrapasquasulla
gestione del patrimonio immobiliare da reddito dell'Istituto. Il valore del patrimonio
immobiliare rispetto al 2010, è rimasto di valore pressoché
invariato (1,8 mld di euro). "In
via di estrema sintesi può ribadirsi che dopo il sostanziale
fallimento di Scip 2 e il dopo il riacquisto nel 2009 dei restanti
immobili cartolarizzati da parte dell'Istituto, l'attività di
valorizzazione e dismissione, sia per l’intervento di disposizioni
che hanno mutato strategie e adempimenti, sia per i vincoli
normativi connessi alle unità ex cartolarizzate che ha inciso
pesantemente anche sul livello dei rendimenti.
Risulta in particolare interrotto il percorso, avviato nel 2010, di
costituzione di uno o più fondi immobiliari ad apporto privato
– tra l’altro condizionato alle attività di ricognizione e
valutazione, ancora in corso, affidate alle Agenzie del Territorio e
del Demanio – mirato anche alla unificazione dei rapporti frazionati
tra diversi soggetti esterni per i servizi di gestione. Tra le
principali questioni di fondo – anche sul piano normativo e in gran
parte irrisolte - permangono: la certezza sull’obiettivo
prioritario finale della dismissione, rispetto a quello, solo
secondario e transitorio, della valorizzazione; la scelta dello
strumento della valorizzazione, in via diretta o mediante fondi di
investimento (quest’ultima confermata per l’INPS dal D.L. n. 95
convertito dalla Legge n. 135 del 2012); la revisione dei vincoli
normativi sugli immobili cartolarizzati per agevolarne la vendita.
In ragione delle difficoltà sottolineate dall’Istituto hanno subito
una ulteriore contrazione le vendite, ridotte a 11 unità
residenziali (per un controvalore
di 1,2 mln di euro) e 27 commerciali (5,8 mln), rispetto alle quasi
400 unità complessivamente dismesse nel 2010 e 570 nel 2009.
La gestione ordinaria del patrimonio da reddito continua a
registrare perdite: gli importi, stabilizzati intorno ai 10 mln di
euro nel biennio 2008/2009, salgono a oltre 55 mln nel 2010 e
scendono a 33,7 mln nel 2011, con aumento sensibile e costante nel
biennio 2010/2011 delle spese di “conduzione, ammortamenti e costi
diversi”. Dopo i ripetuti solleciti
in sede di controllo, sul rispetto delle norme sui contratti e dei
criteri di trasparenza e concorrenza, è cessato l’anomala
concessione di proroghe per circa un biennio dei contratti scaduti
per la gestione degli immobili: le procedure di gara, pervenute alla
aggiudicazione nel mese di giugno 2012, risultano peraltro in
contestazione". La Corte dei Conti ha criticato anche
le troppe consulenze esterne (Kpmg) affidate dall'Istituto e
ha invitato il Governo (il ministro Fornero và a nozze) a
"correggere le eccessive concentrazioni di potere nel vertice
monocratico".
Problematiche relative al
contenzioso dei "cosiddetti" immobili di pregio
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio.
In attesa di conoscere se il
Governo, con la prossima legge di stabilità, interverrà
anche in materia di dismissioni del patrimonio degli Enti
previdenziali pubblici, nella relazione al bilancio consuntivo
dell'INPS relativo all'anno 2011, al punto dedicato al
Patrimonio immobiliare, si legge: "con più interventi, sia
sul piano delle proposte normative, sia sul piano amministrativo,
l’Istituto si è fatto parte attiva al fine di individuare criteri e
modalità da seguire per la ripresa della attività di dismissione
degli immobili restituiti dalla SCIP nel rispetto delle procedure
previste dal richiamato art. 43-bis, oltre a favorire la
soluzione di diverse problematiche relative a numerose controversie
pendenti, come quelle sulla qualificazione di pregio di taluni
cespiti". La verità è che, dopo oltre 15 anni dall’avvio della
dismissione immobiliare degli Enti Previdenziali pubblici in
base al D.Lgs. 104/1996, gli Enti (in particolare l'INPS)
continuano a registrare ingenti perdite derivanti dalla gestione dei
beni rimasti invenduti alla chiusura delle operazioni di
cartolarizzazione, decisa dal Parlamento con la messa in
liquidazione dei due patrimoni separati (SCIP 1 e SCIP 2) della SCIP
S.r.l. (art.43 bis L.14/2009). Si tratta, di 27.122 unità immobiliari tra principali e
secondarie (prevalentemente residenziali) per un valore complessivo
di 2,4 miliardi di euro, ritrasferite in data 28 febbraio
2009 agli Enti originariamente proprietari. Mentre il forte incremento dei tassi sui titoli di Stato
italiani pone gravi problemi, lo stallo delle vendite causa un
gravissimo danno per la pubblica finanza; ad esempio, l’INPS che
attualmente vanta il patrimonio più rilevante (avendo assorbito gli
immobili dell'INPDAI), ha presentato la gestione del suo patrimonio
immobiliare con una perdita complessiva pari a 55 milioni di euro
per il 2010 e di 33,7 milioni di euro per il 2011. Contemporaneamente aumenta sempre più il danno arrecato
agli inquilini del residuo portafoglio immobiliare, che pagano
regolarmente il canone di locazione o indennità di occupazione non
avendo potuto acquistare, pur essendo essi - al pari degli altri
che hanno acquistato - titolari per legge del "diritto di
opzione" all’acquistodel
proprio alloggio. Ebbene, sarebbe quanto mai opportuno che l'Inps assumesse
l’iniziativa di accelerare le dismissioni cercando di risolvere
anche l’annosa vicenda dei cosiddetti Immobili di pregio essendo
nota a tutti la regola del
mercato secondo la quale il prezzo di una casa occupata è inferiore
rispetto a quello della stessa casa libera e, pertanto, la riduzione
del prezzo di vendita agli inquilini, praticata nelle dismissioni di
tutti i patrimoni immobiliari pubblici, altro non è se non
l’indicazione forfetaria fatta dal Legislatore, una volta per tutte,
dell’abbattimento di valore della casa, se è occupata.
Anche per la vendita degli immobili degli Enti Previdenziali pubblici,
la riduzione del 30 % non costituisce, dunque, uno sconto agli
inquilini ! Non si comprende allora per quale motivo, sia stata introdotta
- nella dismissione dei beni immobili degli enti previdenziali - la
norma che prevede la definizione degli edifici di pregio e l’offerta
di vendita agli inquilini ad un prezzo pari al prezzo di mercato
degli alloggi liberi. Di conseguenza, un limitatissimo numero di immobili (anch’essi
occupati da inquilini), a distanza di anni, sono stati qualificati
di pregio e irragionevolmente sottratti alla regola generale della
riduzione di prezzo per essere venduti a prezzo pieno di mercato,
stante il fatto che – ragionevolmente - del loro maggior intrinseco
valore si è tenuto conto nella valutazione di base certamente più
alta rispetto agli altri. Si è
determinata così un’ingiustificata disparità di trattamento. L'INPS dovrebbe porre attenzione ad una questione che ha
causato evidenti disparità di trattamento soprattutto nei confronti
degli inquilini più deboli ed anziani, sempre più sfiduciati per i
tempi lunghi della giustizia, perseguendo contemporaneamente il "rigore
nei conti dell'istituto". L'INPS dovrebbe cercare di conseguire un apprezzabile ed
immediato risultato economico ponendo fine alla gestione
fallimentare del suo patrimonio destinato per legge alla dismissione
e riducendo rilevantemente il diffuso contenzioso giudiziario in via
amministrativa e in via ordinaria. Quando il Legislatore è intervenuto per la liquidazione dei
patrimoni delle due operazioni di cartolarizzazione, ritrasferendo
le unità rimaste invendute all'Ente, è stato valutato quanto fosse
stata positiva, nel contesto di quell’intervento, la decisione di
affrontare il contenzioso giudiziario, che blocca l’alienazione di
un rilevante numero di immobili, costituito in massima parte da
unità residenziali occupate. Gli inquilini, sono
stati ottimisti rispetto alla prospettiva di veder avviate a
soluzione questioni annose, convinti che un buon numero di
controversie sono state generate dall’irragionevolezza del
criterio di vendere le case occupate di una certa tipologia (“di
pregio”) al prezzo delle stesse case libere anche perchè la
Camera dei Deputati ha stabilito: “in capo ai soggetti
originariamente proprietari è fatto obbligo di promuovere la
definizione del contenzioso”. L’INPS tuttavia, fin'ora ha
ritenuto di non promuovere alcuna soluzione transattiva che
possa riguardare il contenzioso sugli immobili di pregio, perchè
evidentemente ritiene che il comma 12 dell’art. 43 bis della L.
14/2009 gli affida un potere-dovere di carattere discrezionale. Questo non significa però che gli immobili ad uso abitativo
(di pregio e non di pregio) non devono (entro un tempo tecnico
ragionevole) essere offerti in opzione (con apposita comunicazione
di offerta in vendita) agli aventi diritto (locatari) per
consentirgli l’esercizio del diritto di opzione legislativamente
previsto, indipendentemente dalla stato controversia, in atto, circa
il prezzo di vendita o circa la qualificazione di pregio. L'INPS non può interrompere la procedura di vendita
decidendo arbitrariamente di non inviare le lettere di offerta in
opzione ai prezzi già determinati a suo tempo dall’Agenzia del
Territorio né tantomeno condizionarne l’invio. Infatti, con la Direttiva Interministeriale del
10 febbraio 2011 (G.U. n. 135 del 13.06.2011), a firma dei Ministri
Sacconi e Tremonti, indirizzata a tutti gli Enti Previdenziali
Pubblici, il Governo è intervenuto sulla situazione di sostanziale
blocco delle vendite e ha disposto che, per gli immobili retrocessi
agli stessi enti a seguito della messa in liquidazione della Scip
S.r.l., “occorre procedere alla loro dismissione nel rispetto
delle procedure già previste favorendo soluzioni transattive che
consentano di stipulare contratti di compravendita che prevedano un
corrispettivo pari al valore di mercato dell’immobile, determinato a
suo tempo dall’Agenzia del Territorio, con il versamento di una
quota parte di tale prezzo. La corresponsione del saldo, oltre
agli interessi e alla rivalutazione monetaria sarà legata alla
risoluzione in sede giurisdizionale delle cause pendenti. In questo
modo, l’Ente incasserà una parte del valore degli immobili senza
rinunciare ai propri interessi che verranno tutelati nelle sedi
opportune”. Questo intervento “politico”, detta un orientamento preciso e
univoco sul comportamento di tutti gli Enti (compreso l'INPS) circa
la gestione degli immobili in dismissione superando il potere
- doveredi carattere discrezionale dell'Ente
nell'applicare le disposizioni primarie sulle previste transazioni. Ebbene anche in questo caso l'Inps ha deciso di non
applicare la suddetta direttiva e di ignorare l'offerta
di alcuni inquilini che hanno chiesto di rogitare al prezzo della
sentenza di primo grado (a loro favorevole) lasciando legata la
eventuale differenza all'esito definitivo dei giudizi in corso. A questo punto
tutti
gli inquilini (ex cartolarizzati) potrebbero avviare un'azione di
risarcimento danni (10 anni di affitti pagati) per il ritardo
dell'INPS nel vendere il bene essenziale della vita: LA CASA, a
meno che non ci sia un deciso cambio di rotta da parte dello
stesso Istituto. Se effettivamente
l'INPS intende favorire la soluzione delle diverse problematiche
relative alle numerose controversie pendenti,
come quelle sulla qualificazione di pregio di taluni cespiti,
aspettiamo si conoscerequali sono le azioni concrete che a
tal fine vuole intraprendere.
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio
Stavolta tutti d'accordo. Nessun
pericolo. Nessun rischio sul futuro pagamento delle pensioni. Il
ministro del Welfare, Elsa Fornero, e il presidente dell'Inps,
Antonio Mastrapasqua, dopo i forti dissidi sulla vicenda esodati,
stavolta si ritrovano sulla stessa lunghezza d'onda: «La
sostenibilità del sistema pensionistico è garantita e certificata»
dicono, rimandando ai giudizi di Commissione europea, Ocse e Banca
d'Italia. Una smentita netta, quindi, dell'allarme lanciato dal Civ,
il consiglio di indirizzo e vigilanza, sugli effetti deleteri che il
disavanzo Inpdap porterà nei conti del super-Inps, il colosso
previdenziale che accorperà Inps, Inpdapd e Enpals. Fornero e Mastrapasqua non negano il
rosso di circa sei miliardi dell'ente che finora gestiva le
pensioni dei dipendenti pubblici. «Non mi sembra che ci siano fatti
nuovi. Noi sapevamo che l'Inpdap era in profondo squilibrio» dice la
ministra del Welfare. E aggiunge: «Questo disavanzo è conosciuto
dallo Stato sarebbe stato coperto prima e sarà comunque coperto
adesso». Certo,
ma non sarebbe meglio dismettere immediatamente il patrimonio
immobiliare residenziale del Super-INPS e recuperare così un pò di
soldi? Insomma, in un momento in cui gli
immobili andrebbero venduti velocemente per alleggerire il disavanzo
dell'INPS, l'istituto continua a mantenere bloccate le procedure
di vendita e continua pervicacemente con una gestione fallimentare
del suo patrimonio in presenza di un perdurante conflitto di
interessi che certamente causa un danno per l'erario ma
anche agli inquilini, opzionari per legge (al pari
degli altri che da anni oramai hanno acquistato l’alloggio), nei
confronti dei quali si ritarda nell’invio delle offerte di vendita.
Gli immobili sono stati regolarmente valutati e gli inquilini pagano
da anni il canone di locazione o indennità di occupazione. E' indispensabile che il Governo
solleciti da parte dell'Inps l'applicazione delle norme già
esistenti (L.14/2009) e della direttiva interministeriale del
10.02.2011 (G.U. 135 del 13.06.2011), altrimenti intervenga con
una norma che, come più volte sollecitato da questo coordinamento
nazionale e da centinaia di inquilini, preveda la determinazione del
prezzo di vendita pari al valore di mercato dell'immobile
determinato a suo tempo dall’Agenzia del territorio riparametrato ad
ottobre 2001, per coloro che hanno manifestato la volontà di
acquisto entro tale data, con l'applicazione dei coefficienti
aggregati di abbattimento contenuti nell'ultima tabella pubblicata
sulla G.U. Serie Generale n. 181 del 5 agosto 2006. Solo così si potrà porre la parola
fine ad una annosa questione, conseguendo un apprezzabile ed
immediato sollievo per le sofferenti casse del super-INPS.
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio.
L'Inps
invoca ormai da mesi una revisione delle regole in materia di
gestione e dismissione del patrimonio immobiliare e a tal fine ha
redatto, assieme a Inpdap e Inail, coordinati dal ministero del
Lavoro, una proposta normativa inoltrata al Gabinetto del
Ministro dell'Economia per cambiare il quadro attuale, nel quale
gli enti trovano (a loro dire) difficoltà a portare avanti i piani
di dismissione. In
questa proposta, viene espressa peraltro, perplessità
«circa la previsione, per gli immobili cosiddetti di pregio, di un
prezzo di vendita cristallizzato a quello definito a suo tempo
(2001) dall'Agenzia del Territorio».La
proposta dell'Inps finora sembra essere caduta nel vuoto ma, il suo
presidente, Antonio Mastrapasqua, non si è dato per vinto e
il 27 febbraio scorso è tornato sulla questione delle criticità che
impedirebbero la dismissione degli immobili in portafoglio,
chiedendo anche la convocazione di un tavolo tecnico per
discutere della questione assieme alle autorità competenti.
Tavolo
tecnico che però non è stato ancora convocato,
benché il dipartimento del tesoro abbia già assicurato la propria
adesione. Nel frattempo, il direttore del Tesoro, nel corso della riunione
svoltasi presso l'ufficio Legislativo del Ministero dell'Economia il
5 giugno scorso,avente ad oggetto: alienazione degli immobili degli
enti vigilati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ha
evidenziato però che "l'attuale quadro normativo consentirebbe
comunque agli enti di proseguire nelle procedure di vendita degli
immobili retrocessi". Non si capisce allora perchè l'INPS perseveri nel disapplicare il
comma 12 dell'art. 43 bis della L. 14/2009 che se attuato
(alle condizioni su cui l'INPS ha espresso perplessità)
consentirebbe immediatamente la chiusura del contenzioso giudiziario
che riguarda gli immobili di pregio. L'Inps è rimasto addirittura inerte rispetto alla
direttiva interministeriale del 10 febbraio 2012
(G.U. 135 del 13.06.2011). In ogni caso è inutile che l'INPS continui a invocare il cambio
di regole per la vendita del patrimonio residenziale rimasto
invenduto dopo le fallimentari operazioni di cartolarizzazione. La
partita
della vendita degli immobili residenziali degli enti previdenziali
pubblici è iniziata 15 anni fa per rimediare alla bassa
redditività degli immobili e alla cattiva gestione da parte degli
stessi Enti. E' bene che tutti (a cominciare dal Presidente dell'INPS) si
ricordino che le regole durante una partita in corso
NON SI CAMBIANO!
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio.
Oggi, nel corso di un'audizione alla Commissione parlamentare di
vigilanza sugli enti previdenziali, la Corte dei Conti ha fatto il
punto sulla situazione patrimoniale degli enti di previdenza
(pubblici e privati). Dopo il negativo esito dell'operazione di
cartolarizzazione Scip2 «le dismissioni procedono con molta
difficoltà». Per quanto riguarda l'INPS (12.253 immobili per un
valore complessivo di 1,7 Miliardi di euro), erano stati promossi i
fondi immobiliari ma ora per le dismissioni occorrerà prendere in
considerazione le nuove indicazioni normative, dal Salva-Italia fino
al prossimo decreto legge che sarà approvato dal consiglio dei
ministri. I problemi sono diversi: «l'andamento riflessivo del
mercato immobiliare, la situazione degli occupanti senza titolo e
l'individuazione delle modalità di vendita degli immobili
retrocessi» dalle precedenti cartolarizzazioni. Per l'ex Inpdap, che
deteneva il 46% degli immobili degli enti previdenziali pubblici,
sono tornati indietro da Scip2 12.000 immobili e «in tre anni, dal
primo marzo 2009 al 31 dicembre 2011 - hanno riferito i
rappresentanti della Corte - ne sono stati venduti 1.200», appena il
10% con un ricavo di 93 milioni di euro. Per l'Inail gli immobili
iscritti a bilancio nel 2011 valgono 2,818 miliardi. Un patrimonio
di tutto rispetto ma «la dismissione procede con molta difficoltà»,
evidenzia la Corte. Il crollo del mercato immobiliare fa la sua
parte ma c'è anche il problema degli alloggi di pregio occupati e
delle cause in corso tra ente e inquilini.
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio.
I
conti non tornano. Le stime di gettito contenute nel Documento di
economia e finanza (Def) relative ai primi quattro mesi dell'anno,
sono state disattese e la situazione rivela tutta la sua fragilità,
soprattutto se inserita in un contesto di recessione economica. Non
è casuale che proprio ieri la Corte dei conti sia tornata a
chiedere con insistenza al governo di Mario Monti l'immediato
abbattimento del debito pubblico mediante la dismissione del
patrimonio pubblico, prima che il Paese crolli definitivamente
sotto il peso dei quasi 2 mila miliardi di debito pubblico. In
questo quadro a tinte fosche si inserisce appunto l'ennesimo appello
fatto al Governo da centinaia di inquilini degli immobili degli enti
previdenziali pubblici (vedi lettera ai Ministeri sul sito
www.scip2pregio.it), appello che questo coordinamento nazionale
porta ormai avanti da quasi un anno. Stavolta è toccato al
presidente della Corte dei conti Luigi Giampaolino richiamare il
governo all'essenza del problema: parlando proprio alla Camera in
occasione della presentazione del rapporto citato prima, il numero
uno della magistratura contabile ha chiesto di riprendere «con
maggiore continuità e convinzione il processo volto a realizzare un
abbattimento significativo del debito, attraverso la dismissione di
quote importanti del patrimonio mobiliare e immobiliare in mano
pubblica». Giampaolino ha ricordato inoltre come la Corte abbia
più volte sottolineato l'urgenza di soluzioni operative su un
fronte, come quello delle dismissioni, finora carente
nell'identificare dimensioni, condizioni e responsabilità
realizzative».
Roma 09 maggio 2012
Inps: via libera Camera a
mozione unitaria per governance collegiale
Oggi alla Camera è stata discussa ed
approvata con 504 voti favorevoli (un voto plebiscitario) la
mozione Moffa, Lenzi, Cazzola, Fedriga, Poli, Paladini, Muro,
Misiti, Fabbri, Santori, Brugger ed altri n.
1-01028 concernente iniziative
in materia di governance dell'INPS
La
mozione approvata dalla Camera prevede inoltre che il Governo
assicuri "il rispetto del principio di separazione fra indirizzo
politico e gestione della cosa pubblica, assicurando anzitutto la
distinzione di ruoli fra le competenze del presidente e le
competenze del direttore generale". Necessaria inoltre una "puntuale
vigilanza" in primo luogo per il "rispetto delle garanzie
amministrative di trasparenza, correttezza, buon andamento ed
economicita' nell'adozione degli atti finalizzati alle procedure di
incorporazione, nonche' di un adeguato ruolo delle parti sociali
interessate, ripristinando, altresi', il consiglio di
amministrazione riducendo il costo complessivo per i compensi degli
appartenenti agli organi amministrativi". Va quindi assicurata "la
correttezza, trasparenza e buon andamento amministrativo della
gestione degli interessi pubblici a carattere previdenziale nelle
societa' partecipate dall'Inps e relativa, in particolare, al
sistema di amministrazione e riscossione dei crediti previdenziali
affidati ad Equitalia e alle strutture organizzative ad essa
connesse". Ultimo impegno, la "correttezza, trasparenza e buon
andamento amministrativo nella gestione e valorizzazione del
patrimonio immobiliare".
Anche la Corte dei Conti sollecita il Governo sulle Dismissioni.
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio.
Ecco quello che afferma il presidente della Corte dei conti,
Luigi Giampaolino, nel corso dell'audizione sul Def nelle
commissioni Bilancio di Camera e Senato:Nel
passato alle dismissioni si è fatto ampio ricorso prima con le
privatizzazioni e, poi, con il non felice esperimento delle
cartolarizzazioni, senza ottenere risultati di effettivo rilievo
sul piano dell’abbattimento dello stock del debito. La ragione
dell’esito insoddisfacente della politica delle dismissioni attuata
nel passato va cercata proprio nella scarsa conoscenza delle
condizioni di cedibilità dei cespiti e del rapporto
costi/benefici, oltre che nella limitata capacità di gestione
strategica dei processi da parte delle competenti strutture
amministrative.
L’ambito di fattibilità delle dismissioni dovrebbe essere oggetto,
invece, di un sollecito ed attento esame perché una ripresa delle
politiche di dismissioni del patrimonio pubblico può risultare
opportuna non solo e non tanto per il beneficio che ne
deriverebbe in termini diriduzione del debito, e
quindi della spesa per interessi, ma soprattutto perché essa
consentirebbe di abbattere il ricorso netto al mercato nei due anni
che ancora ci separano dal programmato raggiungimento
dell’equilibrio di bilancio, con un ovvio impatto positivo sullo
spread.
Sarebbe quindi opportuno prevedere all’interno del Governo una
“sede dedicata” supportata da una task force operativa
per acquisire, entro un termine breve prestabilito, tutti gli
elementi conoscitivi disponibili con riguardo ai cespiti pubblici
cedibili, corredati delle informazioni necessarie in ordine ai
vincoli ed alle condizioni di utilizzo, nonché individuare
le eventuali modifiche al quadro normativo necessarie per accelerare
le cessioni. La task force, dovrebbe infine proporre, a
conclusione della ricognizione e delle analisi, uno specifico piano
industriale, completo delle indicazioni relative alla sua gestione
attuativa.
Sempre ieri, Il viceministro dell'Economia, Vittorio Grilli,
interpellato sui possibili interventi di privatizzazione per la
riduzione del debito ha detto: "Stiamo lavorando, speriamo di
portare risultati a breve" per la valorizzazione e dismissione del
patrimonio pubblico.
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio.
La Corte dei conti –
Sezione controllo Enti –con la Determinazione n. 26 del 16 marzo
2012 ha approvato la Relazione sul risultato del controllo eseguito
sulla gestione finanziaria dell’Istituto nazionale per
l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) per
l’esercizio 2010.A
pag. 60 della relazione la Corte bacchetta l'INAIL:
non risulta che per gli
immobili ex Scip 1 e Scip 2 retrocessi (ai sensi e per gli effetti
dell’art. 43 bis del d.l. 30 dicembre 2008 n. 2007 convertito con
modificazione nella L. 27 febbraio 2009 n. 14) - sia stato
compiutamente attuato, in conformità agli indirizzi formulati dal
Ministero del lavoro e dal Ministero dell’Economia (di cui
alla nota del Ministero Economia del 7.12.2010), il piano
relativo alla dismissione né la ricerca di soluzioni transattive.Gli immobili di pregio di proprietà dell'istituto in tutta Italia
ammontano a 582 unità di cui il maggior numero (171) in
Campania. Seguono Emilia Romagna: 132 unità, Toscana: 112,
Lazio: 80, Lombardia: 33, ecc... E'
stata dunque certificata anche l'inerzia dell'INAIL.
Ormai il
Governo non può non decidere.....
Tratto da MF
17 aprile 2012
Il 26 gennaio presso Palazzo Mezzanotte si è tenuta l'iniziativa
"Tagliare il Debito Fare Sviluppo Day"
a cui hanno partecipato:
Roger ABRAVANEL, Alberto ALESINA, Marco ANNUNZIATA,
Fabrizio BARCA, Maurizio BELPIETRO, Franco BRUNI,
Mario BOSELLI, Paolo BUZZETTI, Gianfranco CONTE,
Marina CALDERONE, Giuliano CAZZOLA, Innocenzo
CIPOLLETTA, Mauro CUTRUFO, Gregorio DE FELICE,
Domenico DE SOLE, Maurizio DE TILLA, Gabriele DEL
TORCHIO, Ennio DORIS, Vittorio FELTRI, Federico
GHIZZONI, Piero GIARDA, Piero GNUDI, Giovanni
GRASSO, Vittorio GRILLI, Guidalberto GUIDI,
Raffaele JERUSALMI, Fiorella KOSTORIS, Giorgio LA
MALFA, Linda LANZILLOTTA, Giancarlo LAURINI,
Enrico LETTA, Franco MASERA, Antonio MASTRAPASQUA,
Andrea MONORCHIO, Stefano MONTEZEMOLO, Giuseppe
MUSSARI, Michele NORSA, Gianfranco POLILLO,
Alberto QUADRIOCURZIO, Mario RESCA, Guido
SALERNO ALETTA, Giulio SAPELLI, Paolo SAVONA,
Claudio SICILIOTTI, Sergio SILVESTRINI, Marco
TRONCHETTI PROVERA, Victor UCKMAR, Giacomo VACIAGO,
Paolo ZEGNA
Ecco la proposta:
Anche la manovra economica decisa dal Governo Monti per consolidare
l’obiettivo di azzerare il deficit nel 2012 è essenzialmente
concentrata sull’aumento della pressione fiscale: la nuova
tassazione non risparmia nulla, dai redditi ai consumi, dalle
abitazioni agli investimenti mobiliari, ovunque siano localizzati in
Italia o all’estero. In mancanza di queste misure draconiane,
ribadiscono quotidianamente esponenti del Governo, avremmo già avuto
il tracollo del valore del debito pubblico sui mercati finanziari
oltre alla drammatica certezza dell’insuccesso delle prossime aste
di Bot e Btp.
Ora, è possibile che ciò sia vero, ma il prezzo che l’economia sta
già pagando è la recessione, come confermano le rilevazioni
dell’Istat. Le imprese stentano ad approvvigionarsi di credito e le
stesse banche a fornirlo, visto che i tassi di interesse sul debito
pubblico trascinano verso l’alto, per tutti, il costo del denaro.
L’Italia si sta dunque avvitando in una spirale perversa mentre il
premio al rischio cresce ogni giorno che passa per via della
recessione; non bastasse, l’onere per gli interessi sul debito dello
Stato drena dall’economia reale oltre 80 miliardi l’anno - tutti
prelevati attraverso la tassazione - di cui metà elargiti
all’estero.La strada maestra per uscire dalla palude resta dunque il taglio
del debito, subito ed in maniera drastica: un obiettivo su cui
nessun Governo ha voluto ancora seriamente cimentarsi, preferendo
riassorbire il debito con l’avanzo primario sul bilancio. Il
risultato, dal 1992, non è mai cambiato: sempre più tasse, sempre
meno servizi pubblici, sempre lo stesso debito.
La soluzione c’è; attuarla è più urgente che mai. Si tratta di
conferire tutto il patrimonio disponibile dello Stato (almeno 400
miliardi) in un unico “Fondo patrimoniale degli Italiani”, le cui
quote verrebbero acquisite dalle famiglie, sia prevedendo l’obbligo
ad investire sia consentendo di conferire titoli del debito pubblico
in circolazione. Nel Fondo si dovrebbe far confluire oltre alle
proprietà immobiliari anche le azioni di imprese pubbliche possedute
dal Tesoro, quotate e non, per la parte eccedente il loro controllo.
Le famiglie italiane diverrebbero così direttamente proprietarie di
quote di un fondo comune di investimento, con un impiego
immediatamente fruttifero delle proprie risorse finanziarie, un
impiego che se ben gestito troverebbe peraltro sicura rivalutazione
nel tempo. Per avere un’idea di ciò che si metterebbe in moto, basti
osservare che il completamento dell’operazione (che può essere
diluita in due-tre anni) comporterebbe la riduzione del 20% nel
rapporto debito/pil. Il risparmio per il bilancio dello Stato sarebbe immediato:
diminuirebbero sia il servizio del debito sia i tassi di interesse.
L’intera economia italiana ne beneficerebbe immediatamente. Anziché
lasciarci tassare inutilmente, solo per continuare e pagare alti
interessi sul debito pubblico, è arrivato il momento di riscattarlo,
ricomprandolo.
Idee & Opinioni PROPOSTE (Corriere della Sera 14 aprile
2012)
Lo spread? Si riduce con le dismissioni
Caro direttore, in questi giorni i mercati
hanno di nuovo dato segnali di sfiducia nei confronti del nostro
debito sovrano. Il famigerato spread (la differenza fra il
rendimento dei nostri titoli e quello degli analoghi titoli
tedeschi) è tornato a salire. Ciò avviene nonostante le ingenti
manovre di correzione dei conti pubblici messe in campo nel
2011, specie dal governo Monti, che hanno portato la pressione
fiscale su famiglie e imprese a un livello record sia rispetto
alla nostra storia passata sia nel confronto internazionale. A
questo punto alla politica economica si impongono due domande:
cosa non ha funzionato fin qui? E cosa è ulteriormente possibile
fare per evitare l' avvitamento della nostra finanza pubblica e
della nostra economia. Riguardo a quel che non ha funzionato, a
noi sembra che ci si sia illusi che due fenomeni transitori
potessero produrre effetti permanenti. Il primo fenomeno è stato
il ripetuto acquisto di titoli di stato da parte della Banca
centrale europea. Acquisto che ovviamente non può spingersi fino
a una generalizzata monetizzazione del debito pubblico senza far
nascere forti aspettative di inflazione e con esse un rialzo
generalizzato dei tassi d' interesse dell' eurozona. Il secondo
fenomeno è stato costituito dalle due ingenti operazioni di
rifinanziamento delle banche poste in essere sempre dalla Bce.
Anch' esso ha determinato un aumento della domanda di titoli
pubblici; ma si trattava di un tipico aggiustamento degli stocks:
venuti in possesso di una così ingente liquidità, le banche ne
hanno reinvestito una parte in titoli di stato, con ciò
sostenendone i corsi e facendo calare il tasso d' interesse. Ma
una volta compiuto l' aggiustamento, riemerge lo scarso
desiderio delle banche di accrescere il proprio portafoglio di
titoli sovrani, in particolare di titoli emessi da Paesi che a
torto o a ragione vengono considerati a rischio. Infatti, venuti
meno gli acquisti di titoli da parte della Bce e da parte delle
banche a ciò spinte dalle eccezionali operazioni di
rifinanziamento, i rendimenti che i Paesi più deboli devono
offrire sul mercato per finanziare il proprio debito hanno
ricominciato a salire. E veniamo al che fare. A noi sembra, come
già scritto (Corriere della Sera, 18 luglio e 1° settembre
2011), che solo provando a rendere scarsa la «carta» sovrana
italiana sarà possibile farne risalire il prezzo, e quindi
abbassarne il tasso d' interesse. Continuiamo a ritenere che il
Tesoro dovrebbe essere in grado di annunciare un azzeramento del
ricorso netto al mercato da oggi e per sempre (non creare nuovo
debito ndr). Il «per sempre» è garantito dal nuovo fiscal
compact, dall' inserimento nella nostra Costituzione del vincolo
di pareggio di bilancio, e dalle manovre di aggiustamento già
realizzate. Il «da oggi», mentre prosegue il percorso che dovrà
portarci al pareggio di bilancio, deve essere costituito da un
programma di dismissioni di beni di proprietà pubblica che
azzeri il ricorso al mercato del Tesoro anche nei due anni che
sono innanzi a noi, quando ancora l' andamento di entrate e
uscite ordinarie continuerà a produrre un bilancio pubblico in
disavanzo e quindi un ricorso aggiuntivo al mercato. In
Parlamento è stato appena presentato un disegno di legge (n.
3236, primo firmatario Lamberto Dini e sottoscritto da 60
autorevoli senatori) mediante il quale si costringerebbero tutti
i soggetti pubblici e tutti i soggetti da loro controllati in
via totalitaria a cedere sul mercato gli immobili non
strumentali non sottoposti a vincoli ambientali e culturali.
Da quello si può partire, e a quello deve far seguito una veloce
ripresa delle cessioni di partecipazioni pubbliche non ritenute
strategiche. L' ordine di grandezza delle dismissioni necessarie
per compensare il fabbisogno di cassa del Tesoro non è
gigantesco, ed è sicuramente alla portata di un governo che
faccia dell' azzeramento del ricorso netto al mercato una sua
priorità. Spiace che il governo Monti sottovaluti il tema. Che
non è solo - val la pena ripeterlo - quello di ridurre il volume
del debito, e con esso l' onere per interessi che grava sui
nostri contribuenti; ma è quello, ben più urgente, di assicurare
al mercato che da ora in poi l' Italia ricorrerà al mercato solo
per rinnovare il debito in essere. Temiamo che se il governo non
sarà in grado di fornire al mercato questa rassicurazione, sia
difficile fermare la nuova tendenza al rialzo dello spread;
tendenza in fondo alla quale già si intravede il ricorso al
Fondo monetario internazionale e al costituendo Meccanismo
europeo di stabilità, con l' evidente ulteriore perdita di
sovranità che ne discenderebbe per il nostro Paese. Ex
presidente del Consiglio Ex sottosegretario all' Economia
RIPRODUZIONE RISERVATA
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio.
Sembra proprio
che Mario Monti, si sia reso conto della fallimentare
gestione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali
pubblici (aggravatasi maggiormente per l'Inps dopo la messa in
liquidazione della
SCIP) e abbia
deciso di >>invertire la rotta<<!
>>Ridurre
il debito<<. Questo è
l'imperativo del Premier che ormai sta per varare in grande stile il
piano di dismissione degli immobili pubblici. Con l'art. 27
dell'ultima manovra (c.d. >>Salva Italia<<), il Governo
ha infatti disposto che per la gestione e l'alienazione
del patrimonio immobiliare di proprietà degli Enti vigilati
dallo Stato (quindi anche INPS, INAIL, ecc…), il
Ministero dell'economia e delle finanze - Agenzia del demanio
promuove iniziative idonee per la costituzione disocietà
o fondi immobiliaria cui l’Agenzia stessa partecipa (in
qualità di struttura tecnica di supporto) insieme ai soggetti
apportanti (enti). Inoltre la
gestione finanziaria sarà soggetta al controllo della Corte dei
Conti (forse per evitare gli errori del passato ed arginare
possibili fenomeni di illegalità, corruzione e malaffare). Dunque il
comando delle operazioni sembrerebbe destinato ad essere assunto
direttamente dal Ministero dell’economia e delle finanze -
Agenzia del demanioed il piano di Mastrapasqua di costituire
un suo fondo immobiliare ove far confluire il patrimonio dell’Inps è
ora legato alle decisioni che assumerà il Governo! In sostanza
anche se l'Inps sta ancora analizzando le offerte per la gestione
unificata di tutto il suo patrimonio (ad aprile 2011 è stata
indetta la gara europea per la selezione della società di gestione) tutto rimane
in attesa. “In
questo quadro normativo che rende molto difficile fare scelte
che non comportino rischi di danno erariale e ulteriore
contenzioso” Antonio Mastrapasqua non vende i cosiddetti
immobili di pregio (su cui grava il contenzioso immobiliare) nemmeno
“con riserva” come prevede la recente direttiva
interministeriale in attesa di una nuova norma chiarificatrice
che lo metta al riparo da ogni contestazione. Di fronte a
questo inestricabile groviglio di norme in cui nemmeno l’Inps
riesce ad orientarsi figuriamoci le difficoltà dei giudici chiamati
ad interpretarle e degli inquilini che hanno legittime aspettative
d’acquisto, ma intanto continuano a pagare l’affitto. Ebbene,
sarebbe quanto mai opportuno che l’auspicata norma (da me
richiesta in qualità di Coordinatore nazionale degli inquilini dei
"cosiddetti" Immobili di pregio al Presidente Monti) mirata a chiudere definitivamente il
contenzioso giudiziario dei “cosiddetti” immobili di pregio tenga
conto anche di quest’onere (l’affitto) che i conduttori sono
costretti a dover pagare pur in presenza di norme e direttive
che li individuano come legittimi destinatari del processo di
dismissione. Il Governo
porrebbe così attenzione ad una questione che ha causato evidenti
disparità di trattamento soprattutto nei confronti degli inquilini
più deboli ed anziani, sempre più sfiduciati per i tempi lunghi
della giustizia, perseguendo contemporaneamente il "rigore nei
conti pubblici". Si conseguirebbe
infatti un apprezzabile ed immediato risultato economico per le
casse dello Stato, ponendo fine alla gestione fallimentare di un
patrimonio destinato per legge alla dismissione e riducendo
rilevantemente il diffuso contenzioso giudiziario in via
amministrativa e in via ordinaria. Risponderebbe
allo scopo un provvedimento di legge come sollecitato nella
lettera suindicata: - incentrato
sull’esercizio del diritto di riscatto dell’alloggio, da
disciplinare in conformità alla normativa vigente in materia di
alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica; oppure che
stabilisca -
ladeterminazione del
prezzo di vendita pari al valore di mercato dell'immobile
determinato a suo tempo dall’Agenzia del territorio riparametrato
ad ottobre 2001, per coloro che hanno manifestato la volontà di
acquisto entro tale data, con l'applicazione dei coefficienti
aggregati di abbattimento contenuti nell'ultima tabella pubblicata
sulla G.U. Serie
Generale n. 181 del 5 agosto 2006.
Soluzioni ambedue simili, tra l’altro, ai provvedimenti governativi
mirati alla riduzione del contenzioso giudiziario, circolati durante
la preparazione del maxiemendamento alla Legge di stabilità
(del Precedente Governo) e non più esaminati per il ritiro di tutti
gli emendamenti.
IL SOLE 24 ORE – 26 febbraio 2012
L’IMPERO IMMOBILIARE ASPETTA REGOLE CERTE
di Saverio Fossati
Tutto fermo, aspettando le norme.
Grazie a una serie impressionante di semplificazioni volte a rendere
meglio gestibile, valorizzabile e cedibile il patrimonio immobiliare
Inps, ora nessuno ci si raccapezza più. E adesso che si sono
aggiunti anche Inpdap ed Enpals, arrivando a 2,3 miliardi, con la
redditività sotto zero, comincia a diventare una questione
imbarazzante.
Il primo passo è quello di rendere omogenee le tecniche di gestione
del nuovo mega patrimonio: «C’è stato nel passato – dice il
presidente dell’inps Antonio Mastrapasqua – un diverso approccio al
patrimonio da parte dei vari enti. L’attività di gestione era
diversa e ora dobbiamo scegliere lo strumento comune più adatto in
base a costi e benefici. Fermo restando che a fine 2008 come Inps
avevamo avviato le procedure per indire una gara europea per
individuare una Sgr cui conferire il patrimonio in uno o più fondi,
con delibera approvata dai ministeri vigilanti e dal Civ. Da quel
momento, però, si sono susseguiti una decina di provvedimenti
normativi, tra i quali quello che ha sciolto la Scip. E ogni volta
l’inps ricominciava l’analisi di quanto deciso a fine 2008 per
verificarne la compatibilità con i nuovi dettati normativi. Oggi
siamo al Dl 201/2011 che parla di "fondi di fondi" ma non è chiaro
se riguardi anche la legge 410: insomma, stiamo cercando di capire
se il "Salva Italia" si applica anche agli enti previdenziali». Il
blocco, quindi, sembra risolvibile solo con una nuova norma
chiarificatrice. «Occorre un provvedimento che chiarisca tutte le
fattispecie, coinvolgendo anche gli altri soggetti che hanno
patrimoni, dato che sono tutti nella stessa condizione. Un testo
condiviso che tenga conto delle esigenze di massima valorizzazione e
prudenza e del contenzioso in essere, una sorta di piccolo testo
unico che chiuda la faccenda». Nell’attesa, però, i problemi si
moltiplicano. A partire dalla scarsissima redditività (si veda il
Sole 24 Ore del 18 gennaio 2011) sino alle difficoltà nelle vendite
di quanto rimasto indietro da Scip 1 e Scip 2: nel caso di Scip 1 si
tratta oggi di circa 125 milioni (su 350 milioni di immobili
restituiti senza oneri), mentre quelli Scip 2 sono stati di fatto
ricomprati dall’Inps (e dagli altri enti ora incorporati) e valgono
1,028 miliardi. Poi ci sono 211 milioni di immobili che non erano
stati cartolarizzati e quelli dell’Inpdap per 896 milioni (le sedi
degli istituti sono escluse da questo discorso). «È chiaro che
queste continue modifiche normative – prosegue Mastrapasqua –
disorientano chi deve decidere l’acquisto, ma incentivano chi ha un
contenzioso. E soprattutto sugli immobili qualificati come "di
pregio" la litigiosità sfiora il 100 per cento.
Essendoci una normativa
difficilmente leggibile da parte nostra, immaginiamo le difficoltà
di giudici e inquilini. Soprattutto gli inquilini hanno legittime
aspettative d’acquisto, ma intanto continuano a pagare l’affitto:
già solo di questo onere a fondo perduto dei conduttori la nuova
norma dovrebbe tenere conto, mentre oggi non lo possiamo fare».
Esiste, tuttavia, una direttiva interministeriale del 10 febbraio
2011, che impone di procedere con la dismissione di tutti gli
immobili con trattative già in corso, favorendo soluzioni
transattive in caso di contenzioso. «Esiste, certo – dice
Mastrapasqua – questa direttiva particolarmente citata, che dice che
l’ente dovrebbe vendere con riserva». Ma la direttiva è quindi
inattuabile? «Oggi il quadro
normativo rende molto difficile fare scelte che non comportino
rischi di danno erariale e ulteriore contenzioso».Insomma, niente da fare sinché una nuova legge metta tutti al
riparo da ogni contestazione. Sulle cessioni, del resto,
la soluzione privilegiata è quella del fondo. «Ora stiamo
analizzando le offerte per la gestione unificata di tutto il
patrimonio, anche quello non cartolarizzato. Questo era compito del
fondo, che è in attesa». Nell’attesa, però, si potrebbe utilizzare
lo strumento dei fondi delineato dal Dl 201/2011. Tuttavia anche su
questo Mastrapasqua esprime dubbi:«sull’attuazione dell’idea della
Sgr pubblica indicata nel Dl 201/2011 occorre riflettere: fa una
gara l’inps o la deve fare lo Stato? Di fatto, oggi è una quasi
paralisi. Alcuni dicono che anche se lo Stato realizzasse la Sgr
pubblica, ci vorrebbe una norma che autorizzi gli enti previdenziali
a effettuare conferimenti senza gara pubblica, che per gli enti è
obbligatoria per norme precedenti. Chissà, forse la futura mega
Sgr potrebbe comprare il nostro fondo se lo avessimo, ma non
sappiamo come né se lo possiamo fare». Per l’inps, intanto, non
sembra possibile neppure una strategia di minima sulla situazione
esistente: «Siamo condomini in immobili già alienati e nei
condominii le spese sono salite, perché gli ex inquilini hanno
rinnovato gli edifici. Inoltre gli immobili ex- Inpdai hanno
manutenzione e adeguamenti sulla sicurezza costosissimi». E anche
sulla redditività non si può fare molto: «Per gli inquilini di immobili già
cartolarizzati c’è un divieto di rinnovo dei contratti, quindi
dobbiamo limitarci a chiedere gli aggiornamenti. Prima
c’erano gli accordi con sindacati e Lavoro. Oggi la redditività è
bloccata. E non abbiamo ancora
conteggiato quanto ci costerà in più l’Imu rispetto all’Ici».
Un quadro sconsolante. Il problema, forse, è ancora un altro: il
fondo immobiliare visto come salvifico potrebbe non essere la
soluzione. «Ma se non questo – ribatte Mastrapasqua - quale altro
strumento può vedere una gestione e una valorizzazione? Io non ne
conosco altri». Tuttavia bisogna essere realistici. Già a luglio
scorso un bilancio del rendimento dei fondi immobiliari prossimi ala
scadenza segnalava un dato preoccupante: la redditività media del
4,9% è basata sulla stima del valore finale, tutto da verificare
alla luce di come sta andando il mercato; gli investitori stranieri
hanno comprato il 22% in meno di asset in Italia nel 2011, rispetto
al 2010; le aste dei fondi che chiudono vanno deserte; e ci sono 57
fondi che stanno per arrivare a fine corsa e immettere sul mercato
4,6 miliardi nei prossimi cinque anni, senza contare 3,8 dei fondi
retail e i 5 miliardi di immobili pubblici che la legge impone di
vendere entro lo stesso termine. In questo contesto, che il valore
degli asset Inps si conservi al valore di libro nei conferimenti al
futuro fondo appare solo una speranza.
L'Espresso del 27 gennaio 2012
Inps col buco
Ottanta milioni di mancati incassi nella gestione del
patrimonio immobiliare.
L'accusa arriva da un'indagine interna
Primo di Nicola
Rinnovi dei contratti di locazione
irregolari, mancati incassi per 80 milioni. Ai vertici
dell'Inps è scattato l'allarme. Un'indagine interna e
una lettera di Antonio Ferrara, il magistrato della
Corte dei conti che vigila sulla correttezza degli atti,
rischia di far esplodere uno scandalo intorno all'ente
previdenziale proprio mentre si chiedono sacrifici
pesantissimi anche ai pensionati con i redditi più
bassi. Al centro della bufera c'è la gestione del
patrimonio immobiliare ex Inpdai ereditato nel 2002
dall'lnps e fino a qualche anno fa amministrato dall'ex
responsabile della direzione del patrimonio Francesco
Varì, ora presidente dell'Organismo di valutazione
dell'integrità e trasparenza dell'Inps (Oiv). Lo scorso
marzo, il cda dell'ente ha disposto un'indagine sull'asser
ad una commissione interna che ha appena consegnato la
sua relazione finale. Le irregolarità riscontrate
sono risultate così inquietanti da indurre il magistrato
Ferrara a chiedere al dg Mauro Nori quali provvedimenti
intende prendere di fronte alle anomalie denunciate e ad
informare la procura regionale della Corte dei conti del
Lazio. La vicenda nasce dal contratto sottoscritto
dall' Inpdai (2002) ed ereditato dalI'Inps con Rti
Pirelli&C, Romeo spa e Sovigest per la gestione
degli immobili, la manutenzione dei palazzi
sparsi in tutta Italia e la riscossione degli affitti.
Il contratto prevedeva una scadenza biennale (2004) e la
possibilità di rinnovi annuali per un massima di tre
anni. Rinnovi che arrivano puntualmente. Al terzo colpo,
nel 2006, addirittura per un quadriennio. Il tutto, dice
la commissione, anche in violazione alla normativa che
vietava rinnovi dei contratti delle pubbliche
amministrazioni in maniera tacita (è questo il caso) e
non motivati da ragioni di convenienza (pure queste non
accertate). Altra violazione, quella relativa alle nuove
disposizioni del maggio 2005 che, per i contratti già
scaduti o che venivano a scadenza nei sei mesi
successivi all'entrata in vigore della nuova legge (10
agosto 200.5), stabilivano che potevano essere prorogati
per un massimo di sei mesi per il tempo necessario alla
stipula dei nuovi, ma con gare ad evidenza pubblica.
Alla commissione risulta invece che non è stata bandita
alcuna gara », mentre i contratti sono stati prorogati
oltre i termini fissati. Infine, il capitolo dei danni
subiti dall'Inps. A leggere la relazione si ha la
l'impressione di trovarsi di fronte a un vero regalo a
Pirelli, Romeo e Sovigest. Soprattutto per la parte
commerciale del patrimonio. Secondo gli accordi, le tre
società hanno corrisposto all'Inps solo un minimo
garantito, complessivamente 7 milioni 308 mila curo
l'anno, a fronte di incassi ben pile ricchi e che nel
periodo 2003-2010 hanno portato alle tre società
riscossioni di quasi 81 milioni di curo superiori ai
canoni riconosciuti all'Inps. Una circostanza
stigmatizzata da Ferrara anche perché, inaspettatamente
e senza alcuna giustificazione, a partire dal 2003,
nella delicata partita della manutenzione del patrimonio
vengono trasferiti a carico dell'istituto anche i costi
per contratto fino ad allora sostenuti dalle società
affidatane. Un autentico scandalo», dice Luigi
Romagnoli, coordinatore nazionale dell'Usb (Unione
sindacale di base) dell'In ps: E' un regalo ai tre
gestori privati: chiediamo a questo punto che vengano
puniti i responsabili di questo andazzo, a cominciare da
Varì, sotto la cui gestione si sono consumate le
irregolarità»
Mattone Inps
scoppia la bagarre
In lizza 6
operatori immobiliari per gestire 1,5 mld di patrimonio
DI STEFANO SANSONETTI
Il
desiderio è quello di cambiare radicalmente marcia. E sfruttare in
pieno un mattone» il cui valore si aggira intorno agli 1,5 miliardi
di euro. L'Inps, l'Istituto nazionale di previdenza sociale guidato
da Antonio Mastrapasqua, sta per individuare un nuovo gestore del
suo patrimonio immobiliare. Per quanto alleggerito dalle precedenti
operazioni di cessione, tra cui le non fortunatissime
cartolarizzazioni Scipl e Scip2, il -pacchetto- contiene ancora 13
mila unità immobiliari e 1.200 particelle di terreni. Insomma, il
tutto fa ancora gola. Prova ne sia il fatto che ci sono ben sei
operatori immobiliari che si stanno contendendo la gestione del
pacchetto. Secondo quanto risulta a Italia Oggi, infatti, è giunta
agli sgoccioli la procedura con cui, diversi mesi fa, l'ente
previdenziale aveva messo a gara la gestione del suo patrimonio
immobiliare. In ballo, per il servizio che ha una durata
contrattuale di 36 mesi, ci sono 44 milioni e 100 mila euro. Ebbene,
dopo l'apertura delle buste sono spuntati fuori sei operatori del
settore, tra cui, secondo alcune indiscrezioni, ci sarebbero società
come Romeo Gestioni e Prelios (ex Pirelli Re). In realtà, il piano a
cui sta lavorando l'Inps è anche più complesso. Diciamo subito che
il nuovo gestore del patrimonio immobiliare andrà di fatto a
sostituire la società che finora, con alterne fortune, si è occupata
dalla questione. Si tratta della Igei spa, che per il 51% fa capo
all'Inps stesso e per quote di minoranza a società come Vianini
(gruppo Caltagirone) e Sovigest. Ora, l'Igei risulta essere in
liquidazione nientemeno che dal 31 dicembre del 1996. Ma
soprattutto è il rendimento di questo residuo patrimonio che non
convince i vertici Inps. Con la gara che sta per essere
aggiudicata, in sostanza, l'ente vuole un operatore che offra
servizi migliori in tre aree principali: il property management,
ovvero la gestione dei rapporti contrattuali con i locatari, il
recupero delle morosità pregresse, la gestione dei rapporti
condominiali; il facility management, ossia la gestione dei servizi
tecnici, la fornitura di beni e servizi, i lavori necessari per la
manutenzione degli immobili; la valorizzazione del patrimonio, cioè
tutte quelle attività di supporto alle vendite oppure, come si legge
testualmente nel capitolato tecnico, -a1 trasferimento del
patrimonio da reddito in altra forma (apporto a fondi di
investimento immobiliare». Dopodiché dal disciplinare di gara si
apprende che il patrimonio immobiliare affidato in gestione con la
presente procedura potrà essere trasferito a un fondo immobiliare ad
apporto privato, al termine di un'apposita procedura a evidenza
pubblica finalizzata alla scelta di una società di gestione del
risparmio (sgr), deputata a svolgere tutte le attività di gestione,
valorizzazione e dismissione del compendio immobiliare apportato
dall'istituto al fondo medesimo». E' come se nella documentazione di
gara che ha l'obiettivo di individuare un nuovo gestore del mattone
dell'Inps, l'ente medesimo volesse chiarire che l'obiettivo finale,
in realtà, è un altro. E cioè provvedere a una dismissione degli
immobili, facendo cassa, grazie all'intervento di una società di
gestione di fondi immobiliari. Ora, sul punto si può dire che questo
è il progetto a cui Mastrapasqua lavora fin dal suo insediamento al
vertice dell'Inps (2008). Il problema, però, è vedere adesso come si
concilia l'obiettivo con i piani immobiliari del governo guidato da
Mario Monti. Che l'esecutivo possa puntare a dismissioni
immobiliari, per esempio, è stato espressamente chiarito la
settimana scorsa dal ministro dello sviluppo, Corrado Passera. Ma se
questo dovesse avvenire, è chiaro che l'lnps non sarebbe più nelle
condizioni di andare avanti da sola. Si vedrà. Nel frattempo Mastrapasqua è diventato presidente di Idea Fimit, una delle
principali sgr immobiliari che gestisce 23 fondi per un patrimonio
complessivo di 9,8 miliardi di euro. La nomina è effetto della
soppressione di Inpdap ed Enpals, i due enti previdenziali azionisti
di IdeaFimit (rispettivamente con il 18,33 e I'11,34%), confluiti
nell'Inps.
Antonio Mastrapasqua
Presidente di IDeA FIMIT sgr
19/01/2012
Roma, 19 gennaio 2012
Il
Consiglio d’Amministrazione di IDeA FIMIT sgr
riunito in data odierna, preso atto delle
dimissioni con effetto immediato dell’Avv. Paolo
Crescimbeni dalla carica di Presidente della
Società, ha espresso il proprio vivo
ringraziamento all’avv. Paolo Crescimbeni, già
Presidente Inpdap, per la passione e la
professionalità espresse in questi anni di
Presidenza.Sempre nella seduta odierna il
Consiglio d’Amministrazione ha nominato per
cooptazione il dr. Antonio Mastrapasqua,
Presidente Inps, quale Consigliere
d’Amministrazione. Il Consiglio di
Amministrazione ha quindi deliberato la nomina
del dr. Antonio Mastrapasqua quale Presidente
del Consiglio di Amministrazione di IDeA FIMIT
sgr. L’avvicendamento è effetto della
soppressione di Inpdap e Enpals, i due enti
previdenziali azionisti di IDeA FIMIT sgr
(Inpdap 18,33%, Enpals 11,34%), confluiti
nell’Inps a seguito del Decreto Legge 201/2011.
Il Sole 24 Oredel
18 gennaio 2012 pag. 35
Immobili Inps, vendite ferme
di Saverio Fossati
La corsa
alle pensioni assomiglia sempre più a quella di Achille con la
tartaruga, ma per l'Inps questo dinamismo non si applica in modo
uniforme. Sul patrimonio immobiliare sembra dominare, in perfetta
coerenza semantica, la staticità più assoluta. Con un patrimonio di
1,5 miliardi, nel 2010 sono stati vendute 395 unità immobiliari
incassando 61,6 milioni. Nel 2011, dicono al l'Inps, non sono state
registrate novità tendenziali. Certo il patrimonio ha anche la
funzione di creare reddito. Ma purtroppo anche qui l'Inps non
raggiunge risultati eccellenti: l'ultima gestione disponibile
(2010) segna un meno 55 milioni. I canoni non coprono neppure le
spese. Così il rosso è passato da 1,09 milioni nel 2006 a 55,1
milioni nel 2010, con un incremento, nel giro di soli cinque anni,
del 5mila per cento. Le pochissime vendite effettuate riguardano
immobili che per legge e non per scelta devono essere dismessi: sono
quelli "ritornati" all'Inps dopo la fallimentare chiusura di Scip 2,
la seconda cartolarizzazione degli immobili pubblici, che si chiuse
con una massa di invenduto. Gli enti previdenziali, ex proprietari
espropriati di quel patrimonio, se lo dovettero ricomprare nel 2009
per chiudere i debiti (1,7 miliardi) con gli investitori che
reclamavano le cedole dell'operazione. In cambio ricevettero
immobili dal valore ufficiale di 2,3 miliardi. L'Inps, in
particolare, si dovette riprendere 108 milioni di abitazioni e 40 di
non residenziale, più la quota Inpdai, 686 + 271 milioni. A farla
breve 1,1 miliardi, il grosso, appunto, di quanto si deve vendere.
E che si dovrebbe vendere in fretta, perché è scritto chiaramente
nella legge 14/2009 e nella direttiva interministeriale del 10
febbraio. In particolare per quelli con trattative o contenziosi
in corso: «Occorre procedere alla loro dismissione nel rispetto
delle procedure già previste favorendo soluzioni transattive che
consentano di stipulare contratti di compravendita che prevedano un
corrispettivo pari al valore di mercato dell'immobile, determinato a
suo tempo dal l'Agenzia del Territorio, con il versamento di una
quota parte di tale prezzo». Invece l'Inps
- spiega
Mario
Milone,
coordinatore inquilini dei "cosiddetti" immobili di pregio- ha
sinora ritenuto «che nessuna soluzione transattiva possa
riguardare il contenzioso sugli immobili di pregio, rifiutando,
quindi, la proposta degli inquilini del gennaio 2011 che ipotizzava
un accordo basato sui prezzi di mercato del 2001 senza ulteriori
sconti e/o benefici. Questo perché ha escluso il "pregio" dalla
legge 14/2009 anche se non è scritto da nessuna parte. Così tutto il
"pregio" resta invenduto».
C'è anche un numero imprecisato di inquilini che ha già versato una
quota del prezzo a suo tempo determinato, esercitando un'opzione
come previsto dalla legge. Ma le lentezze sono tali che alcuni di
questi (si veda Il Sole 24 Ore del 12 gennaio) hanno ottenuto
sentenze da tribunali per versare il saldo e diventare proprietari. E ancora non basta: per queste lentezze l'Inps sconterà da
quest'anno anche gli aumenti Imu del 70% su tutto l'invenduto.Si
sa che l'Inps, dal 2009, ha avviato la costituzione di un fondo
immobiliare. Ma per ora, anche per ritardi nella normativa
ministeriale, questo fondo ancora non c'è. Lì potrebbe confluire
l'invenduto ma, a parte i soliti Cdep o Finmeccanica (cioè, alla
fine, lo Stato stesso), chi potrebbe mai acquistare quote se non con
una fortissima svalutazione dei valori al momento del conferimento?
Incertezze e scelte rinviate potrebbero, in ogni caso, far
sfiorare all'Inps i confini della palude del danno erariale.
Adesso la
Procura di Roma apre un fascicolo sulla casa del Ministro Patroni
Griffi e manda le Fiamme Gialle a Fare chiarezza.
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio.
Non dimentichiamoci che già in
passato l’Alto Commissario per la lotta alla corruzione nella
Pubblica Amministrazione, Gianfranco Tatozzi ha indagato sulle
cartolarizzazioni immobiliari, attraverso il Comando Generale della
Guardia di Finanza, partendo proprio dall’INPS. Ex magistrato di
Cassazione, 62 anni, in carica dal 2004 al 2006, sceglie di farsi da
parte: «Ho avviato molte indagini, a partire da quella sugli
immobili», dice in un’intervista al quotidiano Libero «Era il
primo passo di un programma di controllo molto più vasto che
riguardava tutti gli enti previdenziali e i soggetti coinvolti nelle
cartolarizzazioni. L'idea era quella di monitorare attraverso
situazioni a campione due circostanze: come erano stati scelti gli
inquilini da "privilegiare" e se vi erano contratti di vendita
stipulati in maniera e tempi sospetti. Il sospetto è che alcuni
immobili fossero stati assegnati a inquilini poco prima di essere
messi in vendita a prezzi scontati».«Potevano esserci stati
comportamenti truffaldini sia da parte degli inquilini sia da parte
di eventuali pubblici ufficiali» Deve aver dato parecchio
fastidio, tanto che gli hanno tagliato i fondi costringendolo con
“precisi segnali” alle dimissioni.
«Un richiamo contenuto nell'ultima Finanziaria prevedeva una
ricognizione sugli enti che avrebbe comportato la chiusura del
Commissariato. Insomma, mi si è detto piuttosto chiaramente:
"Vattene o chiudiamo l'ufficio"». Come sono finite le indagini?
A ottobre 2007 si conclude l’indagine da parte dell’Alto Commissario
con la trasmissione delle valutazioni ai competenti Ministri
dell’Economia e del Lavoro. L’indagine, si legge in una nota del
Commissario, ha evidenziato alcune criticità sia di carattere
sistematico, inerenti al modello utilizzato per l’operazione, sia di
carattere particolare su alcune concrete modalità di svolgimento
delle procedure di alienazione. Sotto il primo profilo sono state
espresse ai competenti dicasteri alcune perplessità di carattere
giuridico sulla possibilità di qualificare le società di
cartolarizzazione come organismi di diritto pubblico, attesa
l'indubbia peculiarità di quelle già create quanto a meccanismi di
costituzione ed a partecipazione al capitale da parte dei soci
fondatori. Si è inoltre segnalata la necessità di garantire
che gli enti pubblici coinvolti nei procedimenti di dismissione
abbiano l'effettivo controllo delle operazioni poste in essere,
evitando sovrapposizioni di ruoli che, oltre ad appannare
l'operazione, risultano anche in un ingiustificato aumento dei
costi, nonché di vigilare affinché eventuali future operazioni
simili a quelle poste in essere siano prive delle criticità emerse
dall’indagine, segnatamente in relazione alla determinazione del
prezzo degli immobili, all’appartenenza degli stessi ad eventuali
categorie di pregio, all’effettivo possesso in capo agli acquirenti
dei requisiti di legge, all'inesistenza di situazioni di evidente
conflitto di interesse tra gestori della dismissione ed acquirenti.
Sarebbe interessante conoscere dettagliatamente i risultati di
questa indagine per fare chiarezza sulle molte ombre che si sono
addensate sulle cartolarizzazioni in questi anni. Una goccia nel
mare della corruzione. Quali sono stati i risvolti di questa
indagine, visto che sono emerse delle criticità non da poco, come ha
sottolineato lo stesso Alto Commissario? Giacchè ora si è aperto un
fascicolo si faccia luce su tutte le compravendite e le assegnazioni
di alloggi fatte dagli enti previdenziali in modo poco chiaro.
Si sono inventati pure
il "rischio sismico" per "regalare" un super appartamento al
ministro Patroni GriffiC’è
chi sul terremoto ride, come l’imprenditore Piscicelli, quello che
poi pagò l’albergo di lusso all’ormai ex sottosegretario Carlo
Malinconico. E c’è chi sul terremoto risparmia un bel po’ di soldi,
come il neoministro della Funzione pubblica Filippo Patroni Griffi.
Mi spiego. L’uomo scelto da Monti per riportare ordine e moralità
tra i dipendenti dello Stato, come noto ha acquistato dall’Inps, nel
2007, un appartamento a prezzi stracciati (1.500 euro al metro) in
centro a Roma, di fronte al Colosseo. Per ottenere il super sconto,
Patroni Griffi, presentò anche una perizia dalla quale risultava che
lo stabile era a rischio sismico. Oggi noi documentiamo come quel
quartiere di Roma non sia classificato a rischio sismico, cosa del
resto provata dal fatto che da duemila anni il Colosseo è in piedi e
non ha mai subito neppure una piccola scossa. Vuoi vedere che il
capo dei capi del Paese ha fatto il furbetto? Diciamo che alcuni
indizi non depongono a suo favore. Il primo è che nella trattativa
con l’Inps, Patroni Griffi aveva come avvocato proprio Carlo
Malinconico, uomo come noto propenso a non pagare i conti attraverso
sotterfugi. Il secondo: non è certo nobile che, alla faccia del
rigore etico sbandierato da Monti, percepisca ben due mega stipendi
dallo Stato, uno come ministro, l’altro come magistrato in
aspettativa.
Raccontiamo questo (e probabilmente ancora non è tutto) senza alcun
compiacimento. Ma forse Patroni Griffi farebbe bene a riflettere
sull’opportunità di rimanere su quella sedia prima di fare la fine
dell’amico e collega Malinconico: sbugiardato da inchieste
giornalistiche ed ex amici imbarazzanti. Già ieri si è ingarbugliato
in giustificazioni fumose ed è caduto nel ridicolo dichiarando che
dalla finestra di casa sua non può vedere bene il Colosseo perché
dovrebbe fare contorsioni «incompatibili per uno come me che soffre
di vertigini». Poverino. Due stipendi, una casa di lusso sottratta
per due lire al patrimonio dei pensionati italiani, e neppure vede
bene il Colosseo. Faccia una cosa: venda l’appartamento, incassi la
plusvalenza e sparisca. Che ben più di vertigini il suo governo ha
fatto venire ai milioni di italiani costretti a pagare una nuova
tassa su case comprate a prezzo pieno, con il mutuo e senza
furberie. Che a questi signori più che la testa girano altre parti
del corpo, perché al sacrificio non si può aggiungere la presa per i
fondelli.
Commento di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio.
Un’inchiesta e un
concordato sugli immobili dell’Inps
A differenza di
Patroni Griffi (ed altri), noi inquilini dei "cosiddetti" immobili
di pregio sparsi un pò in tutte le maggiori città italiane (Roma,
Napoli, Milano, Genova, Firenze, Bologna, Trieste, ecc..) occupiamo
alloggi di proprietà dell’Inps, dell'Inail, dell'Inpdap, ecc..... da
oltre 40 anni. Stiamo parlando di centinaia di famiglie composte in
massima parte da persone anziane ex dipendenti degli enti stessi,
angustiate dall’ormai ultradecennale vicenda carica di iniqui,
ingiustificati, trattamenti, che tocca il primario ed essenziale
diritto alla casa garantito dalla Costituzione. Da circa 15 anni
giriamo per tribunali (Tar, Consiglio di Stato, Tribunali civili e tra
poco, forse, anche penali) per contestare non solo la determinazione
del valore effettuato ad opera di funzionari dell’Agenzia delle
Entrate nel corso di sopralluoghi di una manciata di minuti (i
nostri appartamenti non sono in condizioni migliori di quelli di
Roma con vista sul Colosseo) ma anche per affermare il diritto
all'acquisto previsto dal D.Lgs. 104/1996, e confermato poi anche
dalla legge 410 del 2001 con cui l'ex. Ministro Tremonti ha
cartolarizzato gli immobili. Adesso il blocco delle vendite dei beni
immobili degli Enti Previdenziali Pubblici, in atto dopo la chiusura
della settennale cartolarizzazione, comporta lesione agli interessi
legittimi di tutte queste famiglie, produce ulteriori disparità di
trattamento tra inquilini e contribuisce ad aggravare i già
disastrati conti pubblici italiani. Il lungo contenzioso legale che
ci impegna in molte città ci vede in diversi casi vittoriosi e non
di rado le sentenze dimezzano il prezzo di vendita. Pertanto,
abbiamo proposto all’Inps, di essere pronti a sospendere tutte le
azioni civili ed amministrative se si applicasse a noi una
soluzione transattiva (come prevede anche la legge che ha
ritrasferito la proprietà agli enti dopo la chiusura fallimentare
della Scip S.r.l.). Si tratta di una soluzione consolidata che vige
nel mercato immobiliare per quanto concerne gli alloggi occupati,
com’è nel nostro caso. Non potendo contare sulle potenti amicizie
politiche e professionali di tanti che in passato hanno acquistato
al 60% del prezzo determinato dall'Agenzia del territorio, ci
basterebbe che qualcuno almeno facesse la sua parte. Per esempio
l'On. Cazzola, oltre ad essere parlamentare è anche membro degli
organi di vigilanza dell’Inps. Può pertanto, anzi è suo dovere,
intervenire sul presidente dell’Inps Mastrapasqua perché
sull’assegnazione degli alloggi e sulla loro vendita venga aperta
un’inchiesta e a noi venga applicata una soluzione transattiva (la
regola del mercato è che l'immobile occupato viene venduto minimo
con un sconto del 30%). Per la soluzione, si potrebbe prendere
spunto dalla nostra proposta avanzata al Governo Monti (vedi lettera
in prima pagina sul nostro sito: www.scip2pregio.it).
Italia
Oggi del 11.11.2011
In
vendita gli immobili di Stato
Dismissioni a favore di fondi e Sgr.
DI
ANTONIO G. PALADINO
Fare
cassa. E questo l'imperativo del governo che aleggia tra le righe
del maxiemendamento alla legge di stabilità che dovrebbe essere
varata oggi dall'aula di palazzo Madama. E non potrebbe essere letta
in altro modo la disposizione che prevede che il ministero
dell'economia varerà in tempi strettissimi un piano di dismissione
di beni immobili pubblici, a vantaggio di fondi comuni di
investimento e società di gestione del risparmio (Sgr), ivi inclusa
una quota non inferiore al 20% delle carceri inutilizzate e le
caserme in uso alle forze armate, nonché gli immobili detenuti
all'estero. Incassi che dovranno essere garantiti anche da un piano
di dismissione che interesserà i terreni agricoli statali e quelli
appartenenti a regioni, province e comuni (se tali enti ne
eserciteranno la facoltà). A tal fine, il ministero delle politiche
agricole dovrà a breve varare uno o più decreti con cui individuare
i terreni e, con la collaborazione dell'Agenzia del demanio, cederli
a trattativa privata o mediante asta pubblica. Dismissione immobili.
Il nuovo articolo 4-ter del maxiemendamento dà il via libera al
dicastero di Via XX Settembre di avviare le procedure per la
dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, non quello
residenziale, a una o più fondi comuni di investimento immobiliare.
Saranno esclusi gli immobili degli enti pubblici non territoriali
e gli immobili già inseriti negli elenchi ex dlgs 85/2010, ovvero
quelli rientranti nel pacchetto del federalismo demaniale. I
proventi che scaturiranno dal collocamento delle quote di tali fondi
vanno alla riduzione del debito pubblico. Sarà un lavoro certosino,
quello che impegnerà i tecnici del Mineconomia, che dovranno
individuare i beni suscettibili di cessione e, al cui interno, non
dovrà mancare una quota, non inferiore al venti per cento, composta
da carceri inutilizzate e caserme oggi in uso alle Forze armate. Un
decreto ministeriale, da emanare entro il 30 aprile 2012,
individuerà tali immobili. II maxiemendamento precisa che i proventi
delle cessioni relative a immobili liberi, saranno destinati al
fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato, negli altri casi, i
proventi vanno all'Agenzia del demanio. Soldi vincolati, comunque,
in quanto il Demanio dovrà obbligatoriamente acquistare titoli di
Stato. I frutti di tali acquisti, ovvero gli interessi, sono
destinati al pagamento dei canoni di locazione e dei relativi oneri
di gestione. Viene espressamente previsto, poi, che le operazioni di
dismissione sono esenti dall'imposta di bollo, da qualsiasi imposta
indiretta e altri tributi. Ma ad essere interessati dalle procedure
di dismissione non sono solo gli immobili situati in Italia, ma
anche quelli che lo Stato detiene all'estero. Già sottoposti ad
apposito censimento (ex commi 1311 e 1132 della legge finanziaria
2007), gli immobili potranno essere ceduti a trattativa privata,
salvo comprovate esigenze e anche in deroga al parere che renderà
sul punto la commissione immobili della Farnesina. II valore di
mercato di tali immobili potrà essere stimato anche da soggetti
«competenti nel luogo ove è ubicati l'immobile». Tutti i contratti
di vendita, comunque, dovranno essere assoggettati al controllo
preventivo di legittimità esercitato dalla Corte dei conti.
Dismissione terreni agricoli. L'articolo 4-quater dispone che entro
90 giorni dal varo della legge di stabilità, il ministero delle
politiche agricole dovrà emanare decreti per individuare i terreni
»a vocazione agricola», non utilizzabili per altre finalità
istituzionali, di proprietà dello Stato e degli enti pubblici
nazionali, da inserire in un piano di dismissione. Avvalendosi
dell'Agenzia del demanio, lo Stato cederà i terreni agricoli di
valore inferiore a 400 mila euro mediante trattativa privata, quelli
oltre tale soglia, invece, dovranno essere alienati con asta
pubblica. In queste procedure di alienazione vi è una sorta di
«corsia preferenziale». Ovvero un diritto di prelazione per i
giovani imprenditori agricoli. Se, inoltre, nel quinquennio
successivo all'alienazione del terreno agricolo, questo muta
destinazione urbanistica (ovvero diventa edificabile) e, quindi,
incrementa il proprio valore, allo Stato dovrà essere riconosciuta
una quota pari al 75% del maggior valore. Le dismissioni possono
interessare anche le regioni, province e comuni che possono vendere,
con le stesse modalità previste per i terreni agricoli statali, i
beni di loro proprietà con destinazione agricola. Anche quelli che
sono stati loro attribuiti dal federalismo demaniale.
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio.
IL GOVERNO LAVORA ALLE DISMISSIONI DEL PATRIMONIO PUBBLICO
Era inevitabile e,
ormai il
piano
di dismissioni del patrimonio immobiliare pubblico dello Stato è al centro degli impegni assunti dall'Italia con
Bruxelles. Entro il 30 novembre 2011 sarà varato un
programma di
razionalizzazione del patrimonio di tutte le
Amministrazioni
pubbliche.
Inevitabile, dunque, che anche gli Enti previdenziali pubblici
(INPS, INAIL, INPDAP, ecc.....) saranno obbligati a concludere rapidamente le
vendite
degli immobili avviate
da oltre 15 anni–
con una articolata normativa - che stabilirà anche le
condizioni di vendita
agli attuali inquilini. Obbiettivo da raggiungere per le casse dello Stato:
15 miliardi di euro in tre anni.
Il Mattino 25.10.2011
Caserme, case e terreni: dalla
cessione lo Stato incasserebbe 30 miliardi
Il
piano
La valorizzazione del patrimonio è
pronta: una parte dei soldi dovrebbe andare agli enti locali
L'obiettivo
Anni di sprechie cattiva gestione da cancellare: il Tesoro cerca di voltare
pagina se il mercato lo consentirà
Umberto Mancini
ROMA. Almeno sulla carta il piano
per la valorizzazione del patrimonio dello Stato è pronto. Con il
ministero dell'Economia che stima che dalla cessione degli immobili
pubblici (vecchie caserme, case degli enti previdenziali,
case cantoniere e terreni) si possano ricavare, in 18 mesi, circa
25-30 miliardi di euro. La previsione, certamente attendibile, è
di Stefano Scalera, numero uno dell'Agenzia del Demanio, il
quale ritiene anche che a regime, ovvero dal 2020, dalla complessa
operazione di riassetto del patrimonio si potrebbe ricavare una
riduzione annua del deficit di 9,8 miliardi. Un cifra ragguardevole
ma che deve ovviamente fare i conti con le condizioni del mercato.
Scendendo più nei dettagli, dal
piano del Tesoro emerge che gli immobili della pubblica
amministrazione valgono complessivamente 368 miliardi, ma la parte
libera, quella non utilizzata direttamente, vale circa 42 miliari.
Beni ovviamente non tutti appetibili e quindi vendibili. Secondo la
bozza del decreto sviluppo una parte dei soldi frutto delle
cessioni, dovrebbero andare agli enti locali. In particolare, si pensa sia alla
«ottimizzazione degli spazi per gli immobili utilizzati dalla
pubblica amministrazione», cioè alla razionalizzazione, che alla «vendita
del patrimonio residenziale pubblico agli inquilini» i cui
ricavi dovrebbero andare «agli enti locali per spese di investimento
in deroga al patto di stabilità». Ma quando potranno partire le prime
vendite? Il Tesoro ha sulla rampa di lancio quattro immobili della
Difesa, per un valore stimato di 340 milioni. A Roma verrà messa sul
mercato nei prossimi mesi la caserma di via Guido Reni, al centro
della città. Altri immobili, sempre della Difesa con la scritta
«vendesi», sono in vetrina a Bologna e Torino. Sempre sulla carta
sono oltre 400 le vecchie caserme che potrebbero essere dismesse,
così come è ingente il patrimonio immobiliare degli enti
previdenziali. L'obiettivo finale è comunque
quello di cancellare annidi cattiva gestione, recuperando risorse
preziose e riducendo il debito.
Una operazione complessa e articolata. Più volte tentata in passato
e mai andata in porto. Il Tesoro però ha in mano un programma
dettagliato, l'inventario aggiornato dei «gioielli di famiglia» e,
soprattutto, ha definito una strategia precisa da seguire. Certo, dai conti fatti, sarebbe
sufficiente cedere tutti gli asset, dalle società partecipate alle
caserme, per azzerare, o quasi, l'intero debito pubblico dello
Stato. I primi valgono complessivamente circa 1.815 miliardi, il
secondo supera, come noto, i 1.900 miliardi. Una scorciatoia
ovviamente impraticabile. Meglio quindi muoversi sul fronte delle
razionalizzazioni possibili. Cedendo i beni più apprezzati, facendo
fruttare quelli sottovalutati, avviando privatizzazioni e
dismissioni intelligenti. Tempi e modalità per le
dismissioni le detterà ovviamente il governo nei prossimi giorni, ma
la strada sembra tracciata. Dalla razionalizzazione delle
locazioni degli uffici pubblici, si otterrebbero invece risparmi per
circa 3,5 miliardi, oltre 2 miliardi se gli enti locali decidessero
un vero riassetto delle partecipazioni, dismettendo quelle non
funzionali o gestendole al meglio. ***
riproduzione riservata
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio.
E' chiaro, ormai che il riassetto dei conti pubblici e
l’instaurazione di meccanismi virtuosi per il contenimento della
dinamica della spesa, è una delle priorità dell'esecutivo. La
conferma dell’obiettivo ambizioso di raggiungere il pareggio di
bilancio nel 2013 in qualche modo costringe e costringerà a
scelte coraggiose. Interrogandosi sui passi necessari per
riequilibrare la finanza pubblica oltre alla necessità
fondamentale di ridurre la spesa corrente, presupposto necessario
per un risanamento durevole, si fa sentire il bisogno di
interventi volti ad abbattere lo stock di debito, che sono per
loro natura di carattere straordinario. Fra questi non potrà
mancare, come ho già precedentemente anticipato, una poderosa
operazione di dismissione del patrimonio dello Stato e degli Enti
territoriali voluta, ormai da tutti i partiti. È evidente che un
ampio programma di cessioni dei beni immobiliari oggi in mano
pubblica sarebbe destinato, nel tempo, a produrre benefici
significativi e duraturi per le finanze pubbliche. I beni
immobiliari detenuti dalle pubbliche amministrazioni rappresentano
una voce molto consistente, nell’ordine di oltre 400 miliardi di
euro a valori di mercato. La alienazione anche solo parziale di
questo ingente patrimonio potrebbe ridurre significativamente il
debito e i pagamenti in conto interessi che su di esso gravano. Per
quanto riguarda gli immobili residenziali, con la vendita agli
inquilini, ai benefici di cui sopra si aggiungerebbe un ulteriore
importante risultato. Gli inquilini sono, ormai divenuti
proprietari di fatto dei rispettivi alloggi condotti in locazione.
Infatti, le amministrazioni pubbliche non solo non sono dei buoni
gestori, ma si trovano in difficoltà oggettive, qualora
provassero a disporre diversamente dei propri diritti. Prendere atto
di taluni “diritti di proprietà di fatto” maturati negli anni
dagli inquilini significa soprattutto cambiarne attitudini ed
incentivi. Non è irragionevole ipotizzare che si potrebbe tamponare
il degrado urbano, se le case divenissero proprietà di singoli
individui e famiglie: interessati, come proprietari, a preservarne
il valore. La privatizzazione, che vuol dire valorizzazione e
responsabilizzazione, non deve essere solo un salvagente per il
debito pubblico - ma uno strumento per costruire basi più solide,
per una società libera e responsabile. È importante quindi che il
Governo si faccia promotore di adeguare il quadro normativo e
regolamentare per consentire e accelerare le dismissioni.
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio.
Con la nomina di Scalera a nuovo direttore
dell'Agenzia del demanio dismissioni pubbliche più vicine.
Il
Consiglio dei Ministri in considerazione del parere favorevole
espresso dalla Conferenza unificata, ha definitivamente deliberato
la nomina del dottor Stefano Scalera a Direttore dell'Agenzia del
demanio, come proposto del Ministro dell'Economia e delle
Finanze, Giulio Tremonti.
Il nuovo progetto per ridurre il debito pubblico tramite la
dismissione degli immobili che non generano reddito, aumentando
l'avanzo primario con il risparmio dei costi di gestione e
l'incremento dei rendimenti, è ora più vicino ed è stato presentato
al Ministero del tesoro a fine settembre alla folta platea di
autorità pubbliche ed investitori internazionali proprio dal dott.
Scalera.
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio.
IL PUNTO SUL SEMINARIO
VERSO UNA MAXI- SGR GESTITA
DAL TESORO
Ieri il ministro dell'Economia ha dato il via una
"una
grande riforma strutturale per la riduzione del debito e per la
modernizzazione e la crescita del Paese",
una complessa macchina, incentrata su una Maxi-SGR
che sarà costituita a
gennaio 2012 (dopo le
autorizzazioni della Banca d'Italia). La SGR gestirà
un fondo nazionale posseduto dal Tesoro che avrà più compiti.
Il più importante riguarda la valorizzazione di immobili. Sarà un
fondo di fondi, nel senso che gli enti territoriali (ed
eventualmente anche previdenziali) potranno costituire a loro volta
fondi conferendovi immobili da apportare al Fondo nazionale.
Quest'ultimo si occuperà della valorizzazione utilizzando risorse
che saranno annualmente versate dagli enti previdenziali e
assicurativi pubblici (Inps, Inail, Inpdap) nonchè da investitori
istituzionali.
L'obbiettivo è ridurre il debito pubblico tramite la dismissione
degli immobili che non generano reddito e aumentare l'avanzo
primario con il risparmio dei costi di gestione e l'incremento dei
rendimenti. I numeri di questa manovra sul patrimonio dello
Stato (il primo decreto dovrebbe vedere la luce entro metà
ottobre) definita di portata "storica" dal ministro
dell'Economia Giulio Tremonti sono stati illustrati ieri nel
seminario organizzato presso il Mef. Due presentazioni ben
confezionate e di alto contenuto tecnico sono state illustrate ai
partecipanti (esponenti del Governo, del Parlamento, delle
Amministrazioni Locali e oltre 150 rappresentanti italiani e
internazionali di banche, fondi, società e imprese immobiliari, di
costruzione e di sviluppo), da parte di Stefano Scalera,
(direttore generale della direzione VIII del Tesoro), ed Edoardo
Reviglio (capo economista della Cassa depositi e prestiti). Il patrimonio dello Stato italiano è stato valutato 1.800
miliardi di eurotra crediti, immobili, concessioni e
partecipazioni. Oltre un terzo dei quali, per circa 700 miliardi,
possono essere «immediatamente fruttiferi». Edoardo Reviglio
ritiene infatti che «il 5-10% di immobili per 500 miliardi di
valore sono vendibili in 3-4 anni».
Il prossimo decreto potrebbe essere per il Governo anche l'occasione
per portare
a termine le vendite degli immobili residenziali (avviate nel 1996), rimasti invenduti
dopo
le cartolarizzazioni e su cui
pende un contenzioso giudiziario in relazione al prezzo di vendita.
Gli inquilini, legittimi titolari del diritto all'acquisto
attendono ormai da 15 anni
di poter acquistare la loro 1° abitazione. Il
Ministro dell'Economia ha ora la possibilità (attraverso le proposte
che gli sono state direttamente inviate), di
intervenire
su questo vecchio capitolo delle cartolarizzazioni
recuperando risorse finanziarie da destinare alla riduzione del
debito.
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio.
PERCHE' IL
FONDO IMMOBILIARE CHE L'INPS AVEVA ARCHITETTATO NON E' PARTITO
A luglio
del 2010, il governo ha deciso di modificare le norme fiscali per il
settore dei fondi immobiliari italiani per evitare abusi del regime di
favore garantito fino a quel momento rinviando ad un decreto
ministeriale che sarebbe dovuto uscire dopo 30 giorni. Per mesi invece
non è successo niente. Poi, all'improvviso, con il decreto salva-spread
di luglio 2011 è spuntata una norma con cui i fondi vengono suddivisi
come si faceva una volta a scuola: in buoni e cattivi. Buoni sono
quelli costituiti dallo Stato, dagli enti di previdenza, dalle
banche, dalle imprese di assicurazione (siano esse italiane o estere) o
partecipati almeno per il 50% da uno di questi soggetti. Tutti gli altri
sono, detto tra virgolette, cattivi. I buoni pagano un'aliquota
forfettaria del 20% sui guadagni. I cattivi invece devono pagare la
tassazione ordinaria. Ma non finisce qui. Se possiedono più del 5% del
fondo, devono anche pagare allo Stato un'imposta retroattiva del 5% su
un ipotetico valore medio della quota al 2010. E, ancora, i proventi dei
fondi cattivi saranno tassati per trasparenza, ossia il socio dovrà
pagare le imposte sugli utili anche se questi non vengono prodotti e
distribuiti. La modifica delle regole ha fatto impazzire gli investitori
stranieri. Molti di essi, come i fondi sovrani, gli unici imbottiti
di liquidità e che potrebbero partecipare a grandi operazioni di
dismissione, sono spariti. Anche perché nessun fondo sovrano
accetterebbe di entrare in veicoli nei quali non potrebbe contare per
più del 5%. Ed è proprio questo il motivo per cui il progetto di
valorizzazione del patrimonio immobiliare da reddito mediante
costituzione di uno o più fondi immobiliari "ad apporto privato",
varato nel giugno del 2009 dal commissario straordinario dell'INPS, Mastrapasqua,non si è realizzato. Con questo scenario si apre
oggi al Tesoro il «convegno operativo» sulla valorizzazione e
dismissione del patrimonio pubblico. A presiederlo ci sarà Giulio
Tremonti.
Un'operazione che, secondo le intenzioni, dovrebbe servire a recuperare
circa 400 miliardi da utilizzare per abbattere il debito pubblico.
Sole
24 Ore
di martedì 13 settembre 2011, pagina 14
Tremonti vara il piano "Britannia 2"
di
Bufacchi Isabella - Marroni Carlo
Incontro con gli investitori nazionali e esteri per cedere immobili,
concessioni e Spa locali A fine mese partirà il processo di dismissione
del patrimonio SUMMIT A VIA XX SETTEMBRE. Saranno chiamati a raccolta i
principali organismi finanziari mondiali. Ieri l'incontro del ministro
con i banchieri a Milano. Questa volta l'incontro non si farà su una
nave, ancorata al porto di Civitavecchia. Ma con ogni probabilità nel
palazzo di Via Venti Settembre. Già, perché quello annunciato ieri
dal ministro Giulio Tremonti entro fine mese non sarà semplicemente un
"seminario" sulle dismissioni del patrimonio pubblico, ma una vero e
proprio 'Britannia 2'. In questo incontro con i grandi investitori
italiani e internazionali e il gotha del sistema bancario e delle
investment banks globali saranno passati in rassegna gli asset pubblici
che possono essere valorizzati o alienati, partendo dal patrimonio
immobiliare fino alle quote azionarie possedute dal Tesoro (e fors'anche
dalla Cdp) potenzialmente cedibili al mercato: sicuramente quelle delle
utilities a livello locale ma per quanto riguarda i colossi Eni
(posseduta direttamente dallo Stato al 3,93% e indirettamente al 2640%
tramite la Cassa depositi e prestiti) ed Enel (posseduta direttamente al
31,24%) - che oggi il Financial Times cita come già inclusi nella lista
- resta da vedere se il Tesoro, dopo aver varato da poco un inedito
fondo strategico sovrano anche di contrasto all'ingresso non gradito
degli stranieri - intenda ora scendere sotto la soglia strategica del 30
per cento che ne assi-cura il controllo. Britannia è il nome del panfilo
dei reali inglesi passato alla storia italica per aver ospitato nel
giugno 1992 la riunione in cui l'allora direttore generale del Tesoro,
Mario Draghi, illustrò ai grandi investitori internazionali il processo
di privatizzazioni che sarebbe partito di II a poco. Le avvisaglie della
crisi della lira si facevano già sentire, e bisognava accelerare la
vendita di un portafoglio gigantesco, allora racchiuso in Iri, Eni, Ina,
Imi.
Presto sul mercato le utility locali, ma anche terreni, fabbricati,
caserme. Oggi le società sono state vendute (a parte le quote
strategiche per l'interesse nazionale, come Eni, Enel e Finmeccanica) ma
resta l'imponente patrimonio immobiliare e le utilities locali.
Tema quest'ultimo assai delicato peri rapporti con i Comuni e Regioni:
con ogni probabilità Tremonti ne ha parlato nell'incontro di ieri con
Umberto Bossi e Roberto Calderoli. Ecco allora lo scopo - spiegano al
Tesoro - di questo maxi evento, che raccoglierà a Roma
praticamente tutte le principali banche (commerciali e d'affari),
compagnie di assicurazione, fondi di investimento, fondi sovrani e
fondi immobiliari, naturalmente italiani ma sopratutto
internazionali. Con un occhio particolare rivolto ai Brics, i giganti
dell'economia come Russia, Cina, India, Brasile, ma anche Turchia,
Sudafrica e i paesi del Golfo, che beneficiano ancora di un notevole
surplus petrolifero. L'obiettivo è prepare con cura l'evento, con lo
scopo di arrivare a decisioni concrete, e quindi 'operative' per il
processo di privatizzazione. Gli incassi delle dismissioni, di
regola, vengono destinati all'abbattimento dello stock del debito
pubblico: questa potrebbe diventare un'importante operazione
complementare all'azzeramento del deficit e all'avanzo primario per
velocizzare la discesa del debito/Pil verso quota 100% (si veda articolo
a paga). Dell'iniziativa ieri Tremonti - a quanto risulta - ne avrebbe
parlato con i vertici della banche incontrati a Milano, nel consueto
incontro del lunedì ripreso ieri dopo la pausa estiva. Alla riunione
hanno partecipato l'amministratore delegato di Unicredit, Federico
Ghizzoni, Giuseppe Mussari, presidente dell'Abi e di Mps, Giuseppe
Guzzetti, presidente della Fondazione Cariplo, e Fabrizio Palenzona,
vice presidente di Unicredit per conto della Fondazione Crt. «Abbiamo
fatto il punto della situazione» è stato il commento di Ghizzoni,
«abbiamo parlato della situazione in generale», ha aggiunto Palenzona.
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio.
IL GOVERNO DOVRA' PENSARE A NUOVE DISMISSIONI DEL PATRIMONIO PUBBLICO
Il bilancio
statale fa acqua da tutte le parti e per far quadrare i conti, durante
l'estate, le dismissioni sono tornate di moda rilanciate da
destra e da sinistra comeultima spiaggia per fare cassa. Nessuna proposta
però ha visto la luce. Qual'è allora lo
stato dell'arte? Il dipartimento
del Tesoro sta portando a termine il rendiconto patrimoniale, censendo
tutti gli immobili di proprietà di enti pubblici avviato a seguito
dell’articolo 2, comma 222, della legge finanziaria 2010. Finora la
valorizzazione degli immobili di Stato si è sempre scontrata con la
mancanza di un censimento aggiornato e trasparente, le lungaggini
burocratiche e la sovrapposizione di competenze e ruoli. Ora è stato
rafforzato il ruolo dell’Agenzia del demanio
con
l’obbiettivo di raggiungere una maggiore efficienza. Per la stima del
valore degli immobili vengono utilizzati i prezzi minimi e massimi
rilevati dall’Osservatorio del mercato immobiliare dell’agenzia del
Territorio. A luglio sono
stati quindi pubblicati i primi risultati del censimento sugli immobili
pubblici avviato dal Ministero dell’Economia, a cui hanno finora
risposto il 53% delle amministrazioni. A oggi si contano
circa 250mila unità residenziali di cui 178.500 sono state
dichiarate dai Comuni (anche se non tutti hanno risposto come ad esempio
il comune di Roma) e 10.900 dagli enti previdenziali. In base ai valori
Omi - Agenzia del territorio il patrimonio residenziale vale circa 7 miliardi di euro. Ma il
residenziale rappresenta solo il 10% del patrimonio immobiliare dello
Stato e le eventuali vendite dovranno avvenire dando agli inquilini
la priorità di acquisto. Il restante
patrimonio pubblico, su cui intanto sono nate diverse ipotesi di
dismissione, è legato principalmente ai fabbricati di proprietà del
Demanio (65 miliardi di euro). Ci si sta ora
concentrando sulla valorizzazione delle caserme (4 miliardi di euro)
attraverso un cambio di destinazione d’uso delle stesse. Si tornerà a
parlare di dismissioni quando bisognerà rimettere certamente mano
all’aggiustamento dei conti pubblici. Non è escluso
allora che gli enti previdenziali, incapaci di procedere nella già
avviate dismissioni dei propri immobili, siano nuovamente
espropriati dei loro immobili con una nuova mega operazione di
vendita sotto la regia dell’agenzia del Demanio. Solo allora,
forse, si riuscirà a chiudere definitivamente il contenzioso
giudiziario sui cosiddetti immobili di pregio degli enti
previdenziali pubblici.
La
commissione Bilancio del Senato, secondo quanto si
apprende da fonti parlamentari, sta discutendo un emendamento del relatore
Gliberto
Pichetto Fratin (Pdl) al
decreto legge manovra sulla velocizzazione della
dismissione del patrimonio immobiliare pubblico. Amm (RADIOCOR) 13-07-11
16:48:27 (0335)IMM 5 NNNN
Sole
24 Ore
di martedì 14 giugno 2011, pagina 14
Manovra, stretta in arrivo per gli Enti pubblici
di
M.Mo. - M.Rog.
Manovra,
stretta in arrivo per gli Enti pubblici
Una
nuova potatura per enti e maxi-strutture pubbliche da estendere anche
agli uffici periferici di alcuni ministeri. A cominciare da quelli più
pesanti come, ad esempio, il dicastero della Giustizia. La decisione non
è ancora presa, ma quella di una sorta di fase due del processo di
sfoltimento delle strutture burocratiche, dopo gli interventi reali77ati
negli due anni, è una delle opzioni più gettonate dei tecnici del Tesoro
che stanno ultimando il menù di possibili interventi per la manovra
pluriennale da 45 miliardi. Un'operazione che, in caso di via libera del
ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, e dell'intero Governo, potrebbe
interessare anche l'Ice. E che potrebbe anche essere accompagnata da un
micro-piano di razionalizzazione delle Province, su cui però la Lega si
mostra tutt'altro che entusiasta. Le somme sulla griglia delle varie
opzioni verranno tirate alla fine di questa settimana. Come previsto, la
manovra pluriennale approderà in Consiglio dei ministri dopo la verifica
politica in calendario in Parlamento il 22 giugno. Con tutta
probabilità il decreto sarà varato il 23 giugno, anche se resta
possibile che si arrivi al 30. Lo schema contabile è quello ormai noto:
"manutenzione" da 2,5-3 miliardi nel 2011 per finanziarie alcune spese
obbligatorie (in primis quelle per le missioni di pace) e da 6-7
miliardi nel 2010; correzione vera e propria da 35 miliardi nel biennio
2013-2014. Il decreto sarà probabilmente accompagnato da più collegati,
tra cui quello sulla riforma fiscale che dovrebbe vedere la luce entro
la fine di luglio (quindi non contestualmente alla manovra). I tagli
agli sprechi e alla spesa improduttiva costituiranno il pilastro
portante del piano di finanza pubblica. Un grosso contributo arriverà
dagli effetti che produrrà il federalismo con il passaggio dalla spesa
storica ai costi standard anzitutto nella sanità (4-6 miliardi) ma anche
in altri settori (per almeno 2-3 miliardi). Tra le ipotesi allo studio
c'è poi un intervento deciso sulla spesa per gli acquisti di beni e
servizi, a partire da quella sostenuta da Comuni e Regioni che
verrebbero incentivati a ricorrere alle aste Consip. Molto probabile
un'azione di contenimento dei costi della politica. Quasi certo un
micro-pacchetto di misure sul pubblico impiego per almeno 2 miliardi,
anche se il ministro Renato Brunetta esclude la proroga del blocco della
contrattazione e degli stipendi. Sempre nell'elenco di opzioni compare
l'innalzamento graduale da 60 a 65 anni dell'età di pensionamento delle
donne del settore privato (con conseguente equiparazione a quelle del
pubblico impiego), che a regime potrebbe garantire risparmi per non meno
di 4 miliardi. Nei giorni scorsi però il ministro Maurizio Sacconi ha
smentito questa ipotesi insieme a quella di un ulteriore ritocco verso
l'alto dell'aliquota contributiva dei parasubordinati. Nel menù al
quale stanno lavorando i tecnici del Tesoro ci sono anche una voce
"immobili", con un intervento di razionalizzazione di una fetta del
patrimonio, una sorta di sanatoria per l'arretrato dei processi civili
e un meccanismo per velocizzare il recupero dei contributi non versati
all'Inps. Quanto
al pacchetto fiscale, le misure dovrebbero spaziare dal contributo
unificato sulle liti fiscali pendenti fino al bonus per i giudici
tributari che smaltiranno in un anno più del 10% delle liti stesse e
all'aumento della quota dei togati nelle commissioni tributarie. Si
riducono la chance per gli sconti sulle ritenute sugli eco-bonus per i
lavori di ristrutturazione edilizia.
ddi Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio.
Stop al Fondo immobiliare dell’Inps.
A luglio 2009, qualche mese dopo
l’entrata in vigore dell’art. 43 bis della legge 27 febbraio 2009 n.
14, l’INPS approva il piano per la valorizzazione del patrimonio
immobiliare da reddito da realizzarsi attraverso
la costituzione di
un Fondo immobiliare ad apporto privato affidandone la gestione ad una
S.G.R. (società di gestione del risparmio). La particolarità di questa tipologia
di fondo consiste nella la
possibilità di collocare le quote del fondo stesso a soggetti privati
con il vantaggio di monetizzare il valore degli asset immobiliari in
tempi brevi.Successivamente, il
Decreto
Interministeriale del 10 novembre 2010
pubblicato sulla G.U. n.12 del 17 gennaio 2011, ha anche chiarito che la
costituzione di fondi immobiliari di natura privata mediante apporto di
immobili (trattandosi di vendite immobiliari indirette),non ha impatto sui saldi strutturali di finanza pubblica
e pertanto non necessita di alcuna autorizzazione da parte dei
ministeri vigilanti. Tuttavia, la
Direttiva interministeriale emanata il 07 dicembre 2010 a firma
dei Ministri Sacconi e Tremonti,registrata dalla Corte dei Conti
in data 18 marzo 2011 e in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta
Ufficiale, sembra privilegiare la costituzione di fondi a totale
partecipazione pubblica precludendo cioè la possibilità di cedere in
seguito le quote del fondo a privati. Inoltre la selezione
della S.G.R. dovrà avvenire, secondo quanto indicato dall'autorità di
vigilanza sui contratti pubblici, con la procedura dell'asta
pubblica. In ogni caso, mancano
ancora i decreti attuativi della normativa sui fondi immobiliari che
Tremonti promette da oltre un anno e quindi il progetto della
costituzione del fondo immobiliare dell’INPS - per ora - è completamente
fermo.Nel frattempo l’ente
comunque mantiene bloccate le vendite dei cosiddetti immobili di pregio
nonostante l'INAIL abbia giàcominciato astipulare i
primi atti notarili in linea con la richiamata Direttiva
interministeriale che a pag. 5 prevede che: “per gli immobili
retrocessi ai sensi e per gli effetti dell'articolo 43-bis del
decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni,
dalla legge 27 febbraio 2009, n.14,occorre procedere alla
loro dismissione nel rispetto delle procedure già previste favorendo
soluzioni transattive che consentano di stipulare contratti di
compravendita che prevedano un corrispettivo pari al valore di mercato
dell’immobile, determinato a suo tempo dall’Agenzia del Territorio, con
il versamento di una quota parte di tale prezzo. La corresponsione
del saldo, oltre agli interessi e alla rivalutazione monetaria sarà
legata alla risoluzione in sede giurisdizionale delle cause pendenti.
In questo modo, l’Ente incasserà una parte del valore degli immobili
senza rinunciare ai propri interessi che verranno tutelati nelle sedi
opportune”.
La
Stampa -giovedì 5 maggio 2011, pagina 17
Per
gli immobili statali torna l'ipotesi cessione
di
Mastrobuoni Tonia
Per gli
immobili statali torna l'ipotesi cessione Allo studio conferimento ad
una spa e quotazione in Borsa.
". ei
prossimi giorni sulla scrivania di Giulio Tre-monti planerà il conto
aggiornato di quanto vale il nostro patrimonio pubblico. Un tesoro
incommensurabile di fari, castelli, parchi, spiagge, caserme, ville e
molto altro che, se opportunamente valorizzato, potrebbe dare fiato alle
casse dello Stato. Nel 2004, l'ultimo censimento complessivo aveva
stimato in 574 miliardi circa le «inumobilizzazioni materiali», ma con
una «redditività potenziale» che si aggirava attorno ai 287 miliardi. Ed
è ovvia che sbloccare anche solo una piccola parte di quei beni
aiuterebbe a limare la montagna di debito pubblico che ha raggiunto di
nuovo, causa crisi, i picchi della fine degli anni Novanta, il 119 per
cento del Pil. Dopo aver criticato inizialmente Tremonti, che ha il
pallino da anni di mettere a reddito una parte cospicua di questa
ricchezza dormiente, paragonandolo al celebre Totò che cercava di
vendere ai turisti la Fontana di Trevi, anche il Pd si è perdutamente
innamorato di questa idea. Tanto che l'economista più fidato di
Veltroni, Morando, ha rievocato in questi giorni il colossale piano di
messa a frutto degli immobili pubblici, il "piano Guarino" che circolava
nelle stanze del ministro già all'inizio degli anni Duemila. Il
punto è che già al consiglio dei ministri di oggi o al prossimo, un
tassello importante del piano sugli immobili potrebbe andare e posto,
quando un fedelissimo di Tremonti come Stefano Scalera subentrerà
a Maurizio Prato nel ruolo di direttore dell'Agenzia del Demanio.
Scalera è l'uomo che sta censendo l'attivo patrimoniale. Ma sull'uso che
ne farà poi il ministro dell'Economia le ipotesi sono due. Nei
corridoi di via Venti Settembre c'è chi giura che il ministro non ha
abbandonato l'idea di costruire un' ambiziosa operazione con epilogo
finanziario per le decine di miliardi di immobili che giacciono al
Demanio o che sono stati conferiti ad altri enti come Fintecna. Prato,
quando fu nominato amministratore delegato e presidente di Fintecna - ma
lascerà a fine anno anche questi incarichi - doveva essere l'uomo del
"piano Guarino" che tuttora continua a essere discusso nelle stanze del
ministero, negli anni modificandosi e arricchendosi di sempre nuovi
particolari. Il progetto più recente prevede la riesumazione di
Patrimonio Spa - la società nata nel 2002 proprio con l'idea di
valorizzare il patrimonio immobiliare pubblico ma poi finita su un
binario morto - per assegnarle sia gli immobili "liberi" dell'Agenzia
del Demanio sia la parte immobiliare di Fintecna. Nell'immediato, il
Demanio trasferirebbe una ventina di miliardi di immobili nella Spa che
uscirebbero dal perimetro della P.A., alleggerendo i conti pubblici. Ma
l'idea del ministro è quella, man mano che attraverso un'ambiziosa
razionalizzazione di tutto il patrimonio dell'Agenzia (circa ottanta
miliardi) si libereranno altri immobili, di conferirli via via alla
holding. Infine, la mega-Spa dovrà essere quotata in borsa. Come
destinatari,Tremonti non pensa tanto agli investitori istituzionali
quanto al pubblico diffuso. Un'operazione dall'indubbio fascino
mediatico: ogni italiano potrebbe comprarsi se non la Fontana di Trevi,
certamente una quota del Go;-fo Aranci. Il problema, ovvio, è il
trasferimento di parte di questi beni agli enti territoriali con il
federalismo demaniale. Ma chi conosce l'operazione è convinto che gli
stessi enti potrebbero essere interessati a ritrasferire gli immobili
nella mega-Spa, se valorizzati adeguatamente. La
seconda ipotesi è quella invece, più dimessa, di mettere a frutto
l'unica quota di immobili che secondo alcuni potrà essere
realisticamente sfruttata, circa 3,2 miliardi di euro, dei quali 1,5
miliardi di immobili Inps cedibili attraverso delle Sgr. E di
lavorare molto sugli immensi costi, tra affitti, gestione, pulizie,
manutenzione o riscaldamento - circa 35 euro a metro quadro - che
affliggono l'immenso patrimonio degli uffici della pubblica
amministrazione. Ma in questo caso, più che a una valorizzazione, il
progetto somiglierebbe a una razionalizzazione degli immobili pubblici.
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio.
Al via la dismissione delle case di proprietà dell’ente
previdenziale. Due le priorità: garantire i valori di mercato e
tutelare gli inquilini che occupano gli stabili
A giugno 2009, il
Presidente dell’Inps Antonio Mastrapasqua, decide di affidare ad
una Sgr – società di gestione del risparmio – la gestione
del residuo patrimonio immobiliare da reddito dell’Istituto per
renderla più efficiente ed efficace. L’obbiettivo dichiarato è
la costituzione di un fondo immobiliare di tipo chiuso ad
apporto privato, finalizzato alla valorizzazione tramite
cessione sul mercato del patrimonio da reddito apportato
dall’ente previdenziale. A dicembre 2009, il patrimonio
dell’Inps contava circa 12.500 unità (di cui circa 10.900 ex
Scip1 e Scip2) e oltre 1.200 particelle di terreni. Del
patrimonio da reddito complessivo, solo 11.500 unità, per un
controvalore superiore a 1,5 miliardi, sono ritenute
valorizzabili attraverso il Fondo.
L’82 per cento delle unità immobiliari ed il 75 per cento del
controvalore complessivo si concentra in 3 regioni: Lazio,
Lombardia e Toscana. L’83 per cento delle unità sono a
destinazione residenziale e il 68 per cento sono locate con
contratti di locazione scaduti o in scadenza. La gestione, in
attesa che venga selezionata con bando di gara un’unica società,
è affidata a Pirelli Re, Sovigest e Romeo Gestioni per il
patrimonio ex Inpadai, all’ Igei Spa (in liquidazione dal 1996
ed il cui statuto prevede la scadenza al 31 dicembre 2010) per
il patrimonio già di proprietà Inps e al Consorzio G1 per il
patrimonio a destinazione non residenziale.
A marzo 2010 viene approvato il programma di lavoro relativo
alle attività propedeutiche alla costituzione del Fondo e, a
giugno 2010, si approva la strategia di gara per la selezione
della Sgr cui sarà affidato il compito di costituire e gestire
il Fondo promosso dall’Inps. In ogni caso, le unità immobiliari
sono destinate alla vendita fatti salvi i diritti spettanti agli
inquilini, secondo le procedure ed i vincoli della L. 410/2001.
In ossequio ai principi di corretta e buona amministrazione,
l’Inps dovrebbe comunque dimostrare che il conferimento al Fondo
immobiliare rappresenta la migliore scelta gestionale tra le
varie possibili (conferimento ad una società di capitali
pubblica eventualmente aperta alla partecipazione di soggetti
privati, affidamento a soggetti terzi, gestione diretta), dando
la massima trasparenza e pubblicità sui criteri di selezione dei
soggetti coinvolti nelle relative operazioni e sui relativi
risultati gestionali adottando anche misure volte a minimizzare
le diverse tipologie di rischio legale e di mala gestio,
eliminando i potenziali conflitti di interesse con l’obbiettivo
di una riduzione complessiva dei costi di gestione.
Inoltre l’Ente dovrebbe comunque dismettere le unità
residenziali agli attuali inquilini stipulando contratti di
compravendita che prevedano un corrispettivo pari al valore di
mercato dell’immobile, determinato a suo tempo dall’Agenzia del
Territorio, con il versamento di una quota parte di tale prezzo
(per esempio riparametrato al 2001).
La corresponsione del saldo, oltre interessi e rivalutazione
monetaria sarà legata alla risoluzione in sede giurisdizionale
delle cause pendenti. Solo così si eviterebbero ulteriori
disparità di trattamento tra inquilini assicurando la nel
contempo la tutela dei diritti. A questo punto è assolutamente indispensabile un intervento
del Governo che disciplini esattamente le modalità e i tempi per
chiudere definitivamente tutto il contenzioso immobiliare dei
cosiddetti immobili di pregio degli enti previdenziali pubblici.
L'INPS APPALTA LA
GESTIONE AMMINISTRATIVA E TECNICA DI TUTTO IL SUO PATRIMONIO DOPO 15
ANNI DI GESTIONE FALLIMENTARE
diMario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio.d
Scade il 29 aprile
il termine per la presentazione delle domande da parte delle Società che
intendono partecipare al bando di gara che l'INPS ha pubblicato il 29
marzo scorso per l'affidamento dei servizi di "Gestione
amministrativa, tecnica e di supporto alla valorizzazione del patrimonio
immobiliare da reddito dell'Istituto". L'appaltatore sioccuperà della Gestione amministrativa: i rapporti contrattuali
con gli attuali locatori, il recupero delle morosità pregresse, la
gestione dei rapporti condominiali e tutti gli aspetti assicurativi,
fiscali, di gestione e della documentazione degli immobili; deiServizi tecnici: fornitura di beni, servizi e lavori necessari
per la conduzione degli immobili, predisposizione dei piani di
manutenzione ordinaria e straordinaria, gestione utenze, etc; delSupporto alla valorizzazione del patrimonio immobiliare: supporto
alle vendite, definizione del fascicolo immobiliare, regolarizzazione
edilizia, urbanistica e catastale degli immobili, supporto all'Agenzia
del Territorio, collaborazione con i soggetti indicati dall'Istituto
nell'ambito delle eventuali attività propedeutiche al trasferimento
degli immobili al fondo di investimento immobiliare. Nel capitolato di gara
viene precisato che il Patrimonio nel suo complesso è destinato alla
vendita secondo le modalità definite dalla normativa di riferimento,
ed in particolare dalla L. 410/01 e successive modificazioni,
integrazioni e disposizioni attuative, come richiamato dall'art. 43-bis
del d.l. n. 207/2008, convertito con modificazioni dalla legge 27
febbraio 2009, n.14. A tutti i conduttori
delle unità residenziali, già interessate dalle operazioni di
cartolarizzazione, i cui contratti siano scaduti o prossimi alla
scadenza,verrà notificata l'intenzione di non rinnovare la
locazione. Tra i molteplici servizi
che l'appaltatore dovrà effettuare per conto l'INPS ci sarà anche quello
di recuperare le somme dovute daiconduttori morosi e/o
occupanti sine titulo (nei casi di contratto scaduto e
regolarmente disdettato), o quelle dovute a titolo di indennità di
occupazione (nei casi di occupazione abusiva). Per ciascun immobile
l'appaltatore dovrà inoltre predisporre il relativo fascicolo
immobiliare secondo quanto previsto dalla circolare del Ministero
dell’economia e delle Finanze n. 16063 del 9 luglio 2010, provvedere
alla gestione ed alla conduzione tecnica, ai servizi di manutenzione
ordinaria e straordinaria, ai servizi di pulizia e portierato,
garantendo un servizio di reperibilità per 24 ore al giorno per tutti i
giorni dell’anno. Infine l’appaltatore
dovrà essere di supporto ai processi di vendita del patrimonio
provvedendo alla regolarizzazione e predisposizione di tutto quanto
necessario per il perfezionamento delle vendite. Insomma, dopo 15 anni di
gestione fallimentare del patrimonio (affidato per lo più alla I.G.E.I.
S.p.a. in liquidazione dal 1996 e scaduta il 31 dicembre 2010), a più di
2 anni dalla data di ritrasferimento degli immobili dalla S.c.i.p.
S.r.l., il primario Istituto previdenziale Italiano si è mosso per
affidare nuovamente all’esterno la gestione del suo patrimonio
immobiliare. Vedremo quale società si aggiudicherà la gara per un servizio
della durata di 36 mesi con base d’asta di 44 milioni di euro e
vedremo se alla fine, con il sistema del sub-appalto, non avremo a che
fare sempre con gli stessi soggetti che per anni hanno fatto la loro
fortuna con la gestione del patrimonio immobiliare dell’INPS.
Italia Oggi
di martedì 12 aprile 2011, pagina 10
Maxipiano immobiliare dell'Inps
di Sansonetti Stefano
A una fase
di gestione amministrativa seguirò una a carattere finanziario. Partito il
primo bando. Due società e un fondo per valorizzare un mattone da 2 mld.
Un
maxipiano immobiliare per cercare di valorizzare un patrimonio di circa 2
miliardi di euro. L'Inps, dopo una laboriosa gestazione, è pronto a dare il
via a un progetto che punta a far fruttare il suo «mattone», all'interno del
quale rientrano 13 mila unità immobiliari e circa 1.200 terreni. Il piano,
secondo gli ultimissimi aggiornamenti, di fatto prevede quattro attori in
scena. Oltre all'istituto, presieduto da Antonio Mastrapasqua, a gestire il
sostanzioso dossier saranno anche una società di facility and property
management, una società di gestione del risparmio e un fondo immobiliare di
prossima costituzione. Dopo varie delibere e approvazioni, nei giorni scorsi
è stato fissato un altro tassello del mosaico. L'Inps, infatti, ha appena
finito di predisporre un bando di gara che ha l'obiettivo di individuare una
società di facility and property management. Si tratta, in sostanza, di
una società che nei prossimi mesi avrà il compito di gestire
amministrativamente e giuridicamente gli immobili e di effettuarne la
manutenzione. Nel facility management rientrano appunto attività come la
manutenzione delle varie unità, la conduzione e manutenzione degli impianti,
la gestione degli archivi tecnici e informatici. Nel property management,
invece, sono comprese le attività di gestione dei rapporti contrattuali
con gli utenti del patrimonio, la gestione dei rapporti condominiali, la
regolarizzazione e il recupero delle morosità. Insomma, si tratta di
attività prodromiche rispetto a quella che potrebbe essere un'autentica
dismissione. Una fase preparatoria e funzionale che non sarà indolore per le
casse dell'Inps, dal momento che la base d'asta fissata nel bando per
l'individuazione di una società ad hoc è di ben 44 milioni di europer un contratto triennale. Successivamente scatterà un'altra fase, a
carattere prettamente finanziario. L'istituto, infatti, predisporrà un
altro bando per individuare una sgr, ovvero una società di gestione del
risparmio. Quest'ultima, come si apprende dai documenti di gara, sarà «deputata
a svolgere tutte le attività di gestione, valorizzazione e dismissione del
compendio immobiliare» che potrà eventualmente essere apportato a un
apposito fondo. E questo dovrebbe essere l'ultimo e più importante
tassello dello scenario che andrà a comporsi. Nel fondo, gestito dalla sgr,
dovrebbero confluire tutti gli asset che possono consentire
all'istituto di far cassa. Ora, l'Agenzia del territorio, nel corso del
2009, ha stimato in circa 2 miliardi di euro il valore del patrimonio
immobiliare nella disponibilità dell'Inps. Si tratta proprio delle 13
mila unità e dei 1.200 terreni. Naturalmente non tutti avranno le
caratteristiche per essere apportati al fondo. Per questo si renderà
necessaria un'operazione di scrematura al cui perfezionamento
collaboreranno prima la società di facility and property management e poi la
società di gestione del risparmio. Gli stessi documenti di gara chiariscono
che tra le due società dovrà esserci la massima collaborazione nell'ottica
del trasferimento dei cespiti al fondo immobiliare.
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Sole
24 Ore
di giovedì 24 marzo 2011, pagina 35
Via
alle verifiche sul patrimonio immobiliare
In
commissione bicamerale Via alle verifiche sul patrimonio immobiliare È
partita l'indagine conoscitiva sugli immobili di proprietà degli enti di
previdenza. Ieri la Commissione di controllo sull'attività degli enti
gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale presieduta
dall'onorevole Giorgio Jannone ha incontrato i vertici dell'Inpdap. La
prossima audizione è prevista per mercoledì 3o marzo, ma ancora non si
conosce l'ente che sarà invitato. «Abbiamo visto l'Istituto nazionale di
previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica, che raccoglie il
più grande parimonio immobiliare - racconta Giogio Jannone - si tratta di
decine di migliaia di immobili, abbiamo posto molte domande tecniche e
l'ente ci ha chiesto almeno una settimana di tempo per fornire le risposte».
Tra i quesiti che sono stati posti ieri e che saranno fatti a tutti gli enti
- rappresentati da presidente, direttore generale e dirigente responsabile -
c'è il rendimento del patrimonio immobiliare. La risposta in parte già la si
conosce (si veda «Il Sole 24 Ore del 25 febbraio scorso). I rendimenti del
patrimonio immobiliare delle casse, in base ai dati del bilancio 2009,
derivano in gran parte dai canoni di locazione e mediamente sono molto
contenuti e vanno dall'1,32% della cassa geometri al 3,79% dei periti
industriali. Il dato dei notai, che nel 2009 hanno dichiarato un rendimento
dell'8,6% in realtà è generato da una sostanziosa plusvalenza da cessioni.
Un'altra domanda che la commissione intende fare riguarda eventuali "affitti
di favore" concessi. E questo non deve stupire visto che l'indagine sul
patrimonio immobiliare del enti previdenziali è nata sulla scia dello
scandalo del Pio Albergo Trivulzio, che ha concesso numerosi appartamenti a
prezzi di favori a vari personaggi nella "Milano bene".
Jannone
intende indagare anche sul passato recente. «Chiediamo anche con quali
criteri si è proceduto alla dismissione degli immobili - spiega Jannone - e
contiamo di andare a ritroso almeno di tre anni, quindi dal 2007». I
tempi per l'indagine sa- L'OPERAZIONE L'indagine è partita con l'Inpdap Ogni
settimana sotto esame un istituto previdenziale ranno lunghi, «ma - afferma
Jannone - la moral suasion comincia già a dare i suoi effetti; già con
l'indagine sugli investimenti fmaziari dopo il crack Lehman si è alzata
l'attenzione degli enti negli investimenti finanziari». Tra le questioni
che saranno approfondite c'è anche quella delle occupazioni abusive degli
immobili, e del livello di contenzioso tra ente ed inquilini. La
Commissione intende indagare sia sugli immobili gestiti direttamente che su
quelli affidati a fondi immobiliari «vogliamo conoscere - dice Jannone -
quali sono i criteri in base ai quali è stato selezionato il soggetto
terzo».
Parlamento avvia indagine su gestione enti previdenziali
(Il
Sole 24 Ore Radiocor) - Roma, 09 marzo 2011- Il Parlamento si
attiva sulla gestione del patrimonio immobiliare degli enti
previdenziali pubblici e privati. La commissione bicamerale sugli
Enti gestori ha deciso l'avvio di una indagine conoscitiva che vertera'
su tre aspetti: "gli esiti dell'operazione di cartolarizzazione Scip2 e
la restituzione agli enti di parte degli immobili invenduti" in
riferimento agli enti di previdenza pubblici; "la modalita' di
gestione degli immobili da parte degli enti privati, con particolare
riguardo ai rendimenti attesi e a quelli effetti"; e "le modalita' di
dismissione del patrimonio immobiliare". La Commissione procedera'
all'audizione dei rappresentanti del Governo; degli stessi Enti di
previdenza, dei sindacati e della Corte dei Conti. L'indagine
conoscitiva si dovra' concludere entro dodici mesi.
Italia Oggi di mercoledì 2 febbraio 2011, pagina 6
Mattone e spese, i piani del Tesoro
di
Sansonetti Stefano
Gli immobili pubblici sono troppi. Così tanti che bisogna assolutamente
fare qualcosa per poterne ricavare risorse da destinare al miglioramento
dei conti. Senza considerare che anche i rubinetti della spesa,
soprattutto quella corrente, possono essere ulteriormente stretti. Il
ministero dell'economia ci crede, al punto che in queste settimane sono
tornati in auge progetti di cessione del mattone di stato e riflessioni
su come contenere le uscite. Per il titolare del dicastero di via XX
Settembre, Giulio Tremonti, l'idea sugli immobili non è certo una
novità. Alcuni parlamentari dell'entourage più vicino al ministro,
sondati da Italia Oggi, non hanno dubbi: «Ma quale patrimoniale, qui
per incassare, una delle strade da percorrere è quella della vendita
degli immobili pubblici. E questa idea non ha mai smesso di frullare
nella mente di Tremonti..
Già, ma come procedere, soprattutto dopo le non esaltanti avventure
delle varie Scip e Patrimonio dello stato spa? Il ministero, per
riuscire a rispondere a questa domanda, ha messo in campo da diverso
tempo alcuni tecnici.
Uno di questi è Piero Giarda, coordinatore di uno dei quattro tavoli
sulla riforma fiscale, quello relativo al bilancio dello stato. Poi
sta lavorando il Dipartimento del tesoro, in particolare la direzione
che si occupa di valorizzazione dell'attivo e del patrimonio pubblico,
guidata da Stefano Scalera. Gli appuntamenti vanno intensificandosi
di giorno in giorno, per valutare tutte le carte utili a mettere su un
nuovo progetto immobiliare pubblico e a capire su quali voci di spesa
corrente si può agire. Di certo alcune mosse sono già state compiute.
Sul finire dell'anno scorso, per esempio, un decreto di Tremonti ha di
fatto svuotato la Patrimonio dello stato spa, cedendo un pacchetto
residuale di immobili all'Agenzia del demanio guidata da Maurizio Prato.
La Patrimonio spa era stata lanciata da Tremonti nel 2002 proprio allo
scopo di valorizzare e cedere il mattone di stato. Gli esiti, però, non
sono stati dei migliori. E così, nel corso degli ultimi due anni, sono
fioccati i progetti di razionalizzazione di tutti gli strumenti,
societari e non, che oggi lo stato si trova a gestire a fini
immobiliari.
Uno dei piani, per Giulio Tremonti per esempio, dovrebbe portare a un
rilancio della Patrimonio spa, magari nella veste di società che aiuta i
comuni nella valorizzazione degli immobili. Un tempo si era parlato
della fusione tra Agenzia del demanio, Patrimonio spa e Fintecna
immobiliare, quest'ultima controllata al 100% della finanziaria del
Tesoro, guidata da Prato. Un'evoluzione di questo progetto avrebbe
portato alla trasformazione dell'Agenzia in una Demanio società per
azioni, con in pancia soprattutto i cespiti cedibili in tempi brevi. Un
piatto, hanno stimato alcuni calcoli dell'epoca, che potrebbe arrivare a
valere anche 80 miliardi di euro. Queste due ultime ipotesi, però,
appaiono oggi difficili da realizzare, vista la differenza tra gli enti
in questione. Poi ci sono le non favorevolissime condizioni del marcato
immobiliare. A ogni buon conto è probabile che nei prossimi mesi alcuni
di questi dossier vengano rilanciati, magari con le opportune limature.
Molti osservatori registrano come il rilancio di un piano di dismissioni
sia assolutamente più coerente con il programma del Pdl e con la logica
federalista di quanto non possa essere l'idea di una patrimoniale sulla
ricchezza.
Idea quest'ultima, bocciata praticamente da tutti. Anche da quella
Confindustria che, guarda caso, citando report del suo Centro studi ha
spiegato che la strada maestra per diminuire il debito pubblico italiano
sarebbe proprio le cessione sul mercato dei vari asset disponibili. Gli
industriali di Emma Marcegaglia hanno addirittura sostenuto che ci
sarebbero a disposizione 500 miliardi, di cui 385 relativi a immobili
cedibili in tempi non biblici. Ma l'esperimento vale certo più
dell'introduzione di una tassa, come la patrimoniale, contro la quale si
è già scagliato il premier, Silvio Berlusconi. Una mossa, quella del
Cavaliere, in grado di produrre consenso. E questo Tremonti lo sa.
L'Espresso
di giovedì 13 gennaio 2011, pagina 112
E io
ci metto la faccia
di
Piana Luca
Non
deve vendere i tortellini di Giovanni Rana o i polli freschi di
Francesco Amadori. Eppure Antonio Mastrapasqua, presidente dellI'Inps,
al pari di questi imprenditori "self-made men", ha deciso di metterci la
faccia. Dimostrando un'insospettabile sicurezza di se, ha interpretato
uno spot di 45 secondi, in onda quest'inverno sulle reti Rai e Mediaset,
per reclamizzare il nuovo sito Internet dell'istituto che paga la
pensioni a 18 milioni di italiani. E' la prima volta per uno che, come
lui, si definisce un "civil servant", un servitore dello Stato che
svolge una funzione pubblica, dove non si vende nulla, ma si fornisce un
servizio. Com'era prevedibile, lo spot di Mastrapasqua,
commercialista romano di 51 anni finora sconosciuto ai più, ha
suscitato all'interno dell'Inps diverse perplessità, culminate anche in
volantinaggi da parte dei sindacati di base: la scelta di puntare
sulla propria immagine ha alimentato il sospetto che il presidente
voglia far carriera, che punti addirittura a una poltrona da
ministro. Ma i più critici storcono il caso soprattutto perchè la
campagna pubblicitaria cominciata proprio quando la Corte dei Conti
rendeva nota l'ultima relazione sull'attività di controllo sull'Inps.
Una relazione che, assieme a giudizi molto positivi sul recupero di
efficienza e sulla lotta alle truffe, sottolinea anche problemi
delicati. In particolare, i magistrati contabili contestano: i troppi
poteri concentrati nelle mani del presidente; i vuoti che si sono creati
nel sistema dei controlli interni; i ritardi nell'opera di contenimento
dei costi di funzionamento, in continuo aumento a fronte della promessa
di ridurli di 130 milioni nel 2009 e di altri 300 entro il 2011;l'eccesso
di consulenze esterne e il ricorso non sempre giustificabile ai servizi
delle agenzie interinali. Questioni che, al di là delle
preoccupazioni della Corte, secondo quanto ha ricostruito "L'espresso",
stanno creando tensioni su temi concreti. Il primo sono i poteri di
Franco Vari, un dirigente in pensione legato a Mastrapasqua,
capostipite di quella che per l'Inps è una specie di dinastia (ci
lavorano anche due nipoti, assunte tramite concorso), che il presidente
ha voluto - forzando il parere di altri organi - alla guida del
neonato Organo indipendente di valutazione che vigila sulle carriere
interne. Il secondo sono i rapporti con i privati che gestiscono
gli immobili dell'Inps (fra i quali Pirelli e Romeo Gestioni), oggetto
di un duro scontro interno sulla durata del loro mandato. Nel bene o
nel male, dunque. Mastrapasqua è il nuovo uomo forte del sistema
pensionistico italiano. Per inquadrare il tipo, occorre partire dal suo
indirizzo di commercialista, a due passi da Porta Pia. Uno studio di
stampo familiare, le cui dimensioni limitate non gli hanno impedito di
affastellare una serie infinita di incarichi. Per Antonio, fratello di
Pietro Mastrapasqua (revisore contabile meglio conosciuto dagli addetti
ai lavori), sembrano in effetti aver contato parecchio le relazioni
politiche. Da sempre considerato vicino ai circoli dell'ex Democrazia
cristiana capitolina, in ottimi rapporti con il sindacato cattolico
Cisl, è entrato da giovane nell'entourage del sottosegretario Gianni
Letta, eminenza grigia di Silvio Berlusconi. E li si è fatto strada,
passando dalla vice presidenza dell'Ente Promozione Sportiva Disabili
alla direzione dell'Ospedale Israelitico di Roma. Ancora oggi, a due
anni e mezzo dall'arrivo all'Inps, un impegno che lo deve assorbire non
poco, Mastrapasqua risulta avere cariche in 36 società diverse,
appartenenti a gruppi pubblici e privati (da Equitalia a Benetton,
dall'Eur a Telecom Ira), nonché in imprese che figurano tra i fornitori
dell'istituto pensionistico. Ma non basta. Per comprendere la portata
dei suoi rapporti, va tenuta in considerazione anche la moglie, Maria
Giovanna Basile, commercialista pure lei. Chi ha avuto il piacere di
cenare da loro, nel centro di Roma, descrive la signora come una donna
capace di consigliare il marito anche su aspetti tecnici del suo
mandato. D'altronde, per lei, le cariche sociali risultano ben 38.
La più altisonante è quella, assunta di recente, di sindaco nella Rai
diretta da un altro lettiano, Mauro Masi. Per Mastrapasqua, dunque,
I'Inps è un banco di prova per misurare fin dove potrà arrivare. E lui,
che a dispetto dell'imprimatur di Letta alla sua nomina, sembra essere
in rapporti discreti più con il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti,
che con quello del Welfare, Maurizio Sacconi, ce la sta mettendo tutta,
cercando di trasmettere l'immagine di un istituto nuovo, in grado di
mettersi «al servizio del Paese. Uno sforzo corroborato da spese
promozionali nel 2010 per 7,3 milioni, cinque volte quelle dell'anno
prima. All'istituto Mastrapasqua è giunto da commissario il 4 luglio
2008, designato da un governo Berlusconi da poco insediato. Poche
settimane e subito il tema dei possibili conflitti d'interessi veniva
messo alla prova: il 25 luglio la Path Net, una società del gruppo
Telecom che fornisce servizi di trasporto dati, dove lui siede nel
collegio sindacale, riceveva a trattativa privata una commessa da 3,2
milioni. Solo un assaggio, visto che la varietà degli incarichi
professionali di Mastrapasqua finisce spesso per esporlo a questo
rischio. Un altro esempio? Basta andare sul sito Web dell'lnps e
cliccare sull'icona di Vicky, l'assistente virtuale che aiuta gli
utenti a muoversi fra i vari servizi. Uno strumento, quest'ultimo,
elaborato dalla Almaviva dell'imprenditore Alberto Tripi, società nella
quale il numero uno dell'Inps è stato fino a poco tempo fa sindaco
effettivo e la moglie è tuttora sindaco supplente. Dopo la parentesi
da commissario, la stretta di Mastrapasqua sull'istituto si è
rafforzata quest'anno, con la riforma che ha soppresso il consiglio di
amministrazione, affidandone i compiti a Mastrapasqua. Riforma
che non ha convinto la Corte dei Conti, che teme una gestione
meno autonoma e sottolinea la confusione nel sistema dei controlli,
legata anche alla nascita del nuovo Organismo indipendente di
valutazione (Oiv), che ha affiancato il Consiglio d'indirizzo e
vigilanza (Civ). Un passaggio spinoso ha riguardato, appunto, la
nomina di Varì alla guida dell'Organismo di valutazione, una specie di
sceriffo che vigila sulle carriere dei dirigenti e che, di conseguenza,
ha poteri molto concreti su chi può salire nelle gerarchie e chi no.
L'incarico - retribuito con 65 mila euro l'anno, auto blu, ufficio - era
stato bocciato dalla Civit, la commissione nazionale di vigilanza sulla
pubblica amministrazione, fra gli altri motivi anche per il fatto che
Vari ha superato l'età pensionabile. Ma Mastrapasqua ha tenuto duro
e ottenuto dalla Civit un secondo pronunciamento favorevole al suo
prescelto, rimandando al futuro il rispetto dei requisiti prescritti.
Varì, ex direttore centrale, è stato a lungo l'uomo forte nella gestione
dei "beni strumentali" dell'Inps, uffici, palazzi e quant'altro. Un
settore che, forzatamente, finisce spesso nel mirino delle critiche,
come è accaduto, ad esempio, per il ricco contratto d'affitto (600 mila
curo l'anno, stando alle indiscrezioni) che l'istituto paga al
costruttore romano Domenico Bonifaci per la sede degli uffici di Roma
Eur, in via Chopin, oggetto di vari abusi edilizi e di un incendio
causato dall'impianto elettrico mentre, nel 2006, era in corso il
trasloco. Ebbene, appena insediato alla guida del nuovo organo, Varì
ha redatto un sistema di valutazione interna dei dirigenti che ha creato
parecchi mal di pancia al Consiglio di vigilanza dell'istituto, dove
sono rappresentati imprenditori e sindacati. Che si è visto costretto a
chiedere degli aggiustamenti, per restituire alla direzione generale
funzioni che Vari, l'uomo del presidente, voleva sottrarle. Un secondo
retroscena che rivela le tensioni interne all'Inps riguarda, come detto,
la gestione del patrimonio immobiliare. Nel giugno 2009 l'istituto ha
dato il via alla procedura per creare un fondo che dovrà valorizzare i
suoi palazzi. Quest'estate, tuttavia, erano in scadenza i contratti che
ne affidano la gestione ai privati, fra i quali il gruppo Pirelli e la
Romeo Gestioni. La direzione delle risorse strumentali ha così
prolungato il contratto con i privati, scegliendo di lasciar loro i
palazzi per altri 30 mesi. Un periodo eccessivo, che ha spinto il
direttore generale Mauro Nori a firmare una richiesta dal contenuto
chiarissimo: -Sei mesi sono più che sufficienti, poi valuteremo
come va la creazione del fondo immobiliare-. Con i costi che continuano
a salire, con i regali forse è meglio non eccedere.
ha
collaborato Ugo Prati
Il Sussidiario sabato 11 dicembre 2010
MANOVRA/ Far fruttare il patrimonio immobiliare pubblico?
Una soluzione c'è
di Salvatore Sechi
Dalla Prima repubblica in avanti senza soluzioni di continuità, la
gestione del patrimonio pubblico da parte degli enti previdenziali è
ispirata ad una logica quasi sovietica. Inps, Inpdap, Inail ecc.
dispongono di una catena di organi di vigilanza, direzione, contenzioso,
coordinamento, gestione del patrimonio che assomiglia ad una rendita di
posizione. Malgrado l’esistenza anche di preziose competenze, essi
ospitano una manomorta di personale elevata al ruolo di manager con
stipendi che sono più del doppio di quelli dei professori universitari
alla fine della carriera. Il valore di mercato dell’amministrazione di
questi enti è dato dalla capacità di creare reddito. Purtroppo non sono
mai stati in grado di far rendere l’enorme patrimonio immobiliare
pubblico più del 2 percento. La magistratura della Corte dei Conti,
quasi mai consultata preventivamente, è stata implacabile nel denunciare
abusi e deficienze. Giulio Tremonti sei anni fa decise di fare piazza
pulita alienando questo patrimonio con un massiccio programma di
cartolarizzazioni (Scip 1 e Scip 2). Dopo 15 anni il ministro
dell’Economia ha preso atto del loro fallimento e ha restituito la
responsabilità degli immobili ai vecchi enti previdenziali. Attualmente
risultano vendute 74.926 delle 90.392 unità immobiliari, e al 28
febbraio 2009 restava un portafoglio residuo complessivo di 15.466
immobili vincolato alla dismissione immobiliare. Tommaso Padoa Schioppa
aveva calcolato che il valore dell’invenduto si aggirasse intorno al 2,8
miliardi di euro. Forse un po’ meno. Né si può dimenticare l’incidenza
che hanno i ritardi nell’andamento degli incassi. Ormai l’invenduto
coincide in gran parte con l’abusivismo delle aree urbane marginali (la
polpa dei centri storici, cioè a maggiore valore commerciale, è già
stata alienata) e con gli immobili classificati di pregio (si calcolano
siano il 10 percento dell’intero patrimonio immobiliare dello stato).
Proprio questi ultimi sono oggetto di un tenace contenzioso giudiziario.
Da una parte per via del degrado che non di rado li caratterizza (si è
identificato, creando discriminazioni enormi, il cosiddetto pregio nella
dislocazione degli immobili nei centri urbani). Dall’altra, per gli alti
prezzi con cui vengono offerti rispetto a quelli, sensibilmente più
bassi, del mercato nel 2001 (presi a riferimento dalla legge 104/2004).
Per non parlare della disparità (fino al 45 percento del valore
commerciale!) di trattamento tra i cittadini, le cui abitazioni distano
poche decine di metri dal centro storico. Il governo Berlusconi non può
trascinarsi dietro, come un’enorme macina al piede, questa situazione,
che gli impedirebbe di varare un impegnativo programma di ripresa
dell’attività edilizia per venire incontro alle esigenze delle giovani
coppie e delle famiglie dei cittadini extra-comunitari. La soluzione più
efficace per fare cassa, ma anche la più equa, è quella di alienare
l’invenduto praticando uno sconto del 30 percento sui prezzi di offerta.
Si tratta del valore che viene normalmente riconosciuto a chi acquista
un immobile occupato come sono quelli detenuti dagli inquilini degli
enti ex-previdenziali. In questo modo non verrebbero sanate le
discriminazioni e i diversi trattamenti tra i cittadini di diversi
quartieri e di diverse città, che restano come una testimonianza
dell’assoluta incapacità di organi della partitocrazia spartitoria quali
sono, in grande misura, ancora Inps, Inail, Inpdap ecc. Ma dubito
che,senza di essa, il ministero del Welfare, affidato alle mani di un
esperto come Maurizio Sacconi, possa impostare finalmente una politica
della casa per venire incontro alle esigenze delle giovani coppie e
delle famiglie dei cittadini extra-comunitari. Si tratta di una vicenda
oramai annosa che è stata di recente ricostruita analiticamente da Mario Milone nel volume Scippopoli, edito a Napoli quest’anno. In
sintesi i cosiddetti immobili di pregio (non più di 2.000 su oltre
90.000 unità), trasferiti alla SCIP Srl nel 2001 e nel 2002, sono stati
sottratti alla più nota regola di mercato. Essa prevede per la vendita
dell’immobile occupato la riduzione del 30 percento sul prezzo di
mercato determinato per lo stesso immobile libero. Da anni è vigente una
normativa illogica, varata dal precedente Governo, che sottrae a questa
elementare regola di mercato gli immobili di maggior valore (immobili
cosiddetti di pregio alienati ovviamente in base ad una maggiore
stima). “Tale esclusione - scrive Milone - determina una ingiustificata
disparità di trattamento tra le 2.000 famiglie coinvolte e tutte le
altre 90.000 complessivamente interessate dalle vendite che hanno potuto
legittimamente acquistare la propria abitazione con l’applicazione della
suddetta riduzione, nell’ambito dello stesso processo di dismissione
patrimoniale pubblico e sulla base delle stesse leggi dello Stato”. È il
caso, ad esempio, degli immobili di Roma di Piazza Adriana e Piazza
Cavour, o quelli di Viale Filopanti e Piazza Roosevelt a Bologna. La
fine del contenzioso giudiziario e la vendita di questi immobili
consentirebbe la formazione di un fondo iniziale per avviare finalmente
una politica riformista di edilizia pubblica. Vi sono interessati i
ministeri di Tremonti, Sacconi, Romani e Prestigiacomo (per l’ambiente).
Dalla loro collaborazione dipende che i tempi di esecuzione siano
spediti e vengano garantiti margini di profitti analoghi a quelli che il
potere pubblico e gli imprenditori privati ricavano dalla collaborazione
a questa impresa comune in Spagna e Francia. A documentarlo, tempo fa, è
stata una bella inchiesta di Report (non importa l’orientamento
politico), il programma che Milena Gabanelli dirige su Raitre.
Il
Sole 24 Ore
del 13/07/2010 Isabella Bufacchi pagina 4
Fascicolo
del fabbricato.
Soprattutto gli istituti di previdenza dovranno dotarsi dei documenti.
Con
circolare. Tremonti sollecita la messa a norma del patrimonio.
Almeno il 20% degli
immobili pubblici non è regolarizzato e cioè non dotato di un fascicolo
immobiliare completo. Molti fabbricati non sono stati accatastati,
altri lo sono ma con informazioni parziali. Mancano in numerosi casi
all'appello i certificati di agibilità. Tanti enti pubblici, troppi per
il Mef, dispongono di immobili senza cono- sceme provenienza, valore e
addirittura la proprietà è incerta. E per questo che, «per pervenire
a una quanto più completa conoscenza del portafoglio immobiliare come
punto di partenza per un adeguato processo di valorizzazione», il
ministro dell'Economia Giulio Tremonti ha firmato nei giorni scorsi una
circolare contenente le linee guida per la costituzione di un
fascicolo immobiliare, la carta d'identità degli immobili pubblici.
Il documento è stato diramato ieri. Questo percorso metodologico, che
indica nel dettaglio come raccogliere la documentazione per una
ricognizione puntuale del portafoglio immobiliare mirato ai fabbricati,
è indirizzato agli enti pubblici non territoriali, in particolar modo
agli enti previdenziali che dispongono di un importante patrimonio
immobiliare. Non è chiaro se le casse notarili aderiranno o meno. Dopo le operazioni
finanziarie di mercato come le cartolarizzazioni e la costituzione di
fondi immobiliari, per velocizzare la dismissione degli immobili già in
vendita di questi enti, il Tesoro incoraggia sempre più la pa a
migliorarsi nel molo di proprietario immobiliare: anche in vista di
operazioni di valorizzazione (tra le quali anche le alienazioni) che in
prospettiva dovranno contribuire al risanamento e consolidamento dei
conti pubblici. La conoscenza inesatta del valore di un bene, fabbricato
o terreno, è il presupposto della svendita del patrimonio immobiliare
dello Stato. Queste linee guida,
come precisato nella circolare firmata da Tremonti lo scorso 9 luglio,
comunque «possono costituire un valido riferimento per tutte le altre
pubbliche amministrazioni (regioni, province e comuni) che intendano
attivare un proficuo processo di valorizzazione». Il Mef ha avviato
proprio quest'anno un nuovo censimento sul patrimonio immobiliare della
pa, con l'obiettivo di stabilire una volta per tutte l'entità e il
valore dei beni immobiliari pubblici. I primi riscontri di questo
monitoraggio seguito dalla direzione VIII del Tesoro, al quale
hanno aderito circa 6mila amministrazioni (si veda il: Sole Ore di
lunedì), hanno fatto emergere carenze enormi nella documentazione dei
fascicoli immobiliari. Stando a fonti bene informate del Mef, «almeno
il 20% degli immobili pubblici non è regolarizzato». La compilazione di un
fascicolo immobiliare è un'operazione di ricognizione molto complessa.
Sono almeno una ventina i documenti base richiesti: dal titolo di
provenienza alla certificazione urbanistica ed energetica, dalla
planimetria e visura catastale agli attestati di uniformità con tanto di
valore di mercato attribuito dall'agenzia del territorio copie di
eventuali contratti di locazione. Vanno riepilogati gli interventi di
manutenzione degli ultimi5 anni ed acclusi i decreti di vincolo e le
limitazioni al diritto di proprietà. La conoscenza del
patrimonio immobiliare, inoltre, secondo queste "best practices" si
articola su tre tipologie di documentazione: tecnica,
amministrativo-gestionale e storico-artistica. Alle informazioni
tecniche la circolare dedica un ampio spazio: localizzazione geografica,
analisi urbanistica, identificazione catastale con redditività,
rappresentazione grafica, lista intestatari, titolo di provenienza, nota
di trascrizione e ricostruzione dei passaggi di proprietà. Le
informazioni amministrativo-gestionali servono a dividere i beni
strumentali da quelli non strumentali e questi ultimi vanno a loro volta
suddivisi in liberi, occupati, con o senza titolo. Le informazioni
storico-artistiche invece sono essenziali per «delineare le procedure
per eventuali dismissioni».
Il MONDO 12.03.2010
INAIL, INPDAP E INPS
E IN ARRIVO CI SONO LE CESSIONI DEGLI ENTI
PREVIDENZIALI
Chi sta pianificando un investimento
immobiliare tra questo e il prossimo anno dovrà tener d’occhio le aste degli
enti previdenziali pubblici. Sono oltre 10 mila, infatti, le case tornate al
mittente da Scip i e Scip 2, società veicolo incaricate della vendita. Nelle
ultime settimane Inail, Inpdap e Inps stanno discutendo su come gestire
questo patrimonio e dalle prime indiscrezioni emerge che circa un quarto
delle 10 mila abitazioni finirà all’asta tra il 2010 e il 2011 (un’altra
parte potrebbe essere destinata a fondi immobiliari). La maggior parte degli
asset è localizzata nelle varie province del Lazio, ma ci sono centinaia di
unità ubicate nel centro e semicentro di Roma. Oggetto di bandi di gara
saranno gli appartamenti vuoti e quelli inoptati (per i quali cioè
l’inquilino assegnatario non ha esercitato l’opzione d’acquisto), mentre
c’è incertezza su come sbrogliare i tanti contenziosi con gli inquilini
sorti soprattutto per gli immobili di pregio (che non beneficiano dello
sconto concesso ad altri assegnatari), ma che prima o poi finiranno
all’asta anche loro. Il primo a partire con le nuove cessioni sarà
probabilmente l’Inail, con un bando per 60-70 unità abitative. Come
informarsi su queste procedure? È in corso di definizione una convenzione
fra i tre enti previdenziali coinvolti e il consiglio nazionale del
notariato in base al quale per le aste sarà utilizzata la piattaforma
informatica di Asnodim, associazione del notariato romano, per le
dismissioni immobiliari. In pratica lo stesso strumento che ha realizzato
per conto del governo tutte le aste Scip, oltre che operazioni analoghe per
altri committenti come Campidoglio Finance. Asnodim ha finora gestito in
tutto 19.500 procedure e sul suo sito (www.asnodim.com) si possono
consultare i risultati in dettaglio.
L'Inps riafferma la
propria volontà di proseguire nel processo di dismissione del patrimonio
immobiliare di sua proprietà, così come previsto dalla vigente normativa. Lo
precisa l'Istituto in un comunicato diramato dall'Ufficio Stampa dello stesso.
'La dismissione del patrimonio immobiliare continua ad essere una delle
priorità nell'azione dell'Istituto - sottolinea il presidente, Antonio
Mastrapasqua - e proseguirà secondo quanto stabilito dalle attuali
disposizioni in materia, in particolare seguendo le modalità e le condizioni
previste dall'art. 43 bis della legge 14 del 2009'.
'In questa prospettiva - prosegue la nota - l'Inps rinnova la propria
disponibilità ad incontrare le associazioni che rappresentano gli inquilini
per affrontare congiuntamente le problematiche inerenti all'alienazione degli
immobili, disponibilità già concretamente manifestata con la comunicazione
del 10 febbraio che il presidente Mastrapasqua ha indirizzato all'Unione
Inquilini, invitandola a concordare le date per un incontro con i dirigenti
dell'Istituto'.
Fimit: Crescimbeni, cosi' sono saltate
le nozze con
Pirelli (MF)
02/02/2010
MILANO (MF-DJ)--"Intanto
chiariamo, con
Pirelli piu' che un progetto c'era una mera ipotesi di aggregazione. Era
solo un'ipotesi. Interessante
e complessa sicuramente, ma non e' decollata". Lo ha spiegato a MF Paolo
Crescimbeni, presidente di Fimit e commissario straordinario dell'Inpdap,
primo socio con il 30% di Fimit, aggiungendo che tra
Pirelli Re e Fimit "a non convincere erano i numeri". Crescimbeni
interrogato sulla perplessita' dei ministeri che vigilano sugli enti di
previdenza soci di Fimit, ha affermato che "i vertici politici sono stati
informati delle trattative in corso. L'invito alla prudenza per gli
investimenti degli enti previdenziali e' qualcosa che definirei implicito.
Comunque i pareri dei ministeri vigilanti sono stati sempre rispettosi
dell'autonomia degli enti e soprattutto di Fimit, che e' una societa' attiva
sul mercato e che segue quindi le regole del mercato".Chiuso il discorso
Pirelli, "il piano industriale (di Fimit, ndr) prevede una crescita per
linee esterne anche creando piattaforme europee utili a garantire al meglio
i nostri investitori. Su queste premesse si era avviato un confronto con
alcuni soggetti, tra cui
Pirelli. Sgombrato il campo da questa ipotesi, la societa' si sta gia'
lanciando su altri progetti, che siano fortemente rispettosi degli interessi
degli investitori dei fondi e degli azionisti della sgr", ha spiegato. Il
Presidente di Fimit ha aggiunto che "stiamo guardando anche a operazioni
europee e non solo in un'ottica di aggregazione, ma anche di sinergie sulla
base di piattaforme comuni di servizi". A proposito dei soci previdenziali,
in merito al dubbio che l'Inpdap usi Fimit anche per suoi fini, come
dimostrerebbe il conferimento al fondo Senior degli immobili Scip restituiti
dal Tesoro all'ente perche' rimasti invenduti, Crescimbeni ha affermato che
"noi abbiamo fondi anche in altre sgr, non solo in Fimit. E' anche vero che
in quest'ultima abbiamo una partecipazione azionaria piu' rilevante. Il
progetto di conferire gli immobili Scip nel fondo Senior tuttavia e' nato in
Fimit, non in Inpdap". Il Presidente di Fimit ha poi concluso affermando che
"l'apporto deliberato per gli immobili non residenziali ex Scip e' di
300 milioni" e che probabilmente verra' allargato anche al
portafoglio residenziale.
red/ste
Fimit
riceve le case Scip
PLUS 24 – Il Sole 24 Ore(SABATO 23 Gennaio 2010)
Nuova
destinazione per le case cartolarizzate e rimaste invendute. Una parte degli
immobili ex Scip tornati nella disponibilità dell'Inpdap, ente pensione dei
dipendenti pubblici, è stata conferita ai fondi immobiliari della società di
gestione Fimit. «Abbiamo già conferito un primo portafoglio di immobili a
uso commerciale ex Scip al fondo Senior immobiliare gestito da Fimit Sgr e
stiamo valutando un ulteriore apporto – spiega Daniela Becchini,
vicedirettore generale e responsabile patrimonio Inpdap –. Mentre
continueremo nella dismissione di quelli residenziali attraverso le aste». E
aggiunge: «In caso di invenduto, anche il residenziale potrebbe confluire in
un fondo immobiliare, ma è un work in progress». Secondo quanto risulta
a «Plus24», sono pari a un valore di 30 milioni di euro le case ex Scip
conferite da Inpdap al fondo Senior. Più in generale dal bilancio di
previsione 2010, emerge che l'ente pensione dei dipendenti pubblici conta di
incassare 200 milioni di euro dall'alienazione delle case rimaste invendute
nell'ambito delle cartolarizzazioni. Un obiettivo inferiore rispetto ai 480
milioni di euro stimati nel piano industriale Inpdap dell'aprile scorso.Ma
le strategie immobiliari dell'ente di previdenza, presieduto da Paolo
Crescimbeni, non si limitano alle ex Scip. Inpdap possiede infatti quote
importanti dei fondi immobiliari Alfa (30% con un valore di bilancio pari a
78 milioni) e Beta (10%, 26,84 milioni in bilancio) sempre gestiti da Fimit
Sgr di cui Inpdap è anche socio con il 30 per cento. Nei documenti di
previsione, l'istituto ribadisce che intende valorizzare tali asset
«attraverso la vendita delle quote di partecipazione ai fondi Alfa e Beta
nel momento più favorevole del mercato». Stessa posizione era stata espressa
pure nel piano industriale. Da segnalare che il fondo Beta chiude i battenti
nel febbraio 2011 e non ci saranno proroghe. «Osserviamo il mercato e non
escludiamo che si possa arrivare a scadenza in particolare per il fondo
Beta», aggiunge Becchini. Da segnalare infine che il disavanzo atteso per il
2010 è di 8,1 miliardi e, per la gestione che si è appena chiusa, il
risultato economico indicato nel bilancio di previsione dovrebbe essere
negativo per 7,3 miliardi.
Danno Erariale e "danno" per gli inquilini cosiddetti di
pregio
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio.
Con sentenza
n. 2287/09 la Sezione Lazio della Corte dei Conti condanna per danno
erariale la Dott.ssa Cannata e la Dott.ssa Mazzarocchi del Ministero
dell’Economia e delle Finanze che hanno gestito le cartolarizzazioni
immobiliari volute dal Ministro Giulio Tremonti e con le quali oltre 67.000
immobili residenziali degli Enti previdenziali pubblici sono stai conferiti
nella fantomatica S.c.i.p. S.r.l. prima che fosse messa in liquidazione per
l’impossibilità di raggiungere i suoi originari obbiettivi. Secondo i
giudici contabili le due funzionarie del Ministero sono responsabili di aver
causato un mancato incasso per lo Stato pari a 22 milioni di euro e per
questo sono state condannate in primo grado a risarcire 150.000 euro
ciascuna. Il fatto risale al periodo 2004-2005 quando gli stabili del
bellissimo quartiere Sallustiano di Roma: Via Cadorna 13 e Via Valenziani 12
e 16, anch’essi cartolarizzati con l’operazione Scip 2, sono stati
rapidissimamente venduti dall’INPS (per conto della Scip S.r.l.), ai 102
fortunati inquilini a condizioni di favore: prezzi di mercato del 2001
scontati del 30% e dell’ulteriore sconto di blocco del 15%, senza che si
fosse tenuto conto nella determinazione del prezzo di offerta nemmeno di
4.508.000,00 euro che nel frattempo l’Inps aveva speso per ristrutturare a
nuovo gli stabili di Via Valenziani. Insomma, gli inquilini, questi sì
amici degli amici, hanno ottenuto un bel regalo: quelli di Via Cadorna
da Babbo Natale, infatti hanno acquistato a dicembre 2004, e quelli di Via
Valenziani dalla Befana avendo invece acquistato a gennaio 2005. I
magistrati Contabili hanno addebitato la responsabilità alla Dott.ssa
Mazzarocchi ed alla sua diretta superiore, Dott.ssa Cannata, del mancato
inserimento degli immobili in questione nel decreto interministeriale
pubblicato in G.U. n. 227 del 27 settembre 2004 che avrebbe dovuto, secondo
quanto deliberato dall’Agenzia del Territorio, individuarli di pregio. Tutto
questo perché, prima della firma del decreto da parte del sottosegretario
Armosino, l’allegato contenete i dati identificativi dei suddetti immobili è
scomparso per una serie di rimpalli che, secondo la tesi difensiva delle due
funzionarie, sono avvenuti tra il Ministero e l’Agenzia del Territorio.
Risulta però davvero difficile credere che questi “regali” agli inquilini
siano in effetti piovuti dal cielo per caso mentre è molto più facile
ipotizzare una “regia” tra Ministero, Enti e Agenzia del Territorio diretta
con grande abilità per favorire un pò di qua e un pò di là preferendo
all'ultimo istante non pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale l’allegato
contenente i suddetti immobili insieme ad altri immobili di pregio del
quartiere Parioli come risulta anche dalle interrogazioni parlamentari
dell’epoca. Giulio Tremonti si è subito affrettato ad affermare “pensare
che la dottoressa Cannata, che gestisce da nove anni il debito pubblico con
grande efficienza e competenza internazionalmente riconosciute, abbia omesso
un'attività di vigilanza mi sembra oggettivamente un po' difficile”.
Resta il fatto però che la mancata trasparenza di tutto il lavoro di
individuazione degli immobili cosiddetti di pregio e dell’inserimento degli
stabili nei decreti ministeriali, accompagnato da manovre di ogni genere
presso gli uffici pubblici hanno provocato innumerevoli iniquità e disparità
di trattamento tra gli inquilini alcuni dei quali ancora oggi combattono su
più fronti battaglie giudiziare per vedersi riconosciuti i loro diritti
avendo, da tutte queste manovre, ricevuto un danno ormai sempre più
evidente.
Tesoro, Cannata scivola sulla Scip
MF Numero 008 pag.5 del 14/01/2010
DENARO & POLITICA Di Andrea Bassi
Il direttore del
debito pubblico condannato dalla corte dei conti per omessa vigilanza
La censura dei magistrati contabili sulla compravendita di tre immobili di
pregio a Roma che avrebbe causato allo Stato un danno di 22 milioni di euro.
Tremonti difende il funzionario
Alla Corte dei conti non sono mai piaciute. Per anni i magistrati contabili
hanno messo le cartolarizzazioni Scip1 e Scip2 e il Fip (Fondo immobili
pubblici) sotto la lente, censurando i conflitti d'interesse delle banche
d'affari e la poca convenienza delle vendite degli immobili pubblici per
conto dello Stato (si veda MF-Milano Finanza del 9 febbraio 2007). Adesso
arrivano le prime condanne da parte della Corte per quelle operazioni. E
sono sanzioni di peso. Sotto la scure della magistratura contabile è finita
Maria Cannata, da nove anni a capo del dipartimento che gestisce il debito
pubblico italiano. La Corte ha condannato la Cannata e una sua stretta
collaboratrice, Tiziana Mazzarocchi, alla restituzione allo Stato di 300
mila euro. Una cifra non esorbitante. Quello che è grave, però, sono le
accuse. Per i magistrati contabili i due funzionari del Tesoro avrebbero
«gravemente omesso di esercitare la funzione di vigilanza» assegnata al
ministero sull'operato degli enti previdenziali in materia di vendite.
Nel mirino della Corte, in particolare, è finita la compravendita di tre
immobili romani di proprietà dell'Inps. Prima inseriti nell'elenco di quelli
«di pregio», per i quali non era applicabile lo sconto del 30% in caso di
riscatto degli inquilini, sono poi scomparsi da quella lista.Sono così stati venduti a prezzo di saldo a chi li occupava. E si
trattava, guarda caso, di tre dirigenti dello stesso ente di previdenza.
Secondo i magistrati contabili quell'operazione avrebbe causato un minor
introito per le casse pubbliche di 22 milioni. Immediata la reazione della
Cannata. «La decisione», ha spiegato il direttore del debito pubblico, «si
limita a ravvisare una responsabilità per omessa vigilanza sull'operato
degli enti previdenziali in relazione alla vendita degli immobili in nome e
per conto di Scip a seguito della seconda operazione di cartolarizzazione
immobiliare, con un'interpretazione che estende la vigilanza del ministero
al di là degli aspetti di carattere economico-finanziario che invece sono
propri del ministero stesso. In sede di appello», ha concluso, «saranno
dissipati i fraintendimenti all'origine di questa sentenza». In difesa della
Cannata è intervenuto anche Giulio Tremonti. «Pensare che la dottoressa
Cannata, che gestisce da nove anni il debito pubblico con grande efficienza
e competenza internazionalmente riconosciute, abbia omesso un'attività di
vigilanza», ha detto il ministro, «mi sembra oggettivamente un po'
difficile».
CORRIERE DELLA SERA (14
Gennaio 2010)
LA CANNATA E IL DANNO ERARIALE
(CONTESTATO)
Tutto poteva pensare Maria Cannata direttore del
Debito pubblico, grande esperta di Bot e Cct e regista delle aste dei
titoli sul mercato - tranne che essere chiamata in causa dalla Corte dei
Conti per non aver esercitato la sorveglianza sulle vendite degli immobili
dell’Inps, legate alla cartolarizzazione Scip2 realizzata nel 2005. In
particolare su quelle di tre immobili declassati dalla fascia di pregio e
venduti con lo sconto del 30%, fra gli altri anche a tre dirigenti dello
stesso ente previdenziale. Cannata, alla quale i giudici contabili
hanno chiesto in solido con una sua collaboratrice di restituire 300 mila
euro, risponde che non è compito del ministero vigilare sulle operazioni
di vendita al «di là degli aspetti di carattere economico-finanziario e di
impatto sulla finanza pubblica» e fà sapere di aver presentato appello
contro la decisione. Ma a difendere il direttore del Debito pubblico scende
in campo anche il Ministro dell’Economia Giulio Tremonti, Maria Cannata
«gestisce da 9 anni con grandissima efficienza e competenza il debito
pubblico italiano che è il terzo al mondo» dice a Radiocor Il ministro.
Preoccupato che la vicenda, perla quale, auspica l’accoglimento del ricorso,
possa «distrarre troppo» Cannata ed i suoi collaboratori dal loro lavoro.
Stefania Tamburello
Il Denaro
(18 novembre 2009) pag. 2
INPS: DALLA
CARTOLARIZZAZIONE AI FONDI
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio.
A fine settembre, il Commissario straordinario dell’INPS,
Dott. Antonio Mastrapasqua, esperto di finanza e già consigliere dello
stesso istituto dal 2004, dichiara: “l'Inps sta dando inizio" ad una
gestione più razionale del patrimonio immobiliare. L'ente ha deciso di
affidare ad un soggetto terzo la gestione del patrimonio per renderla più
efficiente ed efficace".Ebbene, mentre si sta dialogando con il
Ministero dell’Economia e delle Finanze per risolvere il contenzioso
giudiziario in corso sui cosiddetti immobili di pregio intervengono alcuni
incontri tra i Ministeri vigilanti (Economia e finanze e Lavoro) e gli
Enti previdenziali nel corso dei quali questi ultimi rappresentano le
proprie diversità in termini di patrimonio da gestire e di organizzazione
soprattutto in relazione al patrimonio restituito ai sensi dell’art.
43-bis della L. 14/2009 (patrimonio ex- SCIP). In realtà fa tutto parte
di un disegno ben preciso, preordinato come sempre dal Ministero
dell’Economia e delle Finanze che, conclusa la fallimentare stagione delle
cartolarizzazioni, spinge sulla creazione di fondi immobiliari! Per questo,
gli enti, manifestano la necessità di avere una uniformità gestionale del
patrimonio riacquistato dalla SCIP e di quello residuo già di sua proprietà
mediante il ricorso ad un unico e più organico strumento di
valorizzazione chiedendo subito la collaborazione ed il supporto
tecnico di Via XX Settembre in considerazione “della competenza ed
esperienza sulla specifica materia”. La Direzione VIII del Dipartimento del
Tesoro indica le linee guida per gli Enti: valutare (per
il patrimonio ex SCIP)la possibilità di apportare
modifiche alle procedure di vendita esistenti e la convenienza a
realizzare operazioni finanziarie rispetto alla prosecuzione diretta delle
vendite; avviare - per il restante patrimonio da reddito
la puntuale ricognizione tramite l’Agenzia del Demanio e la valutazione
dello stesso tramite l’Agenzia del Territorio. Il primo ente a muoversi è
l’INPS. Mastrapasqua adotta subito una determinazione per la “Valorizzazione
del patrimonio immobiliare da reddito mediante la costituzione di un Fondo
Immobiliare ad apporto privato” avviando di fatto il piano per la
costituzione del fondo immobiliare, in cui farvi confluire il
patrimonio dell’ente mediante una SGR che avrà il compito di
gestirlo. Si attiva nel contempo l'Agenzia del
demanio per la ricognizione del patrimonio e l'Agenzia del territorio per
una valutazione dello stesso ai sensi del comma 14 dell’art. 43-bis.
Insomma, dopo che il Consiglio di indirizzo e vigilanza
dell’INPS ha anche approvato all’unanimità i criteri generali del piano
predisposto dal Commissario, ci si è
incamminati in una strada che ha l'obiettivo di valorizzare il patrimonio da
reddito dell'Istituto attraverso: la costituzione di un comitato guida e
l’individuazione di uno studio legale di supporto per predisporre il trasferimento dei contratti in
essere e valutare la trasferibilità di tutti gli asset. In questa
valutazione si dovrà tener conto che una fetta del patrimonio ex SCIP è
interessata da un rilevante contenzioso giudiziario. Non è pensabile che in
capo agli enti rimanga la gestione solo di questo pacchetto di immobili che
in ogni caso è destinato alla vendita fatti salvi i diritti spettanti agli
inquilini. Alla luce di queste considerazioni mi auguro che nell’ambito
della due diligence che l’Istituto si appresta a fare, possa trovare
finalmente spazio una soluzione transattiva del
contenzioso in corso.
Inail: Lotito (Civ), Fondo immobili
da 822 mln, chiarezza dal Tesoro
(Il Sole 24 Ore Radiocor) MARTEDI' 3 NOVEMBRE 2009
Avviare discussione su regole e
Sgr con
parti sociali. Il Civ dell'Inail
chiede "l'avvio di una discussione con le parti sociali" circa il futuro
funzionamento del Fondo che gestira' una parte del suo patrimonio
immobiliare. "Ad
oggi - dice il presidente
Franco Lotito - sappiamo solo che sara' un
Fondo chiuso e che avra' carattere misto: aspetti, a
nostro parere, che rendono ancora piu' necessario un confronto". Lotito
sottolinea anche la necessita' di chiarimenti sulla gara per scegliere la
Sgr: "Un problema delicato che non puo' essere certo risolto in sede
amministrativa". Il Fondo ha gia' disponibili 822 milioni, indica Lotito:
"Si tratta di una delle piu' grandi entita' finanziarie attive nel mercato
degli
investimenti immobiliari del Paese. Credo che sia
giusto sapere come questi soldi saranno investiti". Il Civ chiede garanzie
sula redditivita' degli investimenti, che deve essere sufficiente a
proteggere i capitali investiti da imprese e lavoratori. "Anche di questo
vorremo dibattere col ministero dell'Economia, visto che oggi il versamento
di questi capitali in Tesoreria li rende, di fatto, una forma di prelievo
tributario indiretto", conclude.
(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Roma, 28 set -
Mastrapasqua
ha fatto sapere che l'Inps sta dando inizio "ad una gestione piu' razionale
del patrimonio immobiliare. L'ente
ha deciso di affidare ad un soggetto terzo la gestione del patrimonio per
renderla piu' efficiente ed efficace".
ItaliaOggi
Numero 227 pag. 34 del 24/9/2009
Parla
il presidente dell'Inps, Antonio Mastrapasqua Domanda. Antonio
Mastrapasqua, presidente,
avete un fondo immobiliare di proprietà? Avete mai pensato di costituirne
uno?
R. Nel recente passato il patrimonio immobiliare dell'Inps, come
altri analoghi patrimoni pubblici, era stato inserito in un processo di
cartolarizzazione, attraverso la cosiddetta Scip. Dal 1° marzo di quest'anno
il governo ha disposto che gli enti originariamente proprietari degli
immobili subentrino alla Scip in tutti i rapporti. A fronte di questa
novità, la scorsa estate ho provveduto a una determinazione che avvia una
valorizzazione del patrimonio immobiliare Inps attraverso la costituzione
di un fondo immobiliare ad apporto privato. È stata disposta la
costituzione di un Comitato Guida interno all'istituto e si procederà alla
scelta di uno studio legale con esperienza specifica in materia che assista
l'Inps nelle operazioni preliminari e in quelle successive di istituzione
del fondo immobiliare. È già stata attivata l'Agenzia del demanio per
compiere la ricognizione del patrimonio e l'Agenzia del territorio per una
valutazione dello stesso. Insomma, ci siamo incamminati in una strada che ha
l'obiettivo di valorizzare il patrimonio immobiliare dell'Istituto, per
meglio conseguire gli obiettivi istituzionali dell'Inps.
Lorenzo Morelli
Il Denaro
(04 luglio 2009) pag. 38
Cartolarizzazioni: debacle totale
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio.
Anche
la Corte dei Conti, nel recente giudizio sul rendiconto generale dello Stato
2008, certifica il fallimento delle politiche di cartolarizzazione. In
particolare di Scip 2, strumento finanziario tanto di moda prima della
crisi, del quale già anni addietro con “Scippopoli”
avevo anticipato l’inevitabile insuccesso e lanciato l’allarme per i conti
pubblici. Tra i Paesi economicamente avanzati, l’Italia è sicuramente quello
che più ha fatto un più massiccio ricorso alle cartolarizzazioni, non solo a
quelle immobiliari.Con tutte le operazioni architettate negli ultimi anni i portafogli
ceduti ammontano a 129,2 miliardi di euro, a fronte dei quali lo Stato ha
incassato solo 57,8 miliardi. L'obiettivo di riduzione di indebitamento
netto è stato conseguito in misura molto limitata. Anzi, in alcuni casi il
debito è persino aumentato. Prima di tutto, le cartolarizzazioni sono state
gestite in maniera poco trasparente dalle grandi banche d'affari, scelte
per organizzare tutte le relative procedure di attuazione. Ma forse questo
non è l'unico problema e neppure il principale. Giusto per capirne meglio il
meccanismo, la gestione delle operazioni di cartolarizzazione è stata
affidata al dipartimento del Tesoro, che si è avvalso del supporto del
consiglio degli esperti, formato anche da persone provenienti da grandi
banche d'affari e che sono poi tornate ad assumere incarichi esterni
all'amministrazione. Poi, la pianificazione e la gestione strategica delle
operazioni è stata di fatto esternalizzata, affidandola ai super consulenti.
In particolare alle banche d'affari che operano a livello internazionale.
Ovviamente, data la loro natura e i loro interessi, tali soggetti da una
parte non hanno effettuato alcun monitoraggio dei costi e benefici pubblici;
dall'altra, sono stati comunque portati ad evidenziare soprattutto i
vantaggi delle operazioni. Insomma, non sarebbero stati fatti gli interessi
pubblici, anche perché i processi di cartolarizzazione si sono svolti in
condizioni di scarsissima trasparenza.
Le cartolarizzazioni non sono nè di destra né di sinistra e negli ultimi
quindici anni abbiamo assistito ad una sorta di convergenza politica sugli
stessi modelli economici adottati da una parte e dall’altra per l’incapacità
di elaborare dei modelli alternativi alla semplice e perversa economia di
mercato di cui ora scontiamo tutti gli effetti negativi.
Si potevano evitare? L’alterativa era aumentare le tasse o
ridurre-razionalizzare la spesa. Certamente il ricorso alla finanza creativa
ha dei rischi impliciti evidenti: sono stati sottaciuti i costi e riproposte
a tutti i livelli - Stato, Regioni fino ai piccoli Comuni - al fine di
avvantaggiare sempre gli stessi soggetti.
Il Ministro Tremonti è stato il più grande utilizzatore di questo sistema,
ma non certamente l’artefice della cosiddetta “finanza creativa”. Ha
semplicemente amplificato quanto di anglosassone era già stato recepito in
Italia, applicandolo alla vendita del patrimonio immobiliare pubblico. Con
la legge di conversione del decreto milleproroghe (contenente all’art.
43-bis disposizioni in materia di “Interventi nelle operazioni di
cartolarizzazione di immobili pubblici”)
i patrimoni separati di S.c.i.p. S.r.l. (SCIP 1 e SCIP 2) sono stati posti in
liquidazione e tutti i beni immobili invenduti sono stati ritrasferiti ai 7
enti previdenziali originariamente proprietari degli stessi.
La nuova disciplina costituisce un’inversione di rotta necessariamente
assunta in mancanza di alternative, per consentire di ridurre i costi
residuali legati all’operazione nel suo complesso e per evitare in
particolare l’escussione della garanzia dello Stato concessa sui
finanziamenti in scadenza il 27 aprile 2009.
Si conclude anticipatamente un ambizioso progetto rimasto incompiuto, che
ha conseguito risultati più che modesti.Il giudizio della Corte dei Conti,
anche se severissimo, arriva come sempre ex post, mancando in Italia
efficaci meccanismi di controllo preventivo in grado di evitare il solito
bagno di sangue per i conti pubblici.
Il Denaro
(27 giugno 2009) pag. 36
Immobili
di pregio: nuovo elenco
Nuove opportunità vengono fornite da una
recente sentenza del Consiglio di Stato.
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio.
E’ successo per gli immobili di Napoli di Via
Bernini 88, Via Giotto 70, Viale Michelangelo 57, Via S.Lucia 107 di
proprietà dell’INAIL e di Via Crispi 72 e P.zza Medaglie d’Oro 35 di
proprietà dell’INPS che sono stati tutti individuati nuovamente di pregio
con un decreto interministeriale del 21 maggio scorso, dopo che erano già
stati individuati di pregio nel 2003 a seguito dell’operazione di
cartolarizzazione SCIP 2. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze,
insieme al Ministero del Lavoro anch’esso ora direttamente competente, ha
rivisto la qualificazione “non di pregio” posseduta dagli immobili in
questione a seguito di una intervenuta sentenza del Consiglio Stato del
febbraio 2008 con cui è stato definitivamente accertato che essi non
ricadevano nel centro storico della città di Napoli. Il testo del nuovo
decreto (pubblicato a distanza di 6 anni dal primo) indica ora un’altro
criterio, in base al quale è stata effettuata l’individuazione di pregio:“gli
immobili sono ubicati in zone nelle quali il valore unitario medio di
mercato degli immobili, in base ai valori pubblicati dall’Osservatorio del
mercato immobiliare (OMI) dell’Agenzia del Territorio, supera di almeno il
70 % il corrispondente valore medio di mercato rilevato nell’intero
territorio comunale”.Insomma, sembra che sia naturale e pacifico che i
provvedimenti amministrativi ricevano a posteriori l’integrazione della loro
motivazione, carente o inesistente. Quasi contemporaneamente alla
pubblicazione del nuovo decreto, la Sezione sesta del Consiglio di Stato con
due recentissime sentenze riferite agli stabili Romani INPS di Via del
Vignola 88 e Via Luca Signorelli 6, ha fatto loro perdere la qualifica di
pregio per la carenza di elementi su cui si basano le valutazioni fatte
dall’Agenzia del territorio che rendono poco trasparente e non
sufficientemente intelligibile l’iter valutativo seguito
dall’Amministrazione, mancando quegli “elementi di chiarezza che
avrebbero dovuto essere offerti, a fini comparativi, con riguardo
all’eventuale avvenuta vendita (e relative condizioni), nella stessa zona,
di altri compendi immobiliari cartolarizzati (di pregio o non)”. In
sostanza le valutazioni dei due immobili romani sono state effettuate su
ipotetici prezzi noti di mercato (generalmente di molto superiori ai prezzi
delle effettive compravendite) e senza prendere a riferimento immobili della
stessa zona aventi caratteristiche analoghe (anno di costruzione,
caratteristiche e qualità costruttive, stato manutentivo, occupati e non
liberi, ecc.) come invece prescrive la legge. Certo ora le recenti
motivazioni dei giudici del consiglio di Stato potranno essere fatte valere
anche dagli inquilini di Napoli per impugnare il nuovo decreto e di
conseguenza le erronee valutazioni fatte dall’Agenzia del Territorio. Continuo a ritenere però che
l’alternativa più efficace per non concedere scappatoie alla pubblica
Amministrazione rimanga l’atto di citazione collettiva che gli inquilini
hanno presentato innanzi al Tribunale civile per la tutela di cui all’art.
2932 c.c. per vedersi riconoscere gli effetti del contratto di compravendita
alla data di manifestazione della volontà di acquisto avendo esercitato il
diritto di opzione entro il 31 ottobre 2001 nelle forme e nei modi di legge
come già accaduto con un’altra recente sentenza del Tribunale di Napoli che
ha determinato il trasferimento agli inquilini della proprietà di due
immobili dell’Inail di Napoli (Via Manzoni 131 e Via S. Capace 32) al
valore della rendita catastale moltiplicato 100. Questa rimane l’unica
prospettiva concreta finchè non sarà definitivamente chiarito quale sia il
reale indirizzo del Governo in seguito all’articolo inserito nell’ultimo
decreto milleproroghe.
Il DENARO (24
giugno 2009) Pag. 2
Valutazioni immobili
di pregio tutto sbagliato - tutto da rifare.
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio.
Il 9 giugno 2009 sono state
pubblicate le due sentenze del Consiglio di Stato (3562 e 3563) riferite
agli stabili Romani di Via del Vignola 88 e Via Luca Signorelli 6 -
cartolarizzati con SCIP2 e ora di proprietà INPS - individuati di pregio
con decreto del Ministero dell’Economia e delle
Finanze 16 settembre 2005La Sezione Sesta del Consiglio di Stato ha
definitivamente censurato levalutazioni degli immobili fatte dall’Agenzia del Territorio
per carenza di istruttoria e di motivazione
lamentata dai 46 inquilini dei due stabili e conseguentemente annullato, il
suddetto decreto accogliendo parzialmente l’originario ricorso degli
inquilini salvi restando, naturalmente, gli ulteriori provvedimenti
dell’amministrazione.Il
consiglio ribadisce che la carenza di elementi su cui si basano le
valutazioni rende, invero, poco trasparente e non sufficientemente
intelligibile l’iter valutativo seguito dall’amministrazione essendo
oggettivamente carente di elementi cognitivi utili a valutare, con un minimo
di attendibilità, se l’attività posta in essere in sede valutativa
dell’immobile risponda o meno a requisiti minimi di coerenza, di
affidabilità e di ragionevolezza.Inoltre mancano proprio gli elementi di
chiarezza che avrebbero dovuto essere offerti, a fini comparativi, con
riguardo all’eventuale avvenuta vendita (e relative condizioni), nella
stessa zona, di altri compendi immobiliari cartolarizzati (di pregio o non)”
come del resto prevede il comma 7 dell’art. 3 L. 410/2001: il prezzo di
vendita degli immobili e delle unità immobiliari è determinato in ogni caso
sulla base delle valutazioni correnti di mercato, prendendo a
riferimento i prezzi effettivi di compravendite di immobili e unità
immobiliari aventi caratteristiche analoghe.Tra le Motivazioni
si legge anche: “non è dato cogliere, con riguardo a quale preciso
momento si sia pervenuti alla determinazione del valore medio degli
immobili abitativi nel Comune di Roma; né viene precisato a quanto ammonta
tale valore e come sia stato puntualmente determinato; e neppure viene
precisato sulla base di quali concreti elementi di mercato (ambito
territoriale specifico, valori di riferimento e quant’altro) e sulla base di
quali concrete metodologie operative sia stato individuato il valore
dell’immobile di cui si tratta, non apparendo sufficiente, a tal fine, il
generico riferimento fatto alla media delle valutazioni espresse dall’OMI
(Osservatorio mercato Immobiliare dell’Agenzia del Territorio), da talune
agenzie immobiliari (Tecnocasa, Toscano e Gabetti), dalla F.i.a.l.p. e dalla
Borsa Immobiliare di Roma con riguardo alla zona in questione……In
sostanza il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del
16.9.2005, con il quale i due immobili romani sono stati inclusi tra quelli
di pregio, è annullato e l’avvenuto depennamento, in forza delle
suddette sentenze, degli immobili in questione dall’elenco di quelli di
pregio comporta l’automatica qualificazione degli stessi come immobili non
di pregio.Ad ogni modo, la forza autoesecutiva delle sentenze non implica
che il Ministero dell’Economia insieme al Ministero del Lavoro (anch’esso
interessato), non possa rivedere la qualificazione “non di pregio” posseduta
dagli immobili in questione facendo salvi gli ulteriori provvedimenti
dell’amministrazione.Dunque, a distanza di 13 anni dall’avvio delle vendite,
si è arrivati alla conclusione che le valutazioni degli immobili non sono
state fatte secondo quanto prevede la legge.Inoltre il motivo di censura
sottolineato dal Consiglio di Stato potrà ora essere fatto valere in tutti i
ricorsi amministrativi ancora pendenti.Pertanto, se si fosse venduto tutto
il patrimonio degli Enti previdenziali -compreso quello di pregio- con il
criterio della rendita catastale per 100, come stabilito dal D.Lgs 104/1996,
si sarebbero incassati subito 12,5 miliardi di euro rispetto ai 10,5
incassati prima del ritrasferimento degli immobili agli enti (art 43-Bis, L.
14/2009). Arrivati a questo punto, il Ministero del Lavoro dovrà più che mai
farsi carico di fornire un preciso indirizzo agli Enti per chiudere tutto il
contenzioso (anche quello sul pregio) che insiste sul residuo pacchetto di
immobili da dismettere.
L'Inail libera le risorse per il fondo immobiliare
Tratto dal Sole 24 ore-22 giugno 2009
Alla vigilia della conversione in
legge del "decreto Abruzzo", prevista per martedì prossimo alla Camera senza
ulteriori modifiche al testo, l'Inail fa un altro passo avanti verso la
costituzione del fondo immobiliare chiuso in cui
verrà conferita buona parte del patrimonio dell'ente. Il
presidente-commissario, Marco Fabio Sartori, ha firmato mercoledì la
delibera che sblocca l'utilizzo delle disponibilità di bilancio per
investimenti immobiliari (la dote iniziale è di
820 milioni di euro) e sono già state inviate alla Banca d'Italia le
necessarie richieste di autorizzazione. «Si tratta di uno dei passaggi più
importanti del nostro piano industriale - ha detto Sartori al Sole 24 Ore -
. Con questo fondo controllato per intero dall'istituto non solo puntiamo a
valorizzare il patrimonio non strumentale, che oggi ha un valore di libro di
1,3 miliardi, ma vogliamo soprattutto tornare a investire in infrastrutture,
cosa che l'Inail non fa più dal 2005. E poi vogliamo ridare fiato ai nostri
rendimenti che, attualmente, nel loro insieme e tenendo conto del versamento
infruttifero al Tesoro, non vanno oltre lo 0,8 per cento netto». Le prime
opere che verranno gestite in forma indiretta tramite il fondo
immobiliare saranno proprio a l'Aquila e
provincia: gli edifici pubblici che la Protezione civile e il Mef
affideranno all'istituto per la ricostruzione (o le costruzioni ex novo)
entreranno nel patrimonio: «saranno quelli i primi immobili conferiti al
fondo - spiega ancora Sartori - mentre sul resto dobbiamo ancora decidere
che cosa conferire e che cosa mantenere in gestione diretta ». Il piano
Abruzzo prevede un coinvolgimento molto forte dell'Inail tra il 2009 e il
2012 e nei prossimi due anni gli investimenti per la ricostruzione che
l'Istituto dovrà assicurare sfiorano quota 1,6 miliardi. Si tratta di
risorse assicurate dal cosiddetto fondo di disponibilità per investimenti di
carattere sociale, che corrisponde al 7% delle dotazioni di cassa
dell'Inail,versate quasi per intero sul conto di Tesoreria centrale dello
Stato (un "tesoretto" che attualmente vale circa 14 miliardi, contro i 4
miliardi cumulati fino al 2002). Attualmente tra gli immobili a reddito
dell'Inail ci sono caserme, sedi universitarie e residenze per gli allievi,
diversi ospedali. Nel fondo immobiliare, che
verrà gestito da una o più Sgr in cui l'Inail avrà una partecipazione
minoritaria, potrebbero poi confluire gli immobili residenziali di cui
l'istituto è appena rientrato in possesso con lo scioglimento di Scip 2, la
grande cartolarizzazione (6,69 miliardi di bond emessi) costruita sulle
vendite programmate di un portafoglio di oltre 62.800 immobili residenziali
e commerciali di sette enti previdenziali. Si tratta di stabili di pregio
per il cui trasferimento Inail ha dovuto versate al Mef 38 milioni: «Su
quegli immobili- spiega Sartori - è però aperto un contenzioso che dovremo
affrontare e risolvere in coordinamento con gli altri enti previdenziali».
Fuori dal fondo, che sarà operativo entro l'anno, restano invece le sedi
operative di proprietà: su quelle territoriali il piano industriale prevede
una razionalizzazione coordinata con Inps, Inpdap e ministero del Lavoro per
realizzare le
"Case del Welfare". Davide Colombo
ItaliaOggi Numero
140 pag. 2 del 15/6/2009
Real estate, al gran ballo del
mattone partecipa e vince Delli Santi (ora Nctm)
Di Gabriele Ventura
Delli
Santi & partner trionfa al «Ballo del Mattone». Lo studio guidato da
Riccardo Delli Santi e confluito in Nctm il mese scorso, è stato infatti
premiato come miglior studio legale dell'anno nel settore real estate dalla
giuria degli operatori immobiliari presenti alla serata del «Ballo del
Mattone», organizzata da Media Management Holding. In particolare, è
stata votata come miglior due diligence dell'anno quella di Scip 2,
l'operazione di dismissione dei beni immobiliari degli enti locali, gestita
da Ds&p, oggi Nctm. Condotta dal team di Valentina Delli Santi, oggi socio
Nctm, l'operazione di due diligence legale sul patrimonio Scip riguarda le
circa 28 mila unità immobiliari degli enti previdenziali pubblici, con la
valutazione dello stato dell'invenduto della società di cartolarizzazione.
«Il 2009 è per noi un anno di conferma di importanti traguardi», commenta
Riccardo Delli Santi, socio Nctm, «Questo premio sigla la recentissima
integrazione con Nctm nel modo migliore, ribadendo la qualità del nostro
lavoro e rinsaldando il nostro ruolo per l'immobiliare all'interno
dell'autorevole compagine di Nctm». «Siamo felici di ereditare in qualche
modo questo premio, frutto dell'eccellente lavoro dello studio Ds&p»,
aggiunge Paolo Montironi, senior partner Nctm. «E' una ulteriore conferma
della bontà della strada intrapresa insieme e, crediamo, il primo di tanti
successi generati dalle nuove sinergie del loro ingresso in Nctm».
IL Denaro Pag. 33 (23.05.2009)
Immobili di
pregio: le inefficienze
La Pubblica
Amministrazione non spiega perchè non ci sono elenchi precisi
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio.
Per anni il Tesoro ha sostenuto che le unità
immobiliari così dette di pregio,
appartenenti agli Enti previdenziali pubblici e
cartolarizzate con SCIP 2 (la
più grande operazione di cartolarizzazione immobiliare mai realizzata da uno
Stato in Europa), costituissero il 10% delle 62.880
mila unità immobiliari poste in
vendita. In realtà si sperava di ricavare chissà quanto dalla vendita senza
sconti agli inquilini di questi appartamenti e non si aveva assolutamente idea
del loro numero effettivo né tantomeno delle reali condizioni di questi
stabili sui quali però si erano sicuramente scatenati gli appetiti dei soliti
furbetti pronti a razziare tutti gli appartamenti inoptati dagli inquilini più
deboli che finivano all’asta oppure acquistati e subito rivenduti in cambio
della buona-uscita. Dal 2002, il Ministero non ha mai fornito dati attendibili su questa controversa
categoria di immobili e solo a fine 2008 ha tentato di fare un elenco
dettagliato delle unità immobiliari di pregio richiedendo agli enti gestori,
quante fossero le unità di pregio interessate dal contenzioso giudiziario
scaturito nel frattempo. Infatti, gli inquilini meno eccellenti e non-Vip
di questi stabili (quelli non appartenenti allo scandalo casa nostra,
per intenderci), non avendo potuto acquistare l’abitazione in cui vivono da
decenni per l’assurda e discriminante normativa che li ha esclusi da tutti gli
sconti (60% circa) praticati agli altri inquilini, si sono dovuti sobbarcare
l’onere di un lungo contenzioso giudiziario per non sottostare all’acquisto,
per essi improponibile, a prezzo pieno di mercato. Ora, nell’ultima relazione
al Parlamento relativa al secondo semestre 2008, il Ministero afferma che: “per
quanto riguarda il pacchetto degli immobili qualificati di pregio, le vendite
complessive dall’inizio dell’operazione, fino alla data del 31 dicembre 2008
sono state pari ad euro 518.247.231 derivanti dall’alienazione di
2.026 unità principali. Alla medesima data restano invendute 1.962
unità principali qualificate di pregio, per un controvalore di euro
628.533.948. Tali dati potrebbero non essere definitivi, dato che il
livello di conoscenza delle unità immobiliari non consente di determinare
con esattezza il numero degli immobili di pregio ed il loro valore”.
Dunque solo 3.988 unità che
rappresentano il 6% e non il 10% di quelle iniziali.
Ma, la cosa sconcertante è che a distanza di 6 anni dall’avvio dell’operazione
il Ministero non è riuscito a sapere dagli enti quanti sono esattamente gli
immobili di pregio. Come mai? Forse anche il numero delle unità invendute non
è veritiero? Perché non è stato mai fornito un elenco preciso? I dubbi
permangono ma almeno una certezza l’abbiamo: il fallimento delle vendite e di
conseguenza di SCIP 2 non è dovuto alla crisi internazionale ma alla
inefficienza da parte degli Enti. Un esempio? L’INPS ha gestito le operazioni
di dismissione attraverso l’IGEI (società in liquidazione da 13 anni) e la
ROMEO Immobiliare (il cui azionista è finito sotto inchiesta) aggiudicandosi
la maglia nera nella classifica delle vendite rispetto agli altri Enti
nonostante avesse solo il 5% del patrimonio complessivamente cartolarizzato.
Bisognava proprio mantenere in piedi il carrozzone dell’IGEI e l’appalto con
la ROMEO? Perchènel 2007, secondo l’ultima relazione della
Corte dei Conti, l’INPS ha fatto registrare vendite solo per 103 unità e
una incasso a favore della SCIP di 28.554.201 euro?
Perché l’INPS non avvia le soluzioni transattive del contenzioso giudiziario
previste dalla legge n. 14/2009 per vendere l’ormai irrisorio pacchetto di
immobili già opzionati nel 2001?
Sarebbe pertanto auspicabile che il Governo si adoperi per favorire un
incontro tra la rappresentanza degli inquilini ed i tecnici dei due Ministeri
al fine di arrivare a definire concretamente le procedure per una chiusura
transattiva del contenzioso giudiziario che riguarda centinaia di famiglie.
Solo così si potrà porre la parola fine ad una travagliata vicenda che va
avanti senza più scusanti nè giustificazioni da ben 13 anni e nel contempo si
riaffermerebbero criteri chiari da cui non potrà più dipendere l’immobilismo e
l’inefficienza che durante questi anni ha pervaso la Pubblica Amministrazione.
Scip, ecco perché è
calato inesorabilmente il sipario Di Stefano Sansonetti
Italia Oggi Numero 121 pag. 6 del 23/5/2009
In
parlamento le relazione di Tremonti sulle cartolarizzazioni. Ultimi incassi
per 300 milioni
Certo, la crisi del mercato immobiliare ha
pesato. Ma non è stato l'unico elemento. Il fatto è che a un certo punto,
dalle parti del ministero dell'economia, si sono resi conto di non sapere
esattamente quale fosse la geometria del patrimonio immobiliare pubblico.
Sì, proprio quello che avrebbe dovuto essere venduto, attraverso il sistema
delle cartolarizzazioni, per permettere allo stato di fare cassa. E poi
tutto quei contenziosi scoppiati con i conduttori degli immobili. Anche qui,
in sostanza, si era arrivati a un punto in cui non si riusciva più a capire
quale fosse il volume delle controversie, soprattutto quelle sugli immobili
di pregio. Se non altro c'è stato l'ultimo pedaggio pagato da un'operazione
che in realtà avrebbe dovuto garantire molto di più. Nell'ultimo semestre
del 2008 i soldi incassati dalla vendita di immobili pubblici hanno sfiorato
i 300 milioni di euro (296 milioni, per l'esattezza). La cronaca delle cause che hanno portato a
smantellare le Scip, le società di cartolarizzazione degli immobili
pubblici, sono state puntualmente fissate da un relazione preparata dal
ministero dell'economia, guidato da Giulio Tremonti, e consegnata alle
camere due giorni fa. La relazione, che riguarda l'attività del secondo
semestre 2008, dà anche conto dell'ultima novità normativa, ovvero
l'abbandono di tutta l'operazione Scip previsto nel decreto legge
milleproroghe, n. 207 del 2009 (vedi ItaliaOggi del 12 febbraio di
quest'anno). Naturalmente nel testo si ripercorrono tutte le tappe
determinanti del percorso, poi interrotto con la sua eredità di 13 mila
immobili invenduti che dovranno rientrare nella proprietà delle
amministrazioni da cui provenivano, essenzialmente gli enti previdenziali.
Ebbene, discutendo di Scip 2, il testo dice che a un certo punto, per
cercare rilanciare in qualche modo l'operazione, si era pensato di fare una
ricognizione del patrimonio immobiliare, una sorta di due diligence.
Un'attività dalla quale sono emerse «le criticità di carattere industriale
dell'operazione, e non di quelle finanziarie». In particolare, continua la
relazione, è venuta a galla «la mancanza di dati di dettaglio del
portafoglio in essere e quella relativa al contenzioso, che nel tempo si è
sviluppato principalmente sui beni qualificati di pregio, comportando una
dilatazione dei tempi di vendita». Per non parlare delle pronunce
giurisprudenziali, che «non sono state uniformi, talvolta accogliendo il
ricorso dei conduttori, spesso respingendo detti ricorsi». In questo
contesto non sono mancate situazioni kafkiane. Cosa che si è verificata
quando il contenzioso ha toccato l'Ici. A tal proposito la relazione ricorda
che sulla base del dl 351/2001 (convertito nella legge 410/2001) soggetti
passivi dell'Ici devono essere considerati i gestori degli immobili ovvero
gli enti originariamente proprietari dei beni. «Nonostante tale
disposizione», denuncia adesso la relazione arrivata in parlamento, «talune
amministrazioni comunali hanno emesso avvisi di accertamento nei confronti
della Scip». Insomma, sembra di capire che ci sono stati municipi che hanno
messo i bastoni tra le ruote accusando addirittura di evasione fiscale la
società di cartolarizzazione. Quello che resta, allora, è l'incasso del
secondo semestre 2008: 296 milioni di euro, di cui 24 milioni derivanti
dagli affitti. Il tutto condito da costi dell'operazione pari a 5 milioni di
euro tra «attività di amministrazione del programma, consulenza legale e
contabile, gestione dei conti correnti». Per il resto la nuda realtà dei
numeri: al 31 dicembre 2008 Scip 1 contava un portafoglio immobiliare
residuo di 1.158 unità; Scip 2 un residuo di 13.574 immobili.
IL Denaro
Pag. 33 (09.05.2009)
Quanto è
costata Scippopoli?
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio.
Tutto nasce nel 1996 quando, con il decreto
legislativo 104, per porre fine all’antieconomica gestione dell’immenso
patrimonio immobiliare di proprietà degli Enti previdenziali (Inps, Inail,
Inpdai, Inpdap, Ipsema, Ipost ed Enpals), ne viene decisa la dismissione entro
5 anni. Si tratta di oltre 100.000 unità
immobiliari costituite per l’85% da abitazioni locate per un valore
catastale di oltre 12.5 miliardi di euro da vendere agli inquilini con
il criterio della rendita catastale moltiplicata 100.
Il legislatore aveva quindi voluto “cristallizzare
il prezzo”,basandolo su un parametro certo, non discrezionale
ed immutabile per 5 anni durante i quali i 9 Enti avrebbero
dovuto vendere l’intero patrimonio rispettando tale criterio al fine di
evitar ingiuste sperequazioni tra chi avesse comprato nel 1996 e chi
avesse dovuto attendere fino al 2001. Invece gli enti, scegliendo
un diverso
criterio di individuazione del prezzo,
non più basato sulla rendita catastale, ma esclusivamente sul valore di
mercato diminuito del30% hanno fatto sì che la determinazione del
prezzo di vendita delle singole unità immobiliari passasse attraverso
procedure lunghe, farraginose e disomogenee decretando il fallimento del
programma di vendite. Infatti, arrivati al 2001, non era stato
venduto quasi nulla ed è per questo che il Ministro Tremonti, con il D.L.
351/2001, presenta le cartolarizzazioni immobiliari come salvifiche operazioni
di finanza pubblica in grado di risolvere i problemi di bilancio che lo Stato
aveva accumulato in anni precedenti varando prima SCIP 1 e poi SCIP 2. Con le due operazioni del 2001 e del 2002,
vengono cartolarizzate complessivamente 90.393 unità immobiliari che
gli enti non erano riusciti a vendere per un valore di mercato di circa 16
miliardi di euro con l’obiettivo di fare subito cassa grazie al già
collaudato strumento finanziario di origine anglosassone finalizzato ad
anticipare il valore atteso dalle vendite future degli immobili trasferiti per
decreto alla Scip S.r.l. (società veicolo), scippandoli agli
enti proprietari. Il trasferimento però è solo contabile perché
le procedure di vendita e di gestione rimangono affidate agli enti o a società
esterne con la conseguenza che i ritardi permangono mentre si aggravano
enormemente i costi dell’operazione che finiscono per incidere pesantemente su
SCIP 2 che solo fino al 31 dicembre 2007 è costata 1,3 miliardi. Dopo l’enorme spreco di denaro pubblico, lo
stesso Ministro Tremonti, con un emendamento del Governo presentato durante la
conversione in legge dell’ultimo decreto milleproroghe,
prendendo atto dell’enormità dei costi finanziari e di funzionamento della
SCIP e per evitare l’escussione della garanzia dello Stato concessa sui
finanziamenti pari a 956 milioni ricevuti dalla stessa in scadenza il 27
aprile 2009, decide di metterla in liquidazione ritrasferendo il patrimonio
invenduto agli enti originariamente proprietari e chiudendo frettolosamente la
stagione delle cartolarizzazioni frutto avvelenato di “banchieri travestiti
da statisti”, di “speculatori - benefattori” e della “tecno-finanza”
che andava tanto di moda negli anni precedenti. In passato non si è mai voluto approfondire
questa spinosa questione e prendere atto del fallimento di SCIP 2 ma, si è
preferito stendere un
pesante velo su un’operazione agonizzante
da anni perdendo ancora una volta l’occasione di fare chiarezza su di essa. In definitiva a fronte di un patrimonio
complessivo stimato 18,1 miliardi nesono stati incassati (in
13 anni) solo 10,4 mentre, se si fosse venduto al valore catastale
si sarebbero incassati subito almeno 12,5 miliardi. Senza chiamare in causa la finanza creativa si
sarebbero incassati certamente 2 miliardi in più! Alla fine, gli enti si accolleranno gli oltre
2 miliardi di passività della SCIP vendendo direttamente le 13.574
unità immobiliari rimaste in portafoglio di cui non si conosce il valore
di realizzo visto l’elevato numero di contenziosi che si è sviluppato in
particolare sui cosiddetti immobili di pregio, i cui inquilini più deboli
hanno
promosso azioni ex art
2932 cc per ottenere il riconoscimento dei diritti acquisiti in forza di
opzione legittimamente esercitata nei tempi e nei modi di legge. Alla luce della nuova normativa e in attesa di
una circolare volta a disciplinare l’avvio delle vendite affidate dalla legge
agli enti proprietari, ritenendo che sia necessario ed urgente addivenire ad
accordi transattivi relativi al contenzioso sugli immobili di pregio, si sollecita
un incontro con i responsabili dei due
ministeri interessati dell’Economia e del Welfare.
Si è conclusa a febbraio la vicenda di Scip. Non è immediato tirare le fila
di tutta l'operazione e in particolare capire quali siano stati i suoi costi
effettivi. Per questo sarebbe bene che a consuntivo fossero resi pubblici i
dati completi sulle entrate e uscite della società in questi anni. In ogni
caso, il costo più importante è quello reputazionale per lo Stato italiano
associato all'insuccesso di Scip2. La morale è che da operazioni finanziarie
sul patrimonio non c'è da attendersi molto in termini di riduzione del
debito pubblico.
Lo scorso febbraio si è conclusa, con la liquidazione, la vicenda,
iniziata nel 2001, di Scip, Società per la
cartolarizzazione di immobili pubblici. È stata la più importante
esperienza di dismissione di patrimonio immobiliare pubblico
finora tentata in Italia. Nel complesso, le due operazioni realizzate
mediante la Scip hanno prodotto, nel 2001-2002, entrate per circa
9 miliardi di euro, che sono andate a riduzione sia
del disavanzo sia del debito. Poiché periodicamente ritorna alla
ribalta la proposta, avanzata da più parti, di utilizzare le
dismissioni di patrimonio immobiliare per ridurre in modo
significativo il debito pubblico vale la pena di ripercorrere la
vicenda.
SCIP1
La prima cartolarizzazione, del dicembre 2001, riguardava un
portafoglio di immobili di proprietà degli enti previdenziali
inizialmente valutati in 3,5 miliardi di euro. Per finanziarne
l’acquisto, furono emessi da Scip titoli per 2,3 miliardi (il “prezzo
anticipato” della vendita). L’operazione è stata un successo:
le vendite hanno consentito di rimborsare i titoli alle scadenze
previste, l’ultima a dicembre 2003. E hanno prodotto, a tutto il 2008,
ricavi ulteriori, al netto delle spese sostenute dalla Scip, per 1,4
miliardi, versati su un conto corrente di tesoreria in attesa di
essere girati agli enti previdenziali a titolo di “prezzo differito”
della vendita. La rapidità del processo di vendita non deve però
sorprendere: in Scip1 era confluito un programma la
cui definizione era iniziata nel 1996 e che già prima della
cartolarizzazione aveva fruttato ricavi per 1,5 miliardi.
SCIP2
La seconda cartolarizzazione era ben più complessa, sia per la sua
dimensione (7,8 miliardi il valore degli immobili ceduti e 6,6
miliardi l’ammontare di titoli emessi) sia perché non si era avvalsa
di un periodo di preparazione adeguato. Sulla scorta del successo di
Scip1 e dell’idea che il vincolo costituito dalla necessità di
rimborsare i titoli a una scadenza prefissata avrebbe di per sé
accelerato le vendite, l’operazione fu varata a dicembre 2002,
prevedendo di rimborsare una prima tranche di titoli già ad aprile
2004 e di completare il rimborso dell’ultima tranche a ottobre 2006.
(1)
Le cose andarono ben diversamente. Le vendite nel 2003 furono
largamente
al di sotto delle previsioni, in parte per la complessità
intrinseca del processo, in parte per il contenzioso che subito si
sviluppò con gli inquilini degli immobili a uso residenziale, che
avevano un diritto di opzione sulle vendite. Gli incassi
furono largamente insufficienti a rimborsare la tranche di 1,5
miliardi in scadenza ad aprile 2004. Per di più, una disposizione
inserita nella legge Finanziaria 2004 riconobbe agli inquilini uno
sconto sul prezzo di acquisto: il diritto ad acquistare ai prezzi 2001
e non a quelli del 2002 incorporati nelle valutazioni Scip 2, di un 30
per cento maggiori. Ne conseguì la necessità di indennizzare Scip per
il minor introito che avrebbe ricavato dalle vendite future, per un
ammontare stimato in 800 milioni. Questa cifra fu reperita, all’inizio
del 2004, con un prestito erogato dalle banche,
assistito da garanzia dello Stato. Il prestito consentì a Scip di
rimborsare i titoli in scadenza ad aprile 2004.
Nell’anno successivo le cose non andarono meglio. Di nuovo, gli
incassi si rivelarono insufficienti a rimborsare i titoli in scadenza,
per 2 miliardi, ad aprile 2005. Si decise allora una
ristrutturazione del debito: in pratica furono reperiti fondi
per il rimborso dei titoli emessi nel 2002 mediante l’emissione di
nuovi titoli, tre tranche per complessivi 4,4 miliardi, con scadenze
attese tra aprile 2006 e gennaio 2009. Il nuovo piano dei rimborsi si
fondava su un business plan rivisto per tener conto del
rallentamento delle vendite fin lì registrato.
Anche il nuovo programma di vendite alla prova dei fatti si è rilevato
troppo ottimistico. A fine 2008 si registravano incassi pari al 66,5
per cento di quelli previsti, insufficienti a far fronte al rimborso
del debito residuo. A quella data, nelle casse Scip vi erano solo 160
milioni e restavano da rimborsare una parte (455 milioni) della
tranche scaduta a ottobre 2008, la tranche in scadenza a gennaio 2009
(475 milioni) e il prestito delle banche (800 milioni), in scadenza ad
aprile 2009: in totale 1.730 milioni. Si arriva così
alla decisione, inevitabile, di liquidare l’operazione, con la legge
n. 14 del 27 febbraio 2009. La norma prevede il ritrasferimento agli
enti previdenziali degli immobili ancora non venduti nell’ambito delle
due operazioni Scip1 e Scip2, contro il pagamento di un corrispettivo
pari al debito residuo di Scip, che è di circa 1,7 miliardi. Il valore
degli immobili ancora invenduti, ritrasferiti agli enti, è secondo le
valutazioni ufficiali superiore a 2,5 miliardi di euro. (2)
Dal punto di vista dei conti pubblici, il riacquisto per 1,7 miliardi
è computato nel 2009 come spesa per investimenti, così come i 6,6
miliardi ottenuti dagli enti previdenziali nel 2002 erano stati
contabilizzati come investimento negativo.
I COSTI DELL’OPERAZIONE
Non è immediato tirare le fila di tutta l’operazione e in
particolare capire quali siano stati i suoi costi effettivi. Secondo
molte valutazioni comparse sui giornali, il costo è pari agli 1,7
miliardi versati dagli enti previdenziali a Scip. Le cose non stanno
così.
Semplificando un po’ tutta la storia, nel 2002 gli enti previdenziali
hanno trasferito, per Scip2, i loro immobili a una società ad hoc, che
ha versato una somma – 6,6 miliardi – come anticipo sui proventi delle
vendite. Le vendite effettuate a tutto il 2008 sono state inferiori al
previsto e il ricavo inferiore alla somma anticipata. L’invenduto è
stato restituito agli enti previdenziali che a loro volta hanno
restituito il residuo non rimborsato (1,7 miliardi) della somma
anticipata. Quindi nessun costo? Certamente no. I costi
sono quelli iniziali della sovrastruttura finanziaria costruita per
realizzare la cartolarizzazione e collocare i titoli (spese legali,
commissioni per gli intermediari, ecc.) e quelli relativi al
funzionamento corrente di Scip (compensi agli amministratori, costi
finanziari, eccetera). Inoltre è da considerare il costo aggiuntivo in
termini di interessi pagati sui titoli emessi da Scip rispetto
all’interesse (inferiore) che si sarebbe pagato sui normali titoli del
debito pubblico. Tra l’altro, i titoli dell’emissione di aprile 2005
sono stati poi oggetto di un’operazione di swap da tasso variabile a
tasso fisso. Insomma, tutti i costi aggiuntivi rispetto a quelli che
si sarebbe dovuto sostenere se si fosse deciso semplicemente di
vendere gli immobili e di acquisire al bilancio pubblico i proventi
man mano che si vendeva.
A quanto ammontano questi costi? Le informazioni di
cui disponiamo sono parziali e frammentarie Secondo la relazione
tecnica al provvedimento di legge di febbraio, i costi finanziari a
carico della società nel 2009 sono stimati in 32 milioni e quelli
relativi al funzionamento di Scip nel 2008 sono stati pari a 3,5
milioni. Poiché l’intera operazione è durata sette anni, estrapolando
queste cifre si arriva a circa 250 milioni. Ma si
tratta dei soli costi correnti, che non considerano le altre voci
ricordate sopra. Sarebbe bene, a consuntivo, che fossero resi pubblici
i dati completi sulle entrate e uscite di Scip in
questi anni. Due ordini del giorno dell’opposizione che impegnavano il
governo a presentare una relazione sulla liquidazione della Scip sono
però stati bocciati dalla maggioranza.
Una compiuta stima dei costi dovrebbe anche considerare se la
valutazione iniziale degli immobili conferiti in Scip1 e Scip2 era
credibile e se gli immobili siano stati venduti a prezzi di mercato e
non a prezzi di saldo.
Si resta allora basiti nel leggere nella relazione relativa
all’operazione Scip fatta del governo al Parlamento sul secondo
semestre 2008 che “il livello di conoscenza delle unità immobiliari
non consente di determinare con esattezza il numero degli immobili di
pregio e il loro valore”, sei anni dopo la cessione di questi immobili
a Scip.
UN COSTO REPUTAZIONALE
Il costo più importante è comunque quello reputazionale per lo
Stato italiano associato all’insuccesso dell’operazione
(all’epoca Scip 2 ottenne addirittura un premio internazionale come
migliore operazione di cartolarizzazione realizzata nell’anno). La
morale è che da operazioni finanziarie sul patrimonio non c’è da
attendersi molto in termini di riduzione del debito pubblico.
(3)La gestione del patrimonio pubblico, incluse le
dismissioni, dovrebbe privilegiare gli aspetti “reali” della questione
e non indulgere nell’illusione di scorciatoie finanziarie. Un
messaggio che forse oggi ha maggiori probabilità di essere ascoltato
di quante ne avesse nel 2001.
Scip, Moody's
ritira rating, rimborsati oggi i titoli
ROMA, 27 aprile (Reuters) -
Moody's ha oggi ritirato il rating per le classi di titoli A5 e B2 delle di
Scip, la società per la cartolarizzazione degli immobili pubblici che il
governo italiano ha deciso di porre in liquidazione.Lo
si legge in una nota nella quale l'agenzia di rating spiega anche che Scip ha
provveduto al rimborso dei titoli nella stessa giornata di oggi, lunedì 27
aprile.Il
governo ha deciso di liquidare Scip per le difficoltà via via emerse a cedere
gli immobili oggetto di cartolarizzazione.
RAGIONPOLITICA.IT
Dopo le cartolarizzazioni una nuova politica della casa
di Salvatore
Sechi
La più grande
cartolarizzazione immobiliare d'Europa ha raggiunto solo una parte degli
obiettivi. Di fronte a bond
da rimborsare per 1.700 milioni e a immobili «a fronte» per 2,3 miliardi di
euro, il governo Berlusconi ha deciso di porre la parola «fine». L'emendamento
43 bis al decreto Milleproproghe ha trasformato gli Enti di gestione come
l'Inpdap, Inps, Inail, in Enti anche proprietari, ripristinandone la figura
originaria. Il loro compito è di completare la vendita del patrimonio
immobiliare pubblico alienandolo agli inquilini, spesso morosi o protagonisti
di azioni giudiziarie, o collocati in quartieri poco appetibili. Per non
parlare dell'enorme invenduto, che riguarda prevalentemente uffici, negozi e
box. Si pensa così, con molta
cautela, di assegnare agli Enti previdenziali la copertura delle obbligazioni
scadute che entro il 15 aprile dovranno pagare con la vendita degli immobili.
Scip non è riuscita a piazzarli sul mercato dal 2002 ad oggi. Su 62.880
immobili in vendita ne sono rimasti da collocare 13.574, ma è diminuito molto
il loro appeal.
Il governo ha
inserito questa operazione nel disegno più ampio di avviare una politica
della casa. Di qui la necessità di fare cassa, cercando di spuntare
il massimo possibile dalla vendita degli immobili pubblici ancora non optati.
Al comma 12 dell'articolo 43 bis è previsto per l'Inpdap un duplice, non
facile, compito: cioè di modificare le vecchie procedure al fine di
«massimizzare gli incassi in relazione alla situazione del mercato
immobiliare» e di «rendere più efficiente il processo di vendita». A rendere
più difficile la combinazione di questi due obiettivi sono le decisioni più
recenti della magistratura. L'ombra di Banco è quella del dottor Lazzazera (il
giudice del Tribunale di Napoli che ha emesso una sentenza fortemente
favorevole agli inquilini difesi dagli avvocati Salvati e Capuano). Essa
incombe su tutto il contenzioso tra l'Inpdap e i suoi amministrati. Se dovesse
assecondare la sentenza di Napoli, l'Inpdap sarebbe obbligata a praticare
agli inquilini i prezzi di vendita del 2001 e ad applicare il principio della
rendita catastale moltiplicata per cento anche agli alloggi che rientrano nel
concetto di «pregio». Questa decisione, una volta trasferita su scala
nazionale, comporterebbe un abbattimento radicale dei prezzi.
Un esempio può
aiutare a rendersi conto di quale scossa sismica effettivamente può
comportare. Un alloggio di 160 mq a Bologna l'Inpdap l'ha offerto in
vendita a circa 450-500 mila euro. Applicando la sentenza del dottor Lazzazera
il prezzo diminuirebbe enormemente, fino a toccare i 200 mila euro. In altre
parole, per gli inquilini emiliani sarebbe uno sconto di circa il 60-70%! Per
non arrivare a questo estremo il governo affida all'Inpdap un potere inedito,
cioè quello di promuovere nei confronti dei inquilini che hanno avviato un
contenzioso in materia immobiliare «soluzioni transattive o di bonario
componimento». La struttura
locale non sempre dispone del personale idoneo ad assecondare questo sforzo,
che dovrebbe essere completato entro il 30 marzo. Finora non sono
riusciti a rinnovare i contratti dopo le scadenze. Non hanno ancora capito che
i contratti di affitto, se non disdettati 6 mesi prima con la dichiarazione di
non volerli prolungare, si rinnovano automaticamente di 4 anni in 4 anni. Nè che
gli oneri accessori dopo due anni non sono più esigibili! Avendo fatto male i
gestori, Inpdad, Inail, ecc... come potranno fare i proprietari-managers
dell'asse immobiliare pubblico? Tutto è affidato alle
stime e alle perizie dell'Agenzia del Territorio, sulle quali il ministro del
Welfare, Maurizio Sacconi, dovrà mettere a punto delle norme attuative.
Si tratta di porre un argine alla discrezionalità di Inpdap, Inail, Inps,
stabilendo dei vincoli che corrispondano ad un equilibrio tra valori (e
prassi) di mercato e attenzione per le condizioni sociali degli affittuari.
Sono per lo più vecchi pensionati con una liquidità di fine rapporto
maciullata dalla crisi economica e resa evanescente dall'altalena dei prezzi
degli immobili negli ultimi 5 anni. Gli sconti per la più rapida alienazione
degli immobili (intorno al 30%) non devono contrastare con l'esigenza di un
apprezzabile risultato economico e la possibilità di un'effettiva riscossione
del credito.
Scip
2, con nuova legge credito investitori verso Italia
Mercoledì 11 marzo 2009 12:05
MILANO, 11 marzo (Reuters) - S&P ha pubblicato oggi un commento sul
decreto legge 207/2008 che ha impatto sulla cartolarizzazione Scip 2.
L'agenzia di rating spiega che, a seguito della conversione in legge del
decreto, gli investitori che detengono titoli della securitisation sugli
immobili pubblici Scip 2 vantano ora un credito nei confronti dello Stato
italiano in vista del rimborso dei titoli atteso per il 27 aprile, la prossima
data di pagamento degli interessi.
Gli immobili a garanzia dell'operazione di cartolarizzazione sono, infatti,
stati trasferiti nuovamente ai loro iniziali proprietari: gli enti
previdenziali.
S&P scrive che, per il rimborso dei titoli, verrà utilizzata la cassa di Scip
1, che è pari a 1,4 miliardi di euro e che, a seconda della valutazione
assegnata agli immobili restituiti agli enti, saranno gli enti o il ministero
dell'Economia fornire la liquidità che manca per il rimborso totale dei titoli
Scip 2.
Secondo S&P, il fatto che, da qui al 27 aprile, gli investitori siano esposti
alla Repubblica italiana non muta i rating dell'operazione, visto il breve
tempo che manca alla chiusura dell'operazione.
Nella relazione tecnica depositata dal governo al momento del voto del decreto
milleproroghe si diceva che le passività di Scip al 22 gennaio ammontavano a
1,7 miliardi di euro.
I conti senza l’Oste (ovvero gli inquilini degli immobili di pregio)
di Mario Milone Coordinatore Nazionale inquilini dei
"cosiddetti" immobili di pregio.Articolo di Mario Milone sulle nuove norme, pubblicato sul Sito
www.scip2pregio.it 05.03.2009
Complice l’eccezionale crisi economica internazionale, del mercato immobiliare e
dei mercati finanziari, si chiude la
stagione delle cartolarizzazioni frutto avvelenato di “banchieri travestiti
da statisti”, di “speculatori - benefattori” e della “tecno-finanza”. La mostruosa creatura partorita da quel
sistema: Scip (Società Carnivora di Immobili Pubblici), viene privata della
linfa vitale che aveva in pancia, gli immobili, per essere sacrificata in nome
di una più alta e nobile stagione politica dell’economia, dopo essersi
rivelata come la causa di un’ulteriore
bagno di sangue per i già disastrati conti pubblici italiani. Nessuno, compresa la stampa, ha mai voluto
approfondire questa spinosa questione e prendere atto del fallimento di SCIP 2.
Per anni sono stato l’unico ad annunciarlo e ripeterlo quando in realtà
bastava guardare i bilanci della società (che sono pubblici) facendo due conti. Si è preferito invece stendere un
pesante velo su un’operazione
ormai “agonizzante e tirare a
campare come ha fatto il Governo Prodi che solo pochi mesi fa affermava con il
suo Sottosegretario all’Economia che per la Scip tutto andava bene. Nel corso di questi anni, si è persa dunque
l’occasione di fare chiarezza su una operazione severamente bocciata anche dalla
Corte dei Conti. Evidentemente il sistema delle cartolarizzazioni faceva comodo
a tutti essendo già stato utilizzato, prima del 2001, anche dalla sinistra. In verità il Ministro Tremonti non è stato
l’artefice di quella che poi è stata definita la “finanza creativa” ma, ha
semplicemente amplificato quanto di anglosassone era già stato recepito in
Italia applicandolo alla vendita del patrimonio immobiliare pubblico da cui, il
Governo di centro sinistra, con la Finanziaria per il 2001, aveva ipotizzato di
ricavare proventi per 8 mila miliardi di vecchie lire entro lo stesso 2001. Purtroppo, come ho denunciato in Scippopoli,
era il sistema a guadagnarci, non certamente lo Stato e oggi, il Ministro
Tremonti, è il primo ad invertire la rotta fermando quel meccanismo perverso,
preso atto che l’operazione non poteva più essere sostenuta finanziariamente e
facendo l’unica cosa ragionevole: arginare i danni chiudendola nell’unico e
meno oneroso modo possibile. Le attuali forze di opposizione(PD e IDV) si sono improvvisamente svegliate all’ultimo minuto per
tentare di attaccare con tutte le loro disperate forze il Ministro Tremonti
sulla base, tra l’altro, di argomentazioni già note perché pubblicate da oltre
un anno sul sito di cui sono responsabile: www.scip2pregio.it. La
commissione di inchiesta che l’opposizione ha chiesto alla Camera nel corso
della conversione in legge del decreto avrebbe potuto essere ottenuta quando
governava Prodi. Come mai non è stato fatto? Quanto alla relazione
sull’andamento della liquidazione di Scip, ripetutamente chiesta
dall’opposizione, non mancherà chi come me si andrà guardare i bilanci della
società e ne trarrà le dovute considerazioni mettendole come sempre in rete sul
sito. Dunque, dal 01 marzo 2009, a seguito
dell’approvazione dell’art. 43bis, inserito dal Governo nel D.L. 30 dicembre
2008, n. 207, convertito con modificazioni in legge L. 27 febbraio 2009, n. 14,
sono stati posti in liquidazione i patrimoni separati di S.c.i.p. S.r.l. (SCIP 1
e SCIP 2) trasferendo tutti i beni immobili invenduti ai 7 enti previdenziali
originariamente proprietari degli stessi. Il valore degli immobili da trasferire è
determinato dall’Agenzia del territorio, entro e non oltre il 20 marzo 2009, in
relazione alle liste contenenti gli elementi identificativi degli immobili in
possesso della SCIP e sulla base delle valutazioni correnti di mercato,
prendendo a riferimento i prezzi effettivi di compravendite di immobili e
unita' immobiliari aventi caratteristiche analoghe (Art. 3, c.7 legge 410/2001). Pertanto, credo che l’Agenzia del territorio, dovendo rispettare i termini e le modalità suindicate non possa fare valutazioni di stima delle singole unità immobiliari diverse da quelle che ha già fatto negli anni precedenti per determinarei valori ai quali gli enti prenderanno in carico nei loro bilanci tutti gli immobili di cui erano originariamente proprietari e stabilire quindi il corrispettivo del trasferimento. Per ora, non voglio entrare nel merito di come
gli enti pagheranno tale corrispettivo alla SCIP, fino a che importo, con quali
modalità ed in che tempi, tralascerò pertanto l’analisi dei commi che riguardano
questi aspetti per concentrarmi invece, su quelli che interessano maggiormente
gli inquilini dei cosiddetti immobili di pregio che hanno chiesto con atti di
citazione collettiva al giudice ordinario di veder riconosciuto il diritto ad
ottenere (ex art 2932 c.c.), il trasferimento del proprio alloggio condotto in
locazione ad un prezzo ridotto sulla base degli stessi patti e condizioni
riconosciuti agli inquilini di immobili in dismissione non classificati di
pregio, essendo titolari del diritto di opzione per l’acquisto sancito dalla
legge ed avendo già manifestato la volontà di acquisto del proprio appartamento
in più riprese a partire dal 1997 e comunque entro il 31 ottobre del 2001. Devo innanzitutto rilevare che nel corso della
conversione in legge del decreto il Governo si è impegnato - accogliendo come
raccomandazione l’O.d.g. n. 9/2198/22 presentato dall’On. Lo Monte - ad
intervenire nei confronti degli enti previdenziali pubblici affinché procedano e
proseguano nella vendita diretta agli inquilini con i criteri fissati dai
provvedimenti legislativi citati dal comma 12 dell'articolo 43-bis e
affinché nei confronti di coloro impossibilitati all'acquisto, per età e
condizioni soggettive e oggettive, si proceda al rinnovo dei contratti di
locazione. Il comma 12 espressamente prevede che: Per le finalità di cui al presente
articolo gli enti possono procedere alla vendita diretta degli immobili di cui
al comma 2, fatti salvi in ogni caso i diritti spettanti agli aventi diritto. Si
applicano le disposizioni previste dai commi 3, 3-bis, 4, 5, 6, 7, 7-bis, 8, 9,
13, 14, 17, 17-bis, 19, eccetto i primi due periodi, e 20 dell’articolo 3 del
decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla
legge 23 novembre 2001, n. 410, e dal decreto-legge 23 febbraio 2004, n. 41,
convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2004, n. 104. I soggetti
originariamente proprietari degli immobili assolvono la vendita di tutti i beni
immobili ad essi trasferiti nel rispetto delle procedure regolanti l’alienazione
degli stessi da parte della SCIP per la seconda operazione di cartolarizzazione,
per quanto compatibili, in modo da massimizzare gli incassi in relazione alla
situazione del mercato immobiliare. I soggetti originariamente proprietari
possono modificare le suddette procedure al fine di rendere più efficiente il
processo di vendita. Qualora gli immobili trasferiti ai sensi del comma 2
risultino non cedibili ai sensi del citato decreto-legge n. 351 del 2001,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 410 del 2001, gli enti provvedono
all’individuazione di unità immobiliari aventi le caratteristiche previste dal
predetto decreto-legge ed analogo valore. Dalla data di entrata in vigore
della legge di conversione del presente decreto, i soggetti originariamente
proprietari degli immobili sono sostituiti alla SCIP, in tutti i rapporti, anche
processuali ed attinenti alle procedure di vendita in corso, relativi agli
immobili trasferiti, con liberazione della SCIP.
Al fine di favorire la tutela del diritto all’abitazione e all’esercizio di
attività di impresa nella attuale fase di eccezionale crisi economica, i
soggetti originariamente proprietari promuovono la definizione del contenzioso
in materia immobiliare privilegiando soluzioni transattive o di bonario
componimento che comportino l’immediato conseguimento di un apprezzabile
risultato economico in relazione al rischio implicito del giudizio, allo stato
ed al presumibile costo di esso, nonché alla possibilità di effettiva
riscossione del credito. Ne consegue che non si potrà più prescindere dal
contenzioso che riguarda anche la maggior parte degli immobili cosiddetti di pregio
attualmente invenduti anche perché l’orientamento dei Tribunali sembra
propendere a favore degli inquilini, come dimostra la recente sentenza n. 169/09
del Tribunale di Napoli che riguarda due immobili dell’Inail.I Ministeri interessati (Economia e Lavoro),
anche in relazione all’ODG 9/2198/22 dovranno necessariamente emanare delle circolari applicative che diano agli Enti Previdenziali uniformità di
comportamento per poter proseguire le vendite degli immobili che sono destinati
per legge alla dismissione!Gli inquilini di queste case, quasi tutti
anziani, lavoratori dipendenti e pensionati, hanno ora la prospettiva di
chiudere anch'essi transattivamente il contenzioso giudiziario che in questi anni ha
rappresentato l’unica arma di difesa avverso un’inspiegabile ingiustizia
determinata dalla palese disparità di trattamento generata da un’assurda
normativa varata con la finanziaria del 2000 e mantenuta nel 2001 che li ha
esclusi da tutti gli sconti che sono stati concessi a tutti gli altri inquilini.
Il comma 13 prevede: 13. L’Agenzia del territorio, a
seguito del trasferimento, individua gli immobili di pregio su richiesta degli
enti proprietari. Restano
salvi i criteri di individuazione dei suddetti immobili previsti dal comma 13
dell’articolo 3 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con
modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e disciplinati dal decreto
del Ministro dell’economia e delle finanze 31 luglio 2002, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 190 del 14 agosto 2002. Questo sta a significare che, ancora una volta,
il Governo insiste sulla cosiddetta “qualifica di immobile di pregio” dando agli
Enti la possibilità di individuare ulteriori immobili di questa categoria.
Ovviamente, se ciò dovesse accadere, si innescherebbe un nuovo ed ancor più
acceso contenzioso, dato il drammatico perdurare della crisi economica, della
recessione del mercato immobiliare ed il conseguente acuirsi della tensione
sociale. Il comma 14 prevede: 14. Esperite le attività relative
ai rapporti finanziari tra gli Enti e la SCIP ed estinti i costi e le passività
relativi alle due operazioni di cartolarizzazione, la SCIP trasferisce tutti i
dati e le informazioni in suo possesso relativi agli immobili ai soggetti
originariamente proprietari ed è posta in liquidazione. L’Agenzia del
territorio, nell’ambito delle proprie attività istituzionali, effettua entro
dodici mesi una puntuale ricognizione e valutazione di tutti gli immobili di
proprietà degli enti previdenziali pubblici. Entro 12 mesi si farà una prima ricognizione e valutazione del patrimonio invenduto che certamente sarà indice della capacità di gestire le vendite da parte degli stessi Enti, i quali, avranno evidentemente delle responsabilità nel vendere velocemente un patrimonio che giorno dopo giorno potrebbe svalutarsi sempre di più, in relazione anche ad una imminente esplosione della bolla speculativa del mercato immobiliare venutasi a creare negli ultimi anni. Quindi l’auspicio e la speranza è che il prima possibile, con delle circolari Ministeriali, si intervenga nei confronti degli enti previdenziali pubblici affinché procedano e proseguano nella vendita diretta agli inquilini chiudendo il contenzioso sugli immobili di pregio con soluzioni transattive che devono necessariamente partire dalle valutazioni già fatte dalle Agenzie del territorio prima dell’entrata in vigore delle nuove norme e di cui tutti gli inquilini sono a conoscenzaavendo già ricevuto le lettere di offerta con il prezzo o avendo depositato tali valori in tribunale. Solo così si potrà porre, anche con soddisfazione degli inquilini interessati, la parola fine ad una travagliata procedura di vendita che va avanti da 12 anni.
L'Espresso n. 9. del 5 marzo 2009
SCIP-PI DI STATO – TREMONTI CHIUDE LE
VENDITE DEGLI IMMOBILI DI PREGIO CON UN PASSIVO DA 1.7 MLD € (PAGANO GLI ENTI
PREVIDENZIALI) – CI HANNO GUADAGNATO SOLO BANCHE, FONDI, IMMOBILIARISTI E
INQUILINI ECCELLENTI (DA BONANNI A PIONATI A FLAVIA VELTRONI)
1 - QUANTE CREPE A CASA TREMONTI
Francesco Bonazzi per "L'espresso"
Meglio una fine rovinosa che una
rovina senza fine. È con questa filosofia cheGiulio Tremontiha calato il sipario
sulle cartolarizzazioni immobiliari, la manovra simbolo di una lunga stagione
della finanza creativa iniziata nel 2001. Il ministro dell'Economia ha
preferito certificare un 'buco' da 1,7 miliardi di euro dell'operazione, e ha
mandato in liquidazione la società-veicolo Scip, rimborsando le obbligazioni
in circolazione, piuttosto che svenarsi per pagare una montagna d'interessi e
correre il rischio di un
default internazionale. Una
scelta ragionevole, messa in atto però con un autentico colpo di mano. Come se
questa commedia fantastica, finita con un bagno di sangue, non avesse
arricchito i soliti noti: banche, immobiliaristi e una serie di
inquilini eccellenti.
E ora, per quei 28 mila appartamenti rimasti invenduti, inizia una nuova
storia che potrebbe riservare qualche ulteriore colpo di scena. Il meccanismo
inventato alla fine del 2001 aveva una sua genialità. Prima si accusa per mesi
i vari Inps, Inpdai,
Inpdap e Inail di non essere capaci di vendere le case acquistate con i
risparmi dei lavoratori. Poi, a fine novembre, Tremonti trasferisce d'imperio
una prima tranche di 27.500 immobili in un società-veicolo, incaricata poi di
emettere sui mercati internazionali obbligazioni garantite dal patrimonio
acquisito e dai flussi di cassa previsti dalle vendite.La
società viene chiamata Scip (Società cartolarizzazione immobili pubblici) e
nasce in Lussemburgo con un capitale di 10 mila euro, due fondazioni olandesi
come azioniste e un cittadino scozzese di nome Gordon Burrows
alla presidenza. "Ragioni di semplicità operativa", spiegherà il Tesoro alla
Corte dei Conti che nel 2005 storceva il naso e già parlava di "scarsa
trasparenza". L'operazione 'Scip1' funziona. Vengono emessi bond per 2,3
miliardi, tutti rimborsati nel giro di due anni, e viene offerto al mercato
per 3,8 miliardi un patrimonio immobiliare valutato 5,1 miliardi. Il 30 giugno
del 2008, al netto delle spese sostenute, il saldo di cassa di Scip1 è in
attivo di 1,3 miliardi. A dicembre 2002,
Tremonti lancia "la più grande cartolarizzazione mai fatta da uno Stato
europeo". 'Scip2' parte con 62.800 immobili in vendita, per un valore di
mercato pari a 10 miliardi e un prezzo che sfiora i 7,8 miliardi. I bond
portano nelle esauste casse statali la bellezza di 6,7 miliardi di euro, ma le
vendite non vanno bene. Complici un mercato in frenata, interessi in aumento e
migliaia di contenziosi sulla definizione della categoria 'immobili di pregio',
alla fine l'operazione si chiude in passivo: il saldo negativo arriva a quota
1,7 miliardi necessari a rimborsare i bond in circolazione e restituire il
prestito ricevuto dalle banche per pagare gli interessi. Così, la sera dell'11 febbraio, nel
decreto Milleproroghe spunta un piccolo emendamento che mette in liquidazione
Scip2. Ma è il meccanismo usato a sorprendere: gli stessi enti previdenziali
che nel 2001 erano stati ritenuti incapaci vengono ora costretti a riprendersi
i 28 mila appartamenti invenduti, e a coprire il buco attingendo alle loro
casse. A questo punto è
chiaro che qualcosa non ha funzionato. Sarà colpa della solita crisi
internazionale, ma intanto c'è chi sulle Scip ha guadagnato parecchio. A parte
gli inquilini eccellenti che sono riusciti a mettere le mani su appartamenti
di gran pregio a prezzi talvolta scontatissimi, i veri miracolati vanno
cercati tra le banche. Per Scip1, il governo si affidò ad AbnAmro,
Bnl,
JpMorgan,
Sssb
(Citigroup).
Mentre a gestire la seconda emissione di bond collegata a Scip2 sono stati
chiamati Banca Imi, Deutsche Bank, Intesa e Lehman Brothers. A questi otto
gruppi sono stati versati decine di milioni di commissioni. Mentre i tedeschi
di Depfa Bank (gruppo HypoReal
Estate) e gli italiani di Banca Intesa hanno incamerato anche commissioni e
interessi sul prestito-ponte da 925 milioni, erogato nel 2005 per tenere a
galla Scip2. Grazie ai maxi-sconti, una vasta platea di immobiliaristi
'furbetti' ha comprato a pezzi di saldo interi palazzi. E molto spesso, chi
aveva in gestione il patrimonio degli enti 'espropriato' da Tremonti nel 2001, ha avuto anche il mandato a
vendere. I nomi sono i soliti, con Alfredo Romeo e Pirelli Re in prima
fila. Mentre sul
fronte degli acquirenti si segnalano la stessa
Lehman, il fondo americano Carlyle e l'immancabile Gruppo Caltagirone.
Per tutti, banche, gestori e consulenti
vari, i guadagni sono 'top secret'. Perché nessuno conosce i contratti
stipulati dalla lussemburghese Scip con i suoi fornitori. Si sa solo che il
costo di Scip1 e Scip2 oscillerebbe tra gli 850 milioni stimati dalla Corte
dei Conti nel 2006 e il miliardo e trecento milioni calcolato oggi dal
combattivo 'Coordinamento nazionale inquilini immobili di pregio'.
Proprio sull'ammontare dei costi chiedono chiarezza Antonio Misiani, deputato
Pd nella commissione Bilancio, e Antonio Borghesi (Idv). Spiega Misiani:
"Giusto mettere la parola fine, perché la spesa per interessi ci stava
dissanguando, ma Tremonti deve spiegare alla Camera chi si è arricchito su
questo buco da quasi due miliardi".
Resta da capire anche come si coprirà la voragine Scip2, perché usare il
ricavato di Scip1 non basta. Non solo, sarebbe interessante capire se gli enti
previdenziali, costretti a nascondere sotto il tappeto la polvere delle
cartolarizzazioni andate male, siano solo una fermata di passaggio verso la
Cassa depositi e prestiti, gestita dal tremontianodoc
Massimo Varazzani. La
Cdp
è una spa,
ha meno vincoli ed è soggetta a meno controlli di un ente previdenziale.
Potrebbe essere lei a far ripartire la giostra del mattone di Stato.
Commissioni e consulenze comprese.
2 - IL
PALAZZO FA affari d'oro... Da"L'espresso" Sarà tutto legale, ma i
prezzi spuntati da una serie di inquilini eccellenti grazie alle
cartolarizzazioni gestite dalla Scip consegnano una foto di gruppo di 'una
classe dirigente in un interno'.
Con ampio tinello. Era stato 'L'espresso',
con una serie di inchieste pubblicate nel 2007, ad alzare il velo sulla
'Nazionale degli sconti'.
In largo Arenula
una società dei figli
di Clemente Mastella ottiene un appartamento di 9,5 vani: il prezzo è di un
milione inferiore a quello di mercato. Dietro piazza Fiume la moglie di
Veltroni acquistò 190
metri quadri più cantina e posto auto per 377 mila euro. Nella stessa strada,
l'ex deputato forzistaMarianna Li Calzi
comprò un attico da
190 metri per 366 mila euro. Al Flaminio, il leader Cisl Raffaele
Bonanni ha rilevato per 201 mila euro otto vani.
All'Eur,
il presidente della ConsobLamberto Cardia ha dovuto sborsare 328 mila
euro per dieci stanze. In zona San Pietro, la deputata del PdciMaura Cossutta staccò un assegno da 165 mila
per sei vani, e la collega
ulivistaFranca Chiaramonte spese 113 mila euro per quattro vani.
Ai Parioli,
l'ex presidente del Senato, FrancoMarini,
pagò un milione per 14 vani catastali (piano terra e primo piano). Il colpo
migliore, comunque, lo mise a segno l'allora giornalista Francesco Pionati (oggi deputato centrista): comprò per
509 milioni di lire nel 2001 un attico e superattico di dieci vani a Monteverde
Vecchio.
Il Sole 24 Ore del 02.03.2009
L’Istituto si ricompra le case
Gli enti di previdenza pagheranno 1,7 miliardi,
i beni valgono 2,3
Saverio Fossati
Bond da rimborsare per 1.700
milioni e immobili “a fronte” per 2,3 miliardi. Apparentemente, liquidare Scip
a, la seconda cartolarizzazione degli immobili pubblici, sembra facile. E in
effetti ‘lo è, soprattutto considerando che la copertura delle obbligazioni
scadute la anticiperanno gli enti previdenziali, cioè gli antichi proprietari
di quegli stessi immobili, che nel 2002 li persero senza indennizzo e che ora
se li devono ricomprare, anche se a buon prezzo. Il meccanismo tracciato
dall’articolo 41 bis del Dl 207/2008 è intervenuto sulla cartolarizzazione un
attimo prima del declassamento (si veda il Sole 24 Ore del 12 febbraio scorso
e del 1° luglio 2008) da parte delle agenzie di rating, salvando così
l’operazione. Ma a quali costi? In realtà la soluzione adottata è razionale.
Se non fosse per il riacquisto da parte degli enti. Gli immobili che
Scip 2 non è riuscita a vendere dal 2002 a oggi, per legge ora vengono
riassegnati in proprietà agli antichi proprietari, che in cambio pagheranno
alla Scip entro il 15 aprile quanto servirà rimborsare titoli emessi, costi e
finanziamenti per 1,7 miliardi. Con soddisfazione delle agenzie di rating.
Anche gli enti ostentano ottimismo: Inail e Inpdap, che peraltro già prima
erano incaricate della vendita del patrimonio abitativo, sono concordi nel
riaffermare che le operazioni continueranno e che il contenzioso sugli edifici
di pregio (ceduti senza gli sconti) si è ormai risolto a loro favore. Il Dl
107, del resto, prevede la possibilità di soluzioni “bonarie” per le
situazioni più difficili: occupazioni senza titolo e situazioni di morosità
sui canoni. Va anche detto che circa 350 milioni di euro in immobili invenduti
della vecchia Scip 1 vengono “restituiti” agli enti gratuitamente. Rimane però
un dubbio: Scip 1 ha un debito, nei confronti dell’Economia, di circa 1.600
milioni, derivanti dalla differenza attiva tra le vendite degli immobili e il
rimborso dei bond, avvenuto già nel 2003. Dato che in casa Scip 1 risultano
1.250 milioni di liquidità, perché non usare quei soldi per il rimborso dei
bond di Scip 2, evitando che gli enti previdenziali debbano attingere alle
loro casse per poi rimpinguarle lentamente con le vendite? L’Economia potrebbe
disporre in questo senso. Ma a cosa è dovuto il ritardo nelle vendite? I
numeri parlano chiaro: dal confronto tra la situazione iniziale emerge un
problema serio sulle vendite abitative Inpdai (ora inglobato nell’Inps, che
infatti mantiene un prudente silenzio anche sulle possibilità di far fronte
alla nuova situazione). Da sole, queste rappresentano il 60% dell’invenduto
come numero di abitazioni e il 48% come valore. Ma ora restano, a detta degli
operatori, gli asset più difficili: case in quartieri poco appetibili e
situazioni contenziose. Si può sperare, in termini di bilancia, nella
rivalutazione che l’agenzia del Territorio dovrà condurre: probabilmente
servirà a razionalizzare i prezzi, abbassando quelli degli immobili meno
appetibili e aggiornando gli altri, con una ripulitura che dovrebbe accelerare
le vendite. Per Maria Teresa Armosino, all’epoca sottosegretario all’Economia
con delega alle dismissioni, “ritardi e perdite sono dovuti alle
regolarizzazioni dei morosi e alla legge 104/2004, dove per favorire gli
inquilini erano previsti i “coefficienti di abbattimento” dei valori iniziali.
Il risultato è stata una perdita di 800 milioni, lo scarto tra i valori del
2001 e quelli del 2003». Ma il fiasco più consistente è quello del non
abitativo: box, posti auto, cantine, negozi e uffici (si vedano le percentuali
iniziali in alto nella pagina). Le vendite erano affidate al Consorzio G1,
oggi formato da Fintecna e Lazard. Sta di fatto che resta da vendere il 42% di
quel patrimonio. Il G1, comunque, anche se incassa i compensi per le vendite,
non paga penali per i ritardi.
L’Unità Mercoledì 25 febbraio
2009
BIANCA DI GIOVANNI
L’opposizione non ci sta a chiudere
la partita della finanza creativa firmata Tremonti (vecchio corso) tutta a
carico dei contribuenti e senza nessun impegno di trasparenza da parte del
governo. «Presenteremo presto un disegno di legge in cui chiediamo la
costituzione di una commissione d’inchiesta», annuncia Pier Luigi Bersani in
una pausa durante il voto finale sul cosiddetto milleproroghe. Quel testo,
all’articolo 43 bis, liquida le due operazioni di cartolarizzazione degli
immobili pubblici gestite dalle Scip, lasciando a carico del bilancio pubblico
quasi due miliardi di euro. Quella che doveva essere la più grande operazione
di finanza creativa organizzata da un governo, si è risolta in un buco finale,
coperto con un emendamento arrivato di soppiatto in un decreto omnibus su cui
è calata l’ennesima blindatura. Al momento del voto l’opposizione ha
presentato due ordini del giorno, che impegnavano il governo a presentare una
relazione sulla liquidazione. Ma la maggioranza, compatta, ha bocciato la
proposta. Meglio non sapere, per i parlamentari di centrodestra. «Un fatto
gravissimo - dichiara il deputato Pd Marco Causi - il Parlamento e il Paese
hanno diritto di sapere quanto costa la liquidazione di queste società e quali
impatti la chiusura dell'operazione potrà generare sull'equilibrio
patrimoniale degli enti di previdenza».Intervenendo prima del voto finale, il
capogruppo Pd Antonello Soro ha sottolineato come nel decreto « ci sono almeno
3 operazioni di dubbia legittimità: quello sull’editoria che infligge un colpo
duro al settore; quello sulle autostrade con favori e regalie a titolari di
concessioni in totale disprezzo per la censura dell'Autorità Garante per la
concorrenza; ed infine quello delle Scip, la società di cartolizzazioni, che
sarebbe meglio definire “operazione scippo”, con la quale si raggiunge il
paradosso.Il saldo è una passività di 3400 miliardi delle vecchie lire per lo
stato. Il Governo fa esattamente le stesse cose per cui finanzieri in Europa e
nel mondo finiscono in carcere ».Aproposito dai finanza etica evocata da
Tremonti.Attorno ai numeri delle due Scip c’è sempre stata fitta cortina di
fumo. Che l’operazione Scip fosse complicata lo si era capito già qualche anno
fa, quando Scip 2 (quella più pesante) fu costretta a ristrutturare il debito.la
Corte dei Conti lanciò il primo allarme, producendo un voluminoso dossier.
Poi, più nulla. A ripercorrere oggi le tappe dell’operazione è il deputato pd
Antonio Misiani, in un intervento sul sito del Nens (www.nens.it),
con cifre da brivido. «Secondo l'ultimo Rapporto agli Investitori della
società, a dicembre 2008 delle 62.880 unità immobiliari iniziali, ne risultano
invendute 13.574. Nel solo quarto trimestre 2008, le vendite hanno prodotto
incassi per 152 milioni di euro, il 55,3% in meno di quanto previsto dal
Business Plan. I costi dell’operazione sono così enormemente lievitati: dal
2002 al 2007 sono stati pari - secondo i dati riportati dal sito
www.scip2pregio.it- a 1.359 milioni di
euro, di cui 780 milioni di interessi passivi su titoli emessi (aggravati
dall’allungamento dei tempi di rimborso dei titoli),115 milioni di interessi
passivi sul prestito ponte, 348 milioni di interessi su contratto swap». Come
dire. un vero crack camuffato da operazione contabile.
Il
Governo incassa la fiducia sul milleproroghe con 284 voti a favore e 243
contrari. È la tredicesima fiducia chiesta dall'Esecutivo. Il voto finale sul
provvedimento è fissato per martedì 24 febbraio. Il testo sul quale è stata
posta la fiducia è quello già approvato dal Senato. L'Esecutivo aveva fatto
ricorso alla blindatura del testo anche a Palazzo Madama. Nella mattinata di
ieri era terminata la discussione sul decreto milleproroghe in aula alla
Camera, passato a tempo di record dall'esame delle commissioni. Un esame lampo
che ha provocato forti polemiche da parte dell'opposizione che ha denunciato
la mancanza di una reale discussione. L'ennesima fiducia, accusano, che non
consente al Parlamento di esprimersi. «Il Governo – ha sottolineato Pierpaolo
Baretta, capogruppo del Pd nella commissione Bilancio della Camera - ridisegna
ancora una volta con il voto di fiducia, sia al Senato che alla Camera, pezzi
importanti dell'economia e della società». I deputati delle commissioni Affari
costituzionali e Bilancio di Montecitorio, attacca Massimo Vannucci (Pd),
hanno avuto solo «sei ore di tempo» per prendere in mano le carte del
milleproroghe e valutare il contenuto degli emendamenti da presentare. «Così
si esautora il Parlamento», sottolinea Angelo Compagnon (Udc). L'aula aveva
respinto nella mattinata di ieri, con 240 sì e 261 no, le tre pregiudiziali di
costituzionalità presentate dall'opposizione (Pd, Idv e Udc).
Criticatissima dall'opposizione, in particolare dal ministro ombra
dell'Economia del Pd Pier Luigi Bersani, l'operazione di cartolarizzazione
Scip2, che complessivamente ha generato passività per 1,7 miliardi di euro.
«Il film delle megacartolarizzazioni di Tremonti si è concluso con 1,7
miliardi di passività da ripianare», ha detto Pier Luigi Bersani a proposito
della norma sulla liquidazione di Scip, la società veicolo per le
cartolarizzazioni immobiliari, contenuta nel decreto milleproroghe. Bersani ha
sottolineato che è «necessario che il Parlamento trovi le forme per appurare
quanto in questi anni si siano radicate, nel nostro sistema di politiche
pubbliche, meccanismi di utilizzo di strumenti finanziari cosiddetti
innovativi e quanto tutto questo sia costato al contribuente».
La fine ingloriosa delle cartolarizzazioni
immobiliari (www.nens.it)
19 Febbraio 2009
di
Antonio Misiani 1. Antefatto: SCIP 1 e SCIP 2, la “finanza creativa” applicata
al patrimonio immobiliare pubblico Nel corso del 2001, con
l’emanazione del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito con la
legge 23 novembre 2001, n. 410, il Ministro dell’Economia e delle Finanze
Tremonti avvia ufficialmente la prima operazione di privatizzazione degli
immobili pubbliciattraverso la tecnica finanziaria della
“cartolarizzazione” (in inglese securitization:la "finanza
creativa" protagonista dell’attuale crisi globale). La complessa operazione è
finalizzata a consentire la conversione di immobili di proprietà degli enti
previdenziali pubblici in strumenti finanziari più facilmente collocabili sui
mercati. Lo schema dell’operazione di cartolarizzazione è il seguente:
1)I cedenti (gli
enti previdenziali) trasferiscono il loro portafoglio di immobili ad un’entità
esterna (la società-veicolo). Per ogni operazione vengono individuati con
decreto ministeriale i beni immobili da trasferire alla società. Il patrimonio
acquisito, separato da quello della società veicolo e da quello di altre
operazioni, garantisce i portatori dei titoli, i soggetti concedenti i
finanziamenti e ogni altro creditore. 2)La società veicolo emette obbligazioni sui mercati internazionali
garantite dal valore del patrimonio immobiliare ricevuto e dal flusso di
incassi attesi derivanti dalla vendita degli immobili cartolarizzati,
collocandole tramite una o più banche di investimento presso investitori
finali. Per le obbligazioni la classe di rischio è ufficializzata da un rating
formulato da un’agenzia internazionale 3)La società veicolo versa l’importo raccolto attraverso tali operazioni,
a titolo di “prezzo iniziale”, agli enti che hanno ceduto gli immobili. 4)La società veicolo rivende gli immobili (che continuano ad essere
gestiti dagli enti ex proprietari). I flussi derivanti dalla gestione e dalla
vendita degli immobili sono utilizzati per il rimborso dei titoli e per il
pagamento degli interessi, oltre che per gli oneri accessori, commissioni e
altri costi. 5)A
conclusione dell’operazione, la società veicolo versa al Ministero
dell’Economia e delle Finanze l’eventuale e residua differenza di prezzo (il
“prezzo differito” di vendita, che determina il successo o il fallimento
dell’operazione). Per gestire la cartolarizzazione degli immobili pubblici
viene costituita la SCIP S.r.l. (Società Cartolarizzazione Immobili
Pubblici), società di diritto lussemburghese con capitale sociale di 10 mila
euro, detenuto in parti uguali da due fondazioni olandesi “gemelle” (la
“Stichting Thesaurum” e la “Stichting Palatium”, costituite ad Amsterdam il 5
novembre 2001 e amministrate da un trust fund olandese, la “TMF
Management BV”). Amministratore unico della società un cittadino britannico,
il dott. Gordon E. C. Burrows. La prima operazione - SCIP 1 – parte con il
decreto-legge 351/2001, e riguarda esclusivamente i beni di proprietà
degli enti previdenziali già inseriti nei programmi di dismissione precedenti
(POC-Programma Ordinario di Cessione, varato nel 1999; PSC-Programma
Straordinario di Cessione, varato nel 1997) che non erano ancora stati
venduti. In SCIP 1 gli enti previdenziali cedono 27.512 immobili (27.250
residenziali e 262 commerciali), con un valore stimato di 5.100 milioni di
euroe un prezzo di offerta rideterminato in 3.830 milioni per
effetto degli sconti previsti dalla legge (30% agli inquilini, più
un’ulteriore sconto fino al 15% nel caso in cui questi avessero acquistato
l’intero edificio). A fronte di questo portafoglio immobiliare, nel dicembre
2001 vengono emessi titoli per 2.300 milioni il cui rimborso viene completato
a dicembre 2003. L’operazione beneficia del lavoro propedeutico alle vendite
già svolto in precedenza, e perciò le vendite procedono rapidamente e senza
particolari ostacoli. I risultati complessivi sono positivi: al 30
giugno 2008 il saldo di cassa di SCIP 1, al netto delle spese sostenute dalla
società, risulta pari a 1.362 milioni di euro. Nel 2002 parte SCIP 2,
definita dal ministro Tremonti “la più grande cartolarizzazione immobiliare
fatta da uno Stato europeo”. Con questa operazione sette enti
previdenziali e lo Stato cedono alla SCIP S.r.l. 62.880 unità immobiliari
(53.241 residenziali e 9.639 commerciali), con un valore di mercato pari a
10.000 milioni e un prezzo di offerta di 7.797 milioni. A fronte di tale
portafoglio, acquistato su base segregata dal portafoglio di SCIP 1, la
società ha emesso un totale di 6.637 milioni di titoli, suddivisi in cinque
emissioni di cui tre corrispondenti a 5.243 milioni con rating di tripla A e
due rispettivamente pari a 845 con rating di doppia A e 536 con rating di
singola. A La scadenza legale, cioè la data ultima per il rimborso dei titoli
nelle previsioni più “pessimistiche” delle agenzie di rating, che assegnano il
rating alla corrispondente probabilità di integrale rimborso entro tale data,
è stata fissata per le varie tranche tra aprile 2006 e ottobre 2008, mentre la
scadenza attesa è stata fissata tra aprile 2004 e ottobre 2006. Ad aprile 2005
la SCIP S.r.l., per far fronte alle difficoltà di rimborso dei titoli in
scadenza ed evitare declassamenti di rating, è stata autorizzata a
ristrutturare il proprio debito mediante l’emissione di tre nuove serie di
titoli per un ammontare pari a 4.370 milioni (l’emissione finale si è conclusa
con tre nuove serie di titoli per un totale di 4.600 milioni). Rispetto
alle attese, SCIP 2 si rivela un fallimento. A dicembre 2008, delle
62.880 unità immobiliari iniziali, ne risultano invendute 13.574, pari ad un
prezzo aggregato di offerta di 2.356 milioni di euro. Complessivamente, la
società ha incassato 5.864 milioni, di cui, da aprile 2005, 3.595 milioni da
vendite e 296 da affitti: molto meno di quanto previsto (le vendite sono
state inferiori del 33,5% rispetto al Business Plan). Nel solo quarto
trimestre 2008, le vendite hanno prodotto incassi per 152 milioni di euro, il
55,3% in meno di quanto previsto dal Business Plan. Il valore del portafoglio
residuo è con tutta probabilità sovrastimato rispetto a quanto realisticamente
realizzabile dalla vendita delle unità residue. Tra le ragioni
dell’inceppamento dei flussi di vendita di SCIP 2, vanno annoverati l’aumento
dei prezzi di mercato, lo scontro sociale e politico che si è aperto sulle
cartolarizzazioni, il moltiplicarsi dei contenziosi (con particolare
riferimento ai ricorsi relativi agli immobili cd. “di pregio”), la confusione
legislativa, gli intoppi burocratici. Particolarmente elevati risultano i
costi dell’operazione, dal 2002 al 2007 pari - secondo i dati riportati
dal sito
www.scip2pregio.it - a 1.359 milioni di euro, di cui 780 milioni di
interessi passivi su titoli emessi (aggravati dall’allungamento dei tempi di
rimborso dei titoli), 115 milioni di interessi passivi sul prestito ponte, 348
milioni di interessi su contratto swap.
2. Il blitz del Milleproroghe: la liquidazione
di SCIP Con l'articolo 43-bis del decreto-legge 207/2008 (cd.
"milleproroghe") – inserito nell’emendamento su cui il Governo l’11 febbraio
2009 ha posto al Senato la questione di fiducia - lo Stato pone in
liquidazione i patrimoni separati relativi a SCIP 1 e SCIP 2, trasferendo la
proprietà degli immobili di SCIP ai soggetti originariamente proprietari degli
stessi. Il trasferimento degli immobili di SCIP 2 è effettuato per un
corrispettivo pari al valore degli immobili stessi determinato ai sensi delle
norme relative, e tale corrispettivo è versato alla SCIP, al netto delle
passività per la SCIP medesima derivanti da tale operazione. Gli enti possono
procedere alla vendita diretta degli immobili, in modo da massimizzare gli
incassi in relazione alla situazione del mercato immobiliare. La
liquidazione della SCIP avverrà con un meccanismo complesso: 1)
rimborso integrale delle passività cumulate:- titoli di classe A5 (295,7
milioni + 2 milioni di interessi) e titoli di classe B2 (475 milioni + 3,9
milioni di interessi). Nota bene: titoli “asset backed”, simili ai titoli
“tossici” protagonisti della crisi finanziaria globale…- finanziamenti verso
banche: 800 milioni + 155,6 milioni di interessi (il prestito ponte garantito
dal MEF erogato il 24 aprile 2004 da due banche per evitare il declassamento
delle agenzie di rating) - contratto swap (uno strumento complesso e
rischioso, a proposito di “finanza creativa”…)- costi di gestione fissi a
carico di SCIP (2 milioni). In totale: 1 miliardo e 735 milioni al 22
gennaio 2009.2) acquisto da parte degli enti degli immobili invendutiper un corrispettivo stimabile al 22 gennaio 2009 in 1.720 milioni di euro.
In pratica, un’operazione di segno esattamente inverso rispetto a quella
iniziale!
3. La morale della favola 1) Tranne
lo Stato, ci hanno guadagnato più o meno tutti: le banche, gli investitori
finanziari, le agenzie di rating, gli immobiliaristi, gli studi legali, gli ex
inquilini diventati proprietari. Con le operazioni di cartolarizzazione una
buona parte del patrimonio immobiliare pubblico (in primis quello degli
enti previdenziali, pagati con i contributi dei lavoratori) è stato venduto,
con elevatissimi costi di gestione. I proventi – inferiori alle previsioni
iniziali, pur scontate – non sono stati reinvestiti, ma utilizzati (con
alterne fortune, visti gli interventi di EUROSTAT) per tamponare le voragini
dei conti pubblici. 2) La liquidazione di SCIP peggiorerà i conti pubblici
2009 di 1.720 milioni. Soldi che serviranno agli enti previdenziali – e in
ultima istanza, al Tesoro - per rientrare in possesso degli immobili e, per
questa via, a rimborsare i prestiti in scadenza. La cifra, naturalmente, potrà
poi essere recuperata con la successiva cessione degli immobili, che questa
volta verrà gestita direttamente dagli enti previdenziali (ammesso che ci
riescano...). Secondo la Relazione tecnica trasmessa (in ritardo) al
Parlamento “l’impatto sul fabbisogno e l’indebitamento netto, pari alle
risorse da assicurare a SCIP 2, è già scontato nei saldi assunti
nell’aggiornamento del Patto di stabilità e crescita”. E in effetti la
Nota Informativa 2009-2011 del 6 febbraio 2009 a pagina 7 evidenzia, in una
nota alla Tavola 3 (Conto della P.A. a legislazione vigente), che “il dato
per il 2009 riflette la revisione della strategia relativa agli investimenti
immobiliari adottata in considerazione della crisi economica internazionale e
ritenuto che le condizioni del mercato immobiliare non sono favorevoli alla
dismissione nel breve periodo di compendi immobiliari. La nuova impostazione
porta ad un incremento degli investimenti fissi pari a 1,9 miliardi”.
Peccato che: a) alla data del 6 febbraio 2009 non risultava in vigore alcun
provvedimento legislativo in tal senso (l’articolo aggiuntivo 43-bis del
“milleproroghe” non è ancora norma di legge); b) non vi è stato alcun
passaggio parlamentare relativamente ai saldi assunti nell’aggiornamento del
Patto di stabilità e crescita (di cui alla Nota Informativa). 3) In un
Paese “normale”, il Parlamento pretenderebbe la massima chiarezza su questa
vicenda. In Italia se ne è occupata la Corte dei Conti nel
marzo 2006 e nel
gennaio 2007, con relazioni estremamente critiche nei confronti della
cartolarizzazione immobiliare. Ora che questa storia si avvia ad una
(ingloriosa) conclusione è sicuramente tempo di fare piena luce – per esempio
istituendo una commissione parlamentare d’inchiesta - su una delle operazioni
finanziarie più discutibili e controverse degli ultimi decenni.
Il Sole 24 Ore
17.02.2009
Milleproroghe, dalla norma liquida Scip al piano carceri, dove il conto
non torna
di Nicoletta Cottone
Dalla norma liquida Scip al patto di stabilità, dal piano
carceri fino agli effetti dell'esenzione Ici sui fabbricati rurali,
sono molti gli appunti riuniti nel dossier degli esperti del Servizio studi
della Camera al cosiddetto Milleproroghe. Rilievi giunti mentre si
annuncia un rapidissimo esame del provvedimento alla Camera, che sarà già in
aula da mercoledì 18 febbraio. Un testo sul quale si profila la fiducia.
L'obiettivo è di chiudere in settimana. Al momento, spiegano il relatore per
la Bilancio, Gabriele Toccafondi, non sono previsti emendamenti dei relatori o
del Governo ma, visto che il provvedimento deve essere convertito entro il 28
febbraio, «il calendario consente che ci possa essere una settimana per un
ulteriore passaggio al Senato». Il relatore per la commissione Affari
Costituzionali, Raffaele Volpi, ha rilevato che «sarebbe stato opportuno un
dibattito più approfondito», in particolare sulle misure inserite durante
l'esame in Senato. Toccafondi ha sottolineato le problematicità relative a tre
punti: il Patto di stabilità interno, l'operazione Scip e le misure per la
realizzazione di nuove strutture carcerarie. Ecco le principali osservazioni
dei tecnici di Montecitorio.
La norma liquida Scip. I tecnici di Montecitorio
sottolineano che in mancanza della relazione tecnica, non è possibile definire
il quadro finanziario complessivo della norma che liquida Scip e ritrasferisce
gli immobili non venduti agli enti originariamente proprietari, «che dia conto
dei relativi effetti ai fini dei diversi saldi di finanza pubblica e dei
conseguenti riflessi sullo stock di debito delle amministrazioni pubbliche».
Lo rilevano i tecnici del Servizio Studi della Camera richiamando una nota
informativa del Governo nella quale «viene evidenziato che il peggioramento
dei saldi previsto per il 2009 riflette, per un importo pari a 1,9 miliardi,
la revisione della strategia relativa agli investimenti immobiliari in
considerazione del fatto che le condizioni del mercato immobiliare non sono
favorevoli alla dismissione nel breve periodo di compendi immobiliari. Appare
pertanto necessario che sia chiarito - si legge nel dossier del Servizio Studi
di Montecitorio - se l'importo del peggioramento del saldo sopra indicato
coincide con quello derivante dagli effetti della disposizione in esame o se
vi concorrano altri fattori».
Repubblica Affari &
Finanza del 16.02.2009
Mattone di Stato,
Tremonti ci riprova
È pronto un nuovo progetto di razionalizzazione e centralizzazione della
gestione degli immobili, disegnato intorno al fido Varazzani della Cdp. Ma per
portare avanti questo piano si dovrà ridimensionare Maurizio Prato di
Fintecna, appoggiato da Gianni Letta.
LUCA IEZZI Roma
Tra vecchi fallimenti,
nuove alleanze e qualche conto da regolare all’interno della maggioranza, è
già cominciata la terza rivoluzione tremontiana del mattone di Stato. Mettere
a frutto l’enorme patrimonio immobiliare di proprietà pubblica è sempre stato
un pallino dell’attuale ministro dell’Economia in tutti e quattro i suoi
mandati a via XX settembre. Nessuno dei grandi progetti messi in campo da
Giulio Tramonti è stato all’altezza delle aspettative: proprio in questa
settimana nel decreto milleproroghe è stata inserita la norma per la
liquidazione della società Scip 2, veicolo della più grande cartolarizzazione
in Europa, lanciata da Tremanti nel 2002. Un monumento alla “finanza
creativa”: Scip2 incassò 6,7miliardi di euro grazie a bond garantiti dalla
futura vendita di un portafoglio di quasi 63 mila immobili di proprietà degli
enti previdenziali. Quell’avventura si chiude con 1,7 miliardi di obbligazioni
da ripagare che finiranno in carico al bilancio pubblico e poco meno della
metà degli immobili (28 mila) ancora in venduti. Non solo Scip 2 non si è
rivelata la “scatola magica” in grado di trasformare la ricchezza
immobilizzata nel mattone in moneta sonante, ma stava per scavare un altro
buco nelle casse dello Stato. Già nel 2005 era stato necessario un
prestito-ponte per coprire i mancati incassi dalle vendite e tra ottobre e
gennaio Scip non ha onorato le scadenze dei propri bond facendo scattare le
clausole a tutela dei sottoscrittori che alzavano i rendimenti. Con il mercato
immobiliare in piena recessione il Tesoro ha deciso limitare i danni: farsi
carico di tutti i debiti esistenti restituendo agli enti previdenziali la
proprietà degli immobili e lasciando a loro il compito di vendere il proprio
patrimonio.Va notato che il gigantismo di Scip 2 ha difatti cancellato quanto
di buono le cartolarizzazioni hanno fatto per le casse dello Stato: Scip l,
lanciata nel 2001 con un numero minore d’immobili e in contesto di mercato
molto più favorevole, aveva prodotto, dopo il rimborso di tutti i bond, un
utile di 1,2 miliardi che gli stessi enti previdenziali presenti anche nella
seconda operazione (Inps, Inail, Ipost, Enpals, Ipsema e Inpdai) utilizzeranno
per coprire il buco della seconda cartolarizzazione. Il bilancio negativo
di questa operazione non sembra aver fatto cambiare idea a Tremonti, così non
l’aveva fatto l’altro fallimentare tentativo di valorizzare gli immobili
pubblici, la nascita di Patrimonio Spa, ora controllata da Fintecna. Il
ministro ha messo in campo un’altra corazzata, la Cassa Depositi e Prestiti,
che con l’ultima revisione normativa e dello statuto dovrà servire a dare
molte risposte ai problemi finanziari del paese, anche in campo immobiliare.
La fiducia in Cdp del ministro poggia su due elementi nuovi: la nomina di un
suo uomo di assoluta fiducia, Massimo Varazzani come amministratore delegato,
e un patto di ferro con le Fondazioni bancarie, azioniste al 30% della Cassa e
un tempo fiere nemiche del ministro, tanto da trascinare gran parte dei suoi
tentativi di riforma del settore davanti alla Corte Costituzionale.Contrasti
seppelliti anche grazie alla nomina di Franco Bassanini alla presidenza,uomo
di fiducia di una delle più grandi Fondazioni del paese, quella del Monte
Paschi di Siena. Nel progetto del ministro e delle Fondazioni il risparmio
postale (oltre 100 miliardi di euro) deve diventare il cuscinetto per
permettere di mantenere alto, o persino aumentare, il flusso di li
finanziamenti per la realizzazione d’infrastrutture. La nuova missione della
Cdp è amplissima: «finanziarie operazioni d’interesse pubblico previste dallo
Statuto» e ha ripercussioni forti anche nel settore immobiliare. Il primo
passo sarà l’housing sociale: le fondazioni nel 2008 hanno avviato la
costruzione di case popolari con capitali propri e forniti dalla Cdp, ma nel
corso del 2009 l’attività si estenderà anche al patrimonio esistente. La Cdp
sta istituendo una propria Sgr immobiliare e rimane inattesa dei decreti
attuativi del ministero che definiscano meglio “l’interesse pubblico”, ma di
certo gli immobili ora di proprietà degli enti locali rientreranno nella sua
sfera di attività, visto che già ora opera come consulente nei programmi di
vendita dei comuni é che da quest’anno potrà partecipare con capitali propri
ad operazioni analoghe. Si tratta di un mercato immenso, secondo le stime
fatta da un’apposita commissione d’inchiesta parlamentare nel 2007 circa la
metà dell’intero portafoglio «pubblico” è in mano ai comuni e agli altri enti
locali, con un valore di circa 200 miliardi di euro. Parallelamente, però,
sugli immobili dello Stato centrale dall’estate scorsa il Tesoro aveva avviato
un processo di razionalizzazione degli enti: il presidente di Fintecna,
Maurizio Prato, è diventato il direttore dell’Agenzia del Demanio con il
mandato di completare il censimento dell’intero parco e avviano alla cessione
attraverso Patrimonio spa e Fintecna Immobiliare che dispongono di un
portafoglio immobiliare da 4 miliardi di euro e oltre un miliardo di
liquidità. Risultati buoni, ma che non entusiasmano Tremonti, pronto ad un
nuovo progetto di razionalizzazione e centralizzazione della gestione per gli
immobili. Prato è rimasto fuori dalle discussioni sull’evoluzione
nell’immobiliare di Cdp lasciando intendere clic sta nascendo una diarchia:
all’accoppiata Bassanini-Varazzani i progetti sul territorio, a Prato quella
dello Stato centrale. L’ex presidente di Alitalia ha come principale referente
politico Gianni Letta ed è molto stimato negli ambienti cattolici, quindi è
tutt’altro che un uomo nell’orbita di Tremonti. Ambienti vicini al ministro
prevedono un doppio scenario: o a primavera il rinnovo del cda di Fintecna
vedrà la nomina di un altro fedelissimo o, in caso di conferma di Prato, i
progetti di razionalizzazione del settore penderanno sempre di più a favore
della Cassa Depositi e Prestiti. Varazzani potrebbe trovarsi presto un nuovo
mandato: inglobare Patrimonio Spa, Eur spa e le altre partecipate immobiliari
di Fintecna per costruire una nuova mega società. Un dossier che diventa ancor
più caldo se si considera l’interesse di banche d’affari, società
d’intermediazione e periti che cresce proporzionalmente con il congelamento di
tutte le operazioni private, Con volumi e prezzi in calo tutti stanno cercando
d’indovinare sin da ora l’interlocutore giusto. Per loro è l’unica possibilità
di difendere il giro d’affari, per i cittadini la promessa è la solita, finora
sempre disattesa: trasformare in moneta sonante migliaia di palazzi o
quantomeno trasformali in una fonte di reddito, considerando che, tolti quelli
in uso diretto, gli enti pubblici ottengono dagli affitti rendimenti pari all’
1% del valore. Inoltre, nonostante la spinta dei governi, le regale
favorevoli e la corsa dei prezzi nell’ultimo decennio, le vendite hanno
fruttato allo Stato poco più di 20 miliardi di euro, segno che quel patrimonio
è veramente “immobile” a dispetto degli sforzi di Tremonti.
ItaliaOggi Numero 036
pag. 5 del 12/2/2009
Cala il sipario sull'esperimento Scip
Di Stefano Sansonetti
Tremonti
liquida il veicolo. Al cui indirizzo oggi spuntano 40 società controllate da
fondazioni olandesi
Muore la società che doveva far
cassa cedendo immobili pubblici
Era un fulgido
esempio di finanza creativa. Una di quelle soluzioni esoteriche escogitate per
permettere allo stato di fare cassa cedendo immobili pubblici sul mercato.
Adesso su quell'alchimia racchiusa nell'acronimo Scip, che significa società
cartolarizzazione immobili pubblici, sta per calare il sipario.
Nell'emendamento che ieri il governo ha presentato al decreto legge
milleproroghe, infatti, si prevede la messa in liquidazione del veicolo che,
in doppia edizione, venne lanciato nel precedente quinquiennio dal ministro
dell'economia, Giulio Tremonti. La prima
conseguenza è che tutti i circa 13 mila immobili invenduti, soprattutto in
conseguenza del progetto Scip 2, torneranno nella pancia delle amministrazioni
da cui provenivano, fondamentalmente gli enti previdenziali (Enpals, Inail,
Inps, Inpdap, Ipost e Ipsema). I quali, in sostanza, saranno chiamati a
versare i circa 1,7 miliardi di euro che serviranno a rientrare in possesso
degli immobili e a rimborsare i possessori dei bond emessi nel corso del tempo
dalla società. Eh sì, perché il meccanismo alla base della cartolarizzazione,
fin dalle prime esperienze del 2001, prevedeva innanzitutto che lo stato
passasse alla Scip (che ha la forma giuridica di una srl) gli immobili da
mettere sul mercato. La società veicolo, dal canto suo, pagava allo stato una
tranche del valore degli immobili utilizzando risorse derivanti dell'emissione
di obbligazioni, sottoscritte da banche, istituzioni finanziarie e simili. La
stessa Scip, come ultimo passaggio, provvedeva a rimborsare i bond emessi
attraverso i proventi delle vendite immobiliari. Il marchingegno, in pratica,
funzionava così per permettere allo stato di incassare una sorta di
anticipazione su quella che sarebbe stata una vendita successiva. Il problema
è che gli ingranaggi, così fissati sulla carta, nella realtà hanno funzionato
male. Soprattutto l'esperienza di Scip 2 è stata costellata da intoppi, in
particolare i ricorsi relativi a immobili di pregio e conseguenti cavilli
legali. Da qui la necessità di provvedere a diverse ristrutturazioni per
rimpolpare gli attivi indispensabili a rimborsare i bond della società. Alla
fine della fiera, appunto, ci si ritrova di fronte a circa 1,7 miliardi di
euro che ora gli enti previdenziali, e in ultima analisi il Tesoro, dovranno
far pervenire nelle casse dei possessori di obbligazioni. Soldi che serviranno
per rientrare in possesso degli immobili e, per questa via, a rimborsare un
prestito in scadenza ad aprile, ovvero 475 milioni della classe «B2», più 295
milioni residui della classe «A5» e gli interessi. La cifra, naturalmente,
potrà poi essere recuperata con la successiva cessioni degli immobili, che
questa volta verrà gestita direttamente dagli enti previdenziali. Insomma, il
ministro dell'economia ha deciso di fare suonare il requiem su una delle
creature su cui pure aveva contato molto. Non senza attirarsi osservazioni
critiche. Cosa che avvenne con un certo clamore quando si scoprì che la Scip
era stata costituita con un capitale sociale di 10 mila euro e con un
azionariato diviso in parti uguali tra due fondazioni di diritto olandese, la
Stichting Thesaurum e la Stichting Pallatium. Senza contare che la guida
operativa della Scip venne da subito messa nelle mani di Gordon Burrows, un
cittadino britannico. La situazione, nel corso del tempo, si è andata
arricchendo di altri particolari «nebulosi». Burrows e le fondazioni olandesi
ancora oggi risultano nell'organigramma e nell'azionariato della Scip. Ma nel
frattempo, allo stesso indirizzo della società (via Eleonora Duse 53 a Roma) è
spuntata una quarantina di società immobiliari e finanziarie, tutte
rigorosamente controllate da altrettante fondazioni olandesi. Un florilegio di
srl, dai nomi a dir poco pittoreschi (Macbeth, Lux Finance, Admiral Finance,
Tevere Finance, Eurhom Mortgages, Panacea, Atlantide, Tricolore Funding, Bora
Securitizations e così via), tutte contraddistinte da un medesimo oggetto
sociale. E tutte accomunate dalla partecipazione a un meccanismo che non ha
mai finito di stupire, ma che ha fallito gli obiettivo per i quali era stato
messo in piedi. E così Tremonti ha detto basta.
Il sole 24 ore del
12.02.2009 pag. 23
Conti
pubblici. IL primo sì al Decreto milleproroghe interviene anche sulle
cartolarizzazioni
Scip,
chiusura da 1,7 miliardi
Rimborsati bond
e prestito ponte - Gli immobili tornano agli enti
Di Isabella Bufacchi
Chiude definitivamente i battenti
il prossimo 27 aprile l’operazione Scip2, la più grande cartolarizzazione di
tutti i tempi mai realizzata in Europa continentale (con i suoi bond da 6,69
miliardi, primato riconosciuto al lancio nel 2002), voluta dall’allora
Ministro dell’Economia Giulio Tremonti e costruita sulle vendite programmate
di un portafoglio di oltre 62.800 immobili residenziali e commerciali di sette
enti previdenziali. Sarà Smantellata in quella stessa data anche Scip 1,
securitization gemella con bond emessi nel 2001 per 2,1 miliardi, tutti
rimborsati con immobili ancora in vendita. In tutto una liquidazione 1,7
miliardi. E questa la maxi-operazione di “pulizia” introdotta al foto-finish
nel decreto milleproroghe (207 del 2008), approvato ieri all’Aula del Senato
con la “blindatura” del voto di fiducia. Ora il testo — che contiene, tra
l’altro, anche il nuovo calendario per presentare le dichiarazioni dei redditi
— passa alla Camera. La liquidazione della società veicolo Scip (scatola vuota
che ha acquistato gli immobili dagli enti con l’incasso del collocamento dei
bond) avverrà con un meccanismo complesso: 1) rimborso integrale delle due
obbligazioni Scip2 in circolazione per 770 milioni e del prestito ponte da 925
milioni servito nel 2005 ristrutturare Scip 2) acquisto da parte degli enti
degli immobili invenduti (28mila, valutati2,1-2,2 miliardi) acquistandoli da
Scip e pagando 1,7miliardi: come? Secondo fonti bene informate, attingeranno
dalla cassa extra di Scip1, cioè quel che resta degli incassi dalla
dismissione degli immobili dopo il rimborso dei bond. Lo smantellamento di
Scip può considerarsi un atto dovuto, comunque voluto anche questa volta dal
ministro Tremonti: la dismissione degli immobili degli enti previdenziali, già
lenta alla partenza in questa operazione macchinosa e di dimensioni al limite
dell’ingestibilità, ha subito di recente un ulteriore rallentamento, per la
crisi del mercato immobiliare e della recessione. Gli incassi di Scip sono
stati talmente modesti da non consentire alla società-veicolo il rimborso dei
due bond in circolazione, nelle scadenze attese e previste dal mercato: la
tranche da475milionilo scorso 26 gennaio, la tranche da 295,7 milioni il 26
ottobre 2oo8. Il mancato rimborso ha fatto scattare la clausola cosiddetta
step-up: un premio, una maggiorazione (per non chiamarla penale) sulle
prossime cedole pari al raddoppio del margine sull’Euribor (da 20 a 40 e da 48
a 96 centesimi di punto percentuale). Scip2 insomma è divenuta quindi costosa
in termini di oneri sugli interessi, mentre il prezzo del immobili
residenziali, ma sopratutto commerciali, si è sgonfiato per via di un mercato
immobiliare in contrazione, per la crisi del credito e dell’economia. La
relazione che accompagna il provvedimento cita «l’eccezionale crisi
economica», le condizioni del mercato immobiliare «non favorevoli», «gli
elevati costi di provvista delle banche» e valuta come altamente improbabile
la possibilità di rifinanziare a condizioni economiche competitive il debito».
Scartata l’opzione di un nuovo prestito-ponte, la chiusura di Scip è stata
decisa in un’ottica di massimizzazione di valore del portafoglio immobiliare.
Il milleproroghe delinea alcuni passaggi chiave per gli enti: portare a
termine le vendite dell’optato (le procedure in corso), occuparsi del contenzioso sugli Immobili di
pregio in via transattiva (uscire
dalle cause con alta probabilità di perdita, come è avvenuto di recente a
Napoli senza concedere un “condono generalizzato”). Infine gli
enti potranno sezionare gli immobili residui, per aree geografiche o per tipo
di unità, e usarli per la costituzione di fondi immobiliari. Sotto la
supervisione del ministero del Welfare.
PUNTO 2 - Scip sarà liquidata,
rimborso titoli atteso ad aprile
mercoledì 11 febbraio 2009 16:30ROMA/MILANO,
11 febbraio (Reuters) - Sarà messa in liquidazione Scip, la società
veicolo per le cartolarizzazioni degli immobili di pubblici e verranno
rimborsati prima della loro scadenza legale i titoli Scip 2 ancora in
circolazione. Lo prevede il maxiemendamento che il Governo ha presentato nella
tarda serata di ieri al decreto legge Milleproroghe, sul quale oggi l'aula del
Senato ha votato la fiducia. Lo riferiscono due fonti vicine alla situazione.
"La società Scip per la cartolarizzazione degli immobili pubblici viene
liquidata", ha riferito una fonte. "Verranno utilizzati i fondi della cassa di
Scip 1 per liquidare il debito esistente in capo alla Scip 2", dice un'altra
fonte. Il debito è costituito da titoli derivanti da cartolarizzazioni per
poco meno di 800 milioni di euro e dal prestito di 800 milioni garantito dallo
Stato.In particolare, per quanto riguarda i titoli ancora in circolazione per
Scip 2, si tratta di circa 300 milioni di euro residui della classe A5 e di
475 milioni della classe B2, entrambi con scadenza legale aprile 2025. Secondo
una delle fonti i titoli saranno rimborsati alla prossima data di pagamento
degli interessi, il 26 aprile, alla pari. "I titoli dovrebbero essere
rimborsati alla prossima interest payment date", ha detto la fonte. La
liquidazione, spiega il testo del maxiemendamento, avviene "in considerazione
dell'eccezionale crisi economica internazionale e delle condizioni del mercato
immobiliare e dei mercati finanziari". Gli immobili rimasti invenduti
torneranno in capo agli enti previdenziali originariamente proprietari che
potranno venderli direttamente. Dopo il via libera del Senato il decreto
Milleproroghe passerà ora all'esame della Camera per quella che probabilmente
sarà l'ultima lettura.
MERCOLEDI' 11 FEBBRAIO 2009
Scip2: 6 anni di calvario per la
cartolarizzazione monstre
(Il Sole 24 Ore
Radiocor) -
Roma, 11 feb - Scip chiude e con
lei va in soffitta anche la stagione della finanza creativa applicata al boom
immobiliare. La decisione di mettere un punto alla lunga serie di ritardi,
intoppi e ristrutturazioni che ha accompagnato le operazioni targate Scip (e
soprattutto Scip2) ha preso forma con un emendamento del Governo al decreto
milleproroghe, approvato dal Senato e ora all'esame della Camera. Vi si
stabilisce, alla fine di una complessa procedura di rimborso, la liquidazione
della societa' incaricata di vendere gli immobili ancora nella pancia di
Scip2, la seconda cartolarizzazione degli immobili pubblici lanciata dal
Tesoro alla fine nel 2002: ultimo atto di un calvario durato poco piu' di sei
anni. A differenza di altre operazioni di finanza creativa (come le affidabili
cartolarizzazioni dei crediti contributivi
Inps), Scip2 - operazione monstre da 6,6
miliardi - ha sempre avuto una vita difficile. Frenata da ricorsi sugli immobili di pregio e
da cavilli legali, Scip2 ha dovuto sopravvivere a un difetto imperdonabile per
le cartolarizzazioni: la lentezza delle procedure di vendita dagli immobili,
ovvero degli attivi posti a garanzia dei titoli e dalla cui vendita sarebbero
dovute arrivare le risorse necessarie per il rimborso dei bond emessi. Per
fare fronte ad carenza di fondi divenuta cronica nel corso degli anni erano
state necessarie altre due ristrutturazioni. La prima nella primavera del 2004
quando, per rimborsare la prima tranche in scadenza fu necessario un prestito
bancario da 800 milioni di euro con tanto di garanzia delle Stato. Per evitare
il ripetersi della situazione il Tesoro decise di procedere a una
ristrutturazione radicale. Cosi' nel 2005 Via XX Settembre porto' a termine
una nuova emissione per complessivi 4,6 miliardi di euro destinati a
rimborsare i vecchi titoli sulla base di un nuovo piano di vendite degli
immobili, piu' coerente con l'oggettiva difficolta' della procedura di
dismissione. Le vendite in realta' hanno continuato a precedere a rilento e al
di sotto dei target, pur rivisti al ribasso, fissati dal business plan. Cosi',
con la minaccia del downgrade agitata dalle agenzie di rating, il Tesoro ha
deciso un nuovo intervento. A giugno 2008 e' stata spedita una lettera alle
banche per sollecitare un intervento di ristrutturazione globale
dell'indebitamento in capo a Scip. Viene individuato un primo gruppo di banche
ma il fallimento di Lehman Brothers, inizialmente selezionata, allunga i
tempi. A ottobre arriva la scelta definitiva: saranno 4 banche (Ubs,
Deutsche Bank, Citigroup e
Mediobanca) a seguire una ristrutturazione che deve fare i
conti con tempi divenuti strettissimi. Ad aprile c'e', infatti, la scadenza
del prestito da 800 milioni contratto nel 2003. Intanto i ritardi accumulati
iniziano ad avere un costo: tra ottobre e gennaio, il mancato rimborso delle
due tranche 'A5' e 'B2' alla scadenza attesa (non quella legale) provoca un
aumento delle cedole da pagare.
Oggi infine la decisione del Tesoro
che avoca a se' la soluzione delle vicenda e sfila dalle mani delle banche
l'onere della ristrutturazione. Una decisione, quella del Tesoro, che
assomiglia a una marcia indietro. Gli immobili ancora invenduti (circa
13mila), secondo la norma passata oggi in prima lettura, tornano agli Enti
previdenziali (che si occuperanno della dismissione) e Scip viene posta in
liquidazione. A dare i soldi a Scip per pagare i possessori dei bond abs
saranno gli Enti o, in subordine, il Tesoro. In totale si tratta di circa 1,7
miliardi di euro che serviranno a rimborsare il prestito in scadenza ad
aprile, i 475 milioni della Classe 'B2', i 295 milioni residui della Classe
'A5' e gli interessi. Cel-Y- (RADIOCOR) 11-02-09 18:12:44
IL MONDO
Data 13-02-2009 Pagina 16 IMMOBILI PUBBI1CI TRAMONTA L’EPOCA DELLE
CARTOLARIZZAZIONI
Scip, voglia di liquidare tutto
(di Andrea Ducci)
In Senato spunta una proposta per
azzerare le emissioni. E restituire i patrimoni agli enti
Il blitz è stato tentato.
L’intento di chiudere definitivamente la stagione delle cartolarizzazioni
targate Scip i e Scip 2 fa di nuovo capolino all’indomani del mancato rimborso
da parte del Tesoro dei due bond ancora in circolazione dopo la securitization
di 70 mila unità immobiliari varata nel 2002. Nel faldone degli emendamenti al
Milleproroghe in commissione Bilancio al Senato è, infatti, spuntata una
proposta per azzerare tutto. In pratica, una mossa con cui mettere in
liquidazione il veicolo Scip e restituire agli enti gli immobili non venduti.
I soldi ottenuti sarebbero poi serviti a ripagare i titoli in circolazione
classe A5 e classe B2 (totale 775 milioni di Euro) più gli 800 milioni di euro
che il ministero si è fatto prestare nel 2004 da Depfa e Banca Opi a fronte dì
una garanzia diretta dello Stato. Impegni che scadevano rispettivamente in
ottobre e in gennaio scorso e che per ora non sono stati rimborsati. A
suggerire la soluzione, non andata a buon fine visto che l'emendamento è
scomparso dal faldone, è stato il senatore del Pdl Giuseppe Esposito.
Che in 12 commi ha riassunto e fissato gli step da affrontare per chiudere la
travagliata partita di. Scip. Un meccanismo liquidatorio e sbrigativo
avrebbe ritrasferito i 13 mila immobili non ancora venduti dal consorzio
incaricato della cessione ai loro proprietari originati, cioè gli enti
previdenziali (Enpals, Inail, lnpdai, Inps, Ipost e Inpdap). A questi ultimi
sarebbe toccato, dunque l’onere di riprenderseli indietro versando a Scip
entro il prossimo 31 marzo una provvista necessaria a restituire i soldi delle
obbligazioni emesse sul mercato, il prestito ponte e i costi relativi a Scip2.
Totale oltre 1,5 miliardi di euro che gli enti avrebbero dovuto trovare a
tambur battente. Nel caso in cui i soldi non fossero bastati a coprire la
differenza ci avrebbe pensato il ministero dell’Economia di Giulio Tremonti.
Pantalone avrebbe, insomma, garantito per tutti. E le coperture? Semplice: il
ministero avrebbe venduto altri immobili tramite l’Agenzia del demanio. Una
formidabile operazione di finanza strutturata, ma questa volta per smantellare
pezzo dopo pezzo quanto fatto con le operazioni del 2001 e del 2002, è il
commento ironico dal ministero di Via XX Settembre. Ora che il blitz è
fallito, ma non è escluso che il resto venga ripresentato rimaneggiato e
riformulato, resta per il ministero dell’Economia la necessità di fare fronte
agli obblighi già scaduti. Le agenzie di rating hanno fissato al 2025 il
termine legale peri titoli che nelle settimane scorse avevano la cosiddetta
scadenza attesa. Il default è quindi scongiurato. L’obiettivo è procedere con
le vendite e rimborsare entro l’estate i titoli classe A5 e poi, a partire da
luglio 2009, avviare la restituzione della classe B2. Il ritardato pagamento
ha già fatto scattare un aumento del tasso di interesse sul prestito, ma il
meccanismo era stato strutturato con i tassi del 2005 e quindi il recente
taglio dei costo del denaro consente al ministero dell’Economia di cavarsela
con un costo aggiuntivo ritenuto non significativo. Sempre che un nuovo
emendamento al Milleproroghe non abbia la meglio e rimetta tutto in gioco.
Econonomy
del 28-01-2009
Adesso la Scip2 resta
immobile(di Ilaria Molinari)
Cattiva gestione e sfavorevole momento di mercato
ostacolano ancora la vendita del mattone di Stato. Che pensa di restituirlo
agli enti previdenziali.
La cattiva gestione da parte del
consorzio guidato da Fintecna e il pessimo momento di mercato hanno messo in
crisi la vendita degli immobili pubblici ceduti dallo Stato a Scip2. la
Società per la cartolarizzazione degli immobili pubblici. Lo scorso giugno, in
base agli ultimi dati disponibili sul sito del ministero dell’Economia, erano
stati ceduti immobili per 3,4 miliardi di euro. il 30,6% in meno rispetto alle
previsioni del business plan che prevedeva incassi per 4,9 miliardi. E fonti
vicine all’operazione fanno sapere che anche nei mesi successivi la situazione
non è cambiata. Con l’incasso dalle dismissioni, il ministero dell’Economia
guidato da Giulio Tremonti avrebbe dovuto rimborsare le tranche di
obbligazioni emesse da Scip2 aventi a garanzia la vendita degli edifici
stessi. Senza incasso. non è possibile rimborsare gli investitori tra cui
compare anche lo Stato, che ha comprato le emissioni di qualità peggiore e,
quindi, più rischiose. Il problema c’è e ora i dirigenti del ministero
vogliono vederci chiaro, capire quanto veramente è ancora possibile portare a
casa dall’operazione e anche di chi sono le responsabilità della mala
gestione. Per far questo è stato dato mandato a Mediobanca di
capire se ci sono gli estremi per una ristrutturazione di Scip2, allo
studio legale DS&P per la due di ligence legale e alla società di
cunsulenza Reag per capire il reale valore degli immobili invenduti. E
qualora non ci fossero gli estremi per proseguire con la vendita, il Tesoro
non esclude di restituire gli edifici agli enti previdenziali. Il
prospetto di Scip2 non prevede questa possibilità che, per essere messa in
pratica, avrebbe bisogno di un’apposita norma da approvare, magari sotto
forma di decreto legge. Resterebbe, però, il problema del rimborso degli
investitori che hanno comprato i titoli legati a Scip2. In realtà, le scadenze
delle singole tranche possono essere rinviate fino al 2025 pagando delle
penali. Il nodo maggiore da risolvere, a questo punto, sarebbe la
rinegoziazione del debito sulle spalle di Scip2: alle ultime due tranche di
obbligazioni in scadenza nel 2009 (1,3 miliardi di euro) si sommano 800
milioni di prestito-ponte ottenuto nel 2005 da un pool di banche per
rimborsare parte dei bond in scadenza nel 2006. Quando già gli incassi delle
vendite non riuscivano a procedere secondo i tempi. A garantire l’esposizione
non potrà che essere lo Stato, che cumulerà nuovi debiti a vecchi debiti.
Cambiano i Governi ma, della
Scip S.r.l. sembra proprio che nessuno voglia occuparsene facendo gli interessi
dello Stato.E’ ormai da luglio che và
avanti la storia della ristrutturazione dei titoli di debito di Scip2:
l’operazione di cartolarizzazione immobiliare più grande mai realizzata in
Europa (avviata nel 2002 dallo stesso Ministro Tremonti) che a distanza di ben
sei anni non si è ancora conclusa, sta risultando costosissima (più di 1,3 Mld
solo fino al 31/12/2007) e non ha rispettato nemmeno il rimborso dei titoli
scaduti ad ottobre 2008, con la conseguenza di creare un’ulteriore aggravio di
interessi passivi (aumentati da + 0,20% a + 0,40% sull’ Euribor) dovuti ai
Soggetti che avevano acquistato quei Titoli sulla Borsa del Lussemburgo.Nel mese di luglio il Ministero
aveva chiesto aiuto ad un pool di Banche tra cui la Leman & Brother, poi
fallita, per predisporre un piano di fattibilità non sapendo come far fronte al
rimborso dei titoli in scadenza e visto il continuo e deludente rallentamento
degli incassi derivanti dalle vendite del portafoglio immobiliare di Scip2.Siamo arrivati a novembre e si sa
solo che del pool di Banche faranno parte
Ubs,
Deutsche Bank,Mediobanca e Citigroup.Sembra proprio che il Ministero
non voglia più occuparsi direttamente di questa vicenda di cui è stato se non
l’artefice, certamente lo sponsor ed il garante.Ma perché chiedere aiuto alle
Banche quando in realtà il Ministero è contemporaneamente creditore della Scip
S.r.l. per l’altra operazione di cartolarizzazione (SCIP 1) e di cui ha
ereditato il TESORETTO???Stranamente questo Tesoretto
che al 31 dicembre 2007 ammontava a circa 1,3 Mld giace sui conti correnti
intestai a SCIP 1e non viene messo all’incasso dal Ministero.Perché??? Non si potrebbe riscuoterlo ed
utilizzarlo per pagare definitivamente le obbligazioni di SCIP 2 ??? C’è bisogno di chiedere uno
“studio di fattibilità” ad un nuovo consorzio di Banche??? Perché non si inizia a
ragionare su una soluzione semplice semplice per non alimentare ulteriori
sprechi???Ancora una volta Gatta ci cova!
PRESS RELEASE:
Fitch Affirms SCIP; B2 Off RWN;
Outlook Negative
Fitch Ratings-London-07 November 2008: Fitch Ratings
has Friday affirmed Società
Cartolarizzazione Immobili Pubblici Srl 2's (SCIP2) commercial mortgage-
backed floating-rate notes due 2025. The Class B2 is removed from Rating Watch
Negative (RWN) and assigned a Negative Outlook.
EUR455.2m Class A5 (IT0003837074): affirmed at 'AAA'; Outlook
NegativeEUR475m Class B2 (IT0003837082): affirmed at 'AA-' (AA minus); off RWN;
Negative Outlook assigned
The
removal of the RWN on Class B2 notes reflects that the further deterioration
in residential sale prices seen earlier when it was placed on RWN in April
2008 appears, as of the last investor report dated 21 October 2008, to have
been an isolated case. Today's rating affirmation follows a review of the
portfolio performance to 30 September 2008 and a credit analysis of the
residual portfolio. Although lower-than-expected collections and sale prices
for the tenanted residential units persist, achieved sale prices for the
residential portfolio have stabilised in the past two quarters at
approximately EUR85,000 per unit.
Overall, cumulative collections of EUR3,684.7m continue to fall below the
issuer's business plan as well as Fitch's base case, as the portfolio is
affected by various difficulties. Whereas the average prices on commercial
assets recorded an increase, this has been more than offset by the decreasing
number of units disposed (36 during the last quarter). The portfolio also
continues to experience unexpected complications due to litigation over the
identification of the prime residential (pregio) assets undertaken by the
current occupiers, which is delaying the sale of these units. As far as Fitch
is aware, of the cases in litigation, the majority are resolved in favour of
the issuer, leading however to a further time lag between the expected
disposal date and the effective one. Finally, issues related to the disposal
of certain residential blocks, given the secondary nature and location of the
housing involved and delays in the completion of pre-sale stages for some
commercial assets have also hampered the disposal process.
Fitch believes that the delays in completing the pre-sale stages for the
commercial portfolio are likely to cause further delays in the disposal plan.
Following an examination of the current portfolio under auction, the agency
believes that the achievable sale price for the portfolio's commercial units
is likely to be lower than the recorded performance so far, due to the nature
of the residual portfolio. However, notwithstanding the aforementioned
complications and likely delays in collections, Fitch's stressed projections
are in line with the current ratings.
In
the SCIP 2 transaction, the Republic of Italy ('AA-/F1+') securitised the
proceeds from the disposal of over 62,000 residential and commercial real
estate assets which were sold to the issuer by several public entities.
Fitch will continue to monitor the performance of the transaction. Updated
surveillance information and the new issue report can be found on the agency's
public website, www.fitchratings.com.
(END) Dow Jones Newswire Copyright (c) 2008 Dow Jones & Company, Inc.
Scip 2, banche lavorano su ristrutturazione, occhi su bond
mercoledì 5 novembre 2008 17:57
MILANO, 5 novembre (Reuters) -
Comincia ora il lavoro di Citigroup, Deutsche bank, Mediobanca e Ubs, le
banche scelte da Scip per per analizzate l'andamento della cartolarizzazione
sugli immobili pubblici Scip 2. La securitisation è in difficoltà da lungo
tempo e già prima dell'estate era emersa la necessità di studiarne lo stato
dell'arte per trovare rimedi al calo degli introiti, ma i problemi innescati
dalla crisi finanziaria hanno allungato i tempi della decisione.A fine
ottobre, però, il veicolo non ha potuto rimborsare i 455 milioni restanti
della classe A5 alla scadenza attesa e il rischio è di mancare il pagamento
alla expected maturity anche per i 475 milioni della classe B2."In questi
giorni c'è stato l'affidamento ufficiale dell'incarico alle quattro banche
perchè studino l'andamento della securitisation e perchè avanzino proposte per
la ristrutturazione" dice una fonte di mercato."Agli istituti sarà chiesto di
studiare, tra i punti critici dell'operazione, anche l'avvicinarsi della
scadenza del prestito da 800 milioni di euro concesso al veicolo e garantito
dallo Stato" dice un'altra fonte.Il mancato rimborso dei titoli alla scadenza
attesa provoca l'aumento delle cedole che vengono pagate agli investitori,
incrementando i costi che deve sostenere Scip. In aggiunta, nell'aprile 2009
verrà a scadere il prestito concesso con la garanzia dello Stato, subordinato
al rimborso del capitale sui titoli di classe A5 e B2. Se ad aprile Scip 2 non
avrà liquidità per rimborsare il prestito, gli 800 milioni diventeranno debito
dello Stato.L'ultimo rapporto agli investitori, pubblicato lo scorso 21
ottobre, indica introiti incassati nel terzo trimestre dell'anno per 132
milioni di euro, di cui 119 milioni derivanti dalle vendite. Le entrate in
arrivo dalle vendite sono pari all'82,4% del business plan su base trimestrale
e 67,8% del business plan su base cumulativa.
MF Numero 216 pag. 10 del 30/10/2008
Scip ed Enasarco rimuovono le macerie di Lehman Brothers
Denaro & Politica
Si cominciano a rimuovere le macerie del crollo di Lehman Brothers.
Il ministero dell’economia si appresta infatti a sostituire la banca
d’affari americana nel consorzio di ristrutturazione Scip2. Secondo l’agenzia
Radiocor, il pool di banche a cui starebbe pensando via XX settembre è
composta da Ubs,
Deutsche Bank,
Citigroup e
Mediobanca. In
attesa della ristrutturazione, Scip2 è diventata un’operazione più costosa per
le casse della società veicolo Scip: lo scorso 27 ottobre la Classe A5 ha
superato il termine atteso per il rimborso questo si è tradotto in un aumento
della cedola, che vede raddoppiare il suo margine sull’Euribor da 20 a 40
punti base. Intanto la Fondazione Enasarco ha dato incarico a Credit
Suisse di operare in relazione all’obbligazione da 780 milioni di euro
derivante dall’operazione di ristrutturazione del portafoglio iniziata durante
il commissariamento e finalizzata nel mese di novembre 2007. E questa
obbligazione era in precedenza garantita proprio da Lehman Brothers. Le linee
guida della Fondazione prevedono, in una prima fase, il trasferimento
immediato della titolarità dell’obbligazione Anthracite a Credit Suisse. In
questo modo la banca potrà effettuare la chiusura di tutti i rapporti
contrattuali esistenti in capo ad Anthracite con le controparti del gruppo
Lehman e con i terzi. In questa fase Credit Suisse fornirà una garanzia del
capitale a scadenza a condizioni analoghe a quelle precedentemente offerte da
Lehman. Successivamente, proseguirà la selezione delle banche che
effettueranno la vera e propria ristrutturazione dell’investimento. Questa
sarà caratterizzata dal trasferimento degli asset di Anthracite in nuove
obbligazioni a capitale protetto, stipulate con più di una banca, in modo da
realizzare una maggiore diversificazione delle garanzie. In base a queste
modalità, la Fondazione Enasarco minimizzerà i rischi di credito.
03 Ott 2008 16:04
Scip2: tutti i big del credito in corsa per ristrutturare i bond -2-
(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Roma, 03 ott - La ristrutturazione, come si
legge nel bando, dovra' riguardare il debito in capo alla societa' veicolo
Scip e che e' composto, complessivamente, dall'importo residuo relativo
alla Classe A5 da rimborsare (pari a 790 milioni di euro circa),
dall'importo relativo alla Classe B2 pari a 475 milioni di euro e al
prestito ponte da 800 milioni di euro garantito nel 2004 da Depfa e Banca
Opi con garanzia diretta dello Stato. In tutto si tratta di poco piu' di 2
miliardi di euro in scadenza tra ottobre 2008 (Classe A5), gennaio 2009
(Classe B2) e aprile 2009 (prestito ponte da 800 milioni). La lettera
prevede la selezione di una banca e di un gruppo di banche (anche
successivamente consorziate) che dovranno porre in essere interventi al
fine di 'ottimizzare la performance dell'operazione nel suo complesso,
considerate le attuali tempistiche attese di rimborso del debito, inclusi
i finanziamento garantiti dallo Stato ed anche alla luce dello stato
attuale del processo di dismissione del patrimonio immobiliare'. Le
offerte, precisa il bando, dovranno essere 'ferme e vincolanti per un
periodo di 45 giorni'. Cel
Scip2: Lehman
fallisce, nuova lettera a banche per ristrutturare bond
Il Sole 24 Ore (Radiocor) -
Roma, 29 set - Il fallimento di Lehman Brothers allunga i tempi per la
ristrutturazione di Scip2. Secondo quanto risulta a Radiocor, infatti, la banca
americana faceva parte, insieme a Ubs e Deutsche Bank, del pool di banche che la
scorsa estate era stato selezionato, informalmente, per ristrutturare la seconda
cartolarizzazione degli immobili pubblici voluta dal Tesoro. Il default di
Lehman dello scorso 15 settembre ha rimescolato le carte e costretto a riaprire
il bando. Conseguenza: venerdi' scorso una nuova lettera e' partita dalla
societa' veicolo riattivando da capo la procedura di selezione. Cel-Y-
Scip 2, Moody's conferma rating, problemi struttura rimangono
giovedì 11 settembre 2008 13:16
MILANO, 11 settembre (Reuters)
- Moody's Investors Service conferma i rating sui seguenti titoli emessi da
Scip 2 nell'ambito della cartolarizzazione degli immobili pubblici:* Aaa per
la classe A5, 2,895 mld euro, scadenza 2025;* Aa3 per la classe B2, 475 mln,
scadenza 2025. Lo si legge in un comunicato.Secondo l'agenzia, che dopo il
declassamento dei titoli B2 nel dicembre 2007 oggi ha rivisto nuovamente le
proprie aspettative sugli introiti dell'operazione, "i problemi strutturali
presenti nella transazione non sono cambiati" con la ristrutturazione
dell'aprile 2005."In sintesi, mentre l'underperformance dell'operazione
rispetto al business plan è prolungata e acuta e la qualità del portafoglio
rimanente è esporta a un processo di 'selezione avversa', la performance
dell'operazione è all'interno delle aspettative riviste nel dicembre 2007"
dice Moody's per giustificare la conferma dei rating.L'agenzia nota, comunque,
come la struttura dei titoli preveda una clausola step-up per la cedola delle
due classi di Abs nel caso in cui i titoli non vengano rimborsati alle
scadenze attese, rispettivamente ottobre 2008 (A5) e gennaio 2009 (B2),
indicando che, anche sotto le nuove ipotesi più pessimistiche, la scadenza
legale dei titoli dovrebbe essere rispettata senza problemi.
Tesoro,
Scalera
guiderà nuova direzione patrimonio pubblico
MILANO, 27 agosto (Reuters) - Il recente round di nomine al ministero
dell'Economia riporta Stefano Scalera a via XX Settembre dove guiderà una
nuova direzione del dipartimento del Tesoro. Lo riferiscono a Reuters alcune
fonti.
"Scalera sarà a capo
della nuova direzione per la valorizzazione dell'attivo e del patrimonio
pubblico" dice una delle fonti.
Secondo quanto
previsto dal riordino del ministero dell'Economia varato a gennaio
dall'ex-ministro Tommaso Padoa-Schioppa, la nuova direzione dovrebbe occuparsi
della valorizzazione dell'attivo e del patrimonio pubblico con l'obiettivo di
massimizzare i proventi relativi alla gestione del patrimonio, anche
immobiliare, degli enti pubblici. Nella nuova direzione
confluiranno, quindi, anche le attività relative alla gestione delle
cartolarizzazioni.
Per la nascita ufficiale della nuova direzione manca ora il decreto che attui
il regolamento varato da Padoa-Schioppa.
Il Sole 24 Ore del 01-07-2008
Minacce di declassamento da parte di Fitch sui rating
dei due bond in circolazione
Il Governo riscrive « Scip2 »
Lettera alle banche: la cartolarizzazione degli immobili va rivista
di Isabella Bufacchi
Non è l’avvio di
una nuova «ristrutturazione» di Scip2 ma più semplicemente la ricerca di un
«piano di fattibilità», un’analisi puntuale sull’andamento degli ultimi due
bond in circolazione della maxi-cartolarizzazione sulle vendite di oltre
44.000 immobili residenziali e commerciali di sette enti previdenziali.Serve insomma una previsione
su come dovrebbe andare la performance delle vendite nei prossimi mesi per
rispettare il rimborso dei titoli nelle scadenze attese e promesse dal Tesoro,
ottobre 2oo8 e gennaio2009. È questo il tenore
della lettera inviata nei giorni scorsi a un gruppo di banche dalla società
veicolo Scip2 (Società cartolarizzazione immobili pubblici srl) che
nell’aprile 2005 ha emesso due maxi-bond in un’operazione salvataggio della
cartolarizzazione emessa nel dicembre 2002 per la vendita di immobili
residenziali e commerciali degli enti previdenziali. Se l’allarme rosso al
Tesoro a oggi non è scattato, resta il fatto che SCIP2 continua a non
funzionare a dovere: i titoli in circolazione classe A5 e classe B2 per un
importo residuo di 1,265 miliardi dovrebbero essere rimborsati nell’ottobre
2008 e nel gennaio 2009. Ma gli incassi dalle dismissioni delle unità
commerciali sono più bassi del previsto mentre sul fronte residenziale i
contenziosi sugli immobili di pregio continuano a rallentare il programma
delle vendite. Le banche
contattate dalla società hanno avuto tempo fino a ieri per inviare le risposte
proposte: quattro giorni lavorativi e un week-end. I malumori però non sono
mancati: «La delicatezza e la complessità dell’intervento su Scip2 è tale da
richiedere più tempo per poter mettere a bene fuoco la situazione», si è
lamentato un banchiere, secondo il quale la documentazione allegata alla
lettera era scarsa. Altri intermediari hanno tentato comunque di interpretare
la richiesta di “analisi” avanzata dalla società veicolo, dietro la quale
inevitabilmente si muove il Tesoro: ma ieri sera non era ancora chiaro se la
panacea per i mali di Scip2 fosse stata trovata.La storia di
questa cartolarizzazione è tutta scritta a tinte nere nei rapporti agli
investitori che puntualmente hanno deluso le aspettative. Due i punti deboli:
il programma delle vendi te è andato a rilento, in ritardo rispetto alla
tabella di marcia. E gli incassi sono stati inferiori alle aspettative. I
flussi di cassa generati dal portafoglio di immobili alienati, flussi che
vengono utilizzati per pagare gli interessi dei bond, le quote capitale e il
rimborso alla scadenza, non sono stati all’altezza della situazione: anche a
causa di nuove leggi a danno della cartolarizzazione.Le agenzie di
rating tengono sotto osservazione Scip 2 fin dalla nascita: sono state vigili
guardiani della performance del portafoglio cartolarizzato. Per Standard&Poor’s
e Moody’s, secondo fonti del Tesoro, l’allarme ora non c’è. Per contro
l’ultimo rapporto di Fitch è severo: lo scorso 29 aprile l’outlook con
un’ottica di medio-lungo periodo sulla “AAA” della tranche A5 (in circolazione
per 790 milioni di euro) è stato modificato da “stabile” a “negativo’, mentre
la “AA-” dei bond “B2” (in circolazione per 475milioni) è stata posta in
rating watch negative, che equivale a una minaccia di declassamento imminente
o di breve periodo. Gli analisti di Fitch hanno denunciato «il calo degli
incassi» che è sceso al di sotto delle previsioni dell’agenzia di rating e
anche di quelle dell’emittente. Nel febbraio del 2007, Fitch aveva già
declassato i bond dell’emissione più piccola dalla “AA” alla “AA-’. Nel dettaglio,
come si legge nell’ultimo rapporto di Fitch, dalla data della ristrutturazione
di Scip2 e cioè dall’aprile del 2005 l’importo della vendita di immobili e la
rendita da affitti è stato nani a “solo” 3,442 miliardi di euro. Nel primo
trimestre 2008, gli incassi sono calati a 231,4 milioni rispetto alla media
trimestrale del 2007 pari a 297,7 milioni. «La performance recente ha
continuato a mostrare un trend in peggioramento», ha tagliato corto Fitch.
Quotidiano on line: ragionpolitica.it
Per una politica finalmente riformista sulla casa
di Salvatore Sechi - 22 maggio 2008
Dalla prima Repubblica in
avanti, senza soluzioni di continuità, la gestione del patrimonio pubblico da
parte degli enti previdenziali è ispirata ad una logica quasi sovietica.
Inps, Inpdap, Inail ecc. dispongono di una catena di organi di vigilanza,
direzione, contenzioso, coordinamento, gestione del patrimonio che assomiglia
ad una rendita di posizione. Malgrado l'esistenza anche di preziose
competenze, essi ospitano una manomorta di personale elevata al ruolo di
manager con stipendi che sono più del doppio di quelli
dei professori universitari alla fine della carriera. Il valore di mercato
dell'amministrazione di questi enti è dato dalla capacità di creare reddito.
Non sono mai stati in grado di far rendere l'enorme patrimonio immobiliare
pubblico più del 2%. La magistratura della Corte dei Conti, quasi mai
consultata preventivamente, è stata implacabile nel denunciare abusi e
deficienze. Giulio Tremonti, sei anni fa, decise di fare piazza pulita
alienandolo con un massiccio programma di cartolarizzazioni. L'andamento delle vendite
nel primo trimestre del 2008 è arrivato in parlamento mentre si disfaceva in
un letto di bambagia il governo Prodi. La relazione presentata a
deputati e senatori mostra un clamoroso declino delle vendite e degli affitti:
dai 331 milioni di euro del primo trimestre del 2007, sono precipitati a 168.
Restano da vendere circa 17.388 unità, il che significa che oltre il 72% del
portafoglio di immobile iniziale (ammontava a 62.880) è stato venduto. Non è
un grande risultato, ma Padoa-Schioppa ha calcolato che il valore
dell'invenduto si aggirerebbe intorno ai 2,8 miliardi di euro. La
sostenibilità finanziaria dell'operazione sembra assai incerta, se si tiene
conto di quanto lievitano i costi di un'idrovora come la Scip2. Basta qualche
dato sulle voci di costo: come i 689 milioni di euro di interessi pagati dalla
Scip Srl agli investitori, i 385 milioni di interessi derivanti dal contratto
Swap, o i 656 milioni di minor incasso introitato dalla Scip Srl per la
restituzione delle somme maggiormente corrisposte dagli altri inquilini
rispetto ai prezzi del 2001. Né si può dimenticare l'incidenza che hanno i
ritardi nell'andamento degli incassi.Ormai l'invenduto coincide
in gran parte con l'abusivismo delle aree urbane marginali (la polpa
dei centri storici, cioè a maggiore valore commerciale, è già stata alienata).
Proprio gli edifici ivi collocati sono oggetto di un tenace contenzioso
giudiziario. Da una parte per via del degrado che non di rado li caratterizza,
dall'altra parte per gli alti prezzi con cui vengono offerti rispetto a
quelli, sensibilmente più bassi, del mercato nel 2001 (presi a riferimento
dalla legge 104/2004). Per non parlare della disparità (fino al 45% del valore
commerciale!) di trattamento tra i cittadini, le cui abitazioni distano poche
decine di metri dal centro storico. Il governo Berlusconi non
può trascinarsi dietro, come un'enorme macina al piede, questa situazione che
gli impedirebbe di varare un impegnativo programma di ripresa dell'attività
edilizia per venire incontro alle esigenze delle giovani coppie e delle
famiglie dei cittadini extra-comunitari. La soluzione più efficace per fare
cassa, ma anche più equa, è quella di alienare l'invenduto praticando uno
sconto del 30% sui prezzi di offerta. Si tratta del valore che viene
normalmente riconosciuto a chi acquista un immobile occupato come sono quelli
detenuti dagli inquilini degli enti ex-previdenziali. In questo modo non
verrebbero sanate le discriminazioni e diversi trattamenti tra i cittadini di
diversi quartieri e di diverse città, che restano come una testimonianza
dell'assoluta incapacità di organi della partitocrazia spartitoria quali sono
ancora, in grande misura, Inps, Inail, Inpdap ecc... Ma dubito che, senza di
essa, il ministero del Welfare, affidato ad un esperto come Maurizio Sacconi,
possa impostare finalmente una politica della casa per venire incontro alle
esigenze delle giovani coppie e delle famiglie dei cittadini extra-comunitari.Si tratta di una vicenda
oramai annosa, che è stata di recente ricostruita analiticamente da Mario
Milone nel volume Scippopoli,
edito a Napoli quest'anno. In sintesi, i cosiddetti immobili di pregio
(non più di 2.000 su oltre 90.000 unità), trasferiti alla Scip Srl nel 2001 e
nel 2002, sono stati sottratti alla più nota regola di mercato. Come tale è
stata recepita tanto per la dismissione dei beni immobili delle
amministrazioni pubbliche (cfr. la legge ordinaria 662/1996) quanto per la
dismissione degli immobili degli enti previdenziali e dello Stato (cfr. la
legge ordinaria 410/2001). Entrambe le normative stabiliscono - per la vendita
dell'immobile occupato - la riduzione del 30% sul prezzo di mercato
determinato per lo stesso immobile libero. Da anni è vigente una normativa
illogica, varata dal precedente governo, che sottrae a questa elementare
regola di mercato gli immobili di maggior valore (immobili cosiddetti di
pregio alienati ovviamente in base ad una maggiore stima). «Tale esclusione -
scrive Milone - determina una ingiustificata disparità di trattamento tra le
2.000 famiglie coinvolte e tutte le altre 90.000 complessivamente interessate
dalle vendite che hanno potuto legittimamente acquistare la propria abitazione
con l'applicazione della suddetta riduzione, nell'ambito dello stesso processo
di dismissione patrimoniale pubblico e sulla base delle stesse leggi dello
Stato come ad esempio per gli immobili di Roma di Piazza Adriana e Piazza
Cavour» o quelli di Viale Filopanti e Piazza Roosevelt a Bologna.La fine del contenzioso
giudiziario e la vendita di questi immobili consentirebbe la formazione di un
fondo iniziale per avviare finalmente una politica riformista di edilizia
pubblica. Vi sono interessati i ministeri di Tremonti, Sacconi, Scajola
e Prestigiacomo. Dalla loro collaborazione dipende il fatto che i tempi di
esecuzione siano spediti e vengano garantiti margini di profitti analoghi a
quelli che il potere pubblico e gli imprenditori privati ricavano dalla
collaborazione a questa impresa comune in Spagna e Francia. A documentarlo di
recente è stata una bella inchiesta di Report, il
programma che Milena Gabanelli dirige su Rai 3.
Salvatore Sechi
INDAGINE SULLE
CARTOLARIZZAZIONI INPS
Napoli, 26.11.2007
Di Mario Milone
Si è
conclusa l’indagine avviata nel maggio del 2006 dall’Alto Commissario per la
prevenzione ed il contrasto alla corruzione nella Pubblica amministrazione,
retto attualmente dall’ex. Prefetto di Roma Achille Serra.
L’indagine, ultimata nell’ottobre 2007 con la trasmissione delle valutazioni
da parte dell’Alto Commissario ai competenti Ministri dell’Economia e delle
Finanze e del Lavoro, ha evidenziato alcune criticità sia di carattere
sistematico inerenti al modello utilizzato per l’operazione, sia di
carattere particolare su alcune concrete modalità di svolgimento delle
procedure di alienazione. Sotto il
primo profilo si sono espresse ai competenti dicasteri alcune perplessità di
carattere giuridico sulla possibilità di qualificare le società di
cartolarizzazione come organismi di diritto pubblico, attesa l'indubbia
peculiarità di quelle già create quanto a meccanismi di costituzione ed a
partecipazione al capitale da parte dei soci fondatori. Sono
state inoltre illustrate alcune preoccupazioni inerenti l'effettiva linearità
dell'operazione contabile sui saldi di finanza pubblica, anche alla luce delle
perplessità già espresse da EUROSTAT con riferimento alle previsioni del
regolamento comunitario SEC 95. Si è
inoltre segnalata la necessità di garantire che gli enti pubblici
coinvolti nei procedimenti di dismissione abbiano l'effettivo controllo delle
operazioni poste in essere, evitando sovrapposizioni di ruoli che, oltre ad
appannare l'operazione, risultano anche in un ingiustificato aumento dei costi,
nonché di vigilare affinché eventuali future operazioni simili a quelle poste
in essere siano prive delle criticità emerse dall’indagine, segnatamente
in relazione alla determinazione del prezzo degli immobili, all’appartenenza
degli stessi ad eventuali categorie di pregio, all’effettivo possesso in capo
agli acquirenti dei requisiti di legge, all'inesistenza di situazioni di
evidente conflitto di interesse tra gestori della dismissione ed acquirenti. Sarebbe interessante conoscere
i risultati di questa indagine per fare chiarezza sulle molte ombre che si
sono addensate sulle cartolarizzazioni in questi anni. Mi domando quali risvolti
avrà questa indagine, visto che sono emerse delle criticità non da poco,
come ha sottolineato lo stesso Alto Commissario.
ItaliaOggi - Numero
277,
pag. 24
del 22/11/2007 Autore: Pagina a cura di Roberto Nido
In
13 anni cedute 30 aziende pubbliche con un introito di 100 miliardi di euro
I legali
che hanno seguito dismissioni e cartolarizzazioni
La metà degli anni 90 è lo spartiacque
che segna l'ingresso in Italia dei grandi studi internazionali. Il motivo è
semplice. L'inizio delle privatizzazioni avviate intorno al 1993 da Romano
Prodi, allora presidente dell'Iri. In quegli anni la holding guidata da Prodi,
che controllava grandi e piccole aziende, nel tentativo di salvare le finanze
di stato, che vivevano una stagione disastrosa, decise di utilizzare la
cessione delle partecipazioni per riportare sotto controllo il debito
pubblico. Tra il 1993 e il 2006, dunque, con il via libera dell'allora presidente del
consiglio Giuliano Amato prima e con Carlo Azeglio Ciampi poi, il Tesoro
(allora le operazioni erano seguite direttamente dal direttore generale Mario
Draghi) cedette quasi 30 aziende pubbliche, che hanno portato nelle casse di
via XX Settembre circa 100 miliardi di euro. Nel tempo vennero
progressivamente cedute aziende come Enel, Eni, Finmeccanica, Ina, Autostrade,
Telecom Italia, Comit e la Cirio. La partita da giocare era troppo grande per
farsela sfuggire e così il mercato italiano fu preso d'assalto dalle grandi
banche d'affari. Oltre all'italiana Mediobanca si fecero spazio sul mercato
Merrill Lynch, Goldman Sachs, Lazard, Rothschild, Morgan Stanley, Lehman
Brothers, JP Morgan e Schroeder. Non solo. Le nuove operazioni, infatti,
implicavano l'utilizzo di molti più professionisti su uno stesso deal e
soprattutto procedure profondamente diverse da quelle usate nel passato e
tempi di esecuzione molto più rapidi. Insomma, si stava preparando il terreno
ottimale per le law firm di Wall Street e della City, che intravedevano nella
stagione delle privatizzazioni in Italia importanti opportunità di business.
Tra i primi a
sbarcare in Italia ci furono gli inglesi di Clifford Chance,
Allen Overy e Freshfields. Lo studio londinese di
Clifford Chance, per esempio, è stato da sempre uno dei più attivi nel settore
della finanza pubblica.
Il team, che si occupa delle operazioni di privatizzazione e di
cartolarizzazione, è composto da una quindicina di professionisti, tra cui i
soci Luigi Chessa, Paolo Calderaro,
Alberta Figari, Franco Grilli, Cristina Maratorama e Aristide Police. Dallo sbarco della law
firm londinese in Italia, nel 1993, il team di avvocati ha
seguito l'Iri di Prodi
nella privatizzazione del Credito Italiano e nel 1994 nell'operazione di
cessione di Comit.Nello
stesso anno gli avvocati di Clifford Chance hanno assistito Banca Imi e
Goldman Sachs nell'operazione di privatizzazione dell'Ina,
guidata da Lorenzo Pallesi, mentre tra la fine del 1995 e il 1997 lo studio ha
seguito le procedure per la cessione di importanti quote dell'Eni. In
particolare assistendo Imi e Credit Suisse First Boston, anche nell'operazione
di offerta pubblica di vendita della seconda e terza tranche dell'azienda
petrolifera italiana. Non solo. Clifford Chance, nella seconda metà degli anni
90, ha lavorato anche alla privatizzazione di Banca di Roma e ha lavorato
sempre con Imi e con la merchant bank Salomon Brothers per la privatizzazione
dell'Alitalia nel 1998. Nello stesso anno viene seguita anche l'operazione su
Banca Nazionale del Lavoro, mentre nel 1999 è la volta di Acea, la
municipalizzata capitolina (in questo caso lo studio seguiva Warburg Dillon
Read e Imi), e di Autostrade alla famiglia Benetton. Il 2001, invece, è l'anno
che ha portato sul mercato Snam Rete Gas, del gruppo Eni. In questo deal il
team di Clifford ha lavorato con Imi e Ubs Warburg, mentre nel 2003 gli
avvocati dello studio inglese sono stati consulenti del ministero
dell'economia nella privatizzazione dell'Eti, l'Ente nazionale tabacchi. Ma
negli anni gli avvocati di Clifford non hanno seguito solo le grandi
privatizzazioni.Un
ruolo importante è stato svolto dallo studio anche nelle operazioni di
cartolarizzazione e di finanza pubblica. È il caso per esempio della
costituzione del Fondo Infrastrutture di Cassa Depositi e Prestiti, guidato
dall'ex amministratore delegato del Sanpaolo, Alfonso Iozzo, oppure
delle cartolarizzazioni sul mercato europeo, tra il 1998 e il 2007, del comune
di Roma, della provincia di Napoli, Trento, della regione Umbria e del Friuli.
Ma c'è di più.
Le
cartolarizzazioni Inps,
Inpdap, di Cassa depositi e prestiti, della Sace e Scip
sono state seguite da Clifford Chance.
Di cartolarizzazioni si è
occupato negli ultimi anni anche lo studio Bonelli Erede Pappalardo.
In particolare il dipartimento di finanza pubblica che si occupa di queste
operazioni è guidato dai partner Emanuela Da Rin e da Paolo Oliviero.
Il team di Bonelli Erede ha lavorato sull'operazione Berica 6 per la
cartolarizzazione di un portafoglio di crediti ipotecari performing per un
valore di circa 1,4 miliardi di euro, ma anche Imser 2 (1,1 miliardi di euro).
In questo caso gli avvocati dello studio Bonelli Erede hanno curato il
rifinanziamento e la ristrutturazione della cartolarizzazione Cmbs di Imser
Securitization, assistendo in qualità di sponsor Beni Stabili. Infine, insieme
a Simmons & Simmons anche la law firm guidata da Sergio Erede
ha lavorato sulle cartolarizzazioni campane denominate Posillipo.
Un ruolo
importante in questo settore oggi è ricoperto anche dallo studio Gianni
Origoni Grippo & Partners. Il quartier generale capitolino (a due passi da via
XX Settembre) e i buoni rapporti del deus dello studio Francesco Gianni con
l'ambiente romano hanno sempre supportato negli anni il team di avvocati che
si è occupato delle operazioni di privatizzazione. Tra i più attivi, oltre
allo stesso Gianni, ci sono Gabriella Covino, Raimondo Premonte, Tomaso Cenci.
Lo studio ha recentemente assistito Sisal, Banca di Roma, Acotel e
Confcommercio nel processo di privatizzazione del Totocalcio attraverso la
dismissione della Cinque Cerchi spa. La law firm di Gianni è stata poi in
prima fila nell'acquisizione del 29,9% del capitale di Terna da parte della
Cassa Depositi e Prestiti, ma anche nella privatizzazione dell'Eti. Ma c'è di
più.Il dipartimento dello studio è stato anche consulente dell'Enel nella
vendita del 51% di Hydroitalia (gruppo Ferrovie dello Stato), ma anche dalla
parte di Edipower nella cessione di Elettrogen. Non si possono poi
dimenticare, tornando indietro nel tempo, le analisi sul patrimonio sociale
dell'Acquedotto Pugliese, l'assistenza al comune di Vicenza nella vendita
della Centrale del latte Vicenza spa, la cessione di Aeroporti di Roma e di
Torino, le consulenze per la privatizzazione del Mediocredito Centrale,
dell'Eni e del Credito Italiano.
ItaliaOggi Numero 277,
pag. 24
del 22/11/2007 l'intervista
Ma ora si punta sul capital
market
La struttura è stata fondata nel 1874 in Veneto. Con gli anni,
però, lo studio si è sempre più specializzato e oggi il vero
core business dello studio Delli Santi si divide tra operazioni immobiliari e
di capital market anche e soprattutto nel real estate. I professionisti
guidati da Riccardo Delli Santi sono tra i più attivi nel settore delle
cartolarizzazioni immobiliari, tanto da aver spinto il numero uno dello studio
a scrivere un libro sull'utilizzo del capital
market nel real estate. La
pubblicazione è stata realizzata con i responsabili dei dipartimenti di
capital market della Banca d'Italia, Consob, ministero dell'economia,
demanio e con alcuni esperti del comune di Milano. Il
team di Delli Santi, che tra le altre
cose siede nel cda di Cordea Savills e nell'advisory board di un fondo
di private equity di Lehman Brothers,
ha seguito recentemente le cartolarizzazioni di Fip e Scip, oltre
all'acquisizione di parte del patrimonio immobiliare delle Ferrovie dello
Stato da parte di Beni Stabili. «Il
nostro studio è strutturato, tra le altre cose, per offrire consulenza su
tutti i problemi di finanza immobiliare e urbanistica legati ai mutamenti del
piano regolatore», ha spiegato a ItaliaOggi il numero uno dello studio. Delli
Santi, però, ritiene che la grande stagione delle cartolarizzazioni
immobiliari da parte dello stato sia ormai terminata. «Il mercato in questo
momento non premia più i titoli
che hanno uno sconto del 15%. Le frontiere che si aprono ora sono altre,
legate al capital market, strutturato sia con l'aiuto del pubblico sia dei
privati», ha concluso Delli Santi. Tra gli studi più coinvolti sulle operazioni
di cartolarizzazione c'è anche lo studio Simmons & Simmons. In prima fila
Filippo Pingue,
partner della law firm e responsabile del dipartimento di debt
capital market. «Negli ultimi quattro anni abbiamo lavorato moltissimo su
operazioni di cartolarizzazione sanitarie», ha sottolineato Pingue. In
particolare, il team di avvocati di Simmons & Simmons ha seguito nel Lazio le
operazioni denominate Atlantide I II e III e nel 2006 lo smobilizzo di crediti
delle aziende ospedaliere della regione per circa 500 milioni di euro. In più,
sempre nel Lazio è stata curata l'operazione chiamata Panacea da 190 milioni
di euro. In Campania, invece, gli avvocati guidati da Pingue hanno lavorato
sulle cartolarizzazioni Posillipo 1 e 2 per un valore complessivo di circa 2,1
miliardi di euro, mentre in Abruzzo, con Banca Intesa, che ha curato gli
aspetti finanziari, è stata seguita l'operazione D'Annunzio Finance da 230
milioni di euro. Con ItaliaOggi, Filippo Pingue ha tracciato gli step che uno
studio segue quando si occupa di un'operazione di cartolarizzazione.
«Un'operazione di asset back securities può durare circa sei mesi, a seconda
della complessità. Il primo passo è quello di certificare tutti i credit e di
predisporre gli atti transattivi», ha spiegato il responsabile del
dipartimento di debt capital market di Simmons & Simmons. «Questa fase dura in
media un paio di mesi», ha sottolineato Pingue. Dopo il lavoro di due
diligence «i crediti vengono ceduti al veicolo appositamente creato e
successivamente i titoli asset back securities vengono collocati sul mercato
presso investitori istituzionali in Lussemburgo o in Irlanda», ha concluso il
socio di Simmons & Simmons
Ombre
sulle cartolarizzazioni statali
Duro
atto d'accusa della corte dei conti sulle operazioni strutturate negli ultimi
anni.
MF
- Denaro & Politica Numero 231,
pag. 7
del 21/11/2007 Autore: Andrea Bassi
Nel
mirino dei magistrati i rapporti tra il Tesoro e le grandi banche d'affari
internazionali Mistero su 2 mld di crediti-ceduti-dall'Inps
Le cartolarizzazioni
pubbliche sono state un grande affare, ma non per lo stato. Non solo. Sono
state gestite in maniera poco trasparente dalle grandi banche d'affari alle
quali sono stati affidati i processi di organizzazione delle operazioni. Il
duro atto d'accusa arriva dalla Corte dei conti, il cui presidente Tullio
Lazzaro, è stato ascoltato ieri in commissione affari costituzionali della
Camera nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle spese attinenti al
funzionamento della Repubblica. In un corposo documento consegnato ai
deputati, Lazzaro ha puntando l'indice contro tutte le operazioni architettate
negli ultimi anni: da Scip a Fip, da Inps al Lotto. I dati innanzitutto. I
portafogli ceduti, spiega il documento, ammontano a 129,2 miliardi di euro,
a fronte di ciò i ricavi per lo stato
sono stati 57,8 miliardi. In pratica il 44,7% del valore dei portafogli. L'obiettivo di riduzione di indebitamento netto e debito, ha detto
Lazzaro, è stato conseguito in misura «molto limitata». Anzi, in alcuni casi
il debito è persino aumentato. Non è l'unico problema e forse neppure il
principale. «La gestione delle operazioni di cartolarizzazione», si legge nel
documento, «è stata affidata al dipartimento del tesoro che si è avvalso del
supporto del consiglio degli esperti, formato anche da persone provenienti da
grandi banche d'affari e che sono poi tornate ad assumere incarichi esterni
all'amministrazione». Ed ancora, «la pianificazione e la gestione strategica
delle operazioni è stata di fatto esternalizzata, affidandola alle banche
arranger-consulenti, ed in particolare alle banche d'affari che operano a
livello internazionale. Ovviamente», spiega la Corte, «data la loro natura e i
loro interessi, tali soggetti, da una parte, non hanno prestato particolare
attenzione al monitoraggio dei costi e benefici pubblici e, dall'altra, sono
stati comunque portati ad evidenziare soprattutto i vantaggi delle
operazioni». Insomma, non sarebbero stati fatti gli interessi pubblici, anche
perché «i processi di cartolarizzazione si sono svolti in condizioni di scarsa
trasparenza».
Anzitutto, rileva la Corte, «sono rimasti in ombra i rapporti tra i
soci delle società veicolo (due fondazioni di diritto olandese) e i soggetti
che in vario modo sono intervenuti nei processi di cartolarizzazione, e in
particolare le banche arranger, che per incarico del ministero del Tesoro
hanno selezionato soci ed amministratore delle società veicolo». Ma perché
questa delega in bianco? «Appare probabile», spiega la Corte, «che le società
veicolo abbiano sostanzialmente svolto una funzione alternativamente di
schermo o di camera di compensazione degli interessi finanziari internazionali
in gioco». Ci sono poi altri inquietanti aspetti che riguardano prospettazione
e rendicontazione delle operazioni. Per esempio «una differenza non spiegata
di 2 miliardi fra i crediti Inps ceduti, da una parte, e somma dei ricavi e
del portafoglio residuo dall'altra». O ancora la non completa «coincidenza fra
gli immobili oggetto della cartolarizzazione che compaiono in quattro diverse
liste di riferimento».
SCIP2
Seconda tranche cartolarizzazioni immobili pubblici
Roma, 13 nov. (Apcom) - - Moody's Investors
Service annuncia di aver messo sotto osservazione per un possibile taglio del
rating di Aa2 le obbligazioni classe B2 di Scip2, la seconda tranche di
cartolarizzazioni di immobili pubblici del governo Berlusconi. Lanciata nel
dicembre 2002, Scip2 è stata ristrutturata nell'aprile 2005 a seguito di forti
ritardi nella dismissione degli immobili. La revisione del rating è stata
decisa a seguito dell'andamento peggiore delle vendite di immobili negli
ultimi trimestri. Ci sono stati, secondo l'agenzia di rating, continui
ritardi nell'attuazione del piano ridefinito dal ministero dell'Economia:
Moody's riesaminerà il livello di raccolta, ma soprattutto i prezzi di
vendita. Se i ritardi erano già previsti dall'agenzia e sono in parte
controbilanciati dalla scadenza a lungo termine dei titoli (2025) l'esito
delle vendite nel passato solleva dubbi sulla qualità degli asset rimasti in
portafoglio.
MF
- Denaro & Politica Numero 212,
pag. 4
del 25/10/2007
Resta Al Palo La Cartolarizzazione Scip2 Non c'è pace per Scip2, la seconda operazione di
cartolarizzazione degli immobili pubblici. Ieri il dipartimento del Tesoro ha
pubblicato il report sull'andamento delle vendite delle case necessarie a
rimborsare i bond, per il periodo luglio-settembre 2007. E i risultati non
sono certo incoraggianti. I ricavi di vendita del trimestre, spiega il report,
hanno raggiunto il 73,1% di quelli previsti dal piano. Complessivamente, poi,
le vendite totali hanno raggiunto il 75,9% di quelle messe in conto con il
business plan. Le peggiori performance, si legge sono state quelle di Inpdap e
Inps, che hanno registrato un altro periodo di bassi ricavi da vendita
peggiorando la loro performance rispetto al trimestre precedente. In realtà,
come risulta da una tabella pubblicata nel report, l'unico ente ad essere in
linea con quanto previsto dal business plan, è l'Inail. Doveva vendere
abitazioni per 370 milioni, ne ha portati a casa 414. Per tutti gli altri è un
vero e proprio flop. L'Empals è sotto
quasi del 90% sul previsto come anche lo Stato italiano, l'Inps ha una
performance di -51%, l'Inpdap sta sotto le stime del 27%, l'Ipsema del
63%. La cartolarizzazione, già ristrutturata una volta, rischia di
diventare un nuovo boomerang per i conti.
Il Sole 24 Ore 18 ottobre 2007
Visco:
«La valorizzazione dei beni dello Stato vale due punti di Pil»
a cura di Nicoletta Cottone e Claudio Tucci
La conoscenza è la premessa per valorizzare
l'immenso patrimonio pubblico italiano che rappresenta «un valore aggiunto
pari al 20%, come quello dell'industria: un recupero di produttività del 10%
significa due punti di Pil in più e non vedo perché dovremo rinunciarci». Così
il viceministro all'Economia Vicenzo Visco, ha presentato gli effetti della
valorizzazione che potrebbe seguire al completamento del censimento del
patrimonio immobiliare dello Stato che oggi è stato presentato a Roma dal
direttore dell'Agenzia del demanio Elisabetta Spitz alla presenza del
Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e del vicepremier Francesco
Rutelli. Trentamila i beni censiti, di cui 20mila edifici e 10mila terreni.
Il viceministro ha ricordato che «finora il patrimonio dello Stato é stato
gestito in perdita e negli anni passati é stato venduto un patrimonio
fruttifero per gestire spese correnti». Secondo il vice ministro
bisogna cambiare la gestione. E ha fatto qualche esempio: «Con il
progetto caserme é possibile - sottolinea Visco - trasformare beni al centro
delle città, con l'aiuto della difesa e il coinvolgimento dell'architettura
mondiale». Un processo, secondo Visco, che significa «fare reddito, creare
ricchezza e valore», anche in termini di debito pubblico. Quindi sarà
«stravagante vendere un bene che ha valore di mercato». Il viceministro
all'Economia ha anche ricordato che sono in corso operazioni relative all'uso
economico di reti omogenee di beni «e presto vedremo irisultati». Il vicepremier e ministro per i Beni culturali Francesco Rutelli ha
sottolineato che si intende in questo modo voltare pagina «rispetto
all'ipotesi un po' confusa di vendite massicce di beni che avrebbe portato una
goccia d'acqua» rispetto al debito pubblico, «abbiamo messo fine al mito della
svendita del patrimonio quello stesso patrimonio che per molti anni é
stato abbandonato o spesso usato abusivamente». Per Rutelli la valorizzazione,
per un paese come il nostro, può rappresentare una straordinaria ricchezza,
tanto che la Finanziaria per il 2008 prevede che ci siano soggetti cui si
affida in modo selezionato parte del nostro patrimonio, per creare ricchezza.
Con un codice sarà possibile accedere tramite Internet, anche via cellulare,
alla scheda del fabbricato. Il nuovo Fascicolo immobiliare elettronico
contiene, infatti, un codice per ogni bene censito e informazioni su categoria
patrimoniale, provenienza, localizzazione, tipologia, riferimenti catastali.
Disegna, in pratica, una vera e propria mappa dell'immobile, segnalando la
presenza di elementi di pregio e architettonici, vincoli, planimetria,
accessi, recinzioni, componenti impiantistiche, scarichi e allacci, stato
conservativo. E poi, valori di mercato e locativi, unitari, annui e medi. Dal
2011, poi, è prevista anche l'installazione sui beni più importanti di targhe
con informazioni e il codice dell'edificio.
MF
- Commenti & Analisi di Antonio Satta Numero 201,
pag. 6
del 10/10/2007
Veltroni,
sul debito pubblico non copiare Tremonti
Consigliato molto probabilmente dal senatore
Enrico Morando, suo spin doctor per le questioni di finanza pubblica, il
candidato segretario del Pd, Walter Veltroni, lunedì scorso ha parlato
dell'esigenza di varare quanto prima «un'operazione eccezionale per abbattere
il debito pubblico». L'analisi da cui il sindaco di Roma parte per formulare
la proposta non fa una piega: «Serve una strategia straordinaria perché non
possiamo andare avanti solo con gli effetti positivi dell'avanzo primario.
Abbiamo un attivo patrimoniale a fronte di un debito pesantissimo e questa è
una contraddizione che non ci possiamo permettere». Giustissimo. E qual è la
strada da imboccare per realizzare quest'operazione? Bisogna liberare risorse mettendo mano, per
esempio, al patrimonio immobiliare dello stato,
«al netto dei beni culturali» (precisazione inserita per evitare titoli del
genere «Veltroni vuol vendere il Colosseo»). E tanto per far capire che non sta parlando
d'ipotesi campate in aria, il futuro numero uno del Pd ha citato il caso della
valorizzazione e cessione delle caserme.
Ora, con tutto il rispetto per Veltroni e per il senatore Morando, un
avvertimento è d'obbligo: occhio a trattare con leggerezza questi problemi. Il
rischio di essere seppelliti da tonnellate di citazioni è forte. Giulio
Tremonti, che in quanto a fantasia non è secondo a nessuno, il problema di
come uscire con soluzioni straordinarie dalla situazione descritta da Veltroni
se lo è posto continuamente. Visto che le privatizzazioni possibili sono state
quasi tutte già fatte (con incassi netti per lo stato di 94,5 miliardi di euro
dal 1994 a tutto il 2006), l'ex ministro dell'economia ci ha provato con le
cartolarizzazioni immobiliari (10 miliardi circa di incassi, ma solo Scip 1
può essere definita un successo, Scip
2 è stata un disastro e Scip 3 non è nemmeno partita), con Ispa (strumento abbandonato dal
governo attuale), con il Fip, il Fondo immobiliare pubblico (realizzato però
da Domenico Siniscalco), un altro flop. Per concludere, l'unica ciambella
riuscita con il buco è stata la trasformazione di Cassa depositi e prestiti,
che ha superato indenne il vaglio di Bruxelles, ma anche se tutte queste
operazioni fossero andate in porto il rapporto debito-pil sarebbe migliorato
ben poco, visto che ogni punto in meno costa tra i 15 e i 17 miliardi di euro,
e infatti il predecessore di Tommaso Padoa-Schioppa aveva accarezzato l'idea
di far suo il progetto ideato dall'ex ministro Giuseppe Guarino: conferire in un super fondo il patrimonio
pubblico (partecipazioni, immobili e crediti), fino a recuperare 465 miliardi
e portare così il debito pubblico al 75% del pil (in media europea). Veltroni
sta pensando a uno strumento del genere? Se è così farebbe bene a rileggersi
alcune dichiarazioni sull'iniziativa di Guarino, sponsorizzata da Tremonti.
L'autore è Vincenzo Visco, che
nell'ottobre del 2005 non solo definì il progetto impraticabile ma aggiunse
che, nel caso assolutamente ipotetico di una sua realizzazione, per i mercati
finanziari avrebbe avuto il valore di una «dichiarazione formale di default
dell'Italia, con tutte le
conseguenze del caso. Inoltre, il disavanzo di bilancio aumenterebbe e gli
italiani rischierebbero di trovarsi in portafoglio titoli molto più pericolosi
e svalutati di quelli di Cirio,
Parmalat ecc. Alla fine la riduzione del debito pubblico si trasformerebbe
in sostanziosa perdita privata per le famiglie inconsapevoli». L'invito di
allora dell'attuale viceministro era quello di lasciar perdere la fantasia e
concentrarsi su cose concrete. Facciamo noi una proposta: se si cominciasse a
tagliare sul serio la spesa pubblica?
Napoli, 15.10.2007 Mario
Milone
Nella trasmissione televisiva
IL BANCO VINCE SEMPRE, andato in onda domenica 14 ottobre 2007 alle
21.30 , Milena Granelli esordisce:
“Gli Enti pubblici hanno
sempre bisogno di soldi e li trovano facendo mutui e obbligazioni. Poi si
fanno sistemare i debiti dalle banche che si inventano operazioni di finanza
strutturata. E così si spostano i debiti in là nel tempo e il pacco se lo
ritroveranno le giunte future. Questi scherzetti poi costano cari: le banche
hanno un debole per le Regioni, le Province e i Comuni, perché di solito non
capiscono i rischi che corrono e non si accorgono dei costi impliciti nelle
operazioni “swap”. Gli “swap” fanno parte della famiglia dei derivati (la
stessa dei derivati emessi sui mutui subprime che hanno messo in crisi le
borse di mezzo mondo) e si chiamano così perché derivano il loro valore da
variabili esterne.
Sono strumenti complessi e
rischiosi, dove chi ne sa di più lucra profitti abnormi, e chi ne sa di meno
perde tutto. Pare che in Italia non si possa vivere senza i derivati
perché non hanno lasciato fuori nessuno, dalla grande Regione al piccolo
Comune di montagna, dalla lavanderia, al policlinico, all’istituto delle
suore. Sono almeno 30 mila le imprese private coinvolte, e 900 gli enti
pubblici che ci stanno rimettendo centinaia di milioni. Siccome però nel caso
degli enti pubblici passano per perdite potenziali, non vengono scritte da
nessuna parte, e rimangono debiti fantasma”.
Anche Gordon Edwin Charles
Burrows, essendo cittadino Britannico, pare abbia un debole per la finanza
strutturata e in qualità di amministratore della Scip S.r.l. (Società
Cartolarizzazione immobili pubblici S.r.l.) ha concluso un contratto di
interest Rate Swap con Barclays Bank Plc e UBS Limited, London Branch al
fine di coprire il rischio di tasso derivante dal disallineamento fra un tasso
annuo fisso rispettivamente pari al 3.924%, 3.9275% ed i flussi di interessi
passivi sulle Notes.
Che ripercussioni avrà sulla Scip S.r.l. questo
specifico contratto?
Tesoro, al via la nuova direzione sul
patrimonio
Il Sole 24 Ore, Roma, Isabella
Bufacchi
Secondo indiscrezioni si occuperà degli
immobili pubblici, dei crediti finanziari e delle cartolarizzazioni
La valorizzazione del
patrimonio dello Stato, dei beni immobili e dei crediti finanziari delle
amministrazioni pubbliche a esclusione delle partecipazioni azionarie, sarà
oggetto di una nuova direzione all’interno del, dipartimento del Tesoro presso
il ministero dell’Economia. Un’iniziativa che rientra nel piano più ampio di
riforma del Mef che si concretizzerà, prevedibilmente questo autunno, con
l’entrata in vigore di un decreto legislativo tuttora in bozza. La
valorizzazione del patrimonio pubblico è una delle missioni principali del
Tesoro. Ma questa attività è stata frenata da una «conoscenza limitata» della
materia e da «strumenti di valutazione carenti», come ha ammesso recentemente
in Parlamento lo stesso: direttore generale Vittorio: Grilli. Solo dopo aver
stabilito con esattezza cos’è il patrimonio pubblico, sulla base di una:
conoscenza sistematica, si potrà procedere alla sua valutazione e
valorizzazione. Un censimento del patrimonio pubblico è tuttora in corso a:
opera dell’Agenzia del Demanio, i ministeri della Difesa, delle Infrastrutture
e dei Trasporti e dei Beni culturali. Ma il Tesoro avverte la necessità di un
unico: soggetto che possa raccogliere tutte le informazioni sul patrimonio per
poi metterle a disposizione di chi le deve far fruttare: è stata avvertita la
necessità di creare una nuova direzione i cui compiti però non riguarderanno
le partecipazioni azionarie che resteranno in capo alla direzione generale
Finanza e privatizzazioni di cui è responsabile il neo direttore Francesco
Parlato.La nuova direzione sul patrimonio stando a fonti vicine a Via XX
Settembre, si occuperà degli immobili pubblici, dei crediti finanziari e anche
delle cartolarizzazioni un’area che finora rientra nelle competenze di Tiziana
Mazzarocchi, direttore dell’ ufficio numero I della direzione peril debito
pubblico, responsabile del monitoraggio sull’alienazione del patrimonio
immobiliare della RA. nonchè dei flussi derivanti dalle operazioni di
cartolarizzazione gestite dal Tesoro- Rapporti con le Società di
cartolarizzazione e con gli enti pubblici coinvolti nelle operazioni di
cartolarizzazione realizzate dal Tesoro. Il Governo Prodi ha soppresso
Patrimonio Spa, ora confluita in Fintecna, che si sarebbe dovuta occupare
della ricognizione e valorizzazione del patrimonio pubblico fuori dalla
pubblica amministrazione e che avrebbe dovuto accogliere pezzi di patrimonio
trasferiti fuori della pa: nel momento in cui Eurostat ha chiarito che questa
società doveva stare all’interno del perimetro della pa. P spa non ha più
avuto ragione di essere perché esisteva già il Demanio che si occupa di
valorizzazione, vendita e trasferimento di risorse alle casse dello Stato
dall’interno della pa. Ora delpatrimonio intende occuparsene direttamente il
Tesoro.
Porte a
porte
L’Espresso 15.09.2007
di Emiliano
Fittipaldi e Marco Lillo
Continua lo scandalo Casa
Nostra. Ecco gli altri nomi dei politici che hanno acquistato attici e
appartamenti da enti pubblici o da privati a prezzi di favore
Ci sono
ministri, deputati, magistrati e direttori nella terza puntata di "Casa
nostra". L'ultimo è stato Gianni
Alemanno. Dieci mesi fa si è aggiudicato un primo piano
dell'Inail da 140 metri quadri in una via silenziosa dei Parioli per 533 mila
euro, metà del valore di mercato. L'ex ministro precisa: «Senza sconti e
grazie a un acquisto in blocco con gli altri inquilini». Da tre anni il numero
due di An però vive alla Balduina, nell'attico di un privato al quale paga 2
mila e 600 euro al mese. Sembra tanto, ma l'appartamento è davvero splendido.
L'attico gemello è stato affittato da poco a 4 mila e 500 euro. E
l'appartamento ai Parioli? Sul citofono c'è ancora il cognome del politico, ma
dal maggio scorso.la.casa.è.affittata.
Il ministro della Pubblica istruzione della Margherita Giuseppe Fioroni si è accontentato invece di
un mini appartamento a un prezzo mini: 94 mila euro per tre
stanze sulla Cassia. Fioroni ha comprato nel 2003 da Enasarco, Confcommercio,
insieme agli altri inquilini. Anche il deputato di Forza Italia Ferdinando Adornato ha
puntato sul piccolo taglio. Nel 2004 ha messo a segno un affare con Pirelli
comprando un seminterrato che guarda (dal basso) una piazzetta incantevole di
San Saba. Adornato e il figlio hanno pagato questa casa ex Ina 165 mila euro.
Un buon prezzo che impallidisce di fronte all'affarone del deputato di An
Giuseppe Scalia: un
quinto piano dell'Inps in via Crescenzio, nel centro di Roma, per 295 mila
euro. Nello stesso stabile Marie Christine Davanzo, convivente del presidente
dell'Abruzzo Ottaviano Del Turco, ha comprato per 260 mila un primo piano da
sette vani catastali. «Io non c'entro. Quando l'ho conosciuta era già
inquilina», precisa Del Turco. Lui allora viveva in un altro appartamento
dell'Inps, in via Piave. Ora ci abita la sua ex compagna che aspetta di
comprare con lo sconto. In via Crescenzio abitano anche il nipote di Andreotti,
Luca Danese, e il deputato di Forza Italia, Sabatino Aracu.
Non hanno ancora comprato perché pretendono lo sconto e hanno fatto ricorso al
Tar. Non accettano che le loro dimore da 300 metri siano classificate "di
pregio". «Anni fa ho partecipato a un bando per l'affitto e ho vinto offrendo
una cifra spropositata: 11 milioni di lire», spiega Aracu. Il suo
investimento, comunque vada al Tar, sarà ripagato. A cento metri di lì, in via
Visconti, si annida un'altra pattuglia di vip. Oltre a Francesco Cossiga e a
suo figlio Giuseppe, ha comprato da Initium (società di Generali e Lehman che
ha rilevato il patrimonio Assitalia) anche l'ex capo di gabinetto di Cossiga,
Alfredo Masala: 407 mila euro per tre camere. Suoi vicini sono
il direttore del Tg regionale Rai Angela Buttiglione e il vicedirettore del
Tg5 Alessandro Banfi: per lui 905 mila euro per un quinto piano da cinque
camere. Prezzi buoni ma non stracciati come quelli degli enti pubblici. Il
record spetta al deputato Udeur Paolo Affronti: quattro vani all'Aurelio per
73 mila euro, meno di un box. Al sottosegretario alla Difesa Marco Verzaschi,
Udeur, vanno due case all'Eur. La più grande si trova nella strada dello
shopping chic del quartiere: viale Europa. È costata 212 mila euro, ma ne vale
almeno il triplo.
ItaliaOggi Numero
215,
pag. 1
del
11/9/2007Autore:
Franco Bechis
Triplo mutuo carpiato
È Goffredo Bettini, vero re di Roma, il professionista del tasso
È Goffredo Bettini, senatore
ds, inventore di tutti i leader romani del centro-sinistra, vero re di Roma e
padre del Partito democratico, il campione del mutuo-casa dell'onorevole. Fino
a un paio di mesi fa ne aveva aperti quattro. Gliene sono rimasti tre con
altrettanti istituti bancari: Sanpaolo Imi, Banca di Roma e Cassa di risparmio
di Perugia. Roma è città di palazzinari, e il leader ds deve avere imparato un
po' di mestiere, cogliendo le occasioni sul mercato. Chissà se è stata questa
sua abilità a fare innamorare perfino Giuseppe Ciarrapico, che di lui ha
detto: «Nel Pd ho scoperto menti illuminate, Goffredo è uomo di intelligenza
straordinaria, un politico fine, colto, arguto». Con Bettini, ultima
carrellata di onorevoli mutui (...) (...) Da domani potrete trovare sul nostro
sito Internet tutte le precedenti puntate dell'inchiesta, con le tabelle che
illustrano mutuo per mutuo come gran parte della casta sia riuscita negli
ultimi anni ad acquistare casa a doppie condizioni di favore: prezzi scontati
e denaro prestato a ottime condizioni. In brevissimo tempo i parlamentari si
sono adeguati allo status dei loro elettori: tutti proprietari di casa. Non lo
erano, e lo sono diventati proprio nel momento in cui i prezzi schizzavano
alle stelle. Detta così, ci sarebbe da legare il loro consulente immobiliare.
Ma non è una storia di pazzi. Se i parlamentari non avevano investito sul
mattone è solo perché di case a disposizione ne hanno sempre avute a bizzeffe,
grazie al buon cuore dei presidenti degli enti previdenziali e delle
finanziarie pubbliche la cui nomina dipendeva da loro. Per questo hanno
abitato case di pregio nei centri storici ad affitti ridicoli. Quelle stesse
case hanno potuto acquistare a robustissimo sconto appena inaugurata l'era
della cartolarizzazione degli immobili pubblici. ItaliaOggi ha rivelato, e
altra stampa ha aggiunto particolari di rilievo, come questi acquisti siano
avvenuti, concentrati quasi tutti nell'ultimo lustro. In altri tempi
sarebbero state sufficienti quelle poche righe contenute nella relazione della
Scip sul secondo semestre 2006 a scatenare le procure di mezza Italia: piani
regolatori e centri storici ridisegnati da sindaci compiacenti pur di fare
avere sconti più sensibili ad amici e amici degli amici. Immobili di pregio
trasformatisi così in stamberghe vendute a prezzo popolare. In altri tempi si
sarebbe indagato. Oggi no, perché nell'infinito elenco di inquilini divenuti
proprietari ci sono politici, ma anche giornalisti e magistrati. Quindi tutti
zitti, che fra poco nessuno se ne occuperà. Occupiamoci ci cose serie. Oggi la
casta ha casa: si tagli l'Ici!
È stato Alto commissario per la lotta alla
corruzione dal 2004 fino al dicembre scorso, ha indagato un po' su tutto ciò
che puzzasse di reato, abuso. Compreso sulle cartolarizzazioni, la svendita di
case degli enti previdenziali. Prima l'Inps, poi sarebbe toccato agli altri:
Inpdap, al centro dello scandalo Svendopoli, in testa. Quando sarà pronto
l'esito delle indagini, sempre che vi si arrivi, lui però non potrà che
leggerselo da casa. Nonostante il mandato scadesse nel 2009, Gianfranco
Tatozzi si è dimesso alla fine del 2006. Ex magistrato di Cassazione, 62 anni,
ha scelto di fare un passo indietro, mollare la poltrona piuttosto che restare
in ufficio a scaldarla. «Ho avviato molte indagini, a partire da quella sugli
immobili», dice. «Molte sono state utili, sono finite in Procura». Qualcuna di
queste, forse proprio quella sulle vendite del patrimonio immobiliare dello
Stato, deve aver dato troppo fastidio. «Il nuovo governo, appena insediato, me
l'ha fatto capire in tutti i modi: "Togliti di mezzo perché ci dai fastidio".
Hanno tagliato i fondi, minacciavano di chiudere l'ufficio dell'Alto
commissariato. I motivi per cui mi hanno allontanato li posso solo immaginare.
Vedo da un'indagine giornalistica che ci sono stati dei favori a personaggi
noti, che ci sono stati privilegiati...». Dopo di lui, soltanto per pochi
mesi, il posto di Alto commissario è stato occupato da Bruno Ferrante, ex
candidato sindaco dell'Ulivo a Milano. In questi giorni si è insediato Achille
Serra, ex prefetto di Roma. Dottor Tatozzi, lei, da Alto commissario per la
prevenzione e il contrasto della corruzione, aveva promosso un'indagine sulle
cartolarizzazioni. La Guardia di Finanza era stata all'Inps, aveva preso molte
carte. Cosa cercavate? «Era il primo passo di un programma di controllo molto
più vasto che riguardava tutti gli enti previdenziali e i soggetti coinvolti
nelle cartolarizzazioni. L'idea era quella di monitorare attraverso situazioni
a campione due circostanze: come erano stati scelti gli inquilini da
"privilegiare" e se vi erano contratti di vendita stipulati in maniera e tempi
sospetti. Il sospetto è che alcuni immobili fossero stati assegnati a
inquilini poco prima di essere messi in vendita a prezzi scontati». Chi era
l'oggetto dell'indagine? «Potevano esserci stati comportamenti truffaldini sia
da parte degli inquilini sia da parte di eventuali pubblici ufficiali».
Partiamo dagli inquilini. «C'era la questione delle rivendite. Per chi
acquistava un immobile con gli sconti previsti dalla legge c'era in realtà la
possibilità di rivendere anche immediatamente. Bastava spostare la residenza
di cento chilometri e il divieto di rivendita veniva aggirato. Questo fatto
consentiva la realizzazione di un plusvalore anche in tempi veloci». E quel
guadagno a spese dello Stato poteva essere spartito... «Pubblici ufficiali o
inquilini potrebbero aver lucrato». Che altro poteva spuntare da quelle carte?
«Successivamente l'indagine si sarebbe allargata a valutare come sono stati
determinati i prezzi delle vendite». Già, la Corte dei Conti definisce «assai
poco chiara e trasparente» la valutazione dei prezzi degli immobili... «Da
queste analisi sarebbero potute emergere le situazioni che sembrano essere
venute alla luce ora, cioè privilegi riconosciuti a questo o a quello, più o
meno potente e influente». Come sono finite le indagini? «Non lo so, non me ne
occupo più. Mi amareggia sapere che non ho potuto vedere gli effetti di quell'indagine,
non so nemmeno se stia stata proseguita dai miei successori...». Qual è stato
l'approccio della politica al suo intervento. L'hanno incoraggiata o meno?
«Silenzio più assoluto. Anche perché il governo di Romano Prodi si è insediato
a maggio, io mi sono dimesso il 20 dicembre e, in quei mesi, non sono mai
stato ricevuto. Evidentemente il premier era troppo occupato. E pensare che
l'Alto commissariato è alle dipendenze della Presidenza del Consiglio...».
Insomma, non sta molto simpatico al Professore... «Sono stato costretto a
constatare addirittura ostilità. Nei riguardi sia miei che dell'istituzione
dell'Alto commissariato. Ho ricevuto segnali chiari e precisi». Che genere di
segnali? «Un richiamo contenuto nell'ultima Finanziaria prevedeva una
ricognizione sugli enti che avrebbe comportato la chiusura del Commissariato.
Insomma, mi si è detto piuttosto chiaramente: "Vattene o chiudiamo
l'ufficio"». E lei se n'è andato, quattro anni prima della scadenza naturale
del mandato. «Sì, la cosa che mi amareggia è che, una volta andato via io, non
si è più parlato di scioglimento o riduzione dei costi. E qualcosa vorrà pur
dire... Quando c'ero io, il governo non ha mai voluto nominare un mio vice per
sostituire chi se n'era andato via. Appena è arrivato il nuovo commissario, è
arrivato pure il nuovo vice. Una volta l'Alto commissariato era da chiudere,
adesso invece leggo sui quotidiani che definiscono quell'incarico di "grande
presti-gio"». Lei si è occupato di indagini complesse, molte di queste
riguardavano ambienti attigui alla politica: immobili degli enti, gare
d'appalto dell'Anas, concorsi universitari... «Abbiamo avviato indagini, due,
sugli appalti dell'Anas. Il ministro Antonio Di Pietro, esponente del
centrosinistra, ha utilizzato i risultati che avevamo raggiunto per azzerare i
vertici dell'Anas. Un'altra è stata sui concorsi universitari. Il professor
Gino Giugni aveva parlato di strane assegnazioni delle cattedre di Diritto del
lavoro, noi abbiamo verificato l'esistenza di una "cupola" che distribuiva i
posti. Le carte sono state trasmesse alla Procura della Repubblica. Questo
dimostra che non agivo per ottiche politiche, seppure fossi stato nominato dal
precedente governo, ma con strumenti e obbiettivi da magistrato». Altre
indagini svolte? «Alla Federazione italiana gioco calcio, poi sulla la
gestione dei fondi comunitari, una truffa enorme, da 320 milioni di euro».
Insomma, dava fastidio... «Per non parlare delle indagini sulle Asl, quella di
Vibo Valentia, alcune di Napoli: tutte sospettate di essere infiltrate dalla
criminalità organizzata. Volevo, d'intesa con il presidente della Conferenza
delle Regioni, Vasco Errani, e quello dell'Anci, Leonardo Domenici, estendere
il controllo del commissario sugli enti locali, che attualmente non ce
l'hanno». E com'è finita? «Me l'hanno impedito, strada sbarrata, minacce di
ricorsi insensati. Certo, sarebbe stato bello vedere come vengono assegnati
gli appalti pubblici, specie nelle Regioni rosse... Gli appalti alle Coop sa-
ranno tutti regolari o nasconderanno qualche interesse di partito?». Il
risultato è che l'hanno invitata ad andarsene, che le inchieste, almeno per il
momento, sono finite nel dimenticatoio. «Questo attivismo non è piaciuto. Io
non so che fine abbiano fatto le indagini, quella sugli immobili per esempio.
Certo è che ogni tentativo di soppressione del Commissariato è cessata.
L'organismo è ancora lì. Io mi sono dimesso nella speranza che le mie
dimissioni potessero far sopravvivere l'istituzione. Avrei potuto resistere,
ma non l'ho fatto». Dalla sua posizione che idea si è fatto della corruzione
in Italia? «L'indice di corruzione, che si basa sulla percezione, ci dice che
l'Italia è tra i Paesi più corrotti del mondo. Se, invece, dovessimo valutare
le statistiche dovremmo dire che il fenomeno è stabile. Questa immagine,
comunque, ci svantaggia a livello internazionale. Un investitore straniero,
vedendo le statistiche, ci pensa due volte prima di venire a investire in
Italia. Casomai va in Finlandia, dove l'indice di corruzione pare sia pari a
zero». Un'ultima domanda, più generale. Negli ultimi mesi c'è stata una forte
ondata di antipolitica, si fa un gran parlare di caste, favori, privilegi,
clientelismi. La ritiene giustificata? «Qui voglio rispondere da cittadino.
Certo, c'è una grande insofferenza nei confronti delle situazioni che stanno
emergendo e che, spesso, sono a dir poco agghiaccianti: storie di privilegi e
costi esagerati. O la politica si fa carico di questi problemi o rischia di
essere spazzata via». C'è stata ostilità nei riguardi sia miei sia
dell'istituzione dell'Alto commissariato. Un richiamo contenuto nell'ultima
Finanziaria prevedeva una ricognizione sugli enti che avrebbe comportato la
chiusura del Commissariato. Insomma, mi si è detto piuttosto chiaramente:
"Vattene o chiudiamo l'ufficio"
Il
silenzio della Casta
L’Esrpesso n. 36 ( 07.09.2007) di
Giampaolo Pansa
La classe politica pensa di essere ancora
fortissima. Ma gli italiani rimasti fuori dal suo recinto non stanno ad
ascoltarla perché non credono più a quel che si sentono dire
Era un saraceno infuriato, Massimo D'Alema. Ma come al solito, anzi, più del solito, la sua furia era del
genere freddo, senza urla né gestacci. Sedeva sul palco del Teatro Parioli con
la mano destra schiacciata ad artiglio dentro il divano azzurro. E a ogni
parola, scrisse un cronista dell'epoca, le unghie vi affondavano sempre di
più. Come se quel cuscino, dove la sera prima stavano i pregevoli glutei di
Miss Italia, potesse trasformarsi nel collo morbido di qualcuno. Un collo,
aggiungo io, da strozzare.
Quella sera, il martedì 5 settembre 1995, Max era da quattordici mesi segretario del Pds. Aveva
46 anni, e il capello e il baffo intensamente neri. Davanti a lui troneggiava
un Maurizio Costanzo di taglia fortissima: il padrone di casa, la casa del
Costanzo Show. La balia astuta non aveva bisogno d'incitare il pargolo.
Infatti, D'Alema fece tutto da solo. Annunciò che aveva deciso di lasciare l'appartamento
ricevuto in affitto da un ente pubblico, l'Inpdap, a equo
canone (633 mila lire mensili, 327 euro di oggi, per 185 metri quadrati). E
che si sarebbe cercato una casa nuova. Stroncando la polemica che lo
riguardava. Erano i tempi di Affittopoli,
lo scandalo messo a nudo da Vittorio Feltri, che allora dirigeva 'il Giornale'.
Fu magistrale la mossa di D'Alema. Anche se non tappò la bocca a noi
giornalisti che, diceva lui, gli davamo la caccia. Una brutta razza,
"barbarica", dedita alla "cultura della violenza e dell'intimidazione".
Insomma, "squadrismo a mezzo stampa", come scrisse su 'Repubblica'. Un'accusa,
quest'ultima, che il compagno Max aveva copiato da un avversario ormai al
tappeto, Bettino Craxi. Che qualche anno prima s'era spinto a bollarci come
"squadristi della carta stampata".
D'Alema forse non lo sapeva. Ma noi dello squadrismo cartaceo godevamo
nell'ascoltare la sua reprimenda. Anche perché ci veniva dal politico più
tosto di quel momento. E nel godere, ci fregavamo le mani, aspettando che
qualche altro dei big coinvolti si presentasse da Costanzo per annunciare che
pure lui lasciava l'alloggio privilegiato. Però nessuno si presentò. E nessuno
abbandonò la casetta sua.
Adesso, dodici anni dopo, la storia si ripete
in peggio. Non è più questione di
affitti, ma di acquisti sul velluto. Sempre da parte di boss
politici o di signori dello stesso giro, che hanno comprato casa da enti
pubblici. E a prezzi che il cittadino qualunque immagina soltanto nei sogni.
'Casa nostra' era il titolo beffardo, ma del tutto sacrosanto, de 'L'espresso'
che ha scovato la faccenda. Su questo numero leggerete la seconda puntata
della storiaccia. Ma non sperate di vedere un'eccellenza del calibro di D'Alema
presentarsi a uno show televisivo per annunciare che rinuncia all'acquisto e
restituisce l'immobile.
Perché questa fuga dalle telecamere, per rifugiarsi in macchinose rettifiche?
A parere del Bestiario, c'è una ragione evidente. In dodici anni, e pur nel
succedersi di governi diversi, il ceto partitico italiano ha subito due
mutazioni profonde. Ha visto indebolirsi in modo pauroso il suo prestigio tra
i milioni di cittadini che ancora seguono la politica. E nello stesso tempo si
è rinchiuso nei propri castelli, negando al popolo bue anche la più piccola
autocritica.
Insomma, oggi siamo di fronte a un mostro che nel 1995 non era ancora
apparso all'orizzonte: la Casta.
Che cos'è una casta? È un gruppo sociale chiuso che si considera, per nascita
o per condizione, separato dagli altri gruppi e che si attribuisce speciali
diritti e privilegi. Ma 'La Casta' è anche il titolo di un libro di due
eccellenti giornalisti, Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo. L'ha pubblicato
Rizzoli e oggi viaggia verso il milione di copie vendute.
Il 19 aprile, dopo la prima giornata del congresso Ds a Firenze, nel prendere
un caffè insieme, Stella mi aveva parlato del libro che stava per uscire. Da
uomo con i piedi per terra, sperava in un buon successo, ma niente di più. Gli
dissi che il titolo era formidabile. E avrebbe incontrato un sentimento
popolare diffuso: di fastidio, di rifiuto, di astio e spesso di rancore per
una classe di feudatari sempre più impuniti e inconcludenti. Per questo, il
loro libro era quello giusto e nel momento giusto.
Però la Casta ha continuato a fare spallucce.
Compra case a prezzo di favore e se
ne sbatte. Ci manda qualche lettera di rettifica, però non
lascia il malloppo. Ma di solito se ne sta zitta, obbedendo a un vecchio detto
mafioso: chinati giunco finché la piena non passa. Lo stesso fanno gli enti
che hanno svenduto tante belle case.
Al punto che oggi, nonostante l'ostinazione de 'L'espresso' e di pochissimi
giornali arrivati di rincalzo, sappiamo ancora ben poco di quello che è
accaduto. Quanti sono i compratori
eccellenti? Quanti sacchi di euro ci hanno rimesso i
venditori? Silenzio. Non è vero che viviamo nell'iper-informazione. Siamo
nell'epoca del sasso in bocca.
La Casta si muove così per due ragioni. La prima è che pensa di essere ancora
forte, fortissima. Per questo se ne sta rintanata nei propri manieri. E sbarra
le porte, alza i ponti levatoi, schiera sugli spalti i suoi armigeri. Siamo in
presenza dell'unico, vero potere bipartisan. Dove s'incontrano tutte le
famiglie della Casta: destra, centro, sinistra.
Nei loro fortini, le famiglie stringono patti di ferro, si dividono i bottini,
fanno bisboccia, impartiscono ordini ai giornali e alla televisione. E così
facendo degradano la democrazia in autocrazia. I cittadini senza potere
strillano? Lasciamoli strillare. Sono soltanto dei qualunquisti, dei drogati
di antipolitica, dei poveri fessi che s'illudono di fare breccia dentro
muraglie più solide di quella cinese. Dunque, non meritano nessuna risposta,
ma soltanto il silenzio.
Ma proprio il silenzio della Casta ci apre uno spiraglio sul secondo motivo
che spiega la tenacia cocciuta di
tante bocche chiuse. E che rivela la crepa nascosta
nell'imponente apparato difensivo dei i partiti. Il motivo è che la Casta
ormai sa che qualunque cosa possa dire non viene più creduta da un numero
crescente di italiani. I cardinali e i vescovi di questa o quella chiesa
politica seguitano a celebrare le loro messe cantate nei loro costosi
festival, a Telese come a Bologna. I fedeli chiamati ad applaudirli,
applaudiranno. Ma gli italiani rimasti fuori da quei recinti non staranno ad
ascoltarli. Certi di aver udito un bla bla bugiardo.
Siamo alla pena del contrappasso per chi ha usato male il potere che gli era
stato affidato. Mi hai fregato e io non ti credo più. È una regola spietata
che vale anche per 'Casa nostra'. Ammesso che ci sia qualche big in grado di
spiegare un acquisto del tutto limpido, pure questa perla rara perderà il
proprio tempo in rettifiche inutili, in lettere senza peso, in querele che
spariranno nel mare di denunce civili e penali che ormai sommerge tutti i
giornali italiani. E a proposito della carta stampata,
c'è un'altra illusione della Casta che sta svanendo. Certo, i giornali possono
anche essere 'silenziati', come mi disse un giorno un cinico big della
sinistra. È accaduto per 'Casa nostra', come avvenne dodici anni fa per
Affittopoli. Ma non si può silenziare tutta la stampa. Ci sarà sempre qualche
giornale che rifiuta di tenere la bocca chiusa. E anche una sola voce, o due o
tre voci come nel caso di oggi, basterà per mettere in piazza le mutande
sporche di tanti baroni della Casta.
Questi baroni hanno un vizio che al Bestiario sembra spregevole. Sono sempre
pronti a pontificare contro una campagna giornalistica, un libro, un'opinione
che non stanno al loro gioco. Fanno i sapientoni. S'imbarcano in lezioni
sussiegose. Colpevolizzano il reprobo. Lo indicano ai loro clienti come un
cattivo soggetto, un nemico della buona politica, un falsario della storia. Ma
sono proprio i baroni della Casta a cascare malamente dal pero. E a rivelarsi
per quello che sono: mediocri, impudenti e suicidi.
Tuttavia, alla fine della fiera si apre un problema che riguarda tutti. Certo,
il dramma italiano è che nessuno
della Casta politica è più credibile. Il palazzo dei partiti è
in mano a una sterminata banda di vu cumprà che spaccia merce falsa. Ma allora
da chi è possibile comprare merce buona? In altre parole, a chi dobbiamo
credere e affidare la guida di questa repubblica da rifare? Confesso di non
saperlo. E mi rendo conto di essere, come tanti, di fronte a un grande vuoto.
O meglio, a un abisso dentro il quale non voglio guardare. Perché il suo buio
mi fa paura.
Tra ricorsi e spostamento dei confini dei centri
storici la vendita degli immobili di pregio procede a rilento. A tutto
vantaggio di coloro che intendono «tirare» sul prezzo delle case che fanno
parte del patrimonio degli enti previdenziali. È quanto emerge dalla relazione presentata al
Parlamento dal ministro dell’Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, riguardante le
cartolarizzazioni degli immobili pubblici. I dati si riferiscono al secondo
semestre del 2006 (quelli sui primi sei mesi 2007 verranno presentati alla
riapertura delle Camere; ndr), ma forniscono un quadro chiaro delle dinamiche
in atto. «Persistono difficoltà soprattutto nell’ambito
del contenzioso riguardante gli immobili qualificati di pregio», ha
sottolineato il ministero. In primo luogo, la «pretestuosità dei ricorsi» per
i quali «il giudizio di accoglimento richiede delle tempistiche troppo lunghe
rispetto ai tempi di aspettativa di vendita». In seconda istanza, i tecnici di
Tps hanno sollevato la questione più sconcertante: quello dei Consigli
comunali che rettificano i perimetri dei centri storici annullando di fatto la
qualifica di immobile di pregio per alcune unità. «Non è isolato - si legge nella relazione - il
fenomeno dei Comuni che, nel rivedere il proprio perimetro catastale,
modificano la definizione di centro storico, automaticamente espungendo
immobili già qualificati di pregio dai decreti dell’amministrazione centrale
proprio in quanto ricadenti in detto perimetro». Non si tratta di un’inezia
perché considerato che la maggior parte del portafoglio immobiliare non
pregiato è stato alienato, «il processo di vendita si troverà ad affrontare a
breve la difficoltà oggettiva del blocco delle vendite di questa categoria di
cespiti». Una preoccupazione già parzialmente inverata dai dati: a fine giugno
2007 le vendite cumulate di Scip 2 hanno raggiunto i 2,6 miliardi di euro,
valore inferiore del 24% ai 3,4 miliardi preventivati dal piano di
dismissioni. Eppure la copiosa normativa di dettaglio avrebbe dovuto impedire
questi «incidenti di percorso».
L’Espresso n. 36/2007 (07 settembre 2007)
Condominio Furbetti di Emiliano Fittipaldi e Marco Lillo
Il figlio di Cossiga, Giuseppe. Il
governatore della Calabria Loiero. L'ex direttore Rai Agnes. E poi un generale
della Finanza, magistrati... Si allarga lo scandalo 'Casa nostra'.
Davide Morchio, dipendente Assitalia, è il dirimpettaio dell'ex presidente
della Camera, che grazie alle
cartolarizzazioni tra il 2005 e il 2007 riuscì a comprare per la sua famiglia
a buon prezzo un'intera palazzina a via Clitunno.
La casa dove vivono Morchio e la sua nuova consorte, dell'ex patrimonio
Ina-Assitalia, è invece finita al gruppo Caltagirone. Nonostante il diritto di
prelazione, Davide ora deve andarsene, e scrive a tutti chiedendo aiuto. "Per
noi è un dramma. Il mio stipendio di agosto non arriva a mille euro, sarebbe
dura andare in affitto senza sconto. L'11 settembre arriva l'ufficiale
giudiziario per cacciarci, speriamo senza la forza pubblica. Il Quirinale
qualche settimana fa è intervenuto chiedendo al commissariato di zona di non
esasperare gli animi. Ma ora c'è un nuovo ufficiale che ha spodestato il
precedente, considerato troppo morbido dai Giganti.
L'acquisto di immobili a prezzi di favore per politici, ministri e
sindacalisti ha sempre un rovescio della medaglia. Gli inquilini normali, se non hanno la fortuna di
finire in una vendita collettiva, difficilmente hanno gli stessi trattamenti
di favore riservati ai vip. Con i nuovi proprietari il canone schizza alle stelle,
i prezzi al metro quadro diventano 'di mercato': l'affare diventa un'esclusiva
della nomenclatura. Scavando scavando, di nomi eccellenti che hanno comprato
casa da enti pubblici a prezzi stracciati ne spuntano in continuazione, come
funghi. La capitale dello scandalo è Roma: oltre la metà degli alloggi (il
52,4 per cento) piazzati con la maxi-dismissione della Scip2 sono infatti
localizzati nella capitale. Al secondo posto, ben distaccata, Milano (con
l'8,5 per cento degli alloggi), poi Bologna (3), Napoli (2,9) e Genova (2,5).
La scorsa settimana 'L'espresso' raccontava l'acquisto da parte del presidente
emerito della Repubblica Francesco Cossiga di un appartamento in via Quirino
Visconti, a Prati. Il senatore a vita ha comprato da Initium (società
partecipata da Generali e Lehman Brothers che aveva rilevato in precedenza
l'immobile dall'Assitalia), facendosi accompagnare dal notaio dal figlio
Giuseppe. Ma lo stesso giorno (il 10 maggio 2004) e con lo stesso notaio,
Giuseppe, oggi deputato di Forza Italia, riusciva ad acquistare anche un
appartamento per sé: 6,5 vani catastali più una cantina di 47 metri quadri in
via Visconti, due portoni dopo quello di papà, per circa 590 mila euro. Un ottimo affare. Un colpaccio lo mette a
segno anche Agazio Loiero,
ex ministro mastelliano e attuale governatore della Calabria. In comunione con
la moglie acquista a giugno del 2005 il suo appartamento a via Guglielmo
Calderini (un terzo piano con ingresso, salone doppio, tre camere, cucina, tre
bagni e due balconi) per soli 189 mila euro. La vendita, va sottolineato, è
collettiva: la Scip svende i 13 appartamenti dell'immobile e fa felici anche
altri inquilini.
I privilegi non sono solo appannaggio di pezzi da novanta della politica (da
Mastella a Veltroni, da Baccini a Pionati), ma anche di giornalisti,
magistrati, persino di rappresentanti delle forze armate.
Il caso del generale della Guardia di finanza Michele Adinolfi è paradigmatico. Da Initium il
finanziere, uno degli uomini di fiducia dell'ex ministro del Tesoro Giulio
Tremonti, nel settembre del 2004 compra un attico a viale Aventino, di otto
vani e mezzo, più due cantine e un box auto. Nel pacchetto (il generale e la
moglie hanno speso 702 mila euro, ben al di sotto del prezzo di mercato: la
zona è tra le più care di Roma) finisce anche un appartamento di quattro vani
al piano terra. Particolare curioso: sui balconi ci sono due verande di vetro
e alluminio costruite abusivamente (risultano agli atti domande di condono nel
1986 e nel 1995), ma anche il generale, comandante del I Reparto del Corpo,
sfrutta la sanatoria voluta dal governo Berlusconi. Per chiudere i
conti con il catasto invece di smontare l'illecito fa domanda di sanatoria
pagando circa 3.500 euro. Nella lista di chi ha
comprato a prezzi stracciati ci sono anche due alti magistrati.
Italo Ormanni,
procuratore aggiunto e coordinatore della Dda della Procura di Roma, nel 2005
ha comprato dalla Scip un appartamento ex Inpdap per 120 mila euro: 4,5 vani
catastali più cantina a due passi da Trastevere. "Un'ottantina di metri
quadri", diceva al 'Giornale' nel 1995. La vendita è collettiva, ma il prezzo
medio è molto al di sotto rispetto a quelli di mercato. Si sarà mangiato le
mani Massimo D'Alema: prima che lo scandalo Affittopoli costringesse il futuro
vicepremier a cambiare casa, anche lui alloggiava nello stesso palazzo. A
occhio e croce ha perso una plusvalenza potenziale da 200 mila euro.Pietro Grasso, capo della Direzione nazionale
antimafia, approfitta invece di una vendita collettiva dell'Inpdap in zona Eur:
nel 2001 5,5 vani catastali più cantina e box vengono comprati dal pm per
circa 120 mila euro. Il paradosso è che gli appartamenti 'popolari' della
palazzina finiscono anche ad alti dirigenti degli Aeroporti di Roma, all'ex
vice procuratore della Corte dei conti Nunzio Piazza e alla moglie di Antonio
Germani, il notaio che firma alcuni atti di vendita collettiva dell'Inpdap. Anche i
giornalisti hanno puntato sugli enti previdenziali. A parte Giuliano Ferrara,
proprietario dal 2003 di sei vani con terrazzo a Testaccio (886 mila euro),
il
'pensionato' Biagio Agnes
(così è definito nell'atto di vendita l'ex direttore generale della Rai)
all'inizio del 2004 ha comprato a via della Farnesina un appartamento su due
piani (il quinto e il sesto) di ben 14 vani catastali, per poco più di un
milione di euro. Un colpo di mercato non da poco dovuto, secondo gli esperti,
alla cattiva gestione della Scip delle case ex Inps. Una svendita che ha
permesso ad Agnes di inserire nello stesso pacchetto anche una cantina (36
metri quadri) e un box auto. Nulla di nuovo. Tutte le cartolarizzazioni, ha attaccato la Corte dei conti in
un'indagine sulle cessioni di Stato effettuate nel periodo 1999-2005, sono
state condotte in maniera "opaca", con obiettivi "tutt'altro che chiari". In
riferimento agli immobili i giudici sono ancora più drastici. A parte disabili
e anziani, nelle cessioni si sono considerati asetticamente gli inquilini come
un blocco unico, come "fasce sociali deboli per il fatto stesso di non essere
proprietari dell'immobile abitato". La concessione dello sconto non è stata
infatti subordinata o graduata all'accertamento del livello reddituale e
patrimoniale del beneficiario: gli acquirenti si sono trovati così "ad avere
nel momento giusto una conoscenza privilegiata di mercati pubblici di
locazione immobiliare di nicchia". Gli inquilini
fortunati e i vip con entrature politiche hanno goduto di sconti
che, rispetto alla stima iniziale fatta dal governo, hanno fatto perdere alle
casse pubbliche 3,48 miliardi di euro. Anche le statistiche sulle vendite non
vanno faville: per ora, secondo l'indagine della Corte, su oltre 90 mila unità
immobiliari messe sul mercato meno di un terzo è stata acquistata (dati 2005).
Lo studio non fa cenno alla dismissione delle case del Comune di Roma, con
scandali finiti in decine di interrogazioni parlamentari. "Per ora nessuno
indaga seriamente. La storia dei 320 immobili destinati ad associazioni non
profit è, per esempio, incredibile", racconta il presidente di Oikos, Enzo
Minissi: "Dopo 12 anni solo 78 appartamenti sono identificabili, mentre gli
altri sono praticamente spariti, assegnati forse ai soliti noti a canoni
ridicoli. Sono occupazioni illecite, temiamo, di case di gran pregio: basti
pensare a un appartamento a piazza Navona dato a una fantomatica associazione
Rostropovich, o a una casa a piazza Esedra intestata agli Ex alunni del liceo
Avogadro di Chieti. In entrambi i casi niente targa, telefono, citofono".
Nessun nome identificabile nemmeno sul citofono del complesso di via delle Tre
Madonne, una serie di palazzine nel cuore dei Parioli un tempo di proprietà
dell'Ina. Decine di appartamenti di lusso finiti in blocco, dopo un giro
vorticoso di acquisti e cessioni, nel portafoglio della Milano Assicurazioni,
controllata a sua volta dalla Fondiaria del gruppo Ligresti. Le varie
targhette senza nome (è segnato solo il numero dell'interno) nascondono però
un pezzo di italica nomenclatura.Qui vive da molti anni l'ex ministro Rocco
Buttiglione insieme alla sua famiglia. In affitto, con diritto di prelazione
all'acquisto. Qui vive anche Chiara Geronzi (gli inquilini dicono abbia preso
in fitto tre appartamenti, di cui due attici, per circa 900 metri quadri). Da
poco è arrivato anche Marco Cardia, il figlio del presidente della Consob
Lamberto, mentre il forzista Beppe Pisanu è di casa, visto che viene sempre a
trovare figlio e nipotini. Un palazzo di vip. Fondiaria, di vendere, sembra
però non pensarci nemmeno. "Quando scadono i contratti di locazione dei vecchi
inquilini", dice l'avvocato Antonio Jezzi, che è l'unico ad aver vinto la
causa per ottenere il riconoscimento del diritto di prelazione, "i nuovi
proprietari li cacciano senza scrupoli per mettere i loro amici. Che non hanno
alcuna intenzione di comprare: qui conviene stare in affitto, soprattutto se i
prezzi sono inferiori a quelli di mercato".
ha collaborato Laura Venuti
Un miliardo di euro. Ovvero duemila miliardi delle
vecchie lire. Zero dopo zero una cifra impressionante. «Un terzo della
dismissione degli immobili pubblici», denuncia il presidente della Commissione
Finanze, Giorgio Benvenuto, «sono finiti agli investitori internazionali».
Perché la prima svendita, lo Stato, l'ha fatta proprio alle banche. È la Corte
dei conti a spiegare il meccanismo che ha portato a «Svendopoli» e ai fiumi di
denaro persi in mille rivoli. Dalla relazione presentata a gennaio del 2007 si
scopre infatti che a fare centro sono state prima di tutto le casseforti degli
istituti bancari che, dalle consulenze al collocamento, hanno raccolto
proventi per centinaia di milioni di euro. La magistratura contabile cita il
caso di quattro istituti di credito, «Banca Imi, Barclays Bank, Lehman
Brothers, Royal Bank of Scotland, che a fine 2004 hanno provvisoriamente
acquisito dal ministero dell'Economia e Finanze le quote del fondo Fip1 per
992,9 milioni di euro» a fronte di un valore nominale di 1.392 milioni di
euro. Le banche, sei mesi dopo, collocano sul mercato, per conto dello Stato,
il portafoglio immobiliare e spuntano all'asta 1.688 milioni di euro. Quello
che potrebbe sembrare un successo per via del plusvalore incassato, più 695
milioni rispetto al primo prezzo di vendita, agli occhi del magistrato
contabile si trasforma in qualcos'altro. Un affare discreto per lo Stato,
ottimo per i collocatori. Le banche, appunto, che intanto «per aver anticipato
per sei mesi e mezzo 992,9 milioni» hanno ottenuto un «notevole guadagno»: 99
milioni di interessi pari al 10%,il 18 % se conteggiato su base annua. Una
manna piovuta dal cielo. E questo è solo un esempio. Così casa dopo casa,
lotto dopo lotto, collocamento dopo collocamento, si arriva a rosicchiare la
montagna di denaro delle dismissioni. Secondo Benvenuto, tra commissioni e
oneri sugli interessi passivi, si tratta, fino al 2005, di guadagni «superiori
a 1.018 milioni di euro». Un terzo di quanto incassato dallo Stato fino a quel
momento è andato agli intermediatori privati. Senza distinzione e
«significative discontinuità», dice la Corte dei Conti, i governi, dal 1999 al
2005, hanno continuato a gestire male l'affare. A causa di cattive influenze.
Sono «gli evidenti conflitti di interessi» di cui parla la relazione
descrivendo il cortocircuito tra la pubblica amministrazione e studi legali,
advisor, consorzi di banche. Secondo il magistrato contabile, le finalità dei
collocatori si sono trovate «in contrapposizione all'interesse dei soggetti
pubblici». Così i privati incaricati dell'operazione premevano affinché lo
Stato vendesse creando «canali privilegiati con potenziali clienti pubblici,
utilizzabili per condizionarne le decisioni». A questi ultimi i contractors
finivano per evidenziare soltanto i vantaggi, tenendo in ombra «i costi e
rischi» ai quali andava incontro l'amministrazione pubblica. Uno scenario
difficile da ricostruire perché, come lamenta il relatore contabile, «il
Dipartimento del Tesoro non ha messo a disposizione gli elementi informativi
necessari». Cosa che non ha evitato che la Corte evidenziasse altri casi
paradossali di «svendopoli». Edifici pubblici ceduti e poi riacquistati. Più
conveniente caricarsi un mutuo sulle spalle che pagare l'affitto. Una
motivazione usata, ad esempio, dalla Sogei per «giustificare la decisione di
acquistare per 112 milioni la propria sede che era stata ceduta a Fintecna e
riaffittata ad un canone annuo di 7,5 milioni». Davvero un brutto affare.
Peccato essersene accorti tardi.
Roma
- Una figlia a San Pietro, il papà all’Aventino. La storia delle case della
famiglia Cossutta si dipana acrobatica tra Affittopoli e Svendopoli. Del buen
retiro di Maura, ormai, si sa tutto. L’appartamento dell’Inps in via della
Stazione San Pietro, 113 metri quadri al quinto piano, alle spalle del
Vaticano, era intestato a papà Armando, ma la figlia ci abita già da decenni
quando, nel 1995, la sua modesta pigione (un milione al mese) finisce sui
giornali. E quando si decide per le dismissioni, Maura non sembra contenta:
«Pagare un affitto a equo canone è un conto - dichiara ad agosto del ’99 -
acquistare è un’altra cosa, un impegno che non mi ero mai posta.Avrei
preferito che aspettassero ancora un po’ a vendere». Ma nel 2004 l’ex
parlamentare del Pdci fiuta l’affare e rompe gli indugi, diventanto
proprietaria dietro versamento di 165mila euro. Il prezzo di mercato?
Decisamente più alto, intorno ai 600mila euro. Nel frattempo papà Armando vive
in viale Aventino. E qualche anno dopo, trova una casa proprio accanto alla
sua anche all’altra figlia Anna, in un immobile dell’Ina. Non passa molto
tempo che anche qui arriva la dismissione. L’Ina vende il palazzo a Pirelli,
che poi fa la sua offerta agli inquilini, Cossuta figlia compresa. Seconda
compravendita andata in porto per la famiglia comunista. A quel punto, Armando
trasloca nella nuova casa. Sul vecchio citofono c’è ancora il suo nome, ma i
vicini si preoccupano di avvisare chi cerca il leader rosso: «Guardi, Cossutta
non sta più qui, lo trova al palazzo accanto». Altro protagonista di
Affittopoli è Sergio D’Antoni. L’ex leader Cisl, ora viceministro allo
Sviluppo economico nel governo Prodi, finì nella bufera per il suo attico di
219 metri quadrati in via Civinini ai Parioli, che pagava a equo canone, all’Inpdai,
appena un milione e duecentomila delle vecchie lire al mese. Mafu la presenza
di due vasche da idromassaggio nel suo appartamento a colpire di più i vicini
di casa e l’opinione pubblica, tanto da farlo finire sui giornali con il
nomignolo di «Mister Jacuzzi». D’Antoni dodici anni dopo abita ancora in
quella casa, ora confluita nel patrimonio dell’Inps. Ma i canoni, fa sapere,
decisamente aggiornati al rialzo, sono assolutamente in linea con i prezzi di
mercato. Non ha nemmeno deciso se acquistare o meno: pare che agli inquilini
dell’elegante condominio non sia ancora arriva la proposta di vendita. E le
Jacuzzi? Scomparse, rimosse, portate via da qualche anno. Non per questioni
d’immagine. C’era troppo poca pressione all’ultimo piano: anche gli attici
hanno i loro difetti. Se D’Antoni non ha fretta di diventare proprietario,
anche un altro «inquilino eccellente» la questione-casa la prende con
filosofia. E trattandosi di Rocco Buttiglione non potrebbe essere
diversamente. Il presidente dell’Udc, quando ancora era un «giovane professore
universitario», a fine anni ’70, ottenne un alloggio di tutto rispetto. Circa
190 metri quadri ai Parioli, in via delle Tre Madonne, che si erano liberati
per la morte del precedente inquilino, un matematico, «il mio esimio collega »
Mauro Picone, raccontava lui stesso al Giornale nel ’95, dopo essersi
ritrovato nelle «liste» di Affittopoli. Ma di andarsene da casa, scandalo o
meno, Buttiglione non voleva saperne. «Pago due milioni e mezzo al mese, se vi
sembrano pochi...», sospirava, invitando comunque l’Inps ad aggiornare i
canoni e «a gestire in modo più rigoroso i soldi dei pensionati». Dopo dodici
anni, almeno il primo dei desideri del professore centrista si è avverato.
Abita ancora lì, ma la sua pigione è stata rivista al rialzo dopo una
trattativa condotta con il sindacato degli inquilini Sunia. Nessun trasloco
dal 1995 a oggi anche per Luigi Cocilovo, europarlamentare dell’Ulivo e
vicepresidente del Parlamento europeo. L’indirizzo romano del sessantenne ex
braccio destro di D’Antoni è sempre lo stesso: via Panama, a metà strada tra i
Parioli e il Salario. Nel bel palazzo dell’Inps, a pochi metri dal verde di
Villa Ada, Cocilovo occupa un appartamento di 177 metri quadrati. Nel ’95,
quando lo «scandalo » era all’apice, pagava solo 1.183mila lire al mese.Da
quell’anno sono cambiate molte cose, l’istituto previdenziale ha applicato i
patti in deroga ai suoi inquilini. Che sono ancora tali. «L’Inps qui non ha
mai venduto», spiega un vicino di casa dell’ex sindacalista, che non si
sbilancia sull’importo dell’affitto. «Il canone è stato aggiornato, ma di
vendita ancora non se ne parla».
Fabrizio de Feo “Il Giornale del 03.09.2007
Casta
continua e privilegio perenne. C’è un filo rosso che lega la prima inchiesta
condotta dal Giornale dodici anni fa, nell’ormai lontano 1995, allo scandalo
denunciato nell’ultimo numero dell’Espresso. Erano i tempi di «Affittopoli»,
ovvero delle clamorose rivelazioni sugli affitti irrisori, pagati dai potenti
dell’epoca per occupare le case di proprietà degli enti, sparse per la
capitale. Un ghiotto bottino immobiliare diventato appannaggio di una vasta
schiera di potenti, quella che oggi viene identificata come «la casta», e dei
loro parenti e amici.
L’indignazione popolare, di fronte a quella sequenza di conclamati privilegi,
fu vibrante, tanto che perfino il Parlamento e la magistratura finirono per
occuparsi di quella vicenda. Le conseguenze concrete, però, non furono molte.
Certo ci fu chi, come Massimo D’Alema, decise di sfilarsi dal gioco e di
lasciare la sua casa in affitto a Trastevere (600mila lire per un alloggio di
185 metri quadrati) per comprarsene poi una in Prati, accendendo un mutuo,
come un qualsiasi comune mortale. Lo fece dopo un intervento nella
trasmissione Samarcanda di Michele Santoro, in cui affermò che aveva bisogno
della casa degli enti perché versava metà del suo stipendio di parlamentare al
partito. Ma quello fu l’unico passo indietro, l’unico «scrupolo di coscienza».
Gli altri inquilini Vip decisero di affidarsi al fisiologico oblio dettato dal
trascorrere del tempo. E di rimuovere il proprio nome dal citofono.
Oggi quegli stessi immobili affittati per molti
anni a equo canone (ovvero a prezzi stracciati) sono stati svenduti. E alcuni
di coloro che furono protagonisti di «Affittopoli» tornano oggi a figurare
negli elenchi dell’Espresso. Come dire che il privilegio da temporaneo è stato
reso eterno. Tra i nomi che comparivano negli elenchi del ’95 c’è,
innanzitutto, quello di Franco Marini, casa Inpdai di 150 metri quadrati ai
Parioli allora in affitto prima a 700mila lire mensili e poi, dopo
l’applicazione dei patti in deroga, a un milione e settecentomila lire. C’è
Lamberto Cardia, oggi presidente della Consob, allora sottosegretario alla
presidenza del Consiglio, che per il suo appartamento Inpdap all’Eur di 194
metri quadrati, pagava nel ’95 un milione e 94mila lire. E c’è quello di
Armando Cossutta che a Via della Stazione di San Pietro pagava per 114 metri
quadrati un milione e 8mila lire. Una casa acquistata oggi dalla figlia Maura
a 165mila euro. Nella stessa via abitava anche Franca Chiaromonte, con un
affitto di 534mila lire per 76 metri quadrati, anche lei oggi diventata
proprietaria.Spulciando negli elenchi si trovano altri nomi
tra quelli venuti alla ribalta in questi giorni. C’è Walter Veltroni che per
la casa Inpdai di Via Velletri da 140 metri quadrati (L’espresso parla, però,
di 190 metri quadrati) pagava 800mila lire. C’è Raffaele Bonanni con un canone
d’affitto di 492mila lire per la sua casa al Flaminio di 134 metri quadrati.
O, ancora, Nicola Mancino, in affitto a Corso
Rinascimento, in una casa da 170 metri quadrati a un milione al mese (prima
del passaggio dall’equo canone ai patti in deroga). Come dire che non c’è solo
l’acquisto a prezzi spesso stracciati di oggi, ma anche l’affitto
super-scontato di ieri.
L’unica certezza è che con «Svendopoli» il pluridecennale assalto delle
oligarchie italiane al patrimonio immobiliare degli enti pubblici sembra aver
vissuto il suo ultimo atto. O forse il penultimo visto che le vie del potere,
in Italia, sono infinite.
Mario Sechi “Il Giornale 3.9.2007”
Da
Affittopoli a Svendopoli il passo non è stato breve, sono trascorse molte
primavere da quel 17 agosto del 1995 in cui Il Giornale titolò in prima
pagina: «L’Inps regala le sue case. A chi?». Così iniziò Affittopoli. Dodici
anni dopo, siamo qui a battere i tasti per raccontare la storia delle case
comprate dai politici a prezzi stracciati.Diciamo subito che i privilegi sono bipartisan,
ma il centrosinistra sul mercato immobiliare ha una marcia in più. Sono
persone che non solo hanno capacità di risparmio inimmaginabili per un
italiano medio, ma anche uno straordinario fiuto per gli affari. Più che del
Palazzo, dovrebbero occuparsi di palazzi. E infatti se ne occupano, per se
stessi e la famiglia.È una sfacciata storia di comprati e venduti dove
il privilegio è ereditario, passa dai padri ai figli, e potrebbe avere la
ciliegina sulla torta quando si scoprirà che chi ha acquistato la casa di
pregio con supersconto e quotazione al ribasso poi l’ha rivenduta intascando
la plusvalenza.È una storia che ci insegna, ancora una volta,
molte cose sullo stato comatoso delle istituzioni, su una classe sempre meno
dirigente ma più digerente che mai. È una storia che i colleghi dell'Espresso hanno
sbattuto in copertina registrando il tutto esaurito in edicola. Dal
settimanale di via Po ci dividono molte cose, ma il gusto per il giornalismo
d’inchiesta ci accomuna. Fa sentire noi del Giornale un po’ meno soli ed è un
buon segno per l’editoria: il lettore svuota l'edicola se c'è qualcosa di
intrigante da leggere, conferma che si vendono le notizie e non solo i gadget.
Per queste ragioni troviamo un po' sorprendente che «Svendopoli» sia sparita
dalle prime pagine di quotidiani come Repubblica e Il Corriere della Sera che
negli ultimi mesi aveva scoperto quello che per Il Giornale è pane quotidiano:
la «Casta».Un’inchiesta giornalistica come quella su «Svendopoli»
è quanto mai salutare nel momento in cui il governo tutti i giorni si affanna
a dispensare lezioni di etica e morale. Da chi voleva «organizzare la
felicità», gli elettori si aspettavano qualcosa in più, non solo tasse. Il
fondo per gli aiuti ai cittadini in difficoltà con i mutui a tasso variabile è
una chimera (mentre Bush ha appena varato un pacchetto di sostegno per i
risparmiatori), le lenzuolate di Bersani e Visco non hanno scalfito la rendita
di posizione delle banche sul mercato del credito immobiliare, i programmi di
edilizia popolare sono inesistenti (non finanziati nel 2007, forse briciole di
euro per gli anni a venire), in compenso il governo Prodi detiene il record
storico di ministri e sottosegretari e si distingue per l’esplosione di
consulenze (900 milioni di euro, quasi duemila miliardi di vecchie lire) e
convegni per i quali si sono spesi 100 miliardi del vecchio conio. Ciò
dimostra che il vecchio adagio «parlare non costa nulla» con i politici non
vale.
Antonio Signorini “Il Giornale del 03.09.2007
Le regole c’erano. Ma non è escluso che alcuni
immobili siano stati venduti «sottobanco» in modo non regolare. E comunque,
anche se tutte le cessioni fossero avvenute nel pieno rispetto della legge, i
politici non ne avrebbero dovuto approfittare. Il capogruppo della Lega Nord
alla Camera Roberto Maroni, quando era ministro del Lavoro tra il 2001 e il
2006, era un po’ il custode degli immobili degli enti previdenziali. E spiega
che l’origine di Svendopoli è Affittopoli. La decisione di vendere attraverso
le cartolarizzazioni fu giusta. Gli inquilini spesso non pagavano o, nel caso
dei politici, pagavano pochissimo. Cosa vedeva dal punto di osservazione al
ministero?«Quando arrivai io era già scoppiata Affittopoli.
Lo scandalo era più vasto dei semplici favori ai politici perché gli immobili
degli enti previdenziali erano la riserva che garantiva le pensioni future. Un
patrimonio trascurato, gli inquilini non pagavano gli affitti e c’erano queste
aree di privilegio della politica».E cosa faceste?«Intervenimmo in due modi. Primo pretendemmo
dagli enti pubblici che i canoni di affitto arretrati venissero adeguati ai
prezzi di mercato, altrimenti io non avrei firmato i bilanci. Poi dividemmo
gli immobili distinguendo tra quelli di pregio e quelli normali secondo due
criteri, il luogo e le caratteristiche. Poi arrivò la cartolarizzazione degli
immobili». E forse è a questo punto che qualcosa non ha
funzionato, come sostiene il suo predecessore Cesare Salvi? «In qualche modo è scattato l’inghippo.
Cartolarizzare significa non dare più in affitto, ma vendere. Con il diritto
di prelazione. È lecito che se uno abita in un immobile lo possa comprare. Era
previsto uno sconto del 30 per cento che non doveva essere applicato agli
immobili di pregio. Io ho letto le difese di chi ha comprato. Va bene tutto,
per carità, ma non è ammissibile che un immobile di 14 vani non sia
considerato di pregio. Se questi sono stati venduti con lo sconto è stato
certamente un abuso».Con il senno di poi non sarebbe stato meglio
lasciare gli immobili agli enti? «No, la cartolarizzazione era giusta. Non
scordiamoci che questi immobili rendevano pochissimo e la manutenzione
costava. Erano per lo più in perdita ed è stato giusto impegnare in altro modo
le riserve per le pensioni».Cosa non ha funzionato? «Io penso che gli immobili conferiti alla Scip
siano stati venduti con procedure trasparenti. Le liste venivano pubblicate
sui giornali. Poi non so se ci sono stati traffici sotto banco. Non posso
escludere che qualche immobile possa essere sfuggito alle maglie della Società
per cessione degli immobili pubblici e ceduto in modo non perfettamente
regolare. Poi ci sono i casi degli enti privatizzati come quello dell’Enasarco
che ha coinvolto l’ex presidente di Confcommercio Sergio Billè e Stefano
Ricucci. Ci fu un’operazione poco trasparente per aggiudicare la gestione di
questo patrimonio e io la bloccai perché non mi convinceva. Avevo ragione,
visto che poi è intervenuta la magistratura». I personaggio coinvolti sostengono tutti che le
vendite sono state regolari, non ci crede?«Anche se fossero avvenute dentro i limiti della
legge io credo che un politico dovrebbe comunque evitarle queste cose. Non ci
si può nascondere dietro le regole. Anche l’indennità parlamentare che
prendiamo è regolare, ma la gente la vede come un privilegio».Lei dove vive?«In affitto, da un privato e pago regolarmente.
Un piccolo appartamento: soggiorno, camera, bagno e cucinino perché mi sembra
giusto dimostrare che a Roma non tutti vivono da privilegiati. Io penso ci sia
tanta gente che avrebbe potuto approfittare e non l’ha fatto. Chi ne ha
approfittato ha fatto una furbata».
Gian Maria De Francesco “Il Giornale del
02.09.2007
Ricomincio da capo è un’allegra commediola
americana nella quale il malcapitato Bill Murray, nel ruolo di un improbabile
meteorologo tv, si trova condannato a vivere all’infinito lo stesso giorno in
uno sperduto paesello della Pennsylvania.
Nel mondo politico italiano, però, la finzione cinematografica diventa realtà
e accade che ciclicamente ci si ritrovi a vivere le medesime situazioni così
come si erano configurate in precedenza. È il caso di «Svendopoli». Bisogna,
infatti, tornare a quel fatidico question time alla Camera del 24 gennaio
2001. Il governo Amato è ormai agli sgoccioli, ma questo non impedisce l’avvio
delle procedure di vendita degli immobili degli enti previdenziali e dei
Comuni. Il deputato di Forza Italia, Marco Taradash, presentò
un’interrogazione a risposta immediata al ministro del Lavoro, Cesare Salvi, e
al ministro delle Finanze, Ottaviano Del Turco, per sapere se non sia
«opportuno verificare che le operazioni di dismissione non finiscano per
determinare l’alienazione di immobili di pregio a prezzi ben lontani dal loro
valore di mercato». Anzi, nell’intervento in assemblea Taradash fu
ancora più esplicito. «Si è scoperto, grazie a un’inchiesta dell’Espresso, che
l’Ufficio del territorio delle Finanze (l’attuale Agenzia del demanio, ndr) ha
fatto in modo di attribuire agli immobili attualmente affittati a esponenti
del mondo politico, della magistratura, del giornalismo, prezzi al di sotto di
quelli di mercato per cui non risultano immobili di pregio. Si sta andando
verso “Acquistopoli”», disse il deputato azzurro.Come ricordato nell’intervista concessa ieri al Giornale da Cesare Salvi, l’ex
ministro avviò un’ampia digressione per mostrare come fino ad allora si fosse
seguito un percorso trasparente. Innanzitutto, ricordò che «gli immobili di
pregio sono quelli che hanno un valore superiore al 70% del prezzo medio degli
appartamenti rilevato sull’intero territorio comunale» e che a essi non si
applica lo sconto del 30% concesso agli inquilini in affitto. In secondo luogo, rilevò che «esiste un’unica
fonte» per la determinazione dei prezzi: il Dipartimento del territorio del
ministero delle Finanze. In ultima istanza, Salvi confermò che «l’Osservatorio
sul patrimonio immobiliare (allora guidato da Gualtiero Tamburini, ndr) presso
il ministero del Lavoro ha il compito di monitorare le dismissioni». Secondo
il ministro, non vi era rischio che «Affittopoli» potesse trasformarsi in «Svendopoli»
in quanto «sarà mia cura intervenire per evitare che ciò accada, come ho già
fatto nell’estate del 1999 bloccando la vendita degli immobili di pregio» per
evitare privilegi. Taradash replicò rilevando come fossero già
sorti contrasti sui criteri di valutazione tra Ufficio tecnico erariale delle
Finanze e Osservatorio. «Vi è un’enorme disparità tra prezzi di mercato reali
e prezzi che vengono segnalati come valore di quelle abitazioni in cui
risiedono segretari di partito ed esponenti politici al 99% del
centrosinistra», concluse. Rilievi che nel 2001 vennero mossi a Roma anche dal
consigliere comunale, Rita Bernardini (oggi segretario radicale), che denunciò
lo scandalo dei prezzi stracciati per migliaia di immobili posti in vendita
dal Comune nel centro storico in favore di personalità eccellenti.
Tutto passò in cavalleria e dopo sei anni si scopre che
la paventata «Svendopoli» è diventata una realtà. E che le dismissioni siano
state gestite nel corso degli anni con una certa leggerezza lo conferma
l’insolito lavorio di Via XX Settembre. I tecnici del ministero dell’Economia,
infatti, sono al lavoro per individuare nuovi criteri che consentano di
valorizzare al massimo il patrimonio degli enti pubblici aumentando i ricavi
per le casse dello Stato. Una preoccupazione alquanto insolita visto che il
governo Prodi si è contraddistinto maggiormente per l’incremento della
pressione fiscale piuttosto che per le dismissioni. Le sollecitazioni della
Corte dei conti e l’ennesimo incidente mediatico devono aver convinto Via XX
Settembre al ripensamento. Sperando di non dover ricominciare da capo anche
questa volta.
Stefano
Casamassima “Il Giornale del 02.09.2007
Ha lasciato decantare la questione il sindaco di
Roma, Walter Veltroni, che dopo quattro giorni di silenzio interviene nella
polemica che lo vede coinvolto sulla svendita ai politici degli immobili di
lusso con una velina affidata al Tg1 delle 20: «Né io né la mia famiglia
abbiamo goduto di alcun privilegio nell’acquisto della casa nella quale
abitiamo dal 1947. Qui sono nato un anno prima che morisse mio padre, non ho
quindi avuto la casa in affitto in virtù di qualche impropria agevolazione
ottenuta magari negli anni recenti come dirigente politico». Poi, ricorda che
quando «sono state messe in vendita le case degli enti, la mia famiglia ha
esercitato il diritto di prelazione come hanno fatto gli altri inquilini e
senza agevolazioni. Questo è chiaro anche dall’articolo dell’Espresso ma è
bene ribadirlo». A ruota la smentita del presidente emerito
Francesco Cossiga che a sua volta nega condizione di favore nell’acquisto
della casa. Questo mentre l’assessore capitolino alla Casa, Claudio Minelli,
ha detto di non avere nessun problema a rendere noti gli acquirenti degli
alloggi messi in vendita dal Comune «a chiunque ne faccia richiesta». Cosa che
farà da lunedì attraverso la società «Risorse per Roma» che ha curato le
procedure di vendita degli immobili.Intanto va in scena lo scontro a distanza tra
Massimo Donadi, capogruppo dell’Italia dei Valori alla Camera, e Mauro Fabris,
stesso ruolo ma nelle file dell’Udeur. Un botta e risposta tra due colonnelli
ma dietro cui, fin troppo ovvio, si nasconde l’infinita guerra di posizione
tra i «generali» Antonio Di Pietro e Clemente Mastella, che nell’inchiesta
dell’Espresso è uno dei casi più eclatanti. Venerdì Donadi, dopo la raffica di smentite,
precisazioni e minacce di querele seguite allo scoop, aveva detto che «destano
una certa preoccupazione le notizie pubblicate dal settimanale L’espresso».
Quindi l’ennesima brutta figura e caduta di credibilità della politica
italiana. Ma anche l’occasione, per il deputato dell’Idv, per rilanciare la
necessità del ricambio generazionale anche perché, ricorda, «ricoprire lo
stesso ruolo per anni, tanto più se pubblico» può indurre qualcuno ad
«approfittare della propria posizione». Il tutto senza mai nominare Mastella.
Ma a Fabris importa poco e niente, così nella tarda mattinata di ieri risponde
per le rime, e lui Di Pietro lo cita e quanto bene: «Invitiamo l’on. Donadi,
prima di lanciare qualsiasi giudizio sugli altri, ad andarsi a rileggere
l’articolo sul Giornaledel 19 aprile scorso, nel quale si ricordano i
“colpaccì” messi a segno dal titolare delle Infastrutture, compiuti anche
grazie ai rapporti non certo ordinari con forti gruppi immobiliari che
gestiscono il patrimonio pubblico già dismesso».Per rinfrescare le memoria, nel pezzo citato da
Fabris il Giornale, prendendo spunto dall’approfondimento di Italia Oggi
successivo alle dichiarazioni dei redditi dei ministri del governo Prodi,
faceva un escursus sulle iniziative imprenditoriali dell’ex Pm. Attività, che
avrebbero visto il clou, ricorda, proprio nel periodo in cui Di Pietro era
magistrato. Per Fabris, in conclusione, solo un’occasione per l’Idv «per
guadagnare facile consenso», cosa per cui però «non bisognerebbe avere
scheletri nell’armadio». Puntuale Donadi risponde. Con il «dispiacere» di
vedere Fabris «arrampicarsi sugli specchi» in una polemica inesistente, in cui
però, «pur essendo fermamente convinti del contrario» qualcuno «anche dalle
parti di casa sua ha la coda di paglia». Per Donadi, Di Pietro non ha bisogno
di difensori, tanto da poter andare a «qualunque confronto con una serenità
assolutamente serafica». Poi, nascondendo la mano dopo aver tirato il sasso,
«invece di prendersela con noi che non ce la siamo presa con lui né con il suo
parito», invita Fabris a chiarire davanti all’opinione pubblica. O, in
sostanza, a tacere.
Intervista a Gualtiero Tamburini su “Il Giornale del 02.09.2007
Gualtiero Tamburini, presidente di
Assoimmobiliare e di Nomisma, lei criticò le procedure di dismissione già alla
fine degli anni ’90 quando era presidente dell’Osservatorio sul patrimonio
immobiliare degli enti previdenziali. «La legge prevedeva che gli immobili si
vendessero agli inquilini con 30% di sconto a meno che non si trattasse di
immobili di pregio. Ma la legge non stabiliva quando si dovesse fare la
valutazione dei singoli immobili e così si è venduto dopo che la valutazione
era stata fatta già da molto tempo. Da questo dipendono le discrepanze tra
prezzo di vendita e valore di mercato degli immobili».Come si sarebbe dovuto procedere allora?«Si sarebbero dovute fare le valutazioni in tempo
reale rispetto alla vendita. Gli immobili sono stati valutati ai tempi delle
cartolarizzazioni effettuate tra il 2001 e il 2002 e sono stati ceduti a
qualche anno di distanza. Basta prendere le statistiche di Nomisma che
rivelano come tra il 1998 e il 2005 i prezzi siano aumentati del 90% per
comprendere come molte case siano state vendute praticamente a metà prezzo se
non con un ulteriore sconto del 30%». E i controlli?«Finche c’è stato l’Osservatorio sul patrimonio
immobiliare degli enti previdenziali c’è sempre stato un controllo. Poi...».Ma le società che hanno acquisito gli immobili
dovevano rispettare dei protocolli.«In quegli anni si è dato corso a una vendita
demagogica. Si sono fatte assegnazioni a chi aveva un contratto in tasca.
Parliamo di 50-60mila immobili affittati e venduti a prezzi scontati. C’era la
necessità di vendere e il legislatore non è andato tanto per il sottile».Quali sono stati i riflessi sul mercato
immobiliare?«L’offerta aggiuntiva a prezzo calmierato avrebbe
dovuto tenere basso il mercato ma è stata rivolta solo ad alcune categorie. E
poi si è trattato di 100mila case vendute in 5-6 anni a fronte di un mercato
italiano caratterizzato da 7-800mila compravendite all’anno».Chi ci ha guadagnato?«Le società-veicolo delle cartolarizzazioni
anticipano agli enti solo una parte del valore degli immobili e, una volta
effettuata la dismissione e detratte le spese, versano ciò che resta. Le spese
non sono mai state basse e gli enti previdenziali non hanno fatto un affare
visti i molti contenziosi. Il beneficio è andato a chi aveva un contratto
con gli enti. Lo Stato ci ha rimesso e ci ha guadagnato la casta».
Gli immobili di pregio degli entiROMA pubblici non
sono stati assegnati «sulla base di graduatorie per esigenze particolari» o «a
persone appartenenti a categorie disagiate». No. Sono finiti nelle mani degli
«amici degli amici» e di «coloro che sono più vicini alle capacità e
possibilità gestionali degli enti», cioè i raccomandati. È il 6 aprile 2005.
Il ministro dell'Economia Domenico Siniscalco viene ascoltato dalla Corte dei
Conti nell'ambito dell'indagine sui risultati delle cartolarizzazioni. Davanti
alla magistratura contabile, e lontano dalle telecamere, Siniscalco fa delle
ammissioni choc. E come lui Maria Teresa Armosino, sottosegretario del suo
stesso dicastero ed esponente di Forza Italia. I magistrati della Corte dei
Conti stanno cercando di capire come mai la prima tranche di vendita del
patrimonio immobiliare degli enti, l'operazione Scip 1 (che sta per Società di
cartolarizzazione immobili pubblici) è filata liscia. Mentre la fase due ha
subito ritardi, rallentamenti e molteplici ricorsi al Tar. Per Siniscalco e
Armosino non ci sono dubbi: la Scip 2 ha stentato a decollare perché
comprendeva i cosiddetti immobili di "pregio", quelli cioè che non potevano
essere venduti con lo sconto. Case chic spesso ubicate nel centro di Roma e
qualche volta popolate da «amici degli amici». PRESSIONI PER GLI SCONTI
«Riguardo agli immobili dichiarati di pregio», scrive la magistratura
contabile nella sua relazione sulle cartolarizzazioni, «è noto che, per quanto
concerne la vendita, agli stessi non veniva applicato lo sconto normalmente
previsto per gli immobili cosiddetti normali. Per motivi che attengono alle
ordinarie dinamiche di comportamento degli individui si è giunti molto
lentamente alla dichiarazione inerente a queste famose liste di pregio». In
sostanza è successo questo: i fortunati locatari di appartamenti di valore
hanno fatto fuoco e fiamme pur di diventarne proprietari a metà prezzo.
Alcuni, secondo la Corte, ricorrendo alla giustizia amministrativa («i ricorsi
hanno riguardato 187 immobili ma le richieste di sospensiva accolte dal Tar
sono in realtà pochissime). Mentre altri, molti pare, sono andati ben oltre:
«Le persone che occupavano immobili di pregio, siti nei centri delle città
hanno fatto di tutto pur di non pagare il prezzo pieno». Tant'è che «senza
esitazioni», rilevano i magistrati contabili, «il ministro (Siniscalco, ndr)
ha affermato che questo è un altro di quei casi di abusi per i quali varrebbe
ancora di più la pena di vendere questi immobili». Ma la questione del
"pregio" diventa presto un caso politico. Perché, come spesso succede, la
catena degli "amici degli amici" finisce dritta in Parlamento. È il
sottosegretario Maria Teresa Armosino a ricordare, pure lei in audizione
davanti alla magistratura contabile, «le numerose interrogazioni e
risoluzioni», presentate alla Camera e al Senato, «volte in primo luogo
all'abolizione del concetto di "pregio"». E in Parlamento, infatti, molti
sollevano il caso. Dipingono case magari non di nuovissima costruzione, ma pur
sempre ubicate al centro di Roma, come decadenti favelas. Magari per perorare
un presunto diritto allo sconto di amici ed elettori. Prendiamo l'esempio di
Alfiero Grandi, il sottosegretario diessino che oggi vorrebbe tassare le
rendite finanziarie. Nel 2003 definiva, in un'interrogazione, addirittura
«incostituzionale la sopravalutazione» degli stabili Inps di via Nicola Salvi
68, via Monte Oppio 12 e di via Cavour 108. Grandi, allora deputato, lamentava
il mancato diritto degli inquilini residenti di poter acquistare il proprio
appartamento a due passi dal Colosseo «con il 50 per cento di sconto». Sempre
nella scorsa legislatura, ancora attraverso interpellanze e interrogazioni al
governo, venivano sollevate altre presunte vessazioni compiute nel mondo
dell'edilizia "popolare", si rivendicavano sconti e benefici. Qualche esempio.
Carla Mazzuca Poggiolini, deputata dei Popolari Udeur, si faceva carico dei
condomini del complesso di via Calalzo, dal civico 36 al 60, a due passi dalla
rinomatissima Via Cortina d'Ampezzo. Gabriella Pistone dei Comunisti italiani,
nel febbraio 2006, chiedeva lumi sulla vendita di alcuni alloggi della
palazzina di via San Valentino 32. PREZZI POCO TRASPARENTI Altro che economia
di mercato, c'è chi, acquistando un appartamento dall'ente pubblico, ha fatto
l'affare della vita. Perché già i prezzi di partenza, a cui poi vengono pure
applicati gli sconti, sono ben lontani da quelli praticati ai cittadini
"normali". Lo rivela ancora la Corte dei Conti che, nella relazione sulla
cartolarizzazione, definisce «assai poco chiaro e trasparente» il criterio di
determinazione del valore degli immobili. Tanto per cominciare, scrivono i
magistrati, l'Agenzia del Territorio «ha provveduto a esprimere il proprio
parere di congruità sul valore determinato dalla Reag (società di valutazione
patrimoniale) senza effettuare sopralluoghi se non ove strettamente
necessari». Nessuno, dunque, si è preso la briga di andare a vedere
fisicamente gli appartamenti. L'Agenzia, insomma, ha stimato il patrimonio
immobiliare a occhio, «senza le misurazioni delle superfici e delle cubature»
e senza verificare la «regolarità degli impianti e le certificazioni richieste
dalle normative vigenti». I tecnici hanno fatto le loro valutazioni dalla
scrivania, limitandosi a guardare le carte. Così, un loft di lusso, è finito
valutato come 50 anonimi metri in periferia. IL CASO SPONSOR ECCELLENTI
Giovanna Melandri, nell'Unione, è in ottima compagnia. Il verde Paolo Cento
criticava l'Enasarco che affittava a 465 euro al mese appartamenti al Foro
italico; Alfiero Grandi, oggi sottosegretario, si scagliava contro la
supervalutazione delle case a via Cavour; Carla Mazzucca Poggiolini dell'Udeur
si preoccupava degli affitti nella chicchissima via Cortina d'Ampezzo; La
comunista Gabriella Pistone chiedeva lumi su una palazzina a via San
Valentino. QUARTIERI ALTI A PREZZI BASSI Il ministro delle Politiche giovanili
e dello Sport Giovanna Melandri. Nel 2005, quando era una semplice
parlamentare dei Ds, la Melandri presentò un'interrogazione parlamentare per
chiedere al ministero dell'Economia classificare come «non di pregio» un
palazzo situato nel lussuosissimo quartiere romano dei Parioli, dove di norma
le case non si vendono a meno di diecimila euro al metro quadro Imagoeconomica
Stefano Casamassima “Il
Giornale del 01.09.2007
Roma
- Dopo il polverone sollevato dall’inchiesta dell’«Espresso» sui presunti
acquisti di favore di case lusso da parte di ministri, politici, manager e
giornalisti, abbiamo voluto capire qualcosa in più. Per farlo ci siamo rivolti
agli operatori di mercato che il «territorio» lo conoscono. Un tour di Roma in
cui a guidare è Marco Ramberti, broker immobiliare della Remax, 7 mila agenzie
in tutto il mondo. Abbiamo cercato di verificare, partendo dai dati del
settimanale, l’entità del gap tra quanto pagato e il reale prezzo di mercato
al momento dell’acquisto: in certi casi lo «sconto» supera anche l’80%
Per «monetizzare» il valore delle case in base alla metratura, ove non
indicata - ci spiega Ramberti - si fa uso delle regole catastali, per cui si
definisce «vano» uno spazio di almeno 25 mq. Quindi se una casa ha quattro
vani catastali, la sua grandezza sarà all’incirca di 100 mq.
Partiamo dal sindaco di Roma, Walter Veltroni, proprietario di un appartamento
di 8,5 vani, posto auto e cantina in via Velletri. Pagato 377mila euro, al
momento dell’acquisto (nel 2005) la quotazione di mercato era di 6/7mila euro
per metro quadro, per un valore «reale» di oltre un milione e 400mila euro. Un
«risparmio» per il primo cittadino di poco più di un milione. Un buon affare.
Anche il presidente emerito Francesco Cossiga vive in 9,5 vani (e soffitta) in
via Quirino Visconti. Quando comprò l’abitazione, da quelle parti la
quotazione si aggirava intorno ai 6.500 euro al mq. A calcoli sviluppati,
risulta che invece dei 710 mila euro, Cossiga nel 2004 avrebbe dovuto sborsare
ben 1 milione 540mila euro. Gli tiene compagnia il leader dell’Udc Pier
Ferdinando Casini, che tra il 2005 e il 2007 investe in 30 vani in via
Clitunno al prezzo di 1 milione 800mila euro. In un momento però, in cui la
quotazione è di 8mila euro per mq: un totale di 6 milioni. Con il
vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, torniamo al centro storico, nei 10
vani più soffitta di corso Rinascimento. Anche qui, quotazione metro quadro
(in lire visto che siamo nel 2001), 11 milioni per un prezzo d’acquisto di 1
miliardo 550 milioni di lire. A chiunque altro quella casa però sarebbe
costata 2 miliardi 750 milioni. I
14 vani del presidente del Senato, Franco Marini, in via Lima si acquistano a
10mila euro a mq. Ma Marini li paga 1 milione di euro a fronte dei 3 milioni
500 mila euro che risultano dal calcolo. Una virata verso il fiume ed eccoci a
casa Mastella, dove all’altezza di lungotevere Flaminio il Guardasigilli conta
26 vani, terrazzo e box auto. Un metro quadro qui nel 2004 costa 5.300 euro
per un valore di mercato di circa 3 milioni 450 mila euro. Due e «spicci» in
più del milione 200 mila pagato invece dal ministro della Giustizia. Il
diessino Luciano Violante si accontenta di 70 metri quadrati su tre livelli
(ma con due terrazzi) in via di Santa Eufemia, tra Fori e Quirinale. Una vista
pagata, nel 2003, circa 327mila euro ma che, ai 7/8mila euro per mq del prezzo
corrente, sarebbero bastati a mala pena per comprare la metà dell’immobile.
Sta un po’ più largo nei suoi 8 vani + cantina in via del Perugino il
segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, che nel 2006 spunta un prezzo di
circa 201 mila euro. Anche qui risulta che contando i 6.200/6.400 euro mq,
dalle tasche sarebbe dovuto uscire 1 milione 250 mila euro.
Proseguiamo verso la periferia e incontriamo il presidente della Consob,
Lamberto Cardia, che nel 2002 paga 328 mila euro per 10 vani due posti auto e
cantina in via Nairobi (Eur). Non sarà il centro, ma è l’Eur, quotata 4mila
euro al mq: sarebbe servito 1 milione di euro per accaparrarsi l’immobile. La
comunista Maura Cossutta sente invece il bisogno di stare vicino al Vaticano.
Così compra 6 vani in via Stazione S. Pietro a 165mila euro. Sulla base dei
4mila euro del prezzo di mercato, noiosamente moltiplichiamo per i metri della
casa, col risultato che un qualunque pellegrino avrebbe pagato 600mila euro.
Chiudiamo da dove eravamo partiti, e nella via di Veltroni troviamo l’ex dg
delle Fs, Francesco Forlenza. 278mila euro bastano a prendere 7,5 vani e
servizi. Ma quell’anno (2005) per un metro quadro chiedevano 6/7 mila euro. E
per quella casa, ne servivano 1 milione 400mila.
Mario
Cervi “Il Giornale” del 01.09.2007
Dell'Espresso non mi capita frequentemente di
condividere le tesi politiche: ma alle sue inchieste sul malcostume dei
palazzi italiani va la mia ammirazione. Adesso, con «Svendopoli», il
settimanale denuncia le condizioni di stupefacente quando non sconvolgente
favore praticate a esponenti dell'italica nomenklatura per i loro acquisti di
case. «Svendopoli» può essere considerata il sèguito di quell'«affittopoli»
che segnò un momento importante nella storia del Giornale. Come allora la
reazione è rabbiosa. Si tenta di dimostrare che tutto è in regola. Sarà che i
politici hanno imparato da re Mida e trasformano in oro (o in immobili) ogni
centesimo delle loro sostanziose economie; sarà che questa capacità di
investire bene sembra aver trovato talenti straordinari là dove meno ce li
saremmo aspettati. E allora dov'è lo scandalo? È, per dirlo con chiarezza, proprio nel fatto che
in più d'un caso gli scialacquatori di denaro pubblico incapaci di metter
freno al dilagare della spesa, e i demagoghi che sanno suggerire per le
finanze del Paese solo sussidi, spreco, assistenza, inefficienza, si rivelano
oculati e bravissimi quando si passa dal pubblico al privato. Le aziende di
Stato hanno presentato per decenni conti in profondo rosso, causati da
operazioni demenziali, senza che le Alte Autorità avessero un fremito di
preoccupazione: ma queste stesse Alte Autorità sono state e sono
ineguagliabili nel far compere bazar del mattone.Anche rivoluzionari, che vedono l'accumulazione
capitalistica come qualcosa di diabolico, ritengono - se si viene al punto -
che sia meglio avere un tetto di proprietà, non in una Comune e nemmeno in
affitto. E così nel 2004 Maura Cossutta s'è assicurata a prezzo davvero ottimo
(165mila euro) un appartamento di sei vani vicino al Vaticano. Imparino, i
tanti figli e figlie italiani senza padre importante, a farsi casa con esborso
limitato. Imparino e imitino, se ci riescono.Ma l'amara verità è che non ci riescono, non
potrebbero mai riuscirci, e che a nessuno di noi poveracci capiterà
l'occasione - capitata invece a Franco Marini - di 14 vani catastali su due
piani nel quartiere Flaminio per un milione e duecentomila euro; o gli otto
vani a Walter Veltroni (quartiere Nomentano, 2005) per 377mila euro. Potrà
essere contestato qualche dato. Ma, benché incapaci di operazioni così
brillanti, non siamo sciocchi al punto di ritenere che tutto questo avvenga
per meccanismi normali e moralmente leciti (anche quando lo siano dal punto di
vista giuridico e formale). La cessione dell'appartamento a condizioni di
sogno può essere fatta da un ente previdenziale o comunque pubblico che quando
vende il suo patrimonio immobiliare non trascura gli amici, e gli amici degli
amici, e coloro che all'ente furono utili, e coloro che potranno esserlo in
futuro. Ma anche quando la cessione avvenga in un ambito che all'apparenza è
totalmente privato, non crediate che legami, connessioni, compromissioni siano
ignorati. Tutto ciò ispira disagio, e se del caso
disgusto, al cittadino comune. Ne ispira in particolar modo se l'affarone
benefica - e non diciamo che sia la regola, ma è molto frequente - un
personaggio del centrosinistra. Magari uno di quelli che si ergono a paladini
dei lavavetri, ma più che dai vetri sono interessati dai muri.
Gian Maria De Francesco “Il Giornale del
01.09.2007
Correva il 24 gennaio del 2001. Il deputato di
Forza Italia Marco Taradash, nel corso del question time, interrogò il
ministro del Lavoro, Cesare Salvi, sulle necessarie contromisure da adottare
per evitare che lo scandalo di «Affittopoli» si trasformasse in «Svendopoli»
attraverso la cessione a prezzi di favore degli immobili affittati a poche
centinaia di migliaia di lire. Salvi cercò di rassicurare Taradash con
un’ampia disamina dei provvedimenti fin lì adottati.A oltre sei anni di distanza, però, i timori si
sono trasformati in realtà: immobili nel centro di Roma di proprietà di enti
pubblici sono stati ceduti a rinomati inquilini a prezzi, per così dire, «di
favore». Oggi Salvi è presidente della commissione Giustizia del Senato e
leader di Sinistra democratica. Le idee, però, non sono cambiate e il biasimo
nei confronti della casta è forte. E lo ribadisce in un’intervista al
Giornale. «Mi fate tornare nel passato».Presidente Salvi, è il passato che non passa mai.
Quando lei era ministro del Lavoro cercò di bloccare la malapianta di «Affittopoli»
proprio per evitare la deriva attuale. Come si orientò?«In primo luogo emanai una direttiva sugli
immobili di pregio perché con questa mania delle privatizzazioni c’era il
rischio di privilegi a inquilini eccellenti. Ovviamente, gli enti
previdenziali devono concentrarsi sulla loro missione e non essere agenti
immobiliari. Per questo motivo furono emanate una legge e una circolare per
stabilire che i locatori di immobili degli enti hanno diritto a un acquisto
basato sul prezzo di mercato scontato del 30%, il valore medio dello sconto
che si applica quando l’immobile è affittato. Sconto che ovviamente non si
applica agli immobili di pregio».E quando scoppiò «Affittopoli»?«Quando montò la polemica a mezzo stampa emanai
una circolare con la quale bloccai la vendita degli immobili di pregio ai vip.
Chiesi a Stefano Rodotà, allora Garante della privacy, se si potevano rendere
noti i nomi degli inquilini che avevano incarichi pubblici. Egli rispose che
l’interesse pubblico in quel caso attenuava il diritto alla riservatezza e
diedi direttiva di fare un elenco degli inquilini vip». Però gli eventi hanno seguito un percorso
diverso.«Per come avevo lasciato le cose c’erano le
condizioni perché non accadesse questo fenomeno. Da una parte se ne sono
fregati, dall’altra con Scip si è scavalcato il problema. L’ente immobiliare
fa prezzi di favore agli inquilini eccellenti. Tremonti per fare prima, e non
lo dico per criticarlo, con Scip 1 e Scip 2 ha venduto ai soliti noti:
Tronchetti Provera, Pirelli e Generali. I privati si sono comportati in modo
non congruo».C’era anche una controparte. O no?«Il politico ha una responsabilità in più. Sta’
attento, porca miseria, perché la gente è arrabbiata. Edilizia popolare non se
ne fa più, gli affitti sono alle stelle».Quando lei era ministro aveva predisposto il
monitoraggio delle procedure di dismissione. Evidentemente non si è monitorato
abbastanza.«Io feci l’elenco degli immobili di pregio,
bloccai la vendita degli alloggi ai vip di modo che nessuno potesse essere
ritenuto privilegiato. Certo, c’è stata omessa vigilanza. Poi i politici
pensano di poter fare quello che vogliono e poi c’è il patrimonio Ina in mano
a Tronchetti e soci. Leggo smentite e non entro nei singoli casi. Pur avendo
acquistato da enti pubblici sulla base di protocolli precisi, i privati non
hanno dato a queste regole il giusto peso. La vigilanza è importante, un
ministro non deve dare solo interviste. Io fui aiutato dalla stampa.
L’impiccio è a monte. Io assicurai la massima trasparenza. Quando me ne andai
avevo predisposto tutto perché certi casi non si ripetessero».Ammesso che il suo successore Maroni abbia avuto
delle responsabilità, il centrosinistra è tornato al governo da un anno e
mezzo.«I privilegi, come si vede, sono bipartisan e se
li tengono stretti».Lei è autore di una vasta pubblicistica sulle
«dismisure» della classe dirigente politica.«La seconda edizione de I costi della politica
ormai sta per uscire, ma si sarebbe dovuto aggiungere un altro capitolo su
questa vicenda».
Libero del 01.09.2007 CASE,
MANGIATI 4 MILIARDI Di Oscar Giannino
Lettori, elettori e contribuenti si fanno
giustamente girare le scatole, leggendo che potenti e politici, sindacalisti e
boiardi di Stato si cuccano signore case di ampia metratura in quartieri
centrali e residenziali, a prezzi scontatissimi di favore che noi comuni
mortali ci possiamo solo sognare. Aggiungo di mio che, per dirla tutta, allora
bisognerebbe forse che si raccontasse anche di alcuni - non esattamente
pochissimi - giornalisti di grandi organi di stampa, che anch'essi fanno a
tutti gli effetti parte della "casta". Pirelli e Generali, le grandi banche e
assicurazioni di cui avete letto essere munifiche proprietarie di immobili
ceduti a prezzi di favore ai politici, a volte fanno lo stesso con coloro dei
cui servigi mediatici sono abituati da anni a servirsi con profitto. Ma
chiudiamo la parentesi - dettata solo dalla sincerità dovuta al lettore, che
non sia portato a credere che i gazzettieri siano tutti intemerati amici della
verità. Veniamo al punto. Oggi su Libero trovate un bel seguito agli scandali
raccontati ieri , in materia di quelle abitazioni che hanno sostituito le case
di tolleranza, le "case di favore". Molti degli esempi che vi proponiamo oggi
vengono dalle cartolarizzazioni immobiliari effettuate dal 2001 in avanti. E
poiché l'argomento è un po' arcano e per addetti ai lavori, cercherò qui di
spiegare come e perché quelle cartolarizzazioni abbiano potuto dare il destro
per il verificarsi di tali casi. Che cos'è innanzitutto, la cartolarizzazione?
È il nome che in italiano si dà a una procedura finanziaria chiamata in
inglese "securitization". Se ho nel mio attivo patrimoniale un credito che mi
creerà reddito molto differito o di per me difficile realizzazione, oppure se
ho un immobile la cui gestione dia un risultato negativo o comunque inferiore
alla media del mercato, attraverso la cartolarizzazione cedo il mio credito o
il mio immobile a una società-veicolo appositamente creata, che me li paga
raccogliendo intanto e subito denaro sul mercato attraverso l'emissione di
titoli, di solito obbligazionari. Poi, nel tempo, è la società veicolo che si
ripaga completamente cedendo i beni sul mercato. I titoli emessi hanno un
merito di credito, e dunque vengono negoziati sul mercato a un certo tasso
d'interesse, che dipenderà dalla qualità del portafoglio di asset acquisiti
dalla società veicolo, dalla credibilità e dall'accuratezza della stima con la
quale si è proceduti a valutarli, nonché dalla solvibilità del soggetto che li
ha ceduti all'origine, e da quella dei soci della società veicolo stessa, di
solito grandi banche d'affari specializzate in questo segmento del mercato che
dagli anni '90 in avanti ha raggiunto nel mondo le dimensioni di oltre 5 mila
miliardi di dollari: mezzo Pil degli Stati Uniti, per capirci. È una tecnica
di valorizzazione patrimoniale nata nel mondo delle banche e delle imprese
anglosassoni. Dal 2001 in avanti, alle prese con un debito pubblico superiore
al 106 per cento del Pil e con un attivo patrimoniale dello Stato stimato nel
2004 pari al 137% del Pil di cui il 40% considerato cedibile in pochi anni sul
mercato, il governo italiano decise di avviare - nella strategia di messa a
reddito di un patrimonio pubblico sino a quel momento gestito in maniera non
economica - anche decise cartolarizzazioni. Per un valore complessivo di
portafoglio ceduto, tra tutte le diverse operazioni poste in essere - pari in
5 anni a 129 miliardi di euro. Vennero cartolarizzati crediti Inps per 85
miliardi - la metà sostanzialmente considerati mai incassabili crediti Inail
per 4 miliardi, crediti e prestiti Inpdap per quasi 5 miliardi, future giocate
dell'Enalotto e dei giochi per 13 miliardi e mezzo. E via continuando: tra le
varie operazioni, anche tre cartolarizzazioni di patrimonio immobiliare
pubblico, la prima detta Scip 1 per poco più di 5 miliardi di patrimonio, poi
Scip 2 per circa 7,7 miliardi, infine il Fondo Immobiliare pubblico, Fip, per
circa 3,3 miliardi. In Scip 1 vennero inglobate oltre 27 mila unità
immobiliari degli enti previdenziali. In Scip 2 oltre 60mila, ancora degli
Enti e del Demanio. Ma invece di continuare a enumerare cifre, andiamo al
problema che ci riguarda, quello delle cessioni a prezzo scontatissimo. È
evidente che chi cartolarizza lo fa per incassare subito un valore che non
riuscirebbe mai a incassare negli anni e di cui ha bisogno subito. Tanto è
vero che per Scip 1, al prezzo di mercato del portafoglio ceduto corrispose
l'emissione di titoli dalla società veicolo per un ammontare pari a 2,3
miliardi di euro, meno della metà della stima di mercato. La vendita
successiva delle unità immobiliari realizzò alla società veicolo oltre 3
miliardi: dunque un bel guadagno. E agli acquirenti degli immobili, per
diritto di riscatto o partecipando ad aste delle unità libere, il prezzo di
acquisto sottoscritto si fermò in media a un livello tra il 40 e il 55%
inferiore all'andamento a metro quadro delle case in Italia, nel 2002-2004,
quando le cessioni vennero concretamente a determinarsi. Avete capito dunque,
come è stato possibile a molti "potenti" che già da anni erano in affitto in
stabili residenziali degli enti previdenziali a canoni assai bassi, metterci
definitivamente le unghie come proprietari attraverso il meccanismo delle
cartolarizzazioni? Lo Stato aveva bisogno di incassare. Gli enti previdenziali
gestiti dalla casta affittavano da tempo ad amici degli amici. E grazie alla
fame di cassa dello Stato sprecone gli amici degli amici hanno pagato le case
"meglio posizionate" a metà prezzo di quanto abbiate fatto voi. Che già negli
anni precedenti ve lo siete sognato, di pagare affitti tanto bassi.
Naturalmente, le cartolarizzazioni hanno sollevato tanti altri problemi: con
l'Europa, per come considerarne gli incassi rispetto al debito pubblico, e con
gli Enti stessi, che chiedevano "rabbocchi" di valore nel constatare gli utili
della società veicolo. Ma voglio solo dirvi che quando è partita Scip 2, anche
in quel caso i valori erano del 40% inferiori a quelli di mercato del 2001: e
nel frattempo i prezzi erano saliti tra il 13 e il 15% l'anno, nelle aree
residenziali di Roma e Milano. È proprio vero che c'è per chi è una pacchia,
la fame dello Stato.
Quasi 4 miliardi di euro. Circa 8milaROMA miliardi delle vecchie lire. Quella
delle cartolarizzazioni è stata un'operazione avviata con il piede sbagliato e
finita ancor peggio. Già, perché i circa 4 miliardi di perdite sono solo
quelli dovuti alla svalutazione degli immobili pubblici. In sostanza, prima
ancora che le vendite fossero perfezionate, lo Stato già aveva subìto perdite
ingenti, dovute alla differenza tra il valore reale degli immobili e il prezzo
al quale sarebbero stati venduti, decurtato degli sconti previsti per legge.
Una mossa azzardata, dunque, che ha innescato una serie di danni economici
alle casse dello Stato, durante i sette anni di dismissioni del patrimonio
pubblico. Periodo in cui si sono accumulati anche i danni relativi ai costi di
gestione di queste vendite, come quelli per organizzare le aste pubbliche e
molti altri. Per ricostruire le tappe di questa svendita, avviata con
l'intento di frenare il debito pubblico immettendo liquidità nelle casse dello
Stato, bisogna tornare indietro al 2000, quando prese il via il Programma
Ordinario di Cessione (Poc) seguito poi, nel 2001, dal Programma straordinario
di Cessione (Psc). Operazioni entrambe volute dal governo di centrosinistra -
dall'ex ministro dell'Economia, carlo Azeglio Ciampi - rispettivamente con il
decreto legislativo 104 del 1996 e con l'articolo 7 della legge 140 del 1997 e
che iniziarono a causare i primi ammanchi. Entrambi i provvedimenti furono
varati con circolari dell'allora ministro del Lavoro, Casare Salvi. Solo con
il Poc furono venduti al ribasso, con gli sconti dovuti per legge agli
inquilini locatari, ben 10.683 alloggi, con un incasso - di gran lunga più
basso rispetto al reale valore di mercato - di 951 milioni di euro. Questi
programmi sono stati in seguito stoppati dal subentrare delle leggi relative
alle cartolarizzazioni volute dal centrodestra - in particolare dall'ex
ministro dell'Economia, Giulio Tremonti - e istitutive delle Società di
cartolarizzazione degli immobili pubblici (Scip). Un'altra mossa, messa a
punto con la legge 410 del 2001, che ha finito per complicare ulteriormente la
già complessa operazione di vendita, provocando altre perdite. I NUMERI DELLO
SPRECO Basta scorrere la relazione della Corte dei Conti, ferma al 2006, per
avere un'idea di quanti soldi pubblici siano andati in fumo. Nelle oltre 300
pagine dei magistrati contabili, si legge che nel primo semestre 2002, nella
prima operazione di cartolarizzazione degli immobili pubblici (Scip 1) i sette
enti previdenziali, Inpdap, Enpals, Inail, Inpdai, Inps, Ipost e Ipsema, hanno
ceduto alla società di cartolarizzazioni un portafoglio immobiliare di 27.250
unità residenziali e 262 unità commerciali, stimato in 5,1 miliardi di euro.
Passano appena sei mesi e lo Stato sferra il primo colpo di mannaia sul suo
patrimonio: al netto degli sconti massimi previsti per legge, il patrimonio
che sei mesi prima valeva 5,1 miliardi di euro, sarebbe stato venduto a 3
miliardi e 830 milioni di euro. Con una perdita di 1 miliardo e 270 milioni.
Ma non finisce qui. Come se non bastasse la prima batosta, il governo dà il
via alla seconda cartolarizzazione (Scip 2), che comprende il residuo
patrimonio residenziale degli enti previdenziali e una piccola quota di
patrimonio residenziale dello Stato (pari allo 0,47% del totale). In totale
gli immobili a carattere residenziale ceduti sono 53.241, ai quali vanno ad
aggiungersi 9.639 unità a uso commerciale. Anche il questo caso l'Agenzia del
territorio valuta in 10 miliardi di euro il valore degli alloggi. Che, però, a
distanza di mesi, vengono messi in vendita per un valore complessivo di 7
miliardi e 787 milioni, calcolato applicando il solito sconto dovuto dalla
legge 410 del 2001. Risultato? Due miliardi e 213 milioni di euro spariti. E
se si sommano questi alle perdite dovute alla Scip 1 il risultato delle
perdite raggiunge la cifra da capogiro di 3 miliardi e 483 milioni di euro. Ma
il panorama è, se possibile, ancora più nero, se si guarda all'andamento delle
vendite. A tutto il primo semestre del 2005 erano state effettuate 27.682
vendite complessive, per un valore reale stimato in 3 miliardi e 500 milioni
di euro. Peccato che nelle casse dello Stato ci fosse poco più di un miliardo.
SPRECHI A NON FINIRE Ma i danni economici dovuti alle cartolarizzazioni non
finiscono qui. Alla svendita del patrimonio immobiliare pubblico devono essere
sommate una serie di voci relative ai costi di gestione delle
cartolarizzazioni, che non sono proprio bruscolini. Anzi. Anche lì si parla di
fior di milioni di euro, che vanno a gravare ulteriormente il buco di Stato.
La Corte dei Conti anche su questo fronte è stata inflessibile. Dal 2001 al
2005 sono stati spesi quasi 370 milioni di euro. Settecento miliardi di
vecchie lire dovuti, solo per citare alcune voci, agli oneri di gestione del
patrimonio immobiliare, alle spese notarili, agli interessi passivi,
all'ammortamento degli oneri di collocamento e al pagamento dei manager delle
società. Sotto quest'ultima voce, definita nel piano economico delle Scip, "Assets
Sales Manager Fees, si legge la considerevole cifra di 47 milioni e 675 mila
euro. Tanto hanno incassato gli addetti ai lavori per dar vita alle
cartolarizzazioni. Insomma, la lista di sprechi che si sarebbero potuti
evitare è lunga. E va a sommarsi agli immobili rimasti invenduti, per i quali,
dunque, l'affrontare queste spese è stato totalmente inutile. Secondo i
magistrati contabili, a gennaio del 2006, risultavano invenduti oltre 66mila
immobili, tra case e immobili ad uso commerciale, per un valore stimato di 3
miliardi e 900 milioni. RICOMPRATE DALLO STATO Non bastavano i saldi sul
patrimonio pubblico. La Corte dei Conti ha stigmatizzato anche il fatto che a
comprare il 26% degli immobili cartolarizzati sia stata, su un lotto di 1.649
cespiti di Scip 2, la Fintecna, società a totale partecipazione pubblica.
Insomma, lo Stato decide di privatizzare gli alloggi e poi se li ricompra
svalutati. «Non si può, quindi, negare che, nonostante la formale autonomia
strategica e decisiona-le dei soggetti societari pubblici, possa suscitare più
di una perplessità la circostanza che, nel contesto di un processo di
privatizzazione, consistenti lotti di immobili pubblici vengano acquistati da
una società a totale partecipazione pubblica», si legge nella relazione dei
magistrati. Ma in Italia può accadere anche questo. L'ultima vittima delle
cartolarizzazioni è il ministero della Difesa: la dismissione dei suoi
immobili è stata avviata con la cosiddetta Scip 3, voluta dalla Finanziaria
2005. Ora, però, le cose stanno cambiando. Dopo una masochistica corsa alla
svendita del patrimonio di Stato, avviata con decreti di dieci anni fa, lo
stesso governo che aveva dato il via a tutto, sta ora cercando di porre un
freno. E l'attuale ministro dell'Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, ha
stabilito lo stop alle cartolarizzazioni, sostituite da lunghe concessioni di
50 anni degli immobili pubblici. LA SCHEDA COSA SONO La cartolarizzazione
(indicata anche con il termine inglese securitisation) è un processo
finanziario finalizzato alla trasformazione dei crediti in titoli negoziabili
sul mercato. È considerata una innovativa tecnica finanziaria per mezzo della
quale banche, società, enti pubblici e privati e lo stesso Ministero
dell'Economia e delle Finanze anticipano incassi futuri. IL PROCESSO DI
CARTOLARIZZAZIONE Il processo ha diversi protagonisti: il primo è il soggetto
proprietario dei crediti (originator), che vengono ceduti a una società che, a
fronte dei flussi di cassa ceduti, emetterà titoli ne- goziabili sui mercati
finanziari nazionali o internazionali. Questa società costituisce lo strumento
principale dell'operazione. Di solito ha vita breve, costi di costituzione,
gestione e requisiti patrimoniali limitati LA SITUAZIONE IN ITALIA In Italia
fino a poco tempo fa vi erano impedimenti civili e penali. Con Dl n.58 del 24
febbraio '98 sono superati gli ostacoli normativi. Con la legge n. 410 del 23
novembre 2001 si compie un passo decisivo per il processo di dismissione del
patrimonio immobiliare dello Stato. È stabilito che la parte alienabile, salvo
il patrimonio storico-culturale, deve essere cartolarizzata.
Le dismissioni del patrimonio immobiliare dello
Stato? La più grande operazione finanziaria della Repubblica. Peccato che alla
fine i conti non tornino. Oltre alla svalutazione degli immobili, alle
rilevanti perdite per l'amministrazione pubblica, salta fuori anche l'enigma
delle tabelle. Sono le «notevoli incongruenze» che la Corte dei conti
riscontra nella sua relazione «Analisi dei risultati delle cartolarizzazioni»
del marzo 2006 confrontando i dati degli Enti che hanno gestito l'affare per
conto dello Stato (Enpals, Inail, Inpadai, Inps, Inpdap, Ipost, Ipsema,
Agenzia del Demanio) e quelli a disposizione del ministero dell'Economia e
finanze sull'esito della dismissione tra il 2002 e il 2005. Basta infatti un
rapido raffronto tra le tabelle per scoprire che non collimano. Non combaciano
il numero di case, terreni, box auto indicati dal ministero e quelli
dichiarati dagli enti gestori incaricati delle vendita. Non combacia neppure
il valore dichiarato dal Tesoro rispetto a quello stimato dagli Istituti
previdenziali. Quando la Corte cerca di capire quanti immobili siano stati
realmente ceduti nel corso delle due prime due fasi dell'operazione (la Scip 1
e Scip2) e quanti non abbiano ancora un acquirente si trova davanti un rebus.
Chi ha ragione, gli enti previdenziali o il Ministero? Domanda che,
ovviamente, ne contiene un'altra che i giudici non possono formulare
apertamente: possibile che in uno dei più grandi affari messi in piedi dallo
Stato, nessuno si sia premurato di far corrispondere le informazioni tra tutti
i soggetti coinvolti? Nella relazione la magistratura contabile accerta
infatti che in molti casi agli Enti risulta una cosa, al ministero
dell'Economia un'altra. Come minimo c'è un difetto di sincronizzazione tra i
due cervelli dell'operazione. Scorrendo gli elenchi degli Enti gestori e
confrontandoli con quelli a disposizione del Tesoro saltano fuori le «notevoli
incongruenze», scrive il magistrato relatore, «nella quantificazione del
portafoglio degli immobili». Tradotto: è accaduto che mentre l'Ente
previdenziale dichiarava di aver venduto 10 appartamenti, al Tesoro ne
risultavano venti. O viceversa. Gli esempi si sprecano. La Corte raccoglie e
confronta le tabelline fornite dall'Enpals (l'ente previdenziale dei
lavoratori dello spettacolo e dello sport) e quelle in possesso del Tesoro. Le
mette una di fronte all'altra. Dovrebbero essere perfettamente corrispondenti.
Un'unità cartolarizzata, un'unità registrata. Un'unità venduta, un incasso
registrato. Così negli uffici dell'Enpals, così in quelli di via Venti
Settembre, sede del Tesoro. Dovrebbero. E invece non è così. Secondo i dati
del ministero, ad esempio, l'Enpals dichiara di aver cartolarizzato 553
immobili per la prima tranche di offerta pubblica e 170 nella seconda fase.
Logica vorrebbe che riferendo i dati su come sono andate gli affari con i
privati, con le società immobiliari, o nelle aste, nello stesso arco di tempo
individuato dal ministero (in questo caso dal 2002 al 2004), l'Enpals
comunichi il destino di 623 immobili . Sorpresa. Non è così. L'ente che tutela
artisti e attori comunica di aver venduto, tra l'una e l'altra dismissione,
115 unità. Gliene rimangono sul groppone, o perché le aste sono andate
deserte, o perché nessuno ha fatto un'offerta congrua,altri 188. I conti sono
presto fatti. Dove il Tesoro contava 623, l'Ente conta 303. Chi lascia e chi
raddoppia tra i due? La Corte dei Conti non ottiene risposte soddisfacenti. In
qualche caso, la difformità dei dati potrebbe essere causata dai diversi
criteri di contabilizzazione delle unità. Alcuni Istituti di previdenza, ad
esempio, potrebbero aver schedato gli immobili nella loro interezza, senza
contare cantine, soffitte, box auto. Mentre i funzionari del ministero
calcolavano unità per unità. Questo spiegherebbe solo in parte la confusione
delle tabelle. Non, ad esempio, i casi in cui tra le banche dati dell'Ente e
quelle del Tesoro le parti si rovesciano. La Corte passa al setaccio il
dossier Inail (l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni
sul lavoro) e scopre che l'Istituto dichiara di poter contare, tra il 2002 e
il 2005, su un portafoglio di 8300 unità immobiliari del valore stimato di un
miliardo di euro. Al ministero risultano invece poco meno di 7mila beni (6.912
per la precisione) valutati circa 757 milioni di euro. Tra una tabella e
l'altra si sono persi 250 milioni di euro. Un quarto del totale. Dove siano
finiti, difficile dire.
Marco Lillo per "L'espresso" N.35 Settembre 2007
Ci sono ministri e leader di partito, ex presidenti del
Parlamento e della Repubblica, magistrati e giornalisti. La nazionale
dell'acquisto immobiliare scontato è talmente vasta e assortita che ci si
potrebbe fare un ottimo governo di coalizione. Si va dall'ex presidente della
Repubblica FrancescoCossiga ai presidenti della Camera e del
Senato del primo governo Prodi: Luciano Violante e Nicola Mancino.
Dalla famiglia del presidente dell'Udc Pier Ferdinando Casini a quella
del ministro della Giustizia ClementeMastella passando per la
figlia del deputato di An Francesco Proietti. C'è il candidato leader
del Partito democratico, WalterVeltroni e il presidente del
Senato FrancoMarini. Non mancano la Borsa, con il presidente
della Consob Lamberto Cardia e il mondo del lavoro con il segretario
della Cisl Raffaele Bonanni. C'è il senatore Udc Mario Baccini e
il responsabile della Margherita in Sicilia Salvatore Cardinale.
Situazioni diverse tra loro che talvolta convivono nello stesso palazzo.
Prendiamo lo stabile Inpdai di via Velletri, a due passi da via
Veneto. Al primo piano la moglie di WalterVeltroni ha comprato
più o meno allo stesso prezzo pagato dall'ex sottosegretario Marianna Li Calzi
che abita al quarto. Ma le due storie sono diverse. Li Calzi ha ottenuto il
suo attico alla vigilia della svendita a seguito di una discussa procedura
pubblica. Veltroni invece è nato nelle case dell'ente previdenziale dei
dirigenti. L'Inpdai aveva affittato sin dal 1956 un appartamento al padre,
dirigente Rai. Nel 1994 i Veltroni restituirono all'ente i due alloggi
nei quali vivevano Walter e la mamma per averne in cambio uno più
grande, il famoso primo piano di via Velletri da 190 metri quadrati che nel
2005 è stato acquistato dalla moglie del sindaco, Flavia Prisco, per
373 mila euro. Il prezzo è basso per effetto non di un'elargizione personale
ma per il meccanismo degli sconti collettivi concessi a tutti allo stesso
modo. Altra cosa ancora sono gli acquisti delle case dell'Ina ora
finite a Generali e Pirelli. Questi colossi privati in alcuni casi si sono
comportati come spietati alfieri del libero mercato. Altre volte hanno fatto
prezzi bassi per blocchi di appartamenti finiti poi a famiglie dai nomi noti
come Mastella e Casini. Scelte discutibili per società quotate
in Borsa come Pirelli e Generali che dovrebbero puntare solo al profitto e
che, evidentemente, hanno pensato di fare gli interessi dei propri azionisti
cedendo appartamenti ai politici e ai loro amici a valori bassi.
Insomma, ci sono differenze radicali tra venditore privato e ente pubblico ma
anche all'interno delle due categorie. Se non bisogna far di tutta l'erba un
fascio però ci sono due cose che accomunano i protagonisti della nostra
inchiesta: sono potenti che hanno pagato troppo poco ieri per l'affitto e oggi
per l'acquisto. Inoltre nella maggioranza dei casi in quegli immobili sono
entrati grazie a conoscenze, entrature e amicizie. Questa disparità di
trattamento con i comuni mortali non è una novità. Emerse con violenza
populista nel 1996 durante il primo Governo Prodi grazie alla campagna
"Affittopoli" de "il Giornale" di Vittorio Feltri. Oggi quegli stessi immobili affittati dieci anni fa ad equo
canone sono stati svenduti definitivamente e il privilegio è stato reso
eterno. Per fare qualche esempio: Lamberto Cardia, presidente Consob,
pagava 1 milione e 100 mila lire al mese di affitto nel 1996 e ha comprato nel
2002 a 328 mila euro 10 vani e due posti auto a due passi dal
Palaeur. Maura Cossutta, onorevole dei Comunisti Italiani,
pagava 1 milione e 50 mila lire allora e compra nel 2004 quattro camere, due
bagni e balconi a due passi da San Pietro a 165 mila euro. Franco
Marini pagava 1 milione e 700 mila lire allora e compra nel 2007 a un
milione di euro due piani ai Parioli. A rendere "svendopoli" ancora più odiosa
di "affittopoli" c'è il peggioramento drastico del mercato della casa.Il trattamento di favore diventa un'offesa insopportabile per chi
è costretto a combattere ogni giorno con l'ufficiale giudiziario che vuole
sfrattarlo. Per capire "svendopoli" bisogna iniziare il nostro viaggio da via
Clitunno, nel quartiere Trieste. In questa strada immersa nel verde, ci sono
due palazzi che facevano parte del patrimonio Ina-Assitalia e che
rappresentano bene il confine tra i sommersi e i salvati delle dismissioni. Lì
abitava, prima della separazione, Pier Ferdinando Casini con la prima
moglie Roberta Lubich e le due figlie minorenni. Nello stabile accanto abitava
una coppia di dipendenti Assitalia: Davide Morchio e la moglie Maria Teresa.Negli anni Novanta le famiglie Morchio e Casini sono uguali: entrambi
inquilini delle Generali, pagano un canone basso e sperano di poter comprare
l'appartamento con lo sconto. Poi arrivano le vendite tanto attese e
l'uguaglianza svanisce: la famiglia Lubich-Casini rileva a prezzi di
saldo tutto il palazzo. Morchio insieme ad altre 19 famiglie deve andar via.
Nessuna offerta per lui dalla nuova proprietà, che per ironia della sorte è
Caltagirone, il nuovo suocero di Casini. Gran parte degli inquilini,
come l'ex ministro verde Edo Ronchi che può permettersi di comprare lì vicino,
lascia il campo. La famiglia Morchio invece resiste all'ufficiale giudiziario
che chiede l'intervento della forza pubblica. «Abbiamo un contratto che ci dà
il diritto di prelazione», spiega Davide Morchio, «ed è stato ignorato. Nel
palazzo vicino hanno potuto comprare a prezzi di favore. È un'ingiustizia». Anche l'immobile dove vive la prima moglie di Casini è
stato ceduto in blocco ma con una procedura atipica. Ha comprato a un prezzo
basso, 1 milione e 750 mila euro, la Clitunno Spa, società creata
appositamente da un manager bolognese di area Udc, amico di Casini e
della prima moglie. Si chiama Franco Corlaita e ha già rivenduto tutto.
Indovinate a chi? Alla famiglia Lubich. Nel novembre del 2006 la mamma di
Roberta compra per 586 mila euro il secondo piano. Ad aprile del 2007 la prima
moglie di Casini compra il piano terra, a 323 mila euro. Passano due
mesi e il 21 giugno scorso l'operazione si chiude con la cessione alle due
figlie minori di Casini del terzo piano (306 mila euro per 5 vani
catastali) e del primo piano (8,5 vani per 586 mila euro).
Casini partecipa all'atto (mediante un procuratore) in qualità di
genitore anche se il notaio precisa che paga tutto la moglie. Per convincere
il giudice tutelare ad autorizzare la stipula dell'atto, i genitori presentano
una perizia da cui risulta che l'acquisto è "molto conveniente". Generali non
fa una piega. Inutile dire che gli inquilini del palazzo vicino sono infuriati
e ipotizzano una simulazione dietro questo strano giro. Nella sostanza,
dicono, la famiglia Casini ha comprato con lo sconto e noi no. Alla
beffa contro i vicini, si aggiunge quella agli inquilini, senza alcuna
distinzione di rango. Al primo piano del palazzetto Lubich-Casini vive
in affitto Roberto Barbieri, senatore del centrosinistra e presidente della
Commissione parlamentare sui rifiuti. Paga un canone di ben 3 mila euro ma è
stato trattato come gli altri. Nessuno gli ha detto che il suo appartamento è
diventato della figlia di Casini. Nessuno gli ha proposto l'acquisto a
586 mila euro. Con tremila euro al mese avrebbe potuto accendere un mutuo per
comprare. Invece a maggio del 2008 dovrà lasciare.Anche il caso della famiglia Mastella dimostra che non sempre le
società private sono così cattive. Il ministro della Giustizia abita
all'ottavo piano di un palazzo sul lungotevere Flaminio che ha fatto la stesa
trafila di quello di via Clitunno. Da Ina-Assitalia a Initium, società di
Pirelli e Generali. Initium è proprietaria anche dei condomini di via Nicolai
alla Balduina, dove abita l'ex ministro Baccini e di via Visconti a Prati,
dove vive FrancescoCossiga. Gli inquilini di questi palazzi non
sono stati trattati come quelli di via Clitunno. Stavolta Initium ha concesso
prelazione e sconto. Così nel 2004 Baccini ha comprato la sua reggia da 15
vani, due terrazze e 4 bagni per 875 mila euro e Cossiga è diventato
proprietario di casa, soffitta e magazzino per 710 mila euro. Nel caso di Mastella però Initium ha fatto di più. Il 3
dicembre del 2004 nello studio del notaio Claudio Togna (dell'Udeur
anche lui) c'era una riunione familiare. I Mastella al gran completo
facevano la fila per stipulare atti e il povero Togna sfornava atti come una
pizzeria di Ceppaloni. Sandra Mastella ha comprato l'appartamento dove
dorme il marito e si è impegnata a prendere la residenza lì per ottenere le
agevolazioni fiscali. Per lei un ottimo affare: 500 mila euro per un
appartamento che include una veranda abusiva (condonata) e la terrazza su tre
lati che guarda il Tevere e Monte Mario dall'ottavo piano. Subito dopo la
moglie del ministro ecco arrivare i figli Elio e Pellegrino. Comprano altri
quattro appartamenti, due a testa. I prezzi erano davvero allettanti. A
Pellegrino vanno il primo piano da 4,5 vani per 175 mila euro e altri 6 vani
al quarto piano per 300 mila euro. Va ancora meglio al fratello che si
accaparra un terzo piano con 5,5 vani per soli 200 mila euro e un
miniappartamento con ingresso, camera, bagno e terrazza a livello per 67.500
euro, nemmeno il costo di un box in periferia. Le case sono state pagate in
gran parte grazie ai mutui concessi da San Paolo (400 mila euro alla moglie) e
Bnl (un milione e 100 mila euro ai figli che dovranno versare una rata mensile
di 6.430 euro). E che nessuno vada in giro più a dire che Initium è cattiva
con gli inquilini. Anche Francesca Proietti, socia di Daniela Fini e
figlia di Francesco, deputato di An e braccio destro di Gianfranco, ha
comprato un appartamento a un prezzo d'occasione: 267 mila euro per un secondo
piano con terrazza su tre lati, salone e due camere all'Eur. Sempre dal
patrimonio ex Ina arrivano gli immobili di Nicola Mancino e Luciano
Violante. L'ex magistrato torinese ha pagato con la moglie 327 mila euro
nel 2003 un gioiello incastonato tra i Fori Imperiali e piazza Venezia: due
terrazzette, tre livelli e una settantina di metri quadrati coperti. Nicola
Mancino ha comprato insieme alla figlia Chiara nel 2001 una dimora da 10
vani più una soffitta autonoma su Corso Rinascimento, a due passi dal Senato
per 1 miliardo e 550 mila lire del vecchio conio.
Sempre dal gruppo Pirelli Giuliano Ferrara ha acquistato l'appartamento
ex Ina da 7,5 vani in piazza dell'Emporio al Testaccio nel palazzo che un
tempo veniva chiamato "il Cremlino" per l'alta percentuale di comunisti.
Ferrara, che un tempo tuonava contro De Mita per il suo affitto a Fontana di
Trevi, ha rilevato un sesto piano con terrazzo a 890 mila euro. Molto più
bassi i prezzi praticati dagli enti previdenziali. Grazie al doppio sconto (30
per cento più 15 a chi compra tutto il palazzo) le parlamentari Franca
Chiaromonte e Maura Cossutta hanno stipulato un atto collettivo per
due appartamenti in via della stazione San Pietro rispettivamente per 113 mila
e 165 mila euro. Notevole anche il caso di Raffaele Bonanni. Il segretario
della Cisl ha conquistato nel 2005 un grande appartamento dell'Inps al sesto
piano in via del Perugino, nel cuore del quartiere Flaminio: otto vani a 201
mila euro. Con quella cifra in zona si compra solo un garage. L'anno scorso ha
fatto il colpo del secolo anche l'ex ministro e deputato della Margherita
siciliana Totò Cardinale. In via degli Avignonesi, una strada bellissima tra
il Tritone e via Veneto, ha messo le mani su un terzo piano da otto vani con
affaccio su via delle Quattro Fontane : un gioiellino da due milioni sul
mercato libero portato via per 844 mila euro. L'ultimo è stato FrancoMarini. Il presidente del Senato ha stipulato il rogito il 23 aprile
scorso. Un milione di euro per aggiudicarsi la casa assegnata alla moglie
dall'Inpdai in via Lima: due livelli per 14 vani nel cuore dei Parioli. Se
Marini è il politico che ha pagato il prezzo più alto (per una casa che
vale comunque il doppio) l'oscar del rapporto qualità-prezzo spetta al
senatore Udc Francesco Pionati. L'uomo che ha sfornato per anni pastoni
per i telespettatori del Tg1 ha comprato un attico e superattico da favola in
via Traversari. L'appartamento è aggrappato alla collina di Monteverde ed è
affacciato su Trastevere. Grazie al solito doppio sconto ha speso un'inezia.
L'allora mezzobusto del Tg uno aveva fatto ricorso al Tar per ridurre
ulteriormente la valutazione e in Parlamento gli amici dell'Udc avevano
presentato pure un'interrogazione parlamentare per contestare il prezzo
esorbitante: 509 milioni di lire nel 2001 per 10 vani con doppia terrazza. Sì,
un prezzo veramente scandaloso. AAA VENDESI MA SOLTANTO AI PRIVILEGIATI
1 PIER FERDINANDO CASINI
presidente Udc Via Clitunno (zona Trieste) Il palazzo nel quale (fino al 1999)
Casini viveva in affitto con la prima moglie Roberta Lubich e le figlie
è stato ceduto a fine 2005 da Generali a una società di un amico di famiglia.
I 5 appartamenti che lo compongono sono stati poi girati all'ex moglie (due
interni), alle due figlie (uno per ciascuna) e alla ex suocera del presidente
dell'Udc. Per un totale di 30 vani catastali totale 1,8 milioni di euro Anno
2005-2007 stima zona 2006 fonte Agenzia del territorio 5100/6900 euro mq
2 WALTER VELTRONI
sindaco di Roma, candidato segretario Pd Via Velletri (piazza Fiume)
acquistato dalla moglie dalla Scip ex Inpdai. Primo piano, 8,5 vani,
(ingresso, 5 camere e accessori per 190 mq) posto auto e cantina anno 2005 377
mila eurostima zona 2006 4900/6400 euro mq
3 MARIANNA LI CALZI
ex deputato Fi ed ex sottosegretario alla Giustizia Via Velletri (piazza
Fiume) acquisto da Scip ex Inpdai. Attico da 190 metri per 10,5 vani
(doppio ingresso, salone, 5 camere, cucina, tre bagni, ripostiglio e terrazza)
con cantina da 18 mq anno 2005 366 mila euro stima zona 2006 4900/6400 euro mq
4 FRANCESCO FORLENZA
ex direttore generale Fs Via Velletri (piazza Fiume) acquisto da Scip
ex Inpdai. IV piano 7,5 vani (ingresso, 4 camere, accessori e balcone) più 70
mq di magazzino e cantina anno 2005 278 mila euro
stima zona 2006 4900/6400 euro mq
5 RAFFAELE BONANNI
Segretario Cisl Via Perugino (Flaminio) acquisto da Scip ex Inps. VI
piano 8 vani più cantina anno 2005 201 mila euro stima zona 2006 5000/6200
euro mq
6 SALVATORE CARDINALE
segretario siciliano Margherita, ex ministro Via degli Avignonesi, affaccio su
via Quattro fontane (centro storico) III piano 8 vani anno 2006 844 mila euro
stima attuale zona 6300/8600 euro mq
7 LAMBERTO CARDIA
Presidente della Consob Via Nairobi (Eur) XII piano, 10 vani (ingresso, 5
camere, accessori e balconi) più due posti auto e cantina anno 2002 328 mila
euro stima zona 2006 4200/5500 euro mq
8 MAURA COSSUTTA
parlamentare Pdci Via Stazione San Pietro (dietro al Vaticano) acquisto
da Scip V piano, 6 vani (ingresso, disimpegni, 3 camere, cameretta, cucina, 2
bagni e 2 balconi) più cantina anno 2004
165 mila euro stima attuale zona 3600/4900 euro mq
9 FRANCA CHIAROMONTE
senatore dell'Ulivo Via Stazione San Pietro acquisto da Scip 4 vani
catastali (ingresso, disimpegni, due camere, cameretta, cucina, bagno, 2
balconi) più cantina anno 2004 113 mila euro stima zona 2006 3600/4900 euro mq
10 FRANCESCO PROIETTI
deputato di An, ex segretario di Fini Via del Serafico 106 (zona Eur) la
figlia ha acquistato dalle Generali una casa ex Ina Secondo piano, terrazza su
3 lati, salone, 2 camere disimpegno, posto auto coperto e cantina anno 2004
267 mila euro stima zona 2006 3100/4100 euro mq
11 MARIO BACCINI
senatore Udc ed ex ministro Via Filippo Niccolai (Balduina) attico e
superattico con scala interna, 15 vani (ingresso, 6 camere, 4 bagni e due
ripostigli, doppia terrazza e soffitta privata condonata più box e cantina)
anno 2004 875 mila euro stima zona 2006 4200/5500 euro mq
12 CLEMENTE MASTELLA
segretario Udeur e ministro della Giustizia Edificio lungotevere Flaminio
(Flaminio)
acquisito ex Ina 5 appartamenti intestati a moglie e figli per un totale di 26
vani più balconi e terrazzo su tre lati, due verande e un box auto anno 2004
1,2 milioni euro stima zona 2006 5000/6600 euro mq
13 MASTELLA/2
Largo Arenula (centro storico, largo Argentina) acquisito da Scip, ex Inail un
appartamento (sede del quotidiano dell'Udeur) ora intestato alla società
"Servizi e Sviluppo" dei figli del segretario. La società potrebbe comprarne
un altro al primo piano da 21,5 vani. L'Inail ha già accettato l'opzione. IV
piano 9,5 vani anno 2007 1,45 milioni di euro stima: un appartamento al piano
inferiore è stato venduto nel 2007 per 2,4 milioni di euro
14 LUCIANO VIOLANTE
deputato dei ds acquisito da ex Ina Via Santa Eufemia (tra il Quirinale e i
Fori) III/IV/V piano soggiorno, quattro camere, accessori, disimpegno,
terrazzo al piano più terrazzo superiore anno 2003
327 mila euro stima zona 2006 7200/9400 euro mq
15 NICOLA MANCINO
senatore Ulivo, vicepresidente Csm Corso Rinascimento (centro storico, Piazza
Navona)
10 vani più ampia soffitta acquisito da Pirelli (ex Ina) anno 2001 1,550
miliardi di lire stima zona 2006 7300/9200 euro mq
16 FRANCESCO PIONATI
senatore Udc e vicedirettore tg1 Via Traversari (Monteverde vecchio,
affaccio su Trastevere)
attico e superattico 10 vani con terrazza panoramica acquisto da Scip, ex
Inpdai anno 2001 509 milioni di lire stima zona 2006 5200/7100 euro mq
17 GIULIANO FERRARA
direttore del Foglio, ex ministro del primo governo Berlusconi Piazza Emporio
(Testaccio, di fronte all'Aventino) 6 vani, terrazzo, ripostiglio acquisto dal
gruppo Pirelli (ex Ina) anno 2003 889 mila euro
stima zona 2006 4200/5500 euro mq
18 FRANCO MARINI
senatore Margherita, presidente del Senato Via Lima (Parioli) acquisto
da Scip ex Inpdai Piano terra e primo piano per un totale di 14 vani catastali
anno 2007 un milione di euro stima zona 2006 400/7100 euro mq
19 FRANCESCO COSSIGA
senatore a vita, presidente emerito della Repubblica Via Quirino Visconti
(zona Prati) acquisto da Generali, ex Ina 9,5 vani soffitta box auto ampio
magazzino anno 2004 710 mila euro stima zona 2006 4800/6600 euro mq
L’Espresso N. 34 Agosto 2007 (Pag. 19)
La vendita
degli immobili degli enti pubblici previdenziali, meglio nota come
cartolarizzazione, resta un enigma dopo oltre cinque anni. Il Tesoro ha
confermato che per la Scip 2 restano da vendere ancora 21.790 unità delle
iniziali 62.880, ben il 35 per cento. Ritardi a catena per i quali i titoli
sono stati declassati già dall’inizio dell’anno dall’agenzia di rating Fitch.
Il piano delle vendite è assai deludente rispetto alle attese e il valore
dichiarato per le abitazioni ancora da dismettere aggiunge i 3,390 miliardi di
euro. Una vicenda così intricata, quella di Scip 2, che il presidente della
–Commissione Finanze del Senato Giorgio Benvenuto ha chiesto una commissione
di indagine parlamentare. Le cose si complicano peri circa 5.800 alloggi
definiti “di pregio”. Montano le polemiche tra inquilini e ministero
del Tesoro, tutto appare bloccato da ricorsi al Tar, Consiglio di Stato e
tribunali civili. Tra le ultime: una sentenza della Corte Costituzionale che
spiana la strada agli inquilini che dovrebbero poter acquistare a prezzi
stracciati -le loro case; una –sentenza del Tar del Lazio che ha accolto il
ricorso degli inquilini di viale del Vignola 88 a Roma, mettendo a rischio
l’intero impianto normativo per gli immobili di pregio; il Tribunale civile di
Napoli che, dopo le richieste degli inquilini, ha sospeso la vendita dei loro
palazzi. La cartolarizzazione voluta da Tremonti ha regalato un mare di
contenziosi e portato ben poco nelle casse dello Stato: molto di più a banche
e intermediari finanziari.
MF27/7/2007 Autore:
Andrea Bassi
Su
Scip2 nuovo allarme Le vendite sono al palo
La prima lettera è datata 16 gennaio 2007. La seconda è partita
il 19 luglio scorso. A spedirle è stata Kpmg, l'amministratore del programma
Scip2, la cartolarizzazione degli immobili pubblici voluta dall'ex ministro
dell'economia Giulio Tremonti e che già una volta ha dovuto essere
ristrutturata perché i bond rischiavano il default in quanto gli enti pubblici
coinvolti non riuscivano a vendere le case. Nelle sue missive l'amministratore
del programma ha chiesto luce a Enpals e Inpdap del motivo per cui le vendite
non decollano. Risposta nessuna. Né alla prima e neppure alla seconda lettera.
Così la società, nel suo ultimo rapporto agli investitori, ha lanciato un
grido d'allarme. Nell'ultimo trimestre, quello che va da aprile fino a giugno
di quest'anno, il totale dei ricavi di Scip2 è stato di 280 milioni di euro.
In pratica poco più della metà (il 59,3% per l'esattezza) di quanto era stato
messo nero su bianco nel business plan presentato al mercato. Un rallentamento
marcato, che ha portato la performance complessiva della seconda operazione di
cartolarizzazione di immobili pubblici, al 75,9% delle previsioni. Ad andare
male non sono solo le vendite di Enpals e Inpdap. Anche Inpdai e Inps hanno
peggiorato i loro risultati rispetto al trimestre precedente. Persino il
consorzio G1 (del quale fanno parte Fintecna e Lazard) che si occupa della
vendita degli immobili commerciali, che nei mesi scorsi aveva in parte
recuperato terreno, ha registrato un forte rallentamento nelle aste. Insomma
una bella grana che rischia di diventare il remake di un film già visto.
L'operazione Scip2, infatti, è già stata ristrutturata una volta con
l'emissione di nuovi bond per un valore di 4,85 miliardi di euro (a tassi più
elevati), per pagare i titoli che stavano per scadere. Solo che soldi in cassa
ce n'erano pochi perché le vendite degli immobili che avrebbero dovuto servire
a rimborsare le obbligazioni, stentavano a decollare. Esattamente come sta
accadendo di nuovo oggi. Senza considerare il fatto che le agenzie di rating
hanno sempre il fiato sul collo dello stato per questa operazione. Lo scorso
febbraio Fitch ha deciso di ridurre il rating di uno dei bond della
cartolarizzazione (la tranche B2 da 475 milioni di euro) da AA ad AA-,
confermando per il momento il giudizio di tripla A sulla tranche principale,
la A5 del valore di 2,8 miliardi di euro. Come spiega il payment report
pubblicato ieri da Deutsche Bank per rimborsare i bond della classe A5 che
scadono a ottobre del 2008, servono ancora 1,373 miliardi di euro.
Nell'ultimo trimestre nelle casse di Scip2 c'erano in tutto 354 milioni di
euro. Di questi 304 milioni sono stati messi in cascina per rimborsare il bond
che scade a ottobre del prossimo anno, mentre il resto se ne è andato per
pagare gli interessi sulle obbligazioni e le commissioni alle banche e ai
consulenti del programma.
Il
bond della classe B2, quello sul quale Fitch ha già abbassato il rating e che
scade a gennaio del 2009, invece, non ha ancora neanche un euro in cassa per
essere rimborsato. Se le vendite degli immobili non miglioreranno, Tommaso
Padoa-Schioppa rischia di trovarsi di fronte ad una nuova emergenza, anche
considerando che sulle cartolarizzazioni è arrivato lo stop definitivo di
Eurostat. Dunque una nuova ristrutturazione del debito Scip sarebbe
difficilmente fattibile.
IL SOLE 24 ORE del
14/07/2007 pag. 31
Bocciata la norma per
gli edifici Inps
È incostituzionale la
norma-provvedimento» contenuta nell’articolo -11-quinquies. comma 7 del
decreto legge 203/05, che aveva escluso dalle procedure di vendita due
immobili siti a Roma (in via Nicola Salvi 68 e in via Monte Oppioi2), benché
l’Inps e i locatari degli appartamenti avessero manifestato la volontà di
venderli di acquistarli. Lo ha deciso la Consulta con la sentenza n.
267 depositata il 13 luglio 2007.
IL MESSAGGERO CRONACA DI ROMA
Giovedì 28 Giugno 2007
di VALENTINA ERRANTE
VOLEVANO
ACQUISTARE IMMOBILI DI PREGIO CARTOLARIZZATI
Vendevano case
fantasma anche i Vip tra i truffati
Affari immobiliari
imperdibili. Appartamenti di pregio da comprare a un prezzo vantaggioso.
Soldi pronti subito per cogliere al volo l’occasione delle aste
immobiliari o delle cartolarizzazioni. Preliminari firmati negli uffici
della Camera dei deputati. Peccato che poi i soldi, pagati in tempi
brevi per partecipare all’operazione, sparissero e che si perdessero le
tracce anche di chi aveva proposto il business. Quasi quaranta le
vittime della truffa e tre nomi sul registro degli indagati della
procura di Roma dopo un’indagine condotta dalla Finanza. Personaggi
illustri da entrambe le parti. Tra le denunce, agli atti dell’inchiesta,
ci sono anche quelle del regista Luca Verdone e della sorella Silvia,
moglie di Christian De Sica. Poi imprenditori, avvocati e
professionisti. Mentre sul registro degli indagati c’è il nome di un ex
parlamentare di An, Renzo Tosolini, accusato di truffa. Ieri gli uomini
delle Fiamme gialle, che hanno portato avanti le indagini, si sono
presentati in casa e negli uffici di Gianvittorio Pellegrini, titolare
dell’immobiliare Re.gia, considerato il regista dell’operazione. Le
perquisizioni hanno riguardato anche la moglie, Moira Pignalosa, new
entry nell’indagine. Nei confronti della donna è stato ipotizzato il
reato di riciclaggio. Secondo gli inquirenti avrebbe investito in beni
immobili il denaro “guadagnato” dal marito. Una stangata da circa 20
milioni di euro. Gli annunci sui giornali proponevano l’affare, ma era
anche grazie a conoscenze e frequentazioni che Pellegrini, candidato di
An nella XII circoscrizione nel 2001, trovava nuovi clienti. E il ruolo
del suo ex socio, Tosolini, dava all’operazione un’aurea di maggiore
credibilità. Spesso Pellegrini e Tosolini, per il primo incontro con i
possibili acquirenti, sceglievano lo studio del deputato. Nelle stanze
di piazza San Silvestro venivano mostrate le schede catastali degli
immobili da comprare prima che le banche li mettessero all’asta o grazie
alle cartolarizzazioni. L’anticipo doveva essere versato in tempi
brevissimi. Ma una volta incassati i soldi, l’ingegnere, titolare della
società, cominciava a rinviare il completamento delle pratiche. Poi
spariva. Così dal ‘99 al 2004. L’ex parlamentare di An è stato
interrogato in procura. Davanti ai pm Luca Palamara e Simona Maisto,
titolari del fascicolo, Tosolini, accompagnato dall’awocato Giorgio
Tamburini, ha detto di essere anche lui una vittima di Pellegrini, suo
ex socio. Non sospettava affatto che quelle operazioni immobiliari
fossero fittizie. E ha denunciato il suo ex socio. La società di
Pellegrini intanto è fallita. A cercare l’ingegnere della “stangata”
adesso sono in tanti, ma lui sembra proprio svanito. Proprio come i
soldi di chi sognava l’affare. «Sembrava un buon investimento. Una cosa
seria. Non avrei immaginato che fosse un bidone». Luca Verdone, regista,
fratello di Carlo, ha presentato una denuncia nel 2005. Sperava di
comprare un appartamento e invece Pellegrini, dopo avere incassato i
soldi, ha continuato a rinviare gli appuntamenti per la consegna delle
ricevute, poi ha cominciato a chiedere altro denaro, fino a quando non
si è più fatto trovare. Le cose sono andate allo stesso modo per
l’affare proposto alla sorella Silvia, moglie di Christian De Sica. «lo
l’appartamento che avrei dovuto acquistare l’ho anche visto, le case
esistevano davvero - spiega Verdone - erano negli elenchi del tribunale.
Quando ho pagato pensavo di avere acquistato da una banca un credito
garantito dall’immobile, che le stesse banche avevano deciso di
dismettere. Ma Pellegrini non ha mai consegnato i soldi che gli erano
stati dati. E così l’operazione che sembrava vantaggiosa si è
trasformata in una truffa. Non ho perso molto - continua il regista - ma
c’è gente che ha visto sparire 500 mila euro. Questa storia non ha fatto
molto clamore, eppure le vittime della truffa sono tante». «A me
Pellegrini l’aveva presentato una persona che sembrava assolutamente
affidabile, sicuramente accreditata. Adesso - conclude Verdone -
aspetto che la giustizia faccia il suo corso. Sono fiducioso».
ItaliaOggi
- Primo Piano
Numero 152,
pag. 4
del
28/6/2007
Autore:
di Fosca Bincher
Palazzo Chigi vicino alla casa appena
comprata
Consumo di
benzina: 0,86 euro al giorno, andata e ritorno. In condizioni prive di
traffico tragitto di sette minuti, distanza di 2,5 chilometri. Arrivare dalla
casa di Walter Veltroni fino a palazzo Chigi potrebbe essere ancora più
veloce che andare- come fa oggi, ogni mattina presto in Campidoglio. E chissà
se anche questo vantaggio familiare avrà il suo peso nelle prossime mosse del
sindaco di Roma. Certo se anche dovesse da qui a qualche mese sostituire
Romano Prodi, Veltroni continuerò ad abitare nella sua casa di Via
Velletri. In affitto per anni dal vecchio Inpdai, da due
anni è proprietà familiare. Non sua, ma della gentile consorte Flavia Prisco,
che è architetto e ha rimodellato secondo il gusto personale quel primo piano
che ora è diventato un gioiellino. Anche un affare, perché quella casa
di 8,5 vani, 190 metri quadri catastali, più ripostiglio da 10 metri
quadrati poi ristrutturato e box da 6 metri quadrati è stato strappato
il 15 marzo del 2005 a un prezzo niente male: 377.590,27 euro. Significa poco
meno di 1.900 euro al metro quadrato in una zona adiacente a Villa Ada, a
pochi passi dall'esclusivo quartiere romano dei Parioli. Se va male da
quelle parti il mattone oggi vale tre o quattro volte di più. Casa Veltroni
per altro è assicurata dalle Generali, secondo quanto previsto dallo stesso
atto di vendita stipulato fra la first lady di Roma e la Scip, la società di
cartolarizzazione del ministero dell'economia nella cui pancia nel frattempo
quell'immobile era finito. La Cassa di risparmio di Genova e Imperia, ha
acceso ipoteca sull'immobile per 500 mila euro in capitale e altrettanto per
interessi. In cambio ha ottenuto un mutuo fondiario venticinquennale al tasso
annuo del 3,196%. Ne valeva la pena per restare in un quartiere dove vivono Carlo
Azeglio Ciampi e Vincenzo Visco_
Cari amici,
per tutti coloro che non avessero seguito l’ultima puntata di anno zero
andata in onda giovedi’ 17.05.2007 “La casa è un sogno”, si segnala che
sul sito internet http://www.annozero.rai.it/ troverà l’intera puntata.
Nel corso di quest’ultima è stato trattato anche il tema della vendita
degli immobili pubblici mediante il sistema delle Cartolarizzazioni e
della Scip.
Erano presenti tra gli ospiti il Ministro della solidarietà sociale
Ferrero e l’ex. Ministro Tremonti.
Tremonti ha inizialmente asserito che le Cartolarizzazioni sono cominciate
con il Governo di centro sinistra di Ciampi e Prodi e che nella
Finanziaria del 2001 erano stati inseriti come ipotesi di entrate
derivanti dalla vendita di immobili pubblici 8.000 miliardi di vecchie
lire da realizzare secondo il sistema brevettato da Ciampi e Prodi ??? Ha continuato dicendo che, pertanto, il suo Governo non aveva altra scelta
se non continuare l’opera del precedente Governo tanto più che quando
sono arrivati al Governo non avevano trovato nulla di quello che era stato
previsto dalla finanziaria 2001.
Pertanto si è dovuto mettere in moto il meccanismo delle
cartolarizzazioni, sistema più rapido conosciuto in quel momento
difficile, in cui bisognava trovare le risorse finanziarie nell’arco di
pochi mesi.
Incalzato dal giornalista Nerazzini, verso la fine della trasmissione, ha
ammesso di aver dato lui il via alla dismissione del patrimonio tramite le
cartolarizzazioni interrompendo la vendita diretta che fino a quel
momento era stata realizzata.
Cordiali saluti a tutti
Mario Milone
REPLICA AL
SOLE 24 ORE
17.04.2007 di
Mario milone
Gentilissima dott.ssa Bufacchi,
in relazione al suo articolo
apparso su “il Sole 24 ore” del 16/04/2007 dal titolo: dismissioni al
rallentatore, Le chiedo di documentarsi sul sito:
www.scip2pregio.it riguardo ai ricorsi giudiziari in atto.Gli inquilini dei cosiddetti
immobili di pregio, in massima parte ricorrenti ai TT.AA.RR. contro i decreti
ministeriali di qualificazione del pregio, non sono rimasti affatto “gelati” dal
resoconto della Corte dei conti, che anzi ha evidenziato come siano stati
commessi innumerevoli ingiustizie e disparità di trattamento nel
disordine normativo e gestionale delle dismissioni, causa della vicenda
incredibile che ha caratterizzato la vendita degli immobili di Roma in Via
Cadorna e Via Valenziani, citata dalla stessa Corte dei Conti. Sono questi soltanto alcuni dei
casi denunciati, da sempre, dagli inquilini iniquamente esclusi
dall’ordinaria vendita degli immobili pubblici. Inoltre gli inquilini titolari
da anni del diritto di opzione all’acquisto, oltre a presentare i ricorsi al
Tar, sono stati costretti a promuovere in numero consistente
citazioni ex art 2932 c.c. davanti ai Tribunali civili di competenza,
vertenze che di fatto bloccano le vendite degli immobili. La invito a tal proposito a
leggere l’atto di citazione dell’Avv.to Salvati pubblicato sul sito. Quanto all’andamento positivo
aspetterei a trarre delle conclusioni pseudo-ottimistiche visto che i trimestri
positivi sono stati sino ad ora solo tre su
diciassette.
Le chiedo, poi, di dedicare maggiore attenzione ai costi delle
cartolarizzazioni e agli aspetti che la Corte dei Conti denuncia riguardo ai conflitti
d'interesse, ossia alle possibili patologie connesse all'eventuale passaggio
nel mondo dei contractors di persone che abbiano avuto responsabilità di
gestione amministrativo-politica nella cessione degli attivi pubblici. E qualche
caso di successivo inserimento nel mondo degli operatori finanziari
internazionali di persone che avevano avuto responsabilità
amministrativo-politiche di primo piano nella decisione e nella gestione delle
operazioni di cartolarizzazione và registrato anche nell'esperienza del nostro
paese.Sarebbe opportuno chiedersi:Scip 2 non sarà la nuova Parmalat? A quanto ammontano tutte le spese
sostenute per pagare tutti i soggetti che ruotano attorno all’operazione
di cartolarizzazione?
Sarebbe interessante sapere a quanto ammontano tutti costi che la Scip 2 ha
sostenuto per competenzasino al 31 dicembre 2006 per le seguenti
voci :
INTERESSI PASSIVI SU TITOLI EMESSI
Commissioni ad Enti Gestori per vendita
Commissioni di gestione del patrimonio
Commissioni per altri servizi
Ammortamento commissioni collocamento titoli
Riaddebito costi della gestione societaria (Scip. S.r.l.)
Altri oneri
Interessi passivi su finanziamento
Nagative
Interest Rate Swap (from issuer to Swap Conterparty)
Positive
Interest Rate Swap (from issuer to Swap Conterparty)
Sarebbe interessante saperlo prima che venga pubblicato il bilancio della Scip
S.r.l. chiuso al 31 dicembre 2006. Il
totale dei costi sostenuti per competenza sino al 31/12/2006, si potrebbe così
raffrontare con i 3.426
milioni di euro di incassi complessivi derivanti dalle vendite capendo pertanto
se davvero possiamo stare tranquilli sulla bontà dell’operazione di
cartolarizzazione Scip 2.
Comunque “I risultati complessivi delle vendite realizzati dagli enti
previdenziali ammontano effettivamente a un ricavo complessivo, comunque a
partire da aprile 2005 e fino a dicembre 2006, pari a 2.013 milioni di euro”. Il
Ricavo complessivo delle vendite a partire da aprile 2005 e fino a dicembre 2006
è pari pertanto a 2.013 milioni di euro. Se
sommiamo questo dato con i 1.413 milioni incassati sino al dicembre 2004
(vedi ultima relazione al Parlamento), scopriamo che la cifra totale incassata è
stata pari a 3.426
milioni di euro. Facciamo una riflessione. Al 31 dicembre 2006è
stato venduto circa il 60% del portafoglio (oltretutto di qualità, dice
l’ultima relazione al Parlamento) e si sono realizzati solo 3.426 milioni di
euro. Rimane da vendere il
restante 40% del portafoglio di cui una minima parte composto dal
portafoglio di 2.106 immobili di pregio valutato in 550 milioni di euro
sui quali pende però un enorme contenzioso che di fatto ne blocca le vendite. Rimane da vendere il
restante 40% del portafoglio di cui una minima parte composto dal
portafoglio di 2.106 immobili di pregio valutato in 550 milioni di euro
sui quali pende però un enorme contenzioso che di fatto ne blocca le vendite, e,
la restante parte costituito dal portafoglio non di qualità. Domanda: quanto si pensa di
ricavare ?
In cassa di Scip 2 al 31 dicembre 2006 ci
sono circa 259 milioni di euro. La SCIP 2 è esposta verso il mercato per un debito
residuo pari a 2.445 milioni di euro. Da
aggiungere a questa esposizione ci sono tutti gli altri debiti, uno fra
tanti quello di 800 milioni di europer i FINANZIAMENTI
RICEVUTI ad aprile 2004 dalla Banca OPI S.p.a. e dalla Banca ACS Depfa il
cui rimborso integrale, più il pagamento degli interessi dovutial
tasso del 3,8942% anno, dovrà essere eseguito in un’unica soluzione alla
data di rimborso stabilita, vale a dire il 26 aprile 2009.
Bisogna aggiungere, poi, le ALTRE PASSIVITA’ che al 31/12/2005
ammontavano a 753.632.267 euro. In
più ci saranno da pagare tutti i costi che matureranno fino a chiusura
dell’operazione. Nel suo articolo vengono
riassunti aspetti già noti e mancano inoltre i dati di un altro Ente
importantissimo interessato dalla securitation: l’Inail. Cara Dottoressa Bufacchi,
perché non si spinge oltre per occuparsi di tanti altri aspetti della vicenda
delle cartolarizzazioni, evitando così di far apparire il Suo articolo come una
velina scritta dal Ministero dell’Economia per comunicare che tutto va bene e
per non allarmare nessuno ?
IL SOLE 24 ORE DEL
16/04/2007
Isabella Bufacchi
Immobili
Inps e Inpdai. Il bilancio delle
vendite 2006 sconta il nodo dei ricorsi degli immobili degli inquilini
delle case dei pregio
Dismissioni al rallentatore
Quest’anno gli enti previdenziali sono
chiamati a recuperare i ritardi.
Il
2006 è stato a fasi alterne per le vendite degli immobili Inps e Inpdai,
che sono risultate più lente rispetto al business plan della
cartolarizzazione Scip2 ristrutturata nell’aprile 2005, anche se con
andamenti comunque migliori rispetto a quelli di Enpals, Ipsema e Gi.
Il valore degli incassi provenienti dalla dismissione delle unità
residenziali è stato inferiore al previsto rispetto al valore
assegnato al portafoglio trasferito alla società-veicolo Scip. La
performance della securitization che vede coinvolte Inps e Inpdai in
prospettiva dovrebbe però migliorare, nella tempistica e nel valore, in
quanto tutti gli alloggi non di pregio che gli inquilini avevano diritto
ad acquistare a sconto (fino al45%) e ai prezzi del 2001 sono stati
dismessi, L’andamento dei prezzi e del numero delle unità vendute ha già
registrato un modesto miglioramento nell’ultimo trimestre 2006, gettando
una luce positiva sul 2007, annata che resta impegnativa per gli enti
previdenziali i quali, sotto i riflettori delle agenzie di rating, sono
chiamati a recuperare i ritardi accumulati finora. Il 2007 intanto non è
iniziato sotto i migliori auspici. In gennaio la Corte dei conti ha
emanato un rapporto dedicato alle dismissioni degli immobili di pregio,
gelando le speranze di chi ha avviato un contenzioso per ottenere sconti
tra il 30 e il 45% oppure acquistare ai prezzi del 2001. La magistratura
contabile ha ricordato che «l’attribuzione della qualifica di pregio
comporta che l’immobile non possa essere venduto a prezzi scontati (...)
per la quasi totalità delle unità di pregio sono stati attivati dagli
inquilini interessati ricorsi (...) per tali unità non è possibile
stipulare contratti di compravendita (...) i ricorsi hanno visto
quasi sempre vittoriosi gli enti in sede cautelare tanto dinanzi al Tar
che al Consiglio di Stato». In febbraio la cartolarizzazione Scip2 ha
subito il declassamento del rating di Fitch dalla “AA” alla “AA-” sulla
tranche ‘B2” da 475 milioni di euro in scadenza nel gennaio 2009;
colpa delle vendite più lente del previsto e di prezzi medi per unità
inferiori alle attese. Il rating “AAA” della tranche “A5” da 2,895
miliardi di euro è rimasto invariato. Le agenzie S&P’s e Moody’s negli
ultimi report su Scip2 hanno mantenuto invariati i rating. Nel novembre
2006 S&P’s ha confermato la “AAA” della classe “Ai” e la “AA-” della
classe “B2”, nonostante i ritardi abbiano mostrato «pochi segni di
miglioramento». Moody’s lo scorso 12 febbraio ha mantenuto i rating
invariati (Aaa e Aa2) notando, tra le altre cose, che i ritardi nel
fronte delle proprietà commerciali sono riconducibili alla lentezza
della documentazione proveniente dagli enti. Nel corso del 2007
Fitch, S&P’s e Moody’s continueranno a monitorare da vicino la
dismissione delle proprietà immobiliari dell’Inps e Inpdai e l’esito dei
contenziosi sugli immobili di pregio. L’ultimo rapporto agli
investitori pubblicato dalla società veicolo Scip2, che fa il punto
della situazione a fine 2006 contenente dati cumulativi sulle vendite di
immobili residenziali e commerciali, liberi e occupati, di pregio e non,
evidenzia il lento andamento delle dismissioni: l’Inpdai ha
incassato 439 milioni di euro contro i 520 attesi (-15,5%), mentre
l’inps ha venduto immobili per i32 milioni di euro contro i 215 previsti
(-38,5%). Inps e Inpdai hanno partecipato anche ai fondi Fip e
Patrimonio Uno: un’operazione che ha riguardato principalmente uffici
che sono stati riaffittati, dei quali sono una piccola percentuale sarà
effettivamente dismessa.
Il sole 24 Ore del 16.04.2007
Analisi Di Giuliano Cazzola
Non è l’Inps ma l’Inpdap
il vero protagonista dei piani di dismissione immobiliare. L’Istituto
dei dipendenti pubblici - in procinto di essere incorporato dall’Inps
-disponeva di un numero di unità immobiliari dieci volte maggiore di
quello dell’Inps, con caratteristiche tali da consentire l’alienazione
agli inquilini, riconoscendo loro tutti gli sconti di legge. L’Inpdap
ha proceduto con un’apprezzabile sollecitudine alla dismissione di un
patrimonio sempre aumentato fino alle preclusioni introdotte nel 1996 e
tradizionalmente teatro di un accanito contenzioso e di una diffusa
morosità. Nei primi anni 2000 si scoprì persino che, nel contesto delle
dismissioni del patrimonio dell’Inpdap, agivano alcune società di
origine incerta, le quali, costituendo delle cooperative di inquilini
disposti ad acquistare, ciascuno per la sua parte, l’intero immobile,
finivano per impadronirsi, a prezzi scontati, degli appartamenti sfitti
o non optati dai locatari. Il traffico (denunciato anche dal Sole-24
Ore) provocò una modifica legislativa, in forza della quale, da allora,
le unità non occupate vengono messe all’asta. Nel caso dell’Inps, il
patrimonio immobiliare è di acquisizione antica, in quanto l’Istituto ha
smesso di investire da almeno mezzo secolo. Gli immobili da reddito di
sua proprietà - ubicati sovente in zone pregiate di grandi città e
locati a persone note - «fanno politica» e divengono oggetto di
polemiche e denunce. E’ toccato, quindi, all’Inps di reggere il fronte
delle dismissioni degli immobili “di pregio” (perché collocati nel
centro di Roma), esclusi per legge dai benefici previsti per gli
inquilini acquirenti nel caso di edifici non ritenuti pregiati.
L’Inps e il Mef (ormai vero dominus in materia) hanno avuto quasi sempre
la meglio nel contenzioso giudiziario promosso dagli inquilini sulla
qualificazione dell’immobile.L’Inps non ha modificato il suo modesto
apporto alle dismissioni neppure dopo aver incorporato l’Inpdai (un ente
già detentore di un vasto patrimonio immobiliare pregiato), poiché
l’Istituto dei dirigenti industriali aveva provveduto a liquidare gran
parte delle proprie unità prima di confluire tra le braccia del
«fratello maggiore». Va notato che, mentre il patrimonio Inps era
iscritto in bilancio al suo valore storico, quello dell’Inpdai, invece,
era stato rivalutato, ma l’aggiornamento, secondo la Corte dei conti,
era risultato «non attuale al momento della cessione». L’Inps resta il
grande protagonista delle (sei) cartolarizzazioni dei crediti
contributivi.Il meccanismo è noto: i crediti vengono “securizzati” e
ceduti a una società veicolo, la quale corrisponde, tramite le banche,
un ammontare come anticipazione dei futuri incassi. Il collegio dei
sindaci ha calcolato un ricavo netto complessivo di 19,6 miliardi sudi
un pacchetto di crediti ceduti pari a poco meno di 85rniliardi. Quale
appendice della controversa sanatoria dei crediti agricoli
(un’operazione riguardante circa 6 miliardi di euro della quale sono
state interessate la Procura della Corte dei conti e la Commissione
europea), l’Inps - in sede di prima nota di variazione 2007 - si sta
chiedendo se eliminare dalla propria situazione patrimoniale 21 miliardi
di euro, con gravi conseguenze sugli equilibri di bilancio.
Nell’invitare l’ente ad aderire alla «ristrutturazione» dei crediti
agricoli, come proposto da Unicredit e Deutsche Bank, il Governo ha
sostenuto che la cartolarizzazione consiste in una cessione pro soluto,
per cui l’Inps nulla può pretendere oltre alle anticipazioni. Ma i
bilanci finora sono stati compilati includendovi le ulteriori possibili
riscossioni (quindi come cessione pro solvendo), ora svanite nel nulla.
MF
- Denaro & Politica
Numero 056,
pag. 2
del
20/3/2007
Autore: Andrea Bassi
Sorpresa, un tesoretto dentro Scip
Il veicolo della prima
cartolarizzazione ha 1,2 miliardi in pancia. che ora tornano utili.
La cifra dovrà essere retrocessa
agli enti che avevano trasferito gli immobili Con effetto anche sui
conti pubblici.
I bond sono stati rimborsati interamente nel 2003. Le
spese pagate. Le case quasi tutte vendute. Nelle casse di Scip, il
veicolo societario della prima cartolarizzazione di immobili pubblici
(quella del 2001), ci sono ancora 1,2 miliardi di euro, 1.187.075.760,31
per l'esattezza. A spiegarlo è l'ultima relazione presentata al
parlamento sulle operazioni di cartolarizzazione degli immobili dello
stato. E non è una notizia da poco. Secondo gli accordi con le banche
che avevano curato l'operazione lanciata nel 2001 sotto il governo
Amato, gli eventuali maggiori incassi dell'operazione avrebbero dovuto
essere girati agli enti che avevano conferito gli immobili, ossia Inps,
Inail, Inpdap, Ipost, Enpals, Ipsema e Inpdai. La retrocessione, poi, ha
anche effetti sui conti pubblici, visto che lo stato potrà trasferire
minori risorse per pari importo a questi ultimi. Se Scip 1
riserva una bella sorpresa per Tommaso Padoa-Schioppa, l'operazione
sorella, Scip 2, nonostante i miglioramenti delle vendite dell'ultimo
trimestre, continua ad arrancare. Sempre al 31 dicembre, il veicolo
della seconda cartolarizzazione aveva in cassa 259 milioni di euro, con
oltre 25 mila immobili ancora da dismettere. La performance dell'ultimo
trimestre dell'anno è migliorata, ma resta comunque sotto le previsioni
del business plan. A restare maggiormente indietro sono stati il
Consorzio G1 (che cura la vendita degli immobili commerciali), l'Enpals
e l'Inpdap, che hanno anche ricevuto una lettera di richiesta di
spiegazioni da parte dell'amministratore del programma. Ma il vero
problema rimangono gli immobili cosiddetti di pregio, quelli cioè
ubicati in zone delle città dove il valore delle case è molto alto. Chi
li occupa, a differenza degli altri inquilini, non ha diritto allo
sconto sul valore di acquisto. Per questo motivo si è generato un
elevato contenzioso che, stando alla relazione al parlamento, rischia a
breve di causare un blocco delle vendite di questi appartamenti. Un
problema non da poco, visto che nel loro complesso valgono circa 550
milioni di euro. (riproduzione riservata)
Finanza creativa, l'accusa della Corte dei Conti
Bianca Di Giovanni 06
MARZO 2007, L'Unità
Le
cartolarizzazioni hanno portato conflitti d'interesse, soldi alle banche
e pochi vantaggi per lo Stato
PAROLA FINE
Buone remunerazioni per le banche d'affari, pochi vantaggi (anzi, a
volte veri svantaggi) per i soggetti pubblici, ombre pesanti sulle
ipotesi di conflitti di interesse.
È il primo bilancio delle spericolate operazioni immobiliari avviate dal
centro-destra.
Quale sarà il finale di partita di Scip e cartolarizzazioni? A
chiederselo è stato il presidente della Commissione Finanze in Senato
Giorgio Benvenuto. Una prima risposta è arrivata dalla Corte dei Conti,
che a Palazzo Madama ha depositato un corposo dossier fitto di accuse.
Tra queste anche la notizia su «una serie di soggetti pubblici» che
hanno deciso di fare marcia indietro e ricomprarsi le proprie sedi, già
vendute al fondo Fip1 e riprese in affitto. Meglio chiedere un prestito
che pagare gli oneri di locazione. Questa la motivazione che ha spinto
la Sogei Spa, che ha deciso di riacquistare per 112 milioni la propria
sede, già ceduta alla Fintecna e riaffittata ad un canone annuo di 7,5
milioni. Come la Sogei, stanno facendo anche l'Istat e il Politecnico di
Milano. Decisioni che mettono la pietra tombale su un'operazione
presentata dai ministri Tremonti-Siniscalco come centrata in pieno: il
Fip1. Ovvero la cessione delle sedi di enti pubblici. Dalla relazione
della Corte si scopre che più che lo Stato a fare strike sono state le
banche «arranger» (Banca Imi, Barklays Bank, Lehman Brothers, Royal Bank
of Scotland) che hanno «acquisito dal Ministero le quote del fondo per
992,9 milioni - scrivono i magistrati - rispetto al valore nominale di
1.329 milioni, per collocarle successivamente attraverso un'asta al
prezzo successivo di 1.688 milioni». Il ministero definì l'operazione un
successo, visto il «bottino» incassato alla fine: 359 milioni in più
rispetto al nominale e 695 milioni in più rispetto al primo prezzo di
vendita alle banche. Fu davvero così? «Si è omesso di evidenziare -
scrive ancora la Corte - sia il notevole scarto del prezzo di
collocamento provvisorio rispetto a quello nominale (336,3 milioni,
-25,3%) sie e soprattutto il notevole guadagno riconosciuto alle banche
arranger collocatrici per aver anticipato 992,9 milioni per 6 mesi e
mezzo». Per anticipare di pochi mesi quei 992 milioni le banche hanno
guadagnato 99 milioni, ovvero il 10%, che su base annua significa una
remunerazione del 18,5%.
Insomma, gli «arrenger» hanno avuto il parco immobiliare a prezzi
stracciati (troppo basso quel prezzo a 992 milioni): grazie a questo
poderoso vantaggio sono riusciti a collocare bene il pacchetto,
assicurandosi un lauto rendimento. E oggi, a circa un anno e mezzo di
distanza (l'operazione si chiuse il 14 liglio 2005) chi fu «
espropriato» cerca di riacquistare gli stessi immobili. «Se almeno tutto
questo fosse servito a ridurre l'indebitamento - commenta ironico
Benvenuto - A questo punto vogliamo chiarezza e la trasparenza che non
c'è. Questa partita non si può archiviare così com'è».Archiviazione impossibile visto che l'operazione non è affatto conclusa.
Scip2, la cartolarizzazione degli alloggi privati degli enti di
previdenza, è ancora in mezzo al guado (50mila alloggi venduti su
62mila), con in più il rischio declassamento dei bond emessi. Lo rivela
lo stesso Benvenuto in un'interrogazione al ministero dell'Economia, in
cui ipotizza una sorta di boomerang finanziario per il Tesoro. Benvenuto
chiede di sapere se sia vero che le performance di vendita siano a oggi
molto al di sotto delle stime del business plan. A guidare la classifica
degli incassi non realizzati sarebbe l'Enpals, che ha al suo attivo, con
1,4 milioni sui 10 previsti (differenziale negativo dell'85,9%). L’Inpdai
è in ritardo del 15,5% rispetto alle stime, l'Inps del 38,5 (132 milioni
rispetto ai 215 stimati) e l'Inpdap del 23,2% (698 milioni su 910). Si
attendono risposte dal Mef, che dovrà far luce anche sul ruolo svolto
dallo stesso ministero: troppe ombre sulle società olandesi della Scip e
troppo potere dell'Economia (parola della Corte) su un patrimonio che
sarebbe tornato utile in tempi come questi di affitti alle stelle per le
famiglie del ceto medio.
La Corte dei Conti boccia
le cartolarizzazioni
PER LA CORTE SERVONO
SOLO A FAR CASSA E C’E’ IL RISCHIO DEL CONFLITTO DI INTERESSI
MF di Venerdì 09.02.2007 DI CARMINE SARNO
Nella relazione per il Senato i
magistrati contabili evidenziano la commistione tra advisor, arranger e
collocatori. E non solo.
Alla Corte dei conti non sono mai andate a
genio. I magistrati contabili non hanno perso occasione per sottolineare come le
cartolarizzazioni siano state utilizzate dai governi per procedere «alle
dismissioni di varie tipologie di attivi» con il solo scopo di rispettare i
vincoli di bilancio, senza andare troppo per il sottile nell’individuare i reali
costi e benefici, come affermato dalla Corte nella precedente relazione sulle
operazioni effettuate dallo stato tra il 1999 e il 2005. Questa volta però la
Corte ha voluto fare chiarezza su tutto il fumus che avvolge l’universo delle
cartolarizzazioni, a cominciare dalle modalità di individuazione delle società
incaricate di gestire. le operazioni, rilevando che advisor, studi legali
collocatori e società veicolo operano spesso sulla soglia del conflitto di
interessi, talvolta superandola. L’allarme lanciato dalla magistratura contabile
è contenuto nelle note integrative e di ‘precisazione al referto di indagine
sulle cartolarizzazioni chieste dalla commissione finanze del tesoro del Senato.
La Corte puntualizza fin dalle prime pagine che il dipartimento del tesoro «non
ha messo a disposizione gli elementi informativi necessari per ricostruire i
vari passaggi delle complesse operazioni». Sono «rimasti in ombra perciò i
rapporti tra le banche arrenger e i soci delle società veiciolo selezionati per
incarico del ministero del tesoro. Le motivazioni di tali scelte, fa notare la
magistratura contabile «sono state solo affermate, ma mai in nessun modo
argomentate e tanto meno documentate». Per la corte, quindi «appare probabile
che le società veicolo abbiano sostanzialmente svolto una funzione di mera
compensazione degli interessi finanziari internazionali ‘in gioco» Ipotizzare
«l’esistenza di evidenticonflitti d’interesse», fa notare la Corte, deriva dalla
«constatazione di quanto sta avvenendo con la decisione recentemente assunta da
una serie di soggetti pubblici di dotarsi di immobili di proprietà come sedi per
i propri uffici, con la motivazione, simmetricamente opposta a quella addotta
per l’operazione sale and rent back di Fip 1: la maggiore convenienza alla
detenzione di una sede in proprietà rispetto ad una presa in locazione)». Una
serie di enti pubblici, come l’Istat e il Politecnico di Milano, ricorda la
Corte, hanno di recente «chiesto ed ottenuto finanziamenti finalizzati proprio
all’acquisizione o alla costruzione di sedi per i propri:uffici ed il cui
profilo di rischiosità è stato ritenuto molto basso dall’istituto finanziatore,
in quanto, sulla base dell’ apposita analisi condotta, si è valutato che gli
oneri connessi al rimborso del prestito saranno, in linea di massima, compensata
dalle economie gestionali derivanti dal mancato pagamento dell’attuale canone di
locazione». Stessa motivazione utilizzata dalla Sogei. «per giustificare la
decisione di acquistare per 112 milioni la propria sede che era stata ceduta a
Fintecna e riaffittata ad un canone annuo di 75 milioni» In merito alla prassi
dell’amministrazione pubblica di rivolgersi ai contractors «per strutturare e
gestire le operazioni di cartolarizzazione», la Corte sottolinea come questi
siano «in larga parte gli stessi che hanno come missione quella di realizzare
proprio operazioni di cartolarizzazione ». In altre parole, dichiara la
magistratura contabile, «questi soggetti hanno oggettivamente interesse a che
operazioni di tale fatta vengano promosse e comprensibilmente si adoperano,
pertanto affinchè vengano decise». E non solo. L’interesse di effettuare
transizioni che consentano a queste società di minimizzare i costi e
massimizzare i ricavi, si pone «simmetricamente in contrapposizione d’interesse
rispetto a quello dei soggetti pubblici che cedono attivi». La Corte evidenzia
come i contractors stessi «sono inevitabilmente portati ad evidenziare al
committente i vantaggi e a tenere, invece, in ombra, i costi e i rischi per il
cedente». Da rivedere anche la prassi delle p.a. di inserire temporaneamente al
loro interno esperti indicati dagli stessi contractors, che terminata la
consulenza rientrano nel mondo della finanza, «arricchiti dal prezioso
patrimonio di relazioni e di conoscenze sul funzionamento (e mal funzionamento)
dell’amministrazione pubblica». Il rischio, avverte la magistratura contabile, è
che «i potenziali contractors possano crearsi dei canali privilegiati coni
clienti pubblici, utilizzabili per condizionare nel senso desiderato il decisore
pubblico anche nella fase iniziale di voler cedere attivi». Ma c’è anche da
segnalare un’ultima patologia, ossia «1’inserimento nel mondo finanziario di
persone che avevano avuto responsabilità politiche di primo piano nella gestione
e decisione delle opere di cartolarizzazione». Qualche caso, scrive la Corte «va
registrato anche nel nostro paese».
ITALIA OGGI
- Venerdi, 09/02/2007 Pag. 4
Cartobrizzazioni boomerang
Di Giacomo Alvisi
Lo stato italiano, a quanto sembra, ha pagato
circa un miliardo di euro agli investitori internazionali coinvolti nelle
operazioni di cartolarizzazione degli immobili pubblici. A fornire la cifra è
stato il presidente della commissione Finanze del senato, Giorgio Benvenuto,
all’interno di un’interrogazione al Ministro dell’economia a cui deve
ancora essere data risposta.
Nel testo Benvenuto chiede se è
vero che gli investitori internazionali, attraverso i gruppi di banche riunite
in consorzio, hanno beneficiato fino al 31 dicembre del 2005 di una quota
interessi di 525 milioni relativa alle dismissioni Scip. E se alla stessa data le spese
sostenute per pagare tutti i soggetti che ruotano attorno all’operazione di
cartolarizzazione sono state superiori a 1.018 milioni di euro. Somma
preoccupante, dice Benvenuto, perché corrisponde a circa un terzo degli
incassi di Scip. Insomma, il tesoro dismette gli immobili per
fare cassa, molto spesso ottiene di meno di quello che si aspetta e ancora più
spesso rimette buona parte di quello che ha incassato agli investitori.
L'effetto boomerang è servito.
Immobili pubblici, Fitch riduce il
rating di Scip 2
MF
- Denaro & Politica
Numero 024,
pag. 3
del
2/2/2007
Fitch ha deciso di ridurre
da AA a AA- il rating della tranche B2 da 475 milioni di Scip 2.
La società di rating ha invece confermato il giudizio AAA per la
tranche A5 da 1,97 miliardi di euro per la società veicolo creata
dal Tesoro per cartolarizzare gli immobili pubblici. Entrambe le
tranche sono state rimosse dal credit watch negative. Il giudizio,
come spiegato in una nota dell'agenzia di rating, riflette la
performance dell'ultimo trimestre del 2006 e l'analisi sul valore
residuo del portafoglio. Scip 2 in passato aveva dovuto
ristrutturare il proprio debito, emettendo nuovi titoli per un
controvalore di 4,85 miliardi di euro, per pagare i titoli
prossimi a scadenza. L'aggiustamento si era reso necessario per
fare fronte ai ritardi nelle vendite immobiliari. Nel corso del
2005 Fitch annunciò in più di un'occasione il rischio di un
possibile downgrade delle quattro tranche di Scip 2. Annunci che
misero in difficoltà il ministero dell'economia i cui tecnici si
trovavano alle prese con il varo di Scip 3. Che non a caso fu
anche congelata dalla Corte dei conti.
IL SOLE 24 ORE del
31/01/2007
Imminente il verdetto di
Fitch di Isabella Bufacchi
Cartolarizzazione Scip2 a rischio di
declassamento
Continua a navigare in acque agitate la faraonica cartolarizzazione Scip2 per la
vendita di oltre 44.700 proprietà degli enti previdenziali; residenziali e
commerciali occupate e non. I due nuovi Scip-bond in circolazione, serie A5 e
serie B2 emessi per 3,6 miliardi di euro, sono in credit watch negativo dallo
scorso novembre sotto la minaccia di declassamento di Fitch. Il verdetto è
imminente. Ma l’ultimo rapporto agli investitori sullo stato delle vendite nel
periodo ottobre-dicembre 2006, sebbene non il peggiore in assoluto, è risultato
dèludente rispetto alle attese di miglioramento nutrite dalle agenzie di rating. Negli ultimi tre mesi del 2006 le
vendite realizzate dagli enti previdenziali sono ammontate a poco più di 288
milioni di euro contro i 481 previsti da un aggressivo businèss plan (-40,2%).
Le vendite accumulate effettive dell’intera operazione hanno raggiunto 1’8o%
circa del livello pronosticato dal business plan, ovvero 2.013 milioni contro
2.570. Gli affitti tra ottobre e dicembre 2006 hanno reso una ventina di
milioni, la cifra più bassa dall’aprile 2005(il portafoglio in vendita si riduce
di mese in mese): pur sempre un incasso extra in tempi di magra. Il trend resta però négativo:.’le vendite
effettive cumulate rispetto al business plan erano positive tra aprile-giugno,
2005’ a +15,4% ma di trimestre in trimestre sono calate; da +10,3% a +2,3%, poi
-10%, -16,8%, -18,6% per finire a -21,7 per cento nell’ultimo trimestre 2006.Fitch ha spiegato in occasione del
credit watch negative che la performance di Scip2 era peggiore del suo caso base
e «solo un’inversione di tendenza del calo dei prezzi di vendita» avrebbe
evitato la retrocessione, ovvero la perdita della “ÀAA” per la serie .A5.
Le perplessità di Fitch riguardano in particolar modo l’andamento delle vendite
degli immobili residenziali di pregio, sulle quali è in atto da tempo un
contenzioso perché gli inquilini puntano al riconoscimento di sconti elevati:
quanti immobili di pregio restano invenduti e a quale prezzo potranno essere
collocati, si domanda Fitch?.Fitch vuole vederci chiaro sul valore reale del
portafoglio di unità immobiliari residue, che sulla carta vale 3,9 miliardi. La decisione di Fitch su Scip2, che
sarà l’espressione collegiale di un comitato ad hoc, è attesa a ore. Intanto
nulla di nuovo sul fronte degli analisti di Standard & Poor’s e Moody’s che
continuano a monitorare da vicino la situazione.
Il manifesto 01 Novembre 2006
Scippati dalla Scip di Roberta Carlini
Quattro camere e cucina in vendita. Base d'asta: zero. Il singolarissimo
annuncio è apparso ieri, e non una sola volta, e non su un solo giornale.
In quattro pagine comparse sui principali quotidiani,ieri un grosso
proprietario immobiliare ha messo in vendita pezzi del suo patrimonio al
migliore offerente. Il metodo è quello dell'asta, vince chi offre di più.
Solo che si parte da zero, e il proprietario non è un Ricucci in
difficoltà ma la Scip, acronimo che sta per Società di Cartolarizzazione
degli Immobili Pubblici e dunque, con un po' di passaggi, lo stato. Nel
caso specifico un suo braccio che è l'Inpdap, che vende case a Firenze,
Reggio Calabria o Siracusa, posti auto a Verona, tutte con una
caratteristica: si parte da zero, ecco il numero di telefono del notaio,
chi vuole chiami, può portarsi a casa l'affare per pochi spiccioli. Non è
uno scherzo. Tecnicamente, è la strada che si segue quando le precedenti
aste sono andate deserte. Politicamente ed economicamente, è il segnale di
una disfatta: la disfatta della creatura tremontiana denominata Scip 2.
Due, perché c'era già stata Scip 1, che aveva inaugurato l'era delle
cartolarizzazioni (tradotto: le case sono pezzi di carta). Così se n'erano
andate un bel po' di case degli enti previdenziali, sull'onda del doppio
imperativo: soldi per noi (stato), proprietà per voi (ex-inquilini). Erano
entrati 4 miliardi, e sembrava già un'enormità. Non pago, Tremonti volle
avviare nel 2002 un'altra operazione di cartolarizzazione immobiliare, «la
più grande mai fatta in Europa», così era scritto in tutte le lingue sui
depliant illustrativi e sugli Investor Reports: Scip 2, controvalore 7
miliardi. Ma ben presto l'operazione si impantanò: prezzi verso le stelle,
inquilini in rivolta, pasticci normativi, contenziosi infiniti.
Grandissimi affari - lo ha scritto la Corte dei conti - per ogni tipo di
intermediario: consulenti, banche, finanza. Grandissimi trucchi - lo ha
scritto l'Eurostat - per il bilancio pubblico: trasformazione del debito
in vendite e delle vendite in debiti. Relazioni complicate e studi
sofisticati avevano già certificato il grande e drammatico pasticcio delle
securization (cartolarizzazioni) di stato. Adesso lo stato se lo certifica
da solo, nel modo più semplice, tirando la linea e scrivendoci sotto il
risultato: zero virgola
Nei giorni scorsi Giorgio Benvenuto, Presidente
della commissione Finanze del Senato, ha chiesto una commissione
parlamentare di indagine sulle cartolarizzazioni. Si tratta - ha
osservato Benvenuto- "di una stagione complessa quanto oscura della
finanza pubblica, che di fatto è stata sottratta al controllo
parlamentare. Le recenti analisi svolte dalla corte dei conti sollevano
pesanti interrogativi e vanno nella direzione di un sostanziale fallimento
delle cartolarizzazioni".Vedremo pertanto se verrà istituita la
commissione di indagine. Nel frattempo, visto che ormai la Legge
Finanziaria è alle porte, è opportuno ricominciare tutti a far
pressing sui parlamentari eletti anche grazie al nostro appoggio nelle
varie regioni Italiane per risolvere la nostra questione. Il comitato
degli inquilini di Napoli ha predisposto un documento con il quale
intende far ripartire l'azione di pressing sui parlamentari e che sarà nei
prossimi giorni reso noto. Napoli, 25/09/2006
Corriere
della Sera - edicola
giovedì, 13 aprile, 2006
EDILIZIA CASACorcella
Ruggiero
«Case
pubbliche di pregio, obbligo di sconto» In tribunale 50 famiglie
bloccano il ministero
Gli inquilini si erano visti rifiutare il ribasso previsto per gliimmobili venduti dal Tesoro
Appartamenti di pregio in pieno centro, d’accordo. Ma pur sempre
soggetti alle stesse leggi che regolano la dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali. È il principio
affermato dalla IV sezione del Tribunale di Milano, che ha accoltoil ricorso d' urgenza presentato da una cinquantina di famiglie
residenti nelle vie Carducci, Visconti di Modrone eFatebenefratelli. Le loro case, dunque, non saranno messe in
vendita. Gli inquilini avevano
citato in giudizio
la Scip
srl
(Società Cartolarizzazione
Immobili Pubblici) e l' ex Inpdai (enteprevidenziale dei dirigenti d' azienda, ora Inps). Nel ricorso, si
chiedeva che venisse loro riconosciuto il diritto di riscattare gliappartamenti in cui abitano da almeno una ventina d' anni allestesse condizioni riconosciute a tutti gli altri. Per comprendere
lavicenda, occorre tornare indietro
di dieci anni quando fu deciso di
mettere in vendita l' immenso
patrimonio immobiliare degli entiprevidenziali.
La legge dava agli inquilini la possibilità di
esercitare il diritto di prelazione, entro il 31 ottobre 2001 con
uno sconto. Successivamente, però,
lo sconto è stato diversificato a
seconda che gli appartamenti fossero di pregio o meno. Gli abitanti
delle vie del centro hanno fatto causa. Ma nel frattempo Scip e
Inpdai sono tornati alla carica con una lettera del tono: «O
comprate a prezzo pieno entro 60
giorni, o mettiamo la casa all'
asta». Allarmati, gli inquilini hanno fatto ricorso d urgenza e il
Tribunale ha dato loro ragione. «Una strana prassi di annullare e
ripristinare disposizioni, frutto di spinte emotive e politiche -
spiega l' avvocato Giovanni
Salvati, che ha curato i ricorsi per
conto dell' Unione piccoli proprietari immobiliari - ha reso ardua
l' applicazione della legge».
Bocce ferme, dunque, fino alla
sentenza definitiva. Il «caso
Milano» potrebbe far scuola nel resto
d' Italia, dove sono in vendita altri 200 appartamenti. «Da Napoli e
Roma, mi hanno già chiesto di
preparare i ricorsi».
IL SOLE-24 ORE12.04.2006
CORTE DEI CONTI
BOCCIA LE CARTOLARIZZAZIONI
Prese in esame le operazioni fra 1999 e 2005 Corte conti boccia le
cartolarizzazioni
ROMA • Più ombre che luci.
Le cartolarizzazioni effettuate
finora dallo Stato su due tipologie di attivi, con portafogli ceduti per
quasi 130 miliardi di euro di crediti e di immobili, avrebbero
potutoessere strumenti di gestione economica dei beni pubblici e, invece,
sono servite unicamente a «far rapidamente cassa».L’urgenza di ridurre
l’indebitamento netto e il debito ha fatto sì che venisse trascurata
l’accurata analisi dei costi e dei benefici e la trasparenza dei
meccanismi.Con un ricorso massiccio alla
“sovracolla-teralizzazione-” e all’ outsourcing. L’avvio delle
operazioni di securitization dello Stato ha però indotto le pubbliche
amministrazioni «ad acquisire la consapevolezza della necessità di una
ricognizione accurata e attenta degli attivi pubblici, della ricostruzione
del loro valore di mercato e della rilevazione degli oneri che la
detenzione dei singoli beni comporta».Sono queste le conclusioni
principali di un’indagine a tutto campo condotta dalla Corte dei Conti
sulle operazioni di cartolarizzazione effettuate dallo Stato tra il 1999 e
il 2005. Lo studio si è concluso nei mesi scorsi ma è stato reso
pubblico soltanto ieri. I magistrati contabili hanno analizzato in gran
dettaglio una quindicina di securitization a fronte di portafogli ceduti
per circa 129,2 miliardi di euro che hanno contribuito a migliorare i
conti pubblici per 15,9 miliardi a riduzione del debito e per 10,2
miliardi a contenimento del deficit.La prima perplessità sollevata
dalla Corte dei Conti riguarda lo scopo “reale” delle dismissioni: «l’obiettivo
di fondo dichiarato era quello di voler alienare gli attivi il cui costo
di detenzione risultasse superiore ai vantaggi ricavabili dalla loro
cessione», è scritto nell’indagine, ma l’unico obiettivo «realmente
perseguito», e in tempi stretti, è stato quello di «contribuire al
rispetto degli obblighi imposti dal patto europeo di stabilità, in
presenza della progressiva contrazione dell’avanzo primario» e della
scelta di contenere la pressione fiscale e ridurre la spesa pubblica in
misura non strutturale.La
fretta è stata cattiva consigliera. Oltre ad accrescere in alcuni casi i
costi del ricorso alle banche arranger, all’expertise esterna e all’outsourcing,
secondo i magistrati contabili si è finito con l’alienare gli attivi di
più agevole dismissione, piuttosto che quelli la cui detenzione risultava
meno vantaggiosa della cessione. L’indagine evidenzia poi che la
scelta degli attivi da dismettere sarebbe «solo parzialmente avvenuta in
conformità a criteri di razionalità e di imparzialità».La Corte dei Conti bacchetta il ministero
del Tesoro, perchè avrebbe dovuto «fugare i molti dubbi e i molti
equivoci che hanno accompagnato leoperazioni di cartolarizzazione», nell’interesse primario delle
stesse amministrazioni. Ma ammette che la
mancanza di un adeguato sistema di monitoraggio dei costi e dei risultati
non ha consentito di stabilire in quale misura le cartolarizzazioni hanno
realizzato miglioramenti in termini di rapporto costi/benefici.La
magistratura contabile riconosce che l’outsourcing è stato
indispensabile per progettare, promuovere, organizzare e gestire
operazioni così complesse di cui l’amministrazione non aveva
esperienza: ma ha criticato il fatto che la pa sia rimasta estranea ai processi
decisionali di cartolarizzazione.L’expertise esterna può
agire comunque da stimolo per la crescita professionale della pa, la
cultura dei risultati e della contrattualistica, il ricorso alla
tecnologia avanzata. L’impatto positivo delle securitization, al di là
del beneficio su deficit e debito, secondo
la Corte
dei Conti va ricercato piuttosto nell’avvio di un processo di ricerca
della convenienza a detenere o alienarela. proprietà di un attivo
pubblico.
IL SOLE-24 ORE DEL 20.05.2006 DISMISSIONI
INPS SOTTO INCHIESTA
ENRICO MARRO
L’Alto commissario per la lotta alla
corruzione incarica
la Guardia
di finanza degli accertamenti.
L’Alto commissario anticorruzione spedisce
la Guardia
di Finanza negli uffici dell’Inps. Si tratta di un’indagine conoscitiva (la
prima) sulla dismissione del patrimonio immobiliare residenziale
dell’Istituto, come chiarisce un documento datato 9 maggio 2006 e
firmato
dall’ Alto commissario, anche in relazione ai beneficiari a partire dal 23
novembre 2001 e
alla
natura, alle modalità e all’ efficacia dei controlli.«E un’indagine conoscitiva avviata d’ufficio — spiega Gianfranco
Tatozzi, l’Alto commissario per la prevenzione della corruzione nella Pa —
non in base a segnalazioni».
Una
verifica sulle procedure attuate nella dismissione che però, aggiunge Tatozzi,
potrebbe essere estesa agli altri enti previdenziali che hanno venduto immobili
di proprietà.I motivi. L’indagine,
secondo quanto riportato dal documento è stata disposta per verificare la
procedura eseguita nella dismissione degli immobili e la natura, le modalità e
l’efficacia dei sistemi di controllo interno e delle misure adottate nel corso
della dismissione- L’obiettivo è «ridurre i rischi di comportamenti illeciti
o di condizionamento da parte della criminalità organizzata».
Dell’indagine
è incaricato il Nucleo speciale tutela pubblica amministrazione della Guardia
di Finanza, che dovrà ricostruire la posizione reale, in relazione
all’incarico, «dei soggetti che hanno disposto, o delegato, o deliberato, o
gestito rapporti relativi alla dismissione». Sotto la lente delle Fiamme Gialle
finiranno anche i collaboratori interni o esterni che hanno reso prestazioni o
ricevuto incarichi di lavoro autonomo da parte dell’ Inps o che hanno
beneficiato, di trasferimenti immobiliari.Le cessioni. La vendita degli
immobili residenziali è stata al centro di un ricco e lungo contenzioso sui
prezzi. A sollevarlo sono stati alcuni inquilini che, grazie a un complesso
intreccio di norme, avrebbero avuto diritto ad acquistare a prezzi inferiori a
quelli indicati dal ministero del Tesoro.Il terreno dello scontro è la qualifica «di pregio» degli immobili,
che esclude lo sconto del 30% sulla vendita agli inquilini. La valutazione di
congruità dei prezzi degli immobili di pregio però non spetta all’Inps ma
all’agenzia del Territorio, quindi i al ministero dell’Economia.
Per
l’individuazione deve sussistere almeno uno dei quattro criteri recepiti nel
Dm Economia Lavoro del 31 luglio 2002: e deve esistere un vincolo
storico-artistico, paesaggistico o paesistico-categoriale;
l’edificio
dev’essere costituito per almeno due terzi da abitazioni «di lusso» in base
a una serie di norme;
l’edificio
deve trovarsi in zone dove il valore medio di mercato sia superiore del 70% al
valore medio nel Comune;
l’immobile
dev’essere nel centro storico, escluse le zone degradate soggette a piani di
recupero.
Queste
valutazioni sono di competenza dell’agenzia del Territorio.
L’Istituto
di previdenza potrebbe però essere chiamato in causa per la vendita fin troppo
tempestiva degli immobili di via Cadorna 13 e di via Valenziani 12 e 16 (si veda
«11 Sole 24 Ore» del 13 ottobre 2005). Si tratta di edifici in zone di alto
valore di mercato contenuti in un elenco in circolazione già dal marzo 2004, ma
che sono stati venduti dall’Inps (con l’applicazione di tutti gli sconti di
legge, che di fatto hanno ridotto del 50% il prezzo al metro quadrato) prima
della comunicazione ufficiale da parte del ministero dell’Economia. Il tutto
senza violazioni formali. Anche se sulla vicenda, poi finita al centro di
interrogazioni parlamentari, il ministero aveva poi sollecitato l’intervento
della Corte dei conti.Le indagini.
L’attività amministrativa dell’Alto commissario fa leva in particolare su
due strumenti: indagini conoscitive e controllo delle procedure contrattuali di
spesa. L’Alto commissario può avvalersi degli organi ispettivi di verifica
della amministrazioni pubbliche, effettuando anche accertamenti diretti con
audizioni di pubblici funzionari o di cittadini privati interessati.
Quanto
alle strutture pubbliche, esse sono tenute a collaborate con il Commissario: la
mancata risposta può essere infatti segnalata al Procuratore della Repubblica
competente per territorio.Le eventuali Irregolarità.
L’Alto commissario può denunciare i «fatti rilevanti» all’Autorità
giudiziaria e alla Corte dei conti. Compito del Commissario è anche quello di
trasmettere una relazione semestrale al Presidente del Consiglio, che, a sua
volta, ogni anno deve relazionare il Parlamento.